- Quinto Mistero Doloroso.
La Crocifissione e Morte di Gesù.
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1. Gesù, amareggiato di fiele, è spogliato delle sue vesti. Gesù giunge al Calvario, detto Golgota, che vuol dire luogo del cranio, e non gli si lascia il tempo di respirare! Con precipitazione si apparecchia tutto ciò che è necessario per crocifiggerlo, poiché si vuol togliere quanto prima dal mondo questa vita, odiata dai suoi nemici.
Anima mia, ascolta le grida, osserva con quale rabbia lo sciolgono e gli strappano di dosso la veste che era attaccata alle piaghe, e come un'altra volta gli si rinnovano tutti i dolori. Mira quel corpo tutto insanguinato, tutto squarciato. Penetra fin dentro il suo Cuore; tu lo troverai applicato alle tue miserie, o fisso in cielo per la tua riconciliazione. Per la gran fatica e per il grave peso della croce, Gesù è sfinito, e gli danno vino mescolato con la mirra e col fiele. Il Profeta aveva già annunziato questo fiele. Gesù dunque, appena giunto, comincia dall'espiare il peccato dei nostri primi Padri, che fu la disubbidienza del frutto proibito. Questa sola parte del corpo, la gola, gli era rimasta intatta, e anche in questo volle soffrire per noi.
Quanto è grande oggi il numero di quelli il cui Dio è il ventre, e fanno del tempio dello Spirito Santo l'albergo del diavolo, perdendo l'anima e il corpo per soddisfare ai diletti della loro carne!
Noi dobbiamo mostrare obbedienza anche con la nostra gola, principalmente quando il precetto della Chiesa unisce la nostra penitenza con quella di tutti i fedeli, con lo schivare la sensualità, e col soffrire senza lamenti i cattivi gusti delle vivande che ci si preparano.
Anima mia, mettiti innanzi agli occhi il tuo Salvatore, coperto di sangue, sfigurato tanto miseramente, tutto piaghe. Col cuore affannoso, solleva gli occhi al cielo, spargendo lacrime ardenti, e si offre nuovamente vittima per noi all'Eterno Padre.
"E fu esaudito per la sua pietà" (Ebr 5,7).
Di nuovo con incredibile tormento, gli impongono sul capo la corona di spine, che gli avevano tolto. Il benedetto capo è così nuovamente afflitto, e nuovo sangue bagna la terra. Perché, anima mia, dura più che sasso, non ti prostri ai suoi piedi per bagnarli di lacrime e per ricevere la preziosa rugiada del sangue che scorre da tutte le parti? Quante grazie vi troverai! Quanti lumi, quante consolazioni!
Gesù mio, Salvatore mio, Amore mio, lascia che io abbracci questi tuoi sacrosanti piedi. Voglio baciarli prima che vengano inchiodati alla croce; e voglio essere consumato del tuo amore prima che la morte ti rapisca ai miei occhi. Con queste tue mani, prima che siano trapassate dai chiodi, abbraccia quest'anima peccatrice, per la quale Tu soffri orribili tormenti; distruggi ogni sua malizia, stringila, al Cuore tuo, sicché mai più si separi da te.
Io ti vedo, o Signore, spogliato di tutto, delle vesti, della compagnia dei familiari e degli amici, delle dolcezze della Madre tua, della tua reputazione, del tuo onore. Quando, Agnello di Dio, mi farai la grazia, che io mi distacchi da tutto quel che mi separa da te? Il tuo Apostolo Bartolomeo ti imitò sino a disfarsi della propria pelle; e Pietro non solo volle essere crocifisso, ma capovolto. Agostino per esercitare il perfetto distacco da ciò che era stato per lui occasione di offenderti, non ammise più alcuna donna nella sua casa, né più toccò danari per timore d'invischiarsi l'anima. Altri si sono ritirati nei deserti e nei chiostri; altri hanno dato i loro corpi ai tormenti; e chi era obbligato a vivere nel mondo, "ne usava come se non ne usasse".
O Amore che ti spogli di tutto, o Amore che trasformi tutto, muta questo mio cuore, fallo simile al tuo, povero e nudo di tutto, distaccato dalle creature ed unito a te. Crocifiggi con te il cuor mio, e consumami del tuo amore, o mia speranza, o mio riposo, o mia gloria.
Gesù obbedisce sempre con mansuetudine e con prontezza, perché considera i suoi carnefici esecutori degli ordini dell'Eterno suo Padre, per insegnarci a conservare la sottomissione e la pace interna negli avvenimenti più spiacevoli e più penosi della vita.
Quando riceviamo le violenze, le ingiustizie, i tradimenti e le altre pene, e le riteniamo come ordinate da Dio, il quale a noi le invia per mezzo dei ministri degli adorabili suoi voleri, noi ci assoggettiamo sinceramente. Ma perché la natura riguarda sempre con avversione colui che la tormenta, l'uomo crocifisso con Gesù è chiamato continuamente a sostenere una lotta dentro di sé, per impedire che il suo cuore non guardi con avversione chi l'offende e lo tormenta, e non si abbatta per tristezza. Deve allora tenersi vicino a Dio, ricevere in spirito di sottomissione e di abbandono ciò che gli accade, dilatare il suo cuore con la fede e con una fiducia certa, che è Gesù che gli manda quella pena, che egli non sarà tentato sopra le sue forze, e che quella tribolazione, un giorno finirà e si convertirà in eterno gaudio (Cfr. 1Cor 10,13; Gv 16,20).
Considera ora qui, anima mia, con intimo dolore il dolcissimo Redentore tuo: nudo volle nascere, povero visse, e nudo soffrì senza poter ricoprire le sue onestissime membra; né ebbe dove riposare il suo sacro capo.
O Maria, la veste inconsutile, tessuta dalle tue mani, verrà giocata a sorte! E chi penetrerà qui il grave dolore, che oppresse il tuo Cuore?
2. Gesù è crocifisso. Anima mia, la croce è pronta: ecco l'altare, su cui questo Agnello divino va ad essere immolato per te. Ecco il letto nuziale su cui Gesù aspetta le anime sue elette. Perché, o dolce Gesù mio, non permetti che io sia confitto in croce per te? A me conviene, non a te, questo patibolo.
Considera, anima mia, con quale mansuetudine e sottomissione, Egli si stende su questo letto di dolore, non avendo per guanciale che le spine delle quali è coronato. Alza gli occhi al cielo per aprircene le porte, che sino allora erano state chiuse; e perché Egli è ad un tempo e Sacerdote che ci riconcilia, e vittima della nostra riconciliazione, senza proferir parola, si offre all'Eterno Padre, aprendo le braccia con ardente desiderio di salvare tutti i peccatori.
Egli dice: "Padre, è giunta l'ora, glorifica il Figlio tuo" (Gv 17,1).
Aveva le braccia stese per invitare i peccatori, per abbracciarli e presentarli all'Eterno suo Padre. Egli riconduce a Dio i colpevoli, riunisce al cielo la terra, e dell'umanità fa una sola famiglia, di cui Dio è Padre. Non vi fu mai, né mai vi sarà un Sacerdote più accetto a Dio, né un più sacro altare, né una più perfetta oblazione, né una vittima più santa, giacché questi è l'"Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo".
Mira, come gli prendono le mani, e gliele forano con grossi chiodi fatti passare tra i nervi, affinché possano sostenere meglio il peso del corpo. I nervi sono contratti per la violenza del dolore. Lo stesso si fa ai piedi, e il corpo del Salvatore è in tal guisa tutto slogato. Ed Egli tace, né si lascia uscire di bocca alcun lamento: ma su quel volto ove è dipinto il dolore più acerbo, si scopre la sua pazienza, la sua rassegnazione profonda, il suo amore più vivo.
Anima mia, senti, se puoi, i suoi dolori; e se non puoi, desidera almeno sentirli, e prega Gesù Cristo che t'imprima nel cuore ciò che Egli sente nel suo sacrosanto corpo.
Intenerisci, o mio Dio, la durezza del mio cuore, affinché sia sensibile ai tuoi dolori, all'amor tuo e all'odio del peccato, che ti ha ridotto in tale stato. Non negarmi, Signore, ciò che ti domando, perché non posso sentire i tuoi dolori, se per tua misericordia non me ne concedi Tu stesso il sentimento. Quivi il tuo cuore ardente leva le grida a tutto il mondo: "Venite a me, o voi tutti che siete colpevoli, ed io vi perdonerò: venite a me, voi tutti che siete afflitti, ed io vi consolerò: venite a me tra queste braccia aperte a ricevervi, o voi tutti che siete smarriti, ed io vi accoglierò". "Imparate da me che sono mite ed umile di cuore, e troverete il riposo delle vostre anime" (Mt 11,29).
O divino Gesù, Pastore pietoso di quest'anima traviata, eccomi che vengo a te. Ubbidisco alla tua voce. Ecco una pecora smarrita che torna all'ovile: accoglimi tra le tue braccia. Concedimi quell'amore, quella mansuetudine, quell'umiltà alla quale m'inviti. Sottomettimi interamente alla tua volontà. Imprimi nell'anima mia queste divine virtù, che io ti segua da vicino e non mi allontani mai da te. A lungo sono stato sordo alla tua voce, che internamente mi sospingeva a venire da te. Apri oggi le mie orecchie, affinché io ti ascolti e ti segua: e tienimi incessantemente con l'onnipotente tua mano, ché sai con quanta facilità io ti abbandono. Accoglimi tra quelli che portano dopo Te la croce, e legami ad essa, affinché io ne tragga i frutti di salvezza e di amore eterno.
3. Gesù muore. Quando la croce, dov'era il Salvatore confitto, fu innalzata e la si lasciò cadere in quella fossa, chi può comprendere quali dolori recarono questi movimenti, quante scosse ad un corpo in cui i nervi erano tesi e le membra tutte slogate? Egli medesimo attesta per mezzo del suo Profeta, che se ne potevano contare tutte le ossa! "Hanno forato le mie mani e i miei piedi, posso contare tutte le mie ossa" (Sal 21,17-18).
Grida feroci di gioia e di scherno si levarono al cielo a quella vista dai suoi nemici che erano soddisfatti, mentre il Salvatore, elevato tra cielo e terra, stendeva le braccia per accogliere tutti i peccatori e dar loro in possesso il Paradiso, compiendo la sua profezia: "Quando io sarò elevato da terra, attirerò tutti a me" (Gv 11,32).
Era l'ora sesta, dense tenebre coprirono tutta la terra; la luna tingevasi di sanguigno; gli uomini avevano compiuto il Deicidio!
Bestemmiando sotto la croce, oltraggiavano il Figlio di Dio fra le imprecazioni di un ladro, i disprezzi dei più vili soldati, e le sfide dei Principi dei Sacerdoti e degli Scribi.
E Gesù che fino allora era rimasto in silenzio, apre la sua santissima bocca per pronunciare la parola del perdono, non solo per i suoi carnefici, ma per tutti quelli che con i loro peccati erano la causa della sua morte, purché sia gli uni che gli altri, non si ostinassero nella loro malizia, ma si convertissero. E con amore e con gemiti diceva: "Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno" (Lc 23,34).
Quale amore! quale misericordia! Perché non possono i miei occhi diventare due fonti di continue lacrime, e il mio cuore una fornace di eterno amore? Comunica, Signore, all'anima mia il sentimento delle tue pene.
Ti adoro, o Figlio di Dio vivente, così innalzato in croce, esposto agli occhi dell'universo; mi prostro dinanzi a te, ti lodo e ti benedico, ti amo e ti ringrazio, e ti riconosco Dio del mio cuore, amore dell'anima mia. Qui, sotto questa Croce, riunisci tutti i tuoi figli sparsi per l'universo, qui laceri la sentenza di morte eterna pronunziata contro il genere umano; qui santifichi i patimenti, qui ti comunichi alle anime. O eccesso di amore! Tu nascesti nel segreto e nel silenzio della notte, visitato e adorato solo da alcuni pastori e da tre Magi; riconosciuto nel Tempio solo da due anime giuste; vissuto nell'oscurità trent'anni e non ne hai trascorsi che tre in mezzo agli uomini. Dopo la tua Risurrezione ti manifestasti a pochi eletti, e per poco tempo ed in luoghi appartati. I tuoi soli discepoli sono stati testimoni della tua Ascensione, e subito una nuvola nascose loro la vista della tua gloria. Ma nell'esser crocifisso, hai voluto che ciò avvenisse pubblicamente nell'ora di mezzodì, in tempo di Pasqua (in cui da tutte le parti accorrevano Giudei in Gerusalemme), in mezzo a due ladri, con le braccia aperte, e col cuore pieno di dolore e di amore.
"Ho steso le mani verso un popolo disubbidiente e ribelle" (Rom 10,21; Is 65,2).
Sii, o Signore, benedetto, lodato e glorificato da tutte le creature.
Eccoti, o mio Gesù, al termine della tua vita: la nostra Redenzione è compiuta. "Tutto è compiuto": e Tu non sei ancora staccato dalla Croce! Tu non ti occupi che del pensiero di patire e di amare. Ecco quello che vuoi che apprendiamo da te modello di tutti gli uomini: non i miracoli, non la gloria, ma i patimenti e l'amore.
L'unico tesoro che a noi lasci è la tua divina Madre. "Madre, ecco i tuoi figli; Figli, ecco la vostra Madre" (Cfr. Gv 19,26-27). Che Tu sia benedetto! È questo il maggior tesoro che ci lasci morendo: Maria, la tua propria Madre.
O Maria, Tu hai veduto le crudeltà e le ignominie che facevano al tuo Figlio; Tu hai udito i colpi di martello con cui traforavano i piedi e le mani del tuo Diletto; Tu lo hai veduto confitto sulla croce: che fai ora, Madre desolatissima?
Era là ferma a considerare quell'eccesso di dolori, che tutti per ordine le rappresentava l'amor suo materno; indebolita per la dolorosa notte passata, per la mancanza di nutrimento, per le lacrime sparse; e poi era donna, era madre, e Madre di un Dio, e per conseguenza oltremodo sensibile. Pur non potendo reggere alla smisurata pena, non cadde svenuta, ma stette impietrita, con l'anima trafitta, uniformata in tutto ai voleri del Padre.
Disseccatesi le sue lacrime, rimase per qualche tempo pallida e tremante, sino a che, per segreta virtù comunicatale dal Figlio, riunite le sue forze, si levò, si aprì tra la calca la strada con S. Giovanni e con le donne che l'avevano seguita, e s'inoltrò sino alla croce.
Ivi, stando in piedi, e tenendo fissi gli occhi sul Salvatore, fece l'ufficio di nostra avvocata, offrendo internamente all'Eterno Padre i dolori e il sangue del comune loro Figlio con un'ardente brama di salvare tutti gli uomini.
Ella temeva di vederlo morire, e pativa di vederlo vivere tra i tormenti. Desiderava che l'eterno Padre mitigasse le pene, tuttavia voleva che gli ordini del cielo si adempissero in tutta la loro estensione. Quel divino Agnello e questa innocente pecorella si guardavano e s'intendevano scambievolmente: l'uno era tormentato dai dolori dell'altra.
Solo i due Cuori della Madre e del Figlio possono concepire ciò che hanno sofferto; perché, essendo la misura del loro dolore quella del loro amore, per sapere quanto hanno patito, bisognerebbe conoscere quanto hanno amato. Chi potrebbe vedere il fondo di tanto amore?
Ella è santa, innocente, non macchiata di colpa alcuna, fida compagna dei travagli del Figlio. Quale croce più dura per una madre che è costretta a veder il proprio figlio spirare tra i tormenti senza potergli recare un sollievo, o dirgli una parola di conforto?... Una croce sì aspra era riservata a Maria soltanto, perché Lei sola era capace di portarla. L'amore che Lei aveva per Gesù, la straziava più che avessero potuto fare tutti i carnefici.
Il Salvatore vedeva dalla croce che i suoi dolori trafiggevano il cuore della santissima sua Madre; e questa vista era un nuovo strazio per il tenero suo cuore.
Ma l'Eterno suo Padre così aveva ordinato, e questo fu il colmo del sacrificio e dell'ubbidienza al suo divin Genitore: onde neppure col dolce nome di Madre la confortò; ma, Donna, le disse, ecco tuo figlio!
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