13 maggio 2000 - MUORE MARTA RUSSO
GIALLO E
NERO
IL CASO MARTA RUSSO
Roma. E' il 9 maggio 1997. Marta Russo ha ventidue anni. Vive con i suoi genitori, Donato e Aureliana, e la sorella Tiziana. Una famiglia affiatata, molti amici. Il fidanzato, Luca Bendini, lo ha sentito poco prima di recarsi all'università. Stanno insieme da due anni. Luca é installatore di allarmi. Lei ha scelto invece di studiare legge perché crede nel valore della giustizia.
Con lei c'è Jolanda Ricci, la sua compagna di studi. Ora si trovano nel vialetto situato tra le facoltà di Giurisprudenza, Scienze Politiche e Scienze Statistiche alla "Sapienza" di Roma. Stanno discutendo del prossimo esame. Il dramma di Marta si consuma nell'arco di un solo istante. Si sente un "tonfo sordo". Marta non parla più, non sente più nulla. Si accascia sull'asfalto. Jolanda pensa ad un malore. Sono le 11,35 del 9 maggio 1997. Un proiettile si porta via i sogni di Marta Russo.
Le sue condizioni sono disperate. Viene trasportata al Policlinico.Per Marta inizia una lotta disperata. Migliaia di persone le stanno accanto, le inviano fiori, lettere, bigliettini. Amici, colleghi, persone comuni restano intorno alle mura del reparto dell'Umberto I ma il cuore di Marta si arrende alle 22 del 13 maggio 1997. Il suo funerale è un lutto nazionale. Nella cappella universitaria ci sono persone che Marta neanche conoscevano. E su ogni volto si legge un interrogativo. Perché proprio Marta Russo.
Gli investigatori passano al setaccio la vita di Marta, le sue abitudini, frequentazioni, legami famigliari.Non si scopre nulla: la sua è una vita normale, niente che lasci immaginare una vendetta o una ritorsione. Vengono escluse le pista politica e quella passionale. Luca Bendini, il fidanzato al momento dell'omicidio era al lavoro e il suo alibi viene confermato dai suoi colleghi.
Il 19 maggio 1997 le indagini si spostano a Giurisprudenza: gli uomini della scientifica scoprono tracce di polvere da sparo sul davanzale della finestra dell'aula 6 nell'Istituto di filosofia del diritto. Si tratta una particella contenente piombo e antimonio.Il 12 giugno viene arrestato il prof. Bruno Romano direttore dell'istituto di filosofia del diritto. Lo mette nei guai l'assistente Maria Chiara Lipari. Il 14 giugno vengono convocati in questura l'usciere Francesco Liparota e la segretaria dell'istituto, Gabriella Alletto, entrambi citati nella testimonianza della Lipari. La Alletto dice di aver visto Giovanni Scattone sparare e mettere la pistola nella borsa di Salvatore Ferraro. La Alletto é sicura: con loro c'é anche Liparota. Saranno lunghi mesi di perizie e accertamenti. Il 9 gennaio 1998 la procura chiede il rinvio a giudizio di Scattone, Ferraro, Liparota, Alletto, Romano, Basciu, Urilli, Zingale e Marianna Marcucci, amica di Ferraro.sua requisitoria al processo di secondo grado, il Procuratore Generale Luciano Infelisi spiega che la prova scientifica acquisita agli atti è inconfutabile
26 giugno 2000. La Alletto racconta al pm di avere visto un uomo vestito di nero la mattina dell'omicidio Marta Russo.
Scattone dichiara alla cortedi Appello la sua innocenza.
Il 15 dicembre 2003 la quinta sezione penale della Cassazione mette la parola fine al lungo iter giudiziario e conferma le responsabilita' di Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro ma assolve in via definitiva Francesco Liparota. Cristina Batocletti chiama Giovanni Scattone....
Sono stati Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro. Ne é convinto ancor oggi Luca Petrucci, avvocato di parte civile....
Sul caso di Marta Russo, cié sulla morte di una ragazza di ventidue anni in un vialetto dell'Università La Sapienza il clamore é stato eccessivo. Conduttori televisivi si sono improvvisati giudici di sentenze ancor tutte da emettere, gli imputati si sono trasfromati star al servizio dell'audience. Dopo questo racconto su un caso di cronaca che ha diviso l'opinione pubblica mi vengono in mente le parole del magistrato milanese, Emilio Alessandrini. Ora non c'é più, ucciso dai terroristi sul finire dei Settanta. Ma le sue idee sono ancora attuali. Le sentenze non si commentano, vanno rispettate. Semmai si impugnano in sede processuale. E' l'insegnamento migliore che giunge dal passato.