San Francesco di Sales - Filotea
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San Francesco di Sales - Filotea. Introduzione alla vita devota
BIOGRAFIA
François nacque nel castello di Thorens, in Savoia (Francia), da una famiglia di antica nobiltà, e morì a Lione il 28 dicembre 1622. Primogenito di Francesco signore di Boisy e di Francesca di Sionnaz, ricevette un'accurata educazione, coronata dagli studi universitari di giurisprudenza a Parigi e a Padova. Ma proprio nel corso della sua frequentazione accademica divennero preminenti i suoi interessi teologici, fino alla scelta della vocazione sacerdotale.
Si offerse subito al vescovo di Ginevra per una missione difficile e delicata, nella città eletta da Calvino a modello esemplare del suo esperimento di Riforma. Francesco si fece semplice con i semplici, pronto a discutere di teologia con i protestanti, desideroso di introdurre alla "vita devota" le anime disposte a donarsi totalmente a Cristo, preoccupandosi di rendere la vita spirituale alla portata dei laici.
Divenne a sua volta vescovo di Ginevra, ma fu costretto a risiedere nella sua Annecy, nell'impossibilità di raggiungere la sua sede episcopale monopolizzata dai riformati. Nel corso della sua missione di predicatore, conobbe a Digione Giovanna Francesca Frèmiot de Chantal, e dalla devota corrispondenza con la nobil donna doveva scaturire la fondazione dell'Ordine della Visitazione.
Francesco, apprezzato direttore di spirito, aveva elaborato una sua via per attrarre le anime a Dio, mediante una benignità e una dolcezza, che giungeva anche all'ascetismo, fidando nelle forze della volontà umana sorretta dalla grazia divina.
Dichiarato santo nel 1665, fu proclamato dottore della Chiesa nel 1877 e patrono dei giornalisti cattolici nel 1923.
BIOGRAFIA
François nacque nel castello di Thorens, in Savoia (Francia), da una famiglia di antica nobiltà, e morì a Lione il 28 dicembre 1622. Primogenito di Francesco signore di Boisy e di Francesca di Sionnaz, ricevette un'accurata educazione, coronata dagli studi universitari di giurisprudenza a Parigi e a Padova. Ma proprio nel corso della sua frequentazione accademica divennero preminenti i suoi interessi teologici, fino alla scelta della vocazione sacerdotale.
Si offerse subito al vescovo di Ginevra per una missione difficile e delicata, nella città eletta da Calvino a modello esemplare del suo esperimento di Riforma. Francesco si fece semplice con i semplici, pronto a discutere di teologia con i protestanti, desideroso di introdurre alla "vita devota" le anime disposte a donarsi totalmente a Cristo, preoccupandosi di rendere la vita spirituale alla portata dei laici.
Divenne a sua volta vescovo di Ginevra, ma fu costretto a risiedere nella sua Annecy, nell'impossibilità di raggiungere la sua sede episcopale monopolizzata dai riformati. Nel corso della sua missione di predicatore, conobbe a Digione Giovanna Francesca Frèmiot de Chantal, e dalla devota corrispondenza con la nobil donna doveva scaturire la fondazione dell'Ordine della Visitazione.
Francesco, apprezzato direttore di spirito, aveva elaborato una sua via per attrarre le anime a Dio, mediante una benignità e una dolcezza, che giungeva anche all'ascetismo, fidando nelle forze della volontà umana sorretta dalla grazia divina.
Dichiarato santo nel 1665, fu proclamato dottore della Chiesa nel 1877 e patrono dei giornalisti cattolici nel 1923.
Imparare ad intrattenersi con il Signore
E' molto bella questa scelta d'inserire nel forum una piccola biblioteca religiosa.
Imparare a stare in dialogo amichevole con il Signore apre la persona ad una dimensione diversa verso il Signore stesso.L'anima comincia ad assaporare quando sia dolce conversare,stare,contempare il Signore. E' come quando ci esponiamo al sole:ricaviamo tanti benefici nel nostro organismo.Così l'anima che si apre alla preghiera personale riesce a vivere in Dio come il pesce vive nell'acqua. Conoscere le varie vie per cui si arriva all'intimità,al dono scambievole con il Signore è sperimentare ciò che vissero i discepoli di Emmaus:si sentirono scaldare il cuore in petto,invitarono il pellegrino a restare con loro,ecc...Ed ecco la meraviglia!Dopo la Parola spezzata,durante il cammino,ora nel gesto di Gesù dello "spezzare il pane"riconoscono il Signore. Ritornano felici alla Comunità ad annunziare " il Signore è Risorto!" la fede ,la speranza e la carità si riaccendono e comincia una vita nuova.E quanto auguro a ciascuno di noi: che facciamo esperienza, nella preghiera personale,del Signore che abita in noi perchè siamo stati Battezzati in Lui. Pace e gioia a tutti! sr Anna Baucina
Imparare a stare in dialogo amichevole con il Signore apre la persona ad una dimensione diversa verso il Signore stesso.L'anima comincia ad assaporare quando sia dolce conversare,stare,contempare il Signore. E' come quando ci esponiamo al sole:ricaviamo tanti benefici nel nostro organismo.Così l'anima che si apre alla preghiera personale riesce a vivere in Dio come il pesce vive nell'acqua. Conoscere le varie vie per cui si arriva all'intimità,al dono scambievole con il Signore è sperimentare ciò che vissero i discepoli di Emmaus:si sentirono scaldare il cuore in petto,invitarono il pellegrino a restare con loro,ecc...Ed ecco la meraviglia!Dopo la Parola spezzata,durante il cammino,ora nel gesto di Gesù dello "spezzare il pane"riconoscono il Signore. Ritornano felici alla Comunità ad annunziare " il Signore è Risorto!" la fede ,la speranza e la carità si riaccendono e comincia una vita nuova.E quanto auguro a ciascuno di noi: che facciamo esperienza, nella preghiera personale,del Signore che abita in noi perchè siamo stati Battezzati in Lui. Pace e gioia a tutti! sr Anna Baucina
- miriam bolfissimo
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San Francesco di Sales - Filotea
PRIMA PARTE
CONTIENE CONSIGLI ED ESERCIZI NECESSARI PER CONDURRE L’ANIMA
DAL PRIMO DESIDERIO DELLA VITA DEVOTA
FINO ALLA FERMA RISOLUZIONE DI ABBRACCIARLA
Capitolo I
Descrizione della vera devozione
Mia cara Filotea, tu vorresti giungere alla devozione perché sai bene, come cristiana, quanto questa virtù sia accetta a Dio: ma, siccome i piccoli errori commessi all’inizio di qualsiasi impresa, ingigantiscono con il tempo e risultano, alla fine, irreparabili o quasi, è necessario, prima di tutto, che tu sappia che cos’è la virtù della devozione. Di vera ce n’è una sola, ma di false e vane ce ne sono tante; e se non sai distinguere la vera, puoi cadere in errore e perdere tempo correndo dietro a qualche devozione assurda e superstiziosa.
Arelio dava a tutti i volti che dipingeva le sembianze e l’espressione delle donne che amava; ognuno si crea la devozione secondo le proprie tendenze e la propria immaginazione. Chi si consacra al digiuno, penserà di essere devoto perché non mangia, mentre ha il cuore pieno di rancore; e mentre non se la sente di bagnare la lingua nel vino e neppure nell’acqua, per amore della sobrietà, non avrà alcuno scrupolo nel tuffarla nel sangue del prossimo con la maldicenza e la calunnia.
Un altro penserà di essere devoto perché biascica tutto il giorno una filza interminabile di preghiere; e non darà peso alle parole cattive, arroganti e ingiuriose che la sua lingua rifilerà, per il resto della giornata, a domestici e vicini.
Qualche altro metterà mano volentieri al portafoglio per fare l’elemosina ai poveri, ma non riuscirà a cavare un briciolo di dolcezza dal cuore per perdonare i nemici; ci sarà poi l’altro che perdonerà i nemici, ma di pagare i debiti non gli passerà neanche per la testa; ci vorrà il tribunale.
Tutta questa brava gente, dall’opinione comune è considerata devota, ma non lo è per niente.
Ricordi l’episodio degli sgherri di Saul che cercano Davide? Micol li trae in inganno mettendo nel letto un fantoccio con gli abiti di Davide, e fa loro credere che Davide è ammalato. Così molti si coprono di alcune azioni esteriori, proprie della santa devozione e la gente crede che si tratti di persone veramente devote e spirituali; ma se vai a guardar bene, scopri che sono soltanto fantocci e fantasmi di devozione.
La vera e viva devozione, Filotea, esige l’amore di Dio, anzi non è altro che un vero amore di Dio; non un amore genericamente inteso. Infatti l’amore di Dio si chiama grazia in quanto abbellisce l’anima, perché ci rende accetti alla divina Maestà; si chiama carità, in quanto ci dà la forza di agire bene; quando poi è giunto ad un tale livello di perfezione, per cui, non soltanto ci dà la forza di agire bene, ma ci spinge ad operare con cura, spesso e con prontezza, allora si chiama devozione. Gli struzzi non possono volare, le galline svolazzano di rado, goffamente e rasoterra; le aquile, le rondini e i colombi volano spesso, con eleganza e in alto.
Similmente i peccatori non riescono a volare verso Dio, ma si spostano esclusivamente sulla terra e per la terra; le persone dabbene, che non possiedono ancora la devozione, volano verso Dio per mezzo delle buone azioni, ma di rado, con lentezza e pesantemente; le persone devote volano in Dio con frequenza, prontezza e salgono in alto.
A dirlo in breve, la devozione è una sorta di agilità e vivacità spirituale per mezzo della quale la carità agisce in noi o, se vogliamo, noi agiamo per mezzo suo, con prontezza e affetto. Ora, com’è compito della carità farci praticare tutti i Comandamenti di Dio senza eccezioni e nella loro totalità, spetta alla devozione aggiungervi la prontezza e la diligenza. Ecco perché chi non osserva tutti i Comandamenti di Dio non può essere giudicato né buono né devoto. Per essere buoni ci vuole la carità e per essere devoti, oltre alla carità, bisogna avere grande vivacità e prontezza nel compiere gli atti.
Siccome la devozione si trova in grado di carità eccellente, non soltanto ci rende pronti, attivi e diligenti nell’osservare tutti i Comandamenti di Dio; ma ci spinge inoltre a fare con prontezza e affetto tutte le buone opere che ci sono possibili, anche se non cadono sotto il precetto, ma sono soltanto consigliate o indicate.
Come un uomo guarito di recente da una malattia, cammina quel tanto che gli è necessario, piano piano e trascinandosi un po’, così il peccatore, guarito dal suo peccato, cammina quel tanto che Dio gli comanda, trascinandosi adagio adagio fino a che non giunga alla devozione. Allora, da uomo completamente sano, non soltanto cammina, ma corre e salta nella via dei Comandamenti di Dio e, inoltre, prende di corsa i sentieri dei consigli e delle ispirazioni celesti.
In conclusione, si può dire che la carità e la devozione differiscono tra loro come il fuoco dalla fiamma; la carità è un fuoco spirituale, che quando brucia con una forte fiamma si chiama devozione: la devozione aggiunge al fuoco della carità solo la fiamma che rende la carità pronta, attiva e diligente, non soltanto nell’osservanza dei Comandamenti di Dio, ma anche nell’esercizio dei consigli e delle ispirazioni del cielo.
CONTIENE CONSIGLI ED ESERCIZI NECESSARI PER CONDURRE L’ANIMA
DAL PRIMO DESIDERIO DELLA VITA DEVOTA
FINO ALLA FERMA RISOLUZIONE DI ABBRACCIARLA
Capitolo I
Descrizione della vera devozione
Mia cara Filotea, tu vorresti giungere alla devozione perché sai bene, come cristiana, quanto questa virtù sia accetta a Dio: ma, siccome i piccoli errori commessi all’inizio di qualsiasi impresa, ingigantiscono con il tempo e risultano, alla fine, irreparabili o quasi, è necessario, prima di tutto, che tu sappia che cos’è la virtù della devozione. Di vera ce n’è una sola, ma di false e vane ce ne sono tante; e se non sai distinguere la vera, puoi cadere in errore e perdere tempo correndo dietro a qualche devozione assurda e superstiziosa.
Arelio dava a tutti i volti che dipingeva le sembianze e l’espressione delle donne che amava; ognuno si crea la devozione secondo le proprie tendenze e la propria immaginazione. Chi si consacra al digiuno, penserà di essere devoto perché non mangia, mentre ha il cuore pieno di rancore; e mentre non se la sente di bagnare la lingua nel vino e neppure nell’acqua, per amore della sobrietà, non avrà alcuno scrupolo nel tuffarla nel sangue del prossimo con la maldicenza e la calunnia.
Un altro penserà di essere devoto perché biascica tutto il giorno una filza interminabile di preghiere; e non darà peso alle parole cattive, arroganti e ingiuriose che la sua lingua rifilerà, per il resto della giornata, a domestici e vicini.
Qualche altro metterà mano volentieri al portafoglio per fare l’elemosina ai poveri, ma non riuscirà a cavare un briciolo di dolcezza dal cuore per perdonare i nemici; ci sarà poi l’altro che perdonerà i nemici, ma di pagare i debiti non gli passerà neanche per la testa; ci vorrà il tribunale.
Tutta questa brava gente, dall’opinione comune è considerata devota, ma non lo è per niente.
Ricordi l’episodio degli sgherri di Saul che cercano Davide? Micol li trae in inganno mettendo nel letto un fantoccio con gli abiti di Davide, e fa loro credere che Davide è ammalato. Così molti si coprono di alcune azioni esteriori, proprie della santa devozione e la gente crede che si tratti di persone veramente devote e spirituali; ma se vai a guardar bene, scopri che sono soltanto fantocci e fantasmi di devozione.
La vera e viva devozione, Filotea, esige l’amore di Dio, anzi non è altro che un vero amore di Dio; non un amore genericamente inteso. Infatti l’amore di Dio si chiama grazia in quanto abbellisce l’anima, perché ci rende accetti alla divina Maestà; si chiama carità, in quanto ci dà la forza di agire bene; quando poi è giunto ad un tale livello di perfezione, per cui, non soltanto ci dà la forza di agire bene, ma ci spinge ad operare con cura, spesso e con prontezza, allora si chiama devozione. Gli struzzi non possono volare, le galline svolazzano di rado, goffamente e rasoterra; le aquile, le rondini e i colombi volano spesso, con eleganza e in alto.
Similmente i peccatori non riescono a volare verso Dio, ma si spostano esclusivamente sulla terra e per la terra; le persone dabbene, che non possiedono ancora la devozione, volano verso Dio per mezzo delle buone azioni, ma di rado, con lentezza e pesantemente; le persone devote volano in Dio con frequenza, prontezza e salgono in alto.
A dirlo in breve, la devozione è una sorta di agilità e vivacità spirituale per mezzo della quale la carità agisce in noi o, se vogliamo, noi agiamo per mezzo suo, con prontezza e affetto. Ora, com’è compito della carità farci praticare tutti i Comandamenti di Dio senza eccezioni e nella loro totalità, spetta alla devozione aggiungervi la prontezza e la diligenza. Ecco perché chi non osserva tutti i Comandamenti di Dio non può essere giudicato né buono né devoto. Per essere buoni ci vuole la carità e per essere devoti, oltre alla carità, bisogna avere grande vivacità e prontezza nel compiere gli atti.
Siccome la devozione si trova in grado di carità eccellente, non soltanto ci rende pronti, attivi e diligenti nell’osservare tutti i Comandamenti di Dio; ma ci spinge inoltre a fare con prontezza e affetto tutte le buone opere che ci sono possibili, anche se non cadono sotto il precetto, ma sono soltanto consigliate o indicate.
Come un uomo guarito di recente da una malattia, cammina quel tanto che gli è necessario, piano piano e trascinandosi un po’, così il peccatore, guarito dal suo peccato, cammina quel tanto che Dio gli comanda, trascinandosi adagio adagio fino a che non giunga alla devozione. Allora, da uomo completamente sano, non soltanto cammina, ma corre e salta nella via dei Comandamenti di Dio e, inoltre, prende di corsa i sentieri dei consigli e delle ispirazioni celesti.
In conclusione, si può dire che la carità e la devozione differiscono tra loro come il fuoco dalla fiamma; la carità è un fuoco spirituale, che quando brucia con una forte fiamma si chiama devozione: la devozione aggiunge al fuoco della carità solo la fiamma che rende la carità pronta, attiva e diligente, non soltanto nell’osservanza dei Comandamenti di Dio, ma anche nell’esercizio dei consigli e delle ispirazioni del cielo.
- Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]
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Capitolo II
Caratteristiche ed eccellenza della devozione
Coloro i quali volevano scoraggiare gli Israeliti dall’entrare nella terra promessa, dicevano che era un paese che divorava gli abitanti, ossia, che l’aria era talmente pestilenziale che nessuno vi poteva vivere a lungo; per di più era abitata da mostri che divoravano gli uomini come locuste: allo stesso modo, mia cara Filotea, la gente della strada dice tutto il male che può della devozione e dipinge le persone devote immusonite, tristi e imbronciate, e va blaterando che la devozione rende malinconici e insopportabili. Ma sull’esempio di Giosuè e di Caleb, che, non solo sostenevano che la terra promessa era fertile e bella, ma che il suo possesso sarebbe stato utile e piacevole, lo Spirito Santo, per bocca di tutti i santi, e Nostro Signore, con la sua Parola, ci danno assicurazione che la vita devota è dolce, facile e piacevole.
La gente vede che i devoti digiunano, pregano, sopportano le ingiurie, servono gli infermi, assistono i poveri, fanno veglie, controllano la collera, dominano le passioni, fanno a meno dei piaceri dei sensi e compiono altre azioni simili a queste, di per sé e per loro natura aspre e rigorose; ma non sa vedere la devozione interiore e cordiale che trasforma tutte queste azioni in piacevoli, dolci e facili.
Guarda l’ape sul timo: ne può ricavare soltanto un succo amaro, ma succhiandolo lo trasforma in miele, perché questa è la sua caratteristica.
Mi rivolgo a te, persona del mondo, e ti dico: le anime devote incontrano molta amarezza nei loro esercizi di mortificazione , questo è certo, ma praticandoli li trasformano in dolcezza e soavità.
Il fuoco, la fiamma, la ruota, la spada per i martiri sembravano fiori odorosi, perché erano devoti; e se la devozione riesce a rendere piacevoli le torture più crudeli e la stessa morte, cosa non riuscirà a fare per le azioni proprie della virtù?
Lo zucchero rende dolci i frutti un po’ acerbi e toglie il pericolo che facciano male quelli troppo maturi; la devozione è il vero zucchero spirituale, che toglie l’amarezza alle mortificazioni e la capacità di nuocere alle consolazioni: toglie la rabbia ai poveri e la preoccupazione ai ricchi; la desolazione a chi è oppresso e l’insolenza al favorito dalla sorte; la tristezza a chi è solo e la dissipazione a chi è in compagnia; ha la funzione di fuoco in inverno e di rugiade in estate, sa affrontare e soffrire la povertà, trova ugualmente utile l’onore e il disprezzo, riceve il piacere e il dolore con un cuore quasi sempre uguale, e ci colma di una meravigliosa soavità.
Guarda la scala di Giacobbe, che è la vera immagine della vita devota: i due montanti, tra i quali si sale ed ai quali sono fissati gli scalini, rappresentano l’orazione, che chiede l’amore di Dio e i Sacramenti, che lo conferiscono; gli scalini sono i diversi livelli della carità, per i quali si sale, di virtù in virtù; o discendendo in aiuto e sostegno del prossimo, o salendo per la contemplazione all’unione d’amore con Dio.
Ed ora dà uno sguardo a coloro che si trovano sulla scala: sono uomini con il cuore di Angeli, o Angeli con il corpo di uomini; non sono giovani, ma lo sembrano, perché sono pieni di forza e di agilità spirituale; hanno ali per volare e si lanciano in Dio con la santa orazione; ma hanno anche i piedi per camminare con gli uomini in una santa e piacevole conversazione; i loro volti sono belli e radiosi, per cui ricevono tutto con dolcezza e soavità; le gambe, le braccia e la testa sono scoperte, perché i loro pensieri, i loro affetti e le loro azioni hanno il solo scopo di piacere a Dio. Il resto del corpo è coperto da una tunica fine e leggera, perché sono realmente inseriti nel mondo e usano le cose di questo mondo, ma in modo pulito e limpido, prendendo esclusivamente il necessario: così agiscono le persone devote.
Cara Filotea, devi credermi: la devozione è la dolcezza delle dolcezze e la regina delle virtù, perché è la perfezione della carità. Se vogliamo paragonare la carità al latte, la devozione ne è la crema; se la paragoniamo ad una pianta, la devozione ne è il fiore; se ad una pietra preziosa, la devozione ne è lo splendore; se ad un unguento prezioso, né è il profumo soave che dà la forza agli uomini e gioia agli Angeli.
Caratteristiche ed eccellenza della devozione
Coloro i quali volevano scoraggiare gli Israeliti dall’entrare nella terra promessa, dicevano che era un paese che divorava gli abitanti, ossia, che l’aria era talmente pestilenziale che nessuno vi poteva vivere a lungo; per di più era abitata da mostri che divoravano gli uomini come locuste: allo stesso modo, mia cara Filotea, la gente della strada dice tutto il male che può della devozione e dipinge le persone devote immusonite, tristi e imbronciate, e va blaterando che la devozione rende malinconici e insopportabili. Ma sull’esempio di Giosuè e di Caleb, che, non solo sostenevano che la terra promessa era fertile e bella, ma che il suo possesso sarebbe stato utile e piacevole, lo Spirito Santo, per bocca di tutti i santi, e Nostro Signore, con la sua Parola, ci danno assicurazione che la vita devota è dolce, facile e piacevole.
La gente vede che i devoti digiunano, pregano, sopportano le ingiurie, servono gli infermi, assistono i poveri, fanno veglie, controllano la collera, dominano le passioni, fanno a meno dei piaceri dei sensi e compiono altre azioni simili a queste, di per sé e per loro natura aspre e rigorose; ma non sa vedere la devozione interiore e cordiale che trasforma tutte queste azioni in piacevoli, dolci e facili.
Guarda l’ape sul timo: ne può ricavare soltanto un succo amaro, ma succhiandolo lo trasforma in miele, perché questa è la sua caratteristica.
Mi rivolgo a te, persona del mondo, e ti dico: le anime devote incontrano molta amarezza nei loro esercizi di mortificazione , questo è certo, ma praticandoli li trasformano in dolcezza e soavità.
Il fuoco, la fiamma, la ruota, la spada per i martiri sembravano fiori odorosi, perché erano devoti; e se la devozione riesce a rendere piacevoli le torture più crudeli e la stessa morte, cosa non riuscirà a fare per le azioni proprie della virtù?
Lo zucchero rende dolci i frutti un po’ acerbi e toglie il pericolo che facciano male quelli troppo maturi; la devozione è il vero zucchero spirituale, che toglie l’amarezza alle mortificazioni e la capacità di nuocere alle consolazioni: toglie la rabbia ai poveri e la preoccupazione ai ricchi; la desolazione a chi è oppresso e l’insolenza al favorito dalla sorte; la tristezza a chi è solo e la dissipazione a chi è in compagnia; ha la funzione di fuoco in inverno e di rugiade in estate, sa affrontare e soffrire la povertà, trova ugualmente utile l’onore e il disprezzo, riceve il piacere e il dolore con un cuore quasi sempre uguale, e ci colma di una meravigliosa soavità.
Guarda la scala di Giacobbe, che è la vera immagine della vita devota: i due montanti, tra i quali si sale ed ai quali sono fissati gli scalini, rappresentano l’orazione, che chiede l’amore di Dio e i Sacramenti, che lo conferiscono; gli scalini sono i diversi livelli della carità, per i quali si sale, di virtù in virtù; o discendendo in aiuto e sostegno del prossimo, o salendo per la contemplazione all’unione d’amore con Dio.
Ed ora dà uno sguardo a coloro che si trovano sulla scala: sono uomini con il cuore di Angeli, o Angeli con il corpo di uomini; non sono giovani, ma lo sembrano, perché sono pieni di forza e di agilità spirituale; hanno ali per volare e si lanciano in Dio con la santa orazione; ma hanno anche i piedi per camminare con gli uomini in una santa e piacevole conversazione; i loro volti sono belli e radiosi, per cui ricevono tutto con dolcezza e soavità; le gambe, le braccia e la testa sono scoperte, perché i loro pensieri, i loro affetti e le loro azioni hanno il solo scopo di piacere a Dio. Il resto del corpo è coperto da una tunica fine e leggera, perché sono realmente inseriti nel mondo e usano le cose di questo mondo, ma in modo pulito e limpido, prendendo esclusivamente il necessario: così agiscono le persone devote.
Cara Filotea, devi credermi: la devozione è la dolcezza delle dolcezze e la regina delle virtù, perché è la perfezione della carità. Se vogliamo paragonare la carità al latte, la devozione ne è la crema; se la paragoniamo ad una pianta, la devozione ne è il fiore; se ad una pietra preziosa, la devozione ne è lo splendore; se ad un unguento prezioso, né è il profumo soave che dà la forza agli uomini e gioia agli Angeli.
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Capitolo III
La devozione si adatta a tutte le vocazioni e professioni
Nella creazione Dio comandò alle piante di portare frutto, ciascuna secondo il proprio genere: allo stesso modo, ai Cristiani, piante vive della Chiesa, ordina di portare frutti di devozione, ciascuno secondo la propria natura e la propria vocazione.
La devozione deve essere vissuta in modo diverso dal gentiluomo, dall’artigiano, dal domestico, dal principe, dalla vedova, dalla nubile, dalla sposa; ma non basta, l’esercizio della devozione deve essere proporzionato alle forze, alle occupazioni e ai doveri dei singoli.
Ti sembrerebbe cosa fatta bene che un Vescovo pretendesse di vivere in solitudine come un Certosino? E che diresti di gente sposata che non volesse mettere da parte qualche soldo più dei Cappuccini? Di un artigiano che passasse le sue giornate in chiesa come un Religioso? E di un Religioso sempre alla rincorsa di servizi da rendere al prossimo, in gara con il Vescovo? Non ti pare che una tal sorta di devozione sarebbe ridicola, squilibrata e insopportabile?
Eppure queste stranezze capitano spesso, e la gente di mondo, che non distingue, o non vuol distinguere, tra la devozione e le originalità di chi pretende essere devoto, mormora e biasima la devozione, che non deve essere confusa con queste stranezze.
Se la devozione è autentica non rovina proprio niente, anzi perfeziona tutto; e quando va contro la vocazione legittima, senza esitazione, è indubbiamente falsa.
Aristotele dice che l’ape ricava il miele dai fiori senza danneggiarli, e li lascia intatti e freschi come li ha trovati. La vera devozione fa ancora meglio, perché non solo non porta danno alle vocazioni e alle occupazioni, ma al contrario, le arricchisce e le rende più belle.
Qualunque genere di pietra preziosa, immersa nel miele diventa più splendente, ognuna secondo il proprio colore; lo stesso avviene per i cristiani: tutti diventano più cordiali e simpatici nella propria vocazione se le affiancano la devozione: la cura per la famiglia diventa serena, più sincero l’amore tra marito e moglie, più fedele il servizio del principe e tutte le occupazioni più dolci e piacevoli.
Pretendere di eliminare la vita devota dalla caserma del soldato, dalla bottega dell’artigiano, dalla corte del principe, dall’intimità degli sposi è un errore, anzi un’eresia. È vero che la devozione contemplativa, monastica e religiosa non può essere vissuta in quelle vocazioni; ma è anche vero che, oltre a queste tre devozioni ce ne sono tante altre, adatte a portare alla perfezione quelli che vivono fuori dai monasteri. Abramo, Isacco, Giacobbe, Davide, Giobbe, Tobia, Sara, Rebecca e Giuditta ne sono la prova per l’Antico Testamento; nel Nuovo abbiamo S. Giuseppe, Lidia, S. Crispino che vissero la perfetta devozione nelle loro botteghe; S. Anna, S. Marta, S. Monica, Aquila, Priscilla, nel matrimonio; Cornelio, S. Sebastiano, S. Maurizio nella vita militare; Costantino, Elena, S. Luigi, il Beato Amedeo, S. Edoardo sul trono. E’ capitato anche che molti abbiano perso la perfezione nella solitudine, per sé molto utile alla vita perfetta, mentre l’avevano conservata in mezzo alla moltitudine, che sembra invece, di natura sua, poco adatta a favorire la perfezione. Lot, dice S. Gregorio, fu casto in città e peccatore nella solitudine.
Poco importa dove ci troviamo: ovunque possiamo e dobbiamo aspirare alla devozione.
La devozione si adatta a tutte le vocazioni e professioni
Nella creazione Dio comandò alle piante di portare frutto, ciascuna secondo il proprio genere: allo stesso modo, ai Cristiani, piante vive della Chiesa, ordina di portare frutti di devozione, ciascuno secondo la propria natura e la propria vocazione.
La devozione deve essere vissuta in modo diverso dal gentiluomo, dall’artigiano, dal domestico, dal principe, dalla vedova, dalla nubile, dalla sposa; ma non basta, l’esercizio della devozione deve essere proporzionato alle forze, alle occupazioni e ai doveri dei singoli.
Ti sembrerebbe cosa fatta bene che un Vescovo pretendesse di vivere in solitudine come un Certosino? E che diresti di gente sposata che non volesse mettere da parte qualche soldo più dei Cappuccini? Di un artigiano che passasse le sue giornate in chiesa come un Religioso? E di un Religioso sempre alla rincorsa di servizi da rendere al prossimo, in gara con il Vescovo? Non ti pare che una tal sorta di devozione sarebbe ridicola, squilibrata e insopportabile?
Eppure queste stranezze capitano spesso, e la gente di mondo, che non distingue, o non vuol distinguere, tra la devozione e le originalità di chi pretende essere devoto, mormora e biasima la devozione, che non deve essere confusa con queste stranezze.
Se la devozione è autentica non rovina proprio niente, anzi perfeziona tutto; e quando va contro la vocazione legittima, senza esitazione, è indubbiamente falsa.
Aristotele dice che l’ape ricava il miele dai fiori senza danneggiarli, e li lascia intatti e freschi come li ha trovati. La vera devozione fa ancora meglio, perché non solo non porta danno alle vocazioni e alle occupazioni, ma al contrario, le arricchisce e le rende più belle.
Qualunque genere di pietra preziosa, immersa nel miele diventa più splendente, ognuna secondo il proprio colore; lo stesso avviene per i cristiani: tutti diventano più cordiali e simpatici nella propria vocazione se le affiancano la devozione: la cura per la famiglia diventa serena, più sincero l’amore tra marito e moglie, più fedele il servizio del principe e tutte le occupazioni più dolci e piacevoli.
Pretendere di eliminare la vita devota dalla caserma del soldato, dalla bottega dell’artigiano, dalla corte del principe, dall’intimità degli sposi è un errore, anzi un’eresia. È vero che la devozione contemplativa, monastica e religiosa non può essere vissuta in quelle vocazioni; ma è anche vero che, oltre a queste tre devozioni ce ne sono tante altre, adatte a portare alla perfezione quelli che vivono fuori dai monasteri. Abramo, Isacco, Giacobbe, Davide, Giobbe, Tobia, Sara, Rebecca e Giuditta ne sono la prova per l’Antico Testamento; nel Nuovo abbiamo S. Giuseppe, Lidia, S. Crispino che vissero la perfetta devozione nelle loro botteghe; S. Anna, S. Marta, S. Monica, Aquila, Priscilla, nel matrimonio; Cornelio, S. Sebastiano, S. Maurizio nella vita militare; Costantino, Elena, S. Luigi, il Beato Amedeo, S. Edoardo sul trono. E’ capitato anche che molti abbiano perso la perfezione nella solitudine, per sé molto utile alla vita perfetta, mentre l’avevano conservata in mezzo alla moltitudine, che sembra invece, di natura sua, poco adatta a favorire la perfezione. Lot, dice S. Gregorio, fu casto in città e peccatore nella solitudine.
Poco importa dove ci troviamo: ovunque possiamo e dobbiamo aspirare alla devozione.
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San Francesco di Sales - Filotea
Capitolo IV
Necessità di un direttore spirituale per entrare e progredire nella devozione
Quando il giovane Tobia ricevette l’ordine di recarsi a Rage, rispose: Non conosco la strada. Il padre gli disse allora: Va tranquillo e cerca qualcuno che ti faccia da guida.
Ti dico la stessa cosa, Filotea. Vuoi metterti in cammino verso la devozione con sicurezza? Trova qualche uomo capace che ti sia di guida e ti accompagni; è la raccomandazione delle raccomandazioni. Qualunque cosa tu cerchi, dice il devoto Avila, troverai con certezza la volontà di Dio soltanto sul cammino di una umile obbedienza, tanto raccomandata e messa in pratica dai devoti del tempo antico.
La Beata Madre Teresa, vedendo Caterina di Cordova fare grandi penitenze, ebbe un grande desiderio di imitarla contro il parere del confessore che glielo proibiva e al quale era tentata di non obbedire, almeno in questo, Dio allora le disse: Figlia mia, tu stai camminando su una strada buona e sicura. Vedi le sue penitenze? Eppure io preferisco la tua obbedienza! Teresa concepì tanto amore per questa virtù che, oltre all’obbedienza dovuta ai Superiori, votò una particolare obbedienza ad un uomo straordinario, impegnandosi a seguirne la direzione e la guida; ne ebbe grandi consolazioni. Prima e dopo di lei, è capitata la stessa cosa a molte anime elette che, per garantirsi una più perfetta sottomissione a Dio, hanno posto la loro volontà sotto la direzione dei suoi servi; cosa che S. Caterina da Siena elogia con sante espressioni nei suoi Dialoghi.
La devota principessa S. Elisabetta obbediva, con estrema esattezza, al dotto Maestro Corrado; ecco un consiglio dato da S. Luigi sul letto di morte a suo figlio: "Confessati spesso, scegli un confessore adatto, che sia molto prudente e che possa insegnarti con sicurezza, a fare il tuo dovere".
"L’amico fedele, dice la S. Scrittura, è una forte protezione; chi lo trova, trova un tesoro". L’amico fedele è un balsamo di vita e d’immortalità; coloro che temono Dio, lo trovano. Queste parole divine si riferiscono, in primo luogo, come puoi notare, all’immortalità, per camminare verso la quale è necessario, prima di tutto, avere un amico fedele che diriga le nostre azioni con le sue esortazioni e i suoi consigli; ci eviterà così i tranelli e gli inganni del nemico; sarà per noi un tesoro di sapienza nelle afflizioni, nelle tristezze e nelle cadute; sarà il balsamo per alleviare e consolare i nostri cuori nelle malattie spirituali; ci proteggerà dal male e ci renderà stabili nel bene; e se dovesse colpirci qualche infermità, impedirà che diventi mortale e ci farà guarire.
Ma chi può trovare un amico di tal sorta? Risponde il Saggio: coloro che temono Dio; ossia gli umili, che desiderano ardentemente avanzare nella vita spirituale.
Giacché ti sta tanto a cuore camminare con una buona guida, in questo santo viaggio della devozione, cara Filotea, prega Iddio, con grande insistenza, che ne provveda una secondo il suo cuore; e poi non dubitare: sii certa che, a costo di mandare un Angelo dal cielo, come fece per il giovane Tobia, ti manderà una guida capace e fedele.
Per te deve rimanere sempre un Angelo: ossia, quando l’avrai trovato, non fermarti a dargli stima come uomo, e non riporre la fiducia nelle sue capacità umane, ma in Dio soltanto, che ti incoraggerà e ti parlerà tramite quell’uomo, ponendogli nel cuore e sulla bocca ciò che sarà utile al tuo bene; tu devi ascoltarlo come un Angelo venuto dal cielo per condurti là. Parla con lui a cuore aperto, in piena sincerità e schiettezza; manifestagli con chiarezza il bene e il male senza infingimenti e dissimulazione: in tal modo il bene sarà apprezzato e reso più solido e il male corretto e riparato; nelle afflizioni ti sarà di sollievo e di forza, nelle consolazioni di moderazione e misura.
Devi riporre in lui una fiducia senza limiti, unita a un grande rispetto, ma in modo che il rispetto non diminuisca la fiducia e la fiducia non tolga il rispetto. Apriti a lui con il rispetto di una figlia verso il padre e portagli rispetto con la fiducia di un figlio verso la madre; per dirla in breve: deve essere una amicizia forte e dolce, santa, sacra, degna di Dio, divina, spirituale.
A tal fine, scegline uno tra mille, dice Avila; io ti dico, uno tra diecimila, perché se ne trovano meno di quanto si dica capaci di tale compito. Deve essere ricco di carità, di scienza e di prudenza: se manca una di queste tre qualità, c’è pericolo. Ti ripeto, chiedilo a Dio e, una volta che l’hai trovato, benedici la sua divina Maestà, fermati a quello e non cercarne altri; ma avviati, con semplicità, umiltà e confidenza; il tuo sarà un viaggio felice.
Necessità di un direttore spirituale per entrare e progredire nella devozione
Quando il giovane Tobia ricevette l’ordine di recarsi a Rage, rispose: Non conosco la strada. Il padre gli disse allora: Va tranquillo e cerca qualcuno che ti faccia da guida.
Ti dico la stessa cosa, Filotea. Vuoi metterti in cammino verso la devozione con sicurezza? Trova qualche uomo capace che ti sia di guida e ti accompagni; è la raccomandazione delle raccomandazioni. Qualunque cosa tu cerchi, dice il devoto Avila, troverai con certezza la volontà di Dio soltanto sul cammino di una umile obbedienza, tanto raccomandata e messa in pratica dai devoti del tempo antico.
La Beata Madre Teresa, vedendo Caterina di Cordova fare grandi penitenze, ebbe un grande desiderio di imitarla contro il parere del confessore che glielo proibiva e al quale era tentata di non obbedire, almeno in questo, Dio allora le disse: Figlia mia, tu stai camminando su una strada buona e sicura. Vedi le sue penitenze? Eppure io preferisco la tua obbedienza! Teresa concepì tanto amore per questa virtù che, oltre all’obbedienza dovuta ai Superiori, votò una particolare obbedienza ad un uomo straordinario, impegnandosi a seguirne la direzione e la guida; ne ebbe grandi consolazioni. Prima e dopo di lei, è capitata la stessa cosa a molte anime elette che, per garantirsi una più perfetta sottomissione a Dio, hanno posto la loro volontà sotto la direzione dei suoi servi; cosa che S. Caterina da Siena elogia con sante espressioni nei suoi Dialoghi.
La devota principessa S. Elisabetta obbediva, con estrema esattezza, al dotto Maestro Corrado; ecco un consiglio dato da S. Luigi sul letto di morte a suo figlio: "Confessati spesso, scegli un confessore adatto, che sia molto prudente e che possa insegnarti con sicurezza, a fare il tuo dovere".
"L’amico fedele, dice la S. Scrittura, è una forte protezione; chi lo trova, trova un tesoro". L’amico fedele è un balsamo di vita e d’immortalità; coloro che temono Dio, lo trovano. Queste parole divine si riferiscono, in primo luogo, come puoi notare, all’immortalità, per camminare verso la quale è necessario, prima di tutto, avere un amico fedele che diriga le nostre azioni con le sue esortazioni e i suoi consigli; ci eviterà così i tranelli e gli inganni del nemico; sarà per noi un tesoro di sapienza nelle afflizioni, nelle tristezze e nelle cadute; sarà il balsamo per alleviare e consolare i nostri cuori nelle malattie spirituali; ci proteggerà dal male e ci renderà stabili nel bene; e se dovesse colpirci qualche infermità, impedirà che diventi mortale e ci farà guarire.
Ma chi può trovare un amico di tal sorta? Risponde il Saggio: coloro che temono Dio; ossia gli umili, che desiderano ardentemente avanzare nella vita spirituale.
Giacché ti sta tanto a cuore camminare con una buona guida, in questo santo viaggio della devozione, cara Filotea, prega Iddio, con grande insistenza, che ne provveda una secondo il suo cuore; e poi non dubitare: sii certa che, a costo di mandare un Angelo dal cielo, come fece per il giovane Tobia, ti manderà una guida capace e fedele.
Per te deve rimanere sempre un Angelo: ossia, quando l’avrai trovato, non fermarti a dargli stima come uomo, e non riporre la fiducia nelle sue capacità umane, ma in Dio soltanto, che ti incoraggerà e ti parlerà tramite quell’uomo, ponendogli nel cuore e sulla bocca ciò che sarà utile al tuo bene; tu devi ascoltarlo come un Angelo venuto dal cielo per condurti là. Parla con lui a cuore aperto, in piena sincerità e schiettezza; manifestagli con chiarezza il bene e il male senza infingimenti e dissimulazione: in tal modo il bene sarà apprezzato e reso più solido e il male corretto e riparato; nelle afflizioni ti sarà di sollievo e di forza, nelle consolazioni di moderazione e misura.
Devi riporre in lui una fiducia senza limiti, unita a un grande rispetto, ma in modo che il rispetto non diminuisca la fiducia e la fiducia non tolga il rispetto. Apriti a lui con il rispetto di una figlia verso il padre e portagli rispetto con la fiducia di un figlio verso la madre; per dirla in breve: deve essere una amicizia forte e dolce, santa, sacra, degna di Dio, divina, spirituale.
A tal fine, scegline uno tra mille, dice Avila; io ti dico, uno tra diecimila, perché se ne trovano meno di quanto si dica capaci di tale compito. Deve essere ricco di carità, di scienza e di prudenza: se manca una di queste tre qualità, c’è pericolo. Ti ripeto, chiedilo a Dio e, una volta che l’hai trovato, benedici la sua divina Maestà, fermati a quello e non cercarne altri; ma avviati, con semplicità, umiltà e confidenza; il tuo sarà un viaggio felice.
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Capitolo V
Si deve cominciare dalla purificazione dell’anima
"I fiori sono apparsi nei campi", dice lo Sposo nel Cantico dei Cantici, "è giunto il tempo di potare e sfrondare". I fiori del nostro cuore, o Filotea, sono i buoni desideri. Ora, appena compaiono, bisogna mettere mano alla roncola per sfrondare dalla nostra coscienza tutte le opere morte e inutili. La ragazza straniera, per sposare un Israelita, doveva togliersi la veste della prigionia, tagliarsi le unghie e radersi i capelli: similmente l’anima che vuole andare sposa al Figlio di Dio, deve spogliarsi del vecchio uomo e rivestirsi del nuovo, lasciando il peccato; poi tagliare e radere tutti gli impedimenti che distolgono dall’amore di Dio.
Essersi purificati dalla malizia del peccato è l’inizio della salvezza. S. Paolo venne purificato totalmente in un attimo; lo stesso avvenne a Caterina da Genova, S. Maddalena, S. Pelagia e qualche altro. Ma questa sorta di purificazione è miracolosa ed eccezionale in grazia, come la resurrezione dei morti lo è in natura: non possiamo pretenderla.
Ordinariamente la purificazione, come la guarigione, sia del corpo che dello spirito, avviene adagio adagio, per gradi, un passo dopo l’altro, a fatica e con il tempo. Sulla scala di Giacobbe gli Angeli hanno le ali, ma non volano, anzi salgono e scendono ordinatamente, uno scalino dopo l’altro. L’anima che sale dal peccato alla devozione viene paragonata all’alba, che, quando spunta, non mette immediatamente in fuga le tenebre, ma gradatamente.
Dice il Saggio che la guarigione la quale avviene senza fretta è sempre la più sicura; le infermità del cuore, come quelle del corpo, vengono a cavallo o in carrozza, ma se ne vanno a piedi e al piccolo trotto.
Devi essere dunque coraggiosa e paziente in questa impresa, Filotea. Che pena vedere anime che, scoprendo di essere afflitte da molte imperfezioni, dopo essersi impegnate per un po’ nel cammino della devozione, si inquietano, si turbano e si scoraggiano e rischiano di cedere alla tentazione di lasciare tutto e di tornare indietro. D’altra parte, uguale pericolo corrono quelle anime che, per la tentazione contraria, si illudono di essere liberate dalle loro imperfezioni il primo giorno della purificazione, e si considerano perfette ancor prima di essere fatte: pretendono di volare senza le ali! Filotea, quelle sono veramente in grande pericolo di cadere, perché troppo presto hanno voluto sottrarsi alle mani del medico. Non alzarti prima che ci si veda, dice il Profeta Davide; e alzati dopo esserti seduto! Egli stesso mette in pratica quello che dice e, una volta lavato e profumato, chiede di rimettersi all’opera.
L’esercizio della purificazione dell’anima può e deve finire soltanto con la vita: perciò non agitiamoci per le nostre imperfezioni; quello che si chiede a noi è di combatterle; se non le vedessimo, non potremmo combatterle e non potremmo vincerle se non ci imbattessimo in esse. La nostra vittoria non consiste nel non sentirle, ma nel non acconsentirvi; e non è acconsentire esserne turbati. Anzi, ogni tanto, ci fa bene una ferita in questa battaglia spirituale, per fortificare la nostra umiltà; non saremo mai vinti finché non avremo perso la vita o il coraggio.
Le imperfezioni e i peccati veniali non possono strapparci la vita spirituale, che si perde soltanto con il peccato mortale; è il coraggio di combattere che non dobbiamo perdere! Diceva Davide: Liberami, Signore, dalla vigliaccheria e dallo scoraggiamento. In questa guerra ci troviamo in una condizione di favore, perché, per vincere, ci basta la volontà di combattere.
Si deve cominciare dalla purificazione dell’anima
"I fiori sono apparsi nei campi", dice lo Sposo nel Cantico dei Cantici, "è giunto il tempo di potare e sfrondare". I fiori del nostro cuore, o Filotea, sono i buoni desideri. Ora, appena compaiono, bisogna mettere mano alla roncola per sfrondare dalla nostra coscienza tutte le opere morte e inutili. La ragazza straniera, per sposare un Israelita, doveva togliersi la veste della prigionia, tagliarsi le unghie e radersi i capelli: similmente l’anima che vuole andare sposa al Figlio di Dio, deve spogliarsi del vecchio uomo e rivestirsi del nuovo, lasciando il peccato; poi tagliare e radere tutti gli impedimenti che distolgono dall’amore di Dio.
Essersi purificati dalla malizia del peccato è l’inizio della salvezza. S. Paolo venne purificato totalmente in un attimo; lo stesso avvenne a Caterina da Genova, S. Maddalena, S. Pelagia e qualche altro. Ma questa sorta di purificazione è miracolosa ed eccezionale in grazia, come la resurrezione dei morti lo è in natura: non possiamo pretenderla.
Ordinariamente la purificazione, come la guarigione, sia del corpo che dello spirito, avviene adagio adagio, per gradi, un passo dopo l’altro, a fatica e con il tempo. Sulla scala di Giacobbe gli Angeli hanno le ali, ma non volano, anzi salgono e scendono ordinatamente, uno scalino dopo l’altro. L’anima che sale dal peccato alla devozione viene paragonata all’alba, che, quando spunta, non mette immediatamente in fuga le tenebre, ma gradatamente.
Dice il Saggio che la guarigione la quale avviene senza fretta è sempre la più sicura; le infermità del cuore, come quelle del corpo, vengono a cavallo o in carrozza, ma se ne vanno a piedi e al piccolo trotto.
Devi essere dunque coraggiosa e paziente in questa impresa, Filotea. Che pena vedere anime che, scoprendo di essere afflitte da molte imperfezioni, dopo essersi impegnate per un po’ nel cammino della devozione, si inquietano, si turbano e si scoraggiano e rischiano di cedere alla tentazione di lasciare tutto e di tornare indietro. D’altra parte, uguale pericolo corrono quelle anime che, per la tentazione contraria, si illudono di essere liberate dalle loro imperfezioni il primo giorno della purificazione, e si considerano perfette ancor prima di essere fatte: pretendono di volare senza le ali! Filotea, quelle sono veramente in grande pericolo di cadere, perché troppo presto hanno voluto sottrarsi alle mani del medico. Non alzarti prima che ci si veda, dice il Profeta Davide; e alzati dopo esserti seduto! Egli stesso mette in pratica quello che dice e, una volta lavato e profumato, chiede di rimettersi all’opera.
L’esercizio della purificazione dell’anima può e deve finire soltanto con la vita: perciò non agitiamoci per le nostre imperfezioni; quello che si chiede a noi è di combatterle; se non le vedessimo, non potremmo combatterle e non potremmo vincerle se non ci imbattessimo in esse. La nostra vittoria non consiste nel non sentirle, ma nel non acconsentirvi; e non è acconsentire esserne turbati. Anzi, ogni tanto, ci fa bene una ferita in questa battaglia spirituale, per fortificare la nostra umiltà; non saremo mai vinti finché non avremo perso la vita o il coraggio.
Le imperfezioni e i peccati veniali non possono strapparci la vita spirituale, che si perde soltanto con il peccato mortale; è il coraggio di combattere che non dobbiamo perdere! Diceva Davide: Liberami, Signore, dalla vigliaccheria e dallo scoraggiamento. In questa guerra ci troviamo in una condizione di favore, perché, per vincere, ci basta la volontà di combattere.
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Capitolo VI
Prima purificazione: dal peccato mortale
La prima purificazione è quella dal peccato; il mezzo: il sacramento della penitenza. Cercati il miglior confessore che puoi; serviti anche di qualche libretto scritto a questo scopo; leggi con attenzione e nota, punto per punto, dove hai mancato, cominciando da quando hai avuto l’uso di ragione fino a oggi. Se ti fidi poco della memoria, metti per iscritto quello che hai trovato. Una volta trovate e messe insieme le brutture peccaminose della tua coscienza, detestale e respingile con una contrizione e un dispiacere grande quanto il tuo cuore riesce a concepire, prendendo in considerazione questi quattro punti: per il peccato tu hai perso la grazia di Dio, hai perso il diritto al paradiso, hai accettato i tormenti eterni dell’inferno, hai rinunciato all’eterno amore di Dio.
Hai capito, Filotea, che ti parlo della confessione generale di tutta la vita che, lo so bene anch’io, fortunatamente, non sempre è necessaria; ma io la considero molto utile in questo inizio, per cui te la consiglio vivamente.
Capita spesso che le confessioni abituali di coloro che conducono una vita ordinaria di cristiani comuni, siano piene di difetti: per lo più si prepara poco o per niente, non si ha la contrizione richiesta, anzi capita addirittura che molte volte ci si vada a confessare con il segreto proposito di tornare a peccare, visto che non si ha alcuna intenzione di evitare l’occasione, né di prendere gli opportuni accorgimenti per correggersi; in tutti questi casi la confessione generale è necessaria per dare una scossa all’anima.
Inoltre la confessione generale ci porta a conoscere noi stessi, ci provoca a una salutare vergogna del nostro passato, ci fa ammirare la misericordia di Dio, che ci ha atteso con tanta pazienza; porta la pace nel cuore, la serenità nello spirito, suscita buoni propositi, offre l’occasione al nostro padre spirituale di darci consigli più adatti alla nostra reale situazione e ci apre il cuore alla semplicità fiduciosa che ci farà essere molto sinceri nelle confessioni che seguiranno.
E poiché parliamo di un rinnovamento generale del cuore e della conversione totale dell’anima a Dio, per mezzo della vita devota, mi sembra, o Filotea, di avere ragione nel consigliarti questa confessione generale.
Prima purificazione: dal peccato mortale
La prima purificazione è quella dal peccato; il mezzo: il sacramento della penitenza. Cercati il miglior confessore che puoi; serviti anche di qualche libretto scritto a questo scopo; leggi con attenzione e nota, punto per punto, dove hai mancato, cominciando da quando hai avuto l’uso di ragione fino a oggi. Se ti fidi poco della memoria, metti per iscritto quello che hai trovato. Una volta trovate e messe insieme le brutture peccaminose della tua coscienza, detestale e respingile con una contrizione e un dispiacere grande quanto il tuo cuore riesce a concepire, prendendo in considerazione questi quattro punti: per il peccato tu hai perso la grazia di Dio, hai perso il diritto al paradiso, hai accettato i tormenti eterni dell’inferno, hai rinunciato all’eterno amore di Dio.
Hai capito, Filotea, che ti parlo della confessione generale di tutta la vita che, lo so bene anch’io, fortunatamente, non sempre è necessaria; ma io la considero molto utile in questo inizio, per cui te la consiglio vivamente.
Capita spesso che le confessioni abituali di coloro che conducono una vita ordinaria di cristiani comuni, siano piene di difetti: per lo più si prepara poco o per niente, non si ha la contrizione richiesta, anzi capita addirittura che molte volte ci si vada a confessare con il segreto proposito di tornare a peccare, visto che non si ha alcuna intenzione di evitare l’occasione, né di prendere gli opportuni accorgimenti per correggersi; in tutti questi casi la confessione generale è necessaria per dare una scossa all’anima.
Inoltre la confessione generale ci porta a conoscere noi stessi, ci provoca a una salutare vergogna del nostro passato, ci fa ammirare la misericordia di Dio, che ci ha atteso con tanta pazienza; porta la pace nel cuore, la serenità nello spirito, suscita buoni propositi, offre l’occasione al nostro padre spirituale di darci consigli più adatti alla nostra reale situazione e ci apre il cuore alla semplicità fiduciosa che ci farà essere molto sinceri nelle confessioni che seguiranno.
E poiché parliamo di un rinnovamento generale del cuore e della conversione totale dell’anima a Dio, per mezzo della vita devota, mi sembra, o Filotea, di avere ragione nel consigliarti questa confessione generale.
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Capitolo VII
Seconda purificazione: dagli affetti al peccato
Tutti gli Israeliti uscirono materialmente dall’Egitto, ma non tutti ne uscirono con il cuore; ecco perché, nel deserto, molti di essi rimpiangevano le cipolle e la carne d’Egitto.
Allo stesso modo ci sono dei peccatori che escono materialmente dal peccato, ma non ne abbandonano l’affetto: ossia, fanno il proposito di non peccare più, ma si privano e si astengono dai piaceri del peccato con una certa malavoglia e con rimpianto; il loro cuore rinuncia al peccato e se ne allontana, ma non per questo smette di volgersi in continuazione da quella parte, come la moglie di Lot verso Sodoma.
Si tengono lontani dal peccato come fanno i malati con i cocomeri quando il medico li ha minacciati di pericolo di morte se ne dovessero mangiare; ci stanno male a non poterne mangiare, ne parlano e mercanteggiano la possibilità di superare il divieto, almeno per assaggiarne, e giudicano fortunati quelli che possono mangiarne.
Fanno la stessa cosa quei penitenti deboli e fiacchi che si astengono un po’ dal peccato, a malincuore; vorrebbero poter peccare senza andare all’inferno, parlano con rimpianto e compiacimento del peccato e giudicano fortunati quelli che lo fanno. Un uomo deciso a vendicarsi, cambierà proposito nella confessione, ma subito dopo lo travi tra gli amici, felice di poter parlare della sua lite: e dice che, se non fosse per il timor di Dio, farebbe questo e quest’altro, e aggiunge che, su questo punto, la legge di Dio, che impone il perdono, è molto dura; volesse Dio che fosse permesso vendicarsi!
Chi non vede che questo Tizio, anche se legalmente fuori dal peccato, è ancora tutto preso dall’affetto al peccato e, mentre fisicamente è uscito dall’Egitto, vi abita ancora con il desiderio, bramandone le carni e le cipolle. Lo stesso si dica di quella donna che, dopo aver detestato i suoi amori perversi, si compiace di essere civetta e ricercata. Tale gente è in grande pericolo!
Filotea, poiché vuoi dare inizio alla vita devota, non deve bastarti di abbandonare il peccato, ma devi sbarazzare il tuo cuore da tutti gli affetti legati al peccato; perché, oltre al pericolo di ricadere, questi miserabili affetti renderebbero perpetuamente malato e intorpidito il tuo spirito, a tal punto che non riuscirebbe a compiere il bene con prontezza, diligenza e di frequente. Mentre proprio in questo consiste l’essenza della devozione.
Le anime uscite dallo stato di peccato, ma che hanno ancora questi affetti e debolezze, io le assomiglio alle ragazze che hanno un colore pallido: non sono malate, ma tutto il loro comportamento è da malati: mangiano senza gusto, dormono senza riposare, ridono senza gioia, si trascinano invece di camminare; allo stesso modo tali anime fanno il bene con una tale stanchezza spirituale, che tolgono ogni grazia ai loro esercizi di pietà, che poi, oltre tutto, sono pochi di numero e poveri di risultati.
Seconda purificazione: dagli affetti al peccato
Tutti gli Israeliti uscirono materialmente dall’Egitto, ma non tutti ne uscirono con il cuore; ecco perché, nel deserto, molti di essi rimpiangevano le cipolle e la carne d’Egitto.
Allo stesso modo ci sono dei peccatori che escono materialmente dal peccato, ma non ne abbandonano l’affetto: ossia, fanno il proposito di non peccare più, ma si privano e si astengono dai piaceri del peccato con una certa malavoglia e con rimpianto; il loro cuore rinuncia al peccato e se ne allontana, ma non per questo smette di volgersi in continuazione da quella parte, come la moglie di Lot verso Sodoma.
Si tengono lontani dal peccato come fanno i malati con i cocomeri quando il medico li ha minacciati di pericolo di morte se ne dovessero mangiare; ci stanno male a non poterne mangiare, ne parlano e mercanteggiano la possibilità di superare il divieto, almeno per assaggiarne, e giudicano fortunati quelli che possono mangiarne.
Fanno la stessa cosa quei penitenti deboli e fiacchi che si astengono un po’ dal peccato, a malincuore; vorrebbero poter peccare senza andare all’inferno, parlano con rimpianto e compiacimento del peccato e giudicano fortunati quelli che lo fanno. Un uomo deciso a vendicarsi, cambierà proposito nella confessione, ma subito dopo lo travi tra gli amici, felice di poter parlare della sua lite: e dice che, se non fosse per il timor di Dio, farebbe questo e quest’altro, e aggiunge che, su questo punto, la legge di Dio, che impone il perdono, è molto dura; volesse Dio che fosse permesso vendicarsi!
Chi non vede che questo Tizio, anche se legalmente fuori dal peccato, è ancora tutto preso dall’affetto al peccato e, mentre fisicamente è uscito dall’Egitto, vi abita ancora con il desiderio, bramandone le carni e le cipolle. Lo stesso si dica di quella donna che, dopo aver detestato i suoi amori perversi, si compiace di essere civetta e ricercata. Tale gente è in grande pericolo!
Filotea, poiché vuoi dare inizio alla vita devota, non deve bastarti di abbandonare il peccato, ma devi sbarazzare il tuo cuore da tutti gli affetti legati al peccato; perché, oltre al pericolo di ricadere, questi miserabili affetti renderebbero perpetuamente malato e intorpidito il tuo spirito, a tal punto che non riuscirebbe a compiere il bene con prontezza, diligenza e di frequente. Mentre proprio in questo consiste l’essenza della devozione.
Le anime uscite dallo stato di peccato, ma che hanno ancora questi affetti e debolezze, io le assomiglio alle ragazze che hanno un colore pallido: non sono malate, ma tutto il loro comportamento è da malati: mangiano senza gusto, dormono senza riposare, ridono senza gioia, si trascinano invece di camminare; allo stesso modo tali anime fanno il bene con una tale stanchezza spirituale, che tolgono ogni grazia ai loro esercizi di pietà, che poi, oltre tutto, sono pochi di numero e poveri di risultati.
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Capitolo VIII
Come fare la seconda purificazione
La prima ragione che deve spingerci ad operare questa seconda purificazione, è la coscienza viva e nitida del male enorme che ci causa il peccato; riusciremo, in tal modo, ad entrare in una contrizione profonda e travolgente: infatti la contrizione, per piccola che sia, se è sincera, e soprattutto se congiunta alla forza dei Sacramenti, ci purifica sufficientemente dal peccato; se poi la contrizione è profonda e travolgente, ci purifica anche da tutti gli affetti che derivano dal peccato.
Un odio e un astio debole e fiacco ci permette di sopportare, anche se di malanimo, colui che odiamo; se poi ci è possibile, ne stiamo lontani; ma se il nostro odio è mortale e violento, non solo fuggiamo e troviamo insopportabile colui che odiamo, ma ci ripugna e non possiamo soffrire nemmeno la compagnia di coloro che la pensano come lui, dei suoi amici, dei suoi parenti. Non sopportiamo nemmeno la vista del suo ritratto e delle cose che gli appartengono.
Similmente, se il penitente odia il peccato solo leggermente, benché sinceramente, è vero che fa il proposito di non peccare più, ma non è come quando lo odia con una contrizione forte e vigorosa; in tal caso, non solo detesterà il peccato, ma anche tutti gli affetti, le conseguenze e i sentieri del peccato.
È per questo, Filotea, che dobbiamo rendere la nostra contrizione e il pentimento più profondi possibile, perché tutto ciò che appartiene al peccato sia travolto. Così fece la Maddalena che, convertendosi, perse talmente il gusto del peccato e dei piaceri che non ci pensò più; e Davide, che protestava di odiare non soltanto il peccato, ma anche le sue vie e i suoi sentieri: questo è il ringiovanimento dell’anima, che lo stesso Profeta paragona a quello dell’aquila che muta le penne.
Ora per giungere a questa presa di coscienza ed alla contrizione, devi immergerti con cura nelle meditazioni che qui di seguito ti propongo; se ti ci impegnerai con serietà, con l’aiuto della grazia di Dio, strapperai dal tuo cuore il peccato e i principali affetti al peccato; le ho impostate proprio a questo scopo.
Le farai una dopo l’altra, nell’ordine che te le propongo, una al giorno, di mattino, se ti è possibile; perché è il tempo più adatto alle operazioni dello spirito; e ci rifletterai sopra per tutta la giornata.
Se poi non hai dimestichezza con le meditazioni, leggi quello che ne dico nella seconda parte di questo libretto.
Come fare la seconda purificazione
La prima ragione che deve spingerci ad operare questa seconda purificazione, è la coscienza viva e nitida del male enorme che ci causa il peccato; riusciremo, in tal modo, ad entrare in una contrizione profonda e travolgente: infatti la contrizione, per piccola che sia, se è sincera, e soprattutto se congiunta alla forza dei Sacramenti, ci purifica sufficientemente dal peccato; se poi la contrizione è profonda e travolgente, ci purifica anche da tutti gli affetti che derivano dal peccato.
Un odio e un astio debole e fiacco ci permette di sopportare, anche se di malanimo, colui che odiamo; se poi ci è possibile, ne stiamo lontani; ma se il nostro odio è mortale e violento, non solo fuggiamo e troviamo insopportabile colui che odiamo, ma ci ripugna e non possiamo soffrire nemmeno la compagnia di coloro che la pensano come lui, dei suoi amici, dei suoi parenti. Non sopportiamo nemmeno la vista del suo ritratto e delle cose che gli appartengono.
Similmente, se il penitente odia il peccato solo leggermente, benché sinceramente, è vero che fa il proposito di non peccare più, ma non è come quando lo odia con una contrizione forte e vigorosa; in tal caso, non solo detesterà il peccato, ma anche tutti gli affetti, le conseguenze e i sentieri del peccato.
È per questo, Filotea, che dobbiamo rendere la nostra contrizione e il pentimento più profondi possibile, perché tutto ciò che appartiene al peccato sia travolto. Così fece la Maddalena che, convertendosi, perse talmente il gusto del peccato e dei piaceri che non ci pensò più; e Davide, che protestava di odiare non soltanto il peccato, ma anche le sue vie e i suoi sentieri: questo è il ringiovanimento dell’anima, che lo stesso Profeta paragona a quello dell’aquila che muta le penne.
Ora per giungere a questa presa di coscienza ed alla contrizione, devi immergerti con cura nelle meditazioni che qui di seguito ti propongo; se ti ci impegnerai con serietà, con l’aiuto della grazia di Dio, strapperai dal tuo cuore il peccato e i principali affetti al peccato; le ho impostate proprio a questo scopo.
Le farai una dopo l’altra, nell’ordine che te le propongo, una al giorno, di mattino, se ti è possibile; perché è il tempo più adatto alle operazioni dello spirito; e ci rifletterai sopra per tutta la giornata.
Se poi non hai dimestichezza con le meditazioni, leggi quello che ne dico nella seconda parte di questo libretto.
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Capitolo IX
Prima Meditazione: La Creazione
Chiedigli di ispirarti.
Dio ti ha fatto fiorire da quel nulla per renderti ciò che sei, non perché avesse bisogno di te, ma per sua esclusiva bontà.
Rifletti sull’essere che Dio ti ha dato; è il primo nella scala degli esseri viventi; fatto per vivere nell’eternità e per unirsi perfettamente a Dio.
Ringrazia Dio. Creatore, buono e potente, ti sono tanto riconoscente per avermi tirato fuori dal mio nulla, per avermi resa, per tua bontà, quella che sono. Che cosa posso fare per benedirti degnamente e rendere grazie alla tua immensa bontà?
E ora vergognati. Mio Creatore, anziché unirmi a te in amore e spirito di servizio, mi sono ribellata indegnamente con i miei affetti sregolati; mi sono separata e allontanata da te per confondermi con il peccato; non mi sono ricordata dell’onore di cui ti ero debitrice: ho dimenticato che sei il mio Creatore.
Umiliati davanti a Dio. Anima mia, devi sapere che il Signore è il tuo Dio; è lui che ti ha creato; non ti sei fatta da sola! Signore, sono opera delle tue mani. Per quanto, d’ora in poi, non voglio più compiacermi in me stessa, perché sono proprio nulla.
Di che cosa vorresti gloriarti? Tu, polvere e cenere, o meglio, nulla? Di che ti esalti? Per umiliarmi voglio fare e questo e quello; sopportare quel disprezzo, quell’altro. Voglio cambiare vita e seguire il mio Creatore e sentirmi onorata per l’essere che egli mi ha dato; voglio impegnarlo totalmente nell’obbedire alla sua volontà, nei modi che mi verranno indicati, e sui quali mi illuminerà il mio padre spirituale.
Offerta. Signore, con tutto il cuore, ti offro l’essere che mi hai dato; lo dedico e lo consacro a Te.
Preghiera. Signore, rendimi forte in questi affetti e in questi propositi; Vergine Santa, raccomandali alla misericordia di tuo Figlio, come pure tutte quelle persone per le quali devo pregare…
Padre nostro, Ave Maria.
Uscendo dall’orazione raccogli un po’ qua e un po’ là e, scegliendo tra le considerazioni fatte, confeziona un mazzetto di devozione; così, durante tutto l’arco della giornata, potrai odorarne il profumo.
Prima Meditazione: La Creazione
- Preparazione
Chiedigli di ispirarti.
- Considerazioni
Dio ti ha fatto fiorire da quel nulla per renderti ciò che sei, non perché avesse bisogno di te, ma per sua esclusiva bontà.
Rifletti sull’essere che Dio ti ha dato; è il primo nella scala degli esseri viventi; fatto per vivere nell’eternità e per unirsi perfettamente a Dio.
- Affetti e propositi
Ringrazia Dio. Creatore, buono e potente, ti sono tanto riconoscente per avermi tirato fuori dal mio nulla, per avermi resa, per tua bontà, quella che sono. Che cosa posso fare per benedirti degnamente e rendere grazie alla tua immensa bontà?
E ora vergognati. Mio Creatore, anziché unirmi a te in amore e spirito di servizio, mi sono ribellata indegnamente con i miei affetti sregolati; mi sono separata e allontanata da te per confondermi con il peccato; non mi sono ricordata dell’onore di cui ti ero debitrice: ho dimenticato che sei il mio Creatore.
Umiliati davanti a Dio. Anima mia, devi sapere che il Signore è il tuo Dio; è lui che ti ha creato; non ti sei fatta da sola! Signore, sono opera delle tue mani. Per quanto, d’ora in poi, non voglio più compiacermi in me stessa, perché sono proprio nulla.
Di che cosa vorresti gloriarti? Tu, polvere e cenere, o meglio, nulla? Di che ti esalti? Per umiliarmi voglio fare e questo e quello; sopportare quel disprezzo, quell’altro. Voglio cambiare vita e seguire il mio Creatore e sentirmi onorata per l’essere che egli mi ha dato; voglio impegnarlo totalmente nell’obbedire alla sua volontà, nei modi che mi verranno indicati, e sui quali mi illuminerà il mio padre spirituale.
- Conclusione
Offerta. Signore, con tutto il cuore, ti offro l’essere che mi hai dato; lo dedico e lo consacro a Te.
Preghiera. Signore, rendimi forte in questi affetti e in questi propositi; Vergine Santa, raccomandali alla misericordia di tuo Figlio, come pure tutte quelle persone per le quali devo pregare…
Padre nostro, Ave Maria.
Uscendo dall’orazione raccogli un po’ qua e un po’ là e, scegliendo tra le considerazioni fatte, confeziona un mazzetto di devozione; così, durante tutto l’arco della giornata, potrai odorarne il profumo.
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Capitolo X
Seconda meditazione: Il Fine per il quale siamo creati
Pregalo che ti ispiri.
Per questo ti ha dato l’intelligenza per conoscerlo, la memoria per ricordarlo, la volontà per amarlo, l’immaginazione per rappresentarti i suoi benefici, gli occhi per contemplare le sue opere, la lingua per lodarlo , e così tutte le altre facoltà.
Poiché sei stata creata e messa al mondo per questo, tutte le azioni contrarie devono essere bandite ed evitate; e quelle che non giovano al conseguimento di questo fine, non devono essere nemmeno prese in considerazione perché vuote e inutili.
Considera la sventura del mondo che non pensa a queste cose, ma vive come se fosse stato creato soltanto per costruire case, piantare alberi, accumulare ricchezze e fare pazzie.
Detesta la vita passata. Rinuncio a voi, pensieri vuoti e riflessioni inutili; rinnego voi, ricordi vergognosi e frivoli; tronco voi, amicizie infedeli e sleali; favori venali e interessati, soddisfazioni amare, false cortesie.
Convertiti a Dio. E tu, Dio mio e Salvatore, d’ora in poi sarai il solo oggetto dei miei pensieri; non occuperò più il mio spirito in pensieri che ti siano sgraditi; la memoria sarà occupata tutti i giorni della mia vita dalla grandezza della tua bontà, che tanto benevola è stata verso di me; sarai la delizia del mio cuore e la dolcezza dei miei affetti. D’ora in poi avrò in orrore quel rincorrersi di vanità, quei divertimenti a cui davo tanto tempo, quello occupazioni oziose che svuotavano la mia giornata, quegli affetti che ottenebravano il mio cuore. A tal fine mi servirò di questo e quel rimedio.
Offerta. Mio caro Creatore, ti offro tutti i miei affetti e i miei propositi assieme alla mia anima e al mio cuore.
Preghiera. Ti supplico, o Dio, di accettare le mie aspirazioni e i miei desideri, e benedire con la tua benedizione la mia anima perché riesca ad attuarli, per i meriti del Sangue di tuo Figlio versato sulla Croce…
Padre nostro, Ave Maria.
Uscendo dall’orazione raccogli un po’ qua e un po’ là e, scegliendo tra le considerazioni fatte, confeziona un mazzetto di devozione; così, durante tutto l’arco della giornata, potrai odorarne il profumo.
Seconda meditazione: Il Fine per il quale siamo creati
- Preparazione
Pregalo che ti ispiri.
- Considerazioni
Per questo ti ha dato l’intelligenza per conoscerlo, la memoria per ricordarlo, la volontà per amarlo, l’immaginazione per rappresentarti i suoi benefici, gli occhi per contemplare le sue opere, la lingua per lodarlo , e così tutte le altre facoltà.
Poiché sei stata creata e messa al mondo per questo, tutte le azioni contrarie devono essere bandite ed evitate; e quelle che non giovano al conseguimento di questo fine, non devono essere nemmeno prese in considerazione perché vuote e inutili.
Considera la sventura del mondo che non pensa a queste cose, ma vive come se fosse stato creato soltanto per costruire case, piantare alberi, accumulare ricchezze e fare pazzie.
- Affetti e propositi
Detesta la vita passata. Rinuncio a voi, pensieri vuoti e riflessioni inutili; rinnego voi, ricordi vergognosi e frivoli; tronco voi, amicizie infedeli e sleali; favori venali e interessati, soddisfazioni amare, false cortesie.
Convertiti a Dio. E tu, Dio mio e Salvatore, d’ora in poi sarai il solo oggetto dei miei pensieri; non occuperò più il mio spirito in pensieri che ti siano sgraditi; la memoria sarà occupata tutti i giorni della mia vita dalla grandezza della tua bontà, che tanto benevola è stata verso di me; sarai la delizia del mio cuore e la dolcezza dei miei affetti. D’ora in poi avrò in orrore quel rincorrersi di vanità, quei divertimenti a cui davo tanto tempo, quello occupazioni oziose che svuotavano la mia giornata, quegli affetti che ottenebravano il mio cuore. A tal fine mi servirò di questo e quel rimedio.
- Conclusione
Offerta. Mio caro Creatore, ti offro tutti i miei affetti e i miei propositi assieme alla mia anima e al mio cuore.
Preghiera. Ti supplico, o Dio, di accettare le mie aspirazioni e i miei desideri, e benedire con la tua benedizione la mia anima perché riesca ad attuarli, per i meriti del Sangue di tuo Figlio versato sulla Croce…
Padre nostro, Ave Maria.
Uscendo dall’orazione raccogli un po’ qua e un po’ là e, scegliendo tra le considerazioni fatte, confeziona un mazzetto di devozione; così, durante tutto l’arco della giornata, potrai odorarne il profumo.
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Capitolo XI
Terza Meditazione: I Benefici di Dio
Pregalo di ispirarti.
Considera tutto ciò che ha dato a te e mettilo a confronto con ciò che hanno le altre persone che valgono più di te e che non hanno quello che hai tu: gli uni sono di debole costituzione, altri malfermi di salute, difettosi nelle membra; altri sono oggetto di insulti, di disprezzo e di disonore; altri ancora oppressi dalla povertà. E Dio non ha voluto che tu fossi così.
Considera i doni dello spirito: quanta gente c’è al mondo ebete, pazza furiosa, mentecatta; perché non sei anche tu di quelli? Dio ti ha favorito. Quanti altri hanno avuto scarsa possibilità di istruirsi, o addirittura nessuna; per te, invece, la Provvidenza divina ha voluto un’educazione civile e onorata.
Considera le grazie spirituali: tu sei figlia della Chiesa, Filotea; Dio si è fatto conoscere a te fin dalla tua infanzia. Quante volte ti ha visitato con i sacramenti? E le ispirazioni, le illuminazioni interiori, le correzioni per richiamarti? E quante volte ti ha perdonato? E non ricordi quante volte ti ha liberato dalle occasioni in cui ti saresti perduta? E gli anni passati non sono stati forse un tempo prezioso che Dio ti ha offerto per camminare verso il bene della tua anima?
Fermati a considerare anche i dettagli, e vedrai quanto buono e generoso sia stato Dio con te!
Pensa ora alla tua ingratitudine. Chi sono io, Signore, perché ti ricordi di me? Com’è grande la mia indegnità. Ho calpestato i tuoi benefici, ho disonorato le tue grazie, ho abusato della tua somma bontà e l’ho disprezzata! Ho contrapposto la voragine della mia ingratitudine all’abisso della tua grazia e del tuo favore.
Muoviti a riconoscenza. Orsù, cuor mio, basta con le infedeltà, l’ingratitudine e la slealtà verso questo grande Benefattore. Non Avverrà più che la mia anima rifiuti di essere sottomessa a Dio, che ha operato in me tante meraviglie e mi ha colmato di tanti doni.
Filotea, sii decisa e sottrai il tuo corpo alle voluttà. Mettilo al servizio di Dio che ha operato cose stupende in suo favore; impegna seriamente la tua anima a conoscerlo a fondo per renderlo suo, con quegli esercizi propri ad ottenere questo risultato. Impiega con cura i mezzi che la Chiesa ti offre per la salvezza tua e per amare Dio. Sì, sono decisa a fare regolarmente orazione, a ricevere i sacramenti, ad ascoltare la sua santa Parola; metterò in pratica le sue ispirazioni e i suoi consigli.
Offrigli il tuo cuore con tutti i buoni propositi.
Pregalo che ti renda forte per tradurre in atto i propositi, per i meriti della morte di suo Figlio; chiedi l’intercessione della Vergine e dei Santi.
Padre nostro, Ave Maria.
Intreccia il mazzetto spirituale.
Terza Meditazione: I Benefici di Dio
- Preparazione
Pregalo di ispirarti.
- Considerazioni
Considera tutto ciò che ha dato a te e mettilo a confronto con ciò che hanno le altre persone che valgono più di te e che non hanno quello che hai tu: gli uni sono di debole costituzione, altri malfermi di salute, difettosi nelle membra; altri sono oggetto di insulti, di disprezzo e di disonore; altri ancora oppressi dalla povertà. E Dio non ha voluto che tu fossi così.
Considera i doni dello spirito: quanta gente c’è al mondo ebete, pazza furiosa, mentecatta; perché non sei anche tu di quelli? Dio ti ha favorito. Quanti altri hanno avuto scarsa possibilità di istruirsi, o addirittura nessuna; per te, invece, la Provvidenza divina ha voluto un’educazione civile e onorata.
Considera le grazie spirituali: tu sei figlia della Chiesa, Filotea; Dio si è fatto conoscere a te fin dalla tua infanzia. Quante volte ti ha visitato con i sacramenti? E le ispirazioni, le illuminazioni interiori, le correzioni per richiamarti? E quante volte ti ha perdonato? E non ricordi quante volte ti ha liberato dalle occasioni in cui ti saresti perduta? E gli anni passati non sono stati forse un tempo prezioso che Dio ti ha offerto per camminare verso il bene della tua anima?
Fermati a considerare anche i dettagli, e vedrai quanto buono e generoso sia stato Dio con te!
- Affetti e propositi
Pensa ora alla tua ingratitudine. Chi sono io, Signore, perché ti ricordi di me? Com’è grande la mia indegnità. Ho calpestato i tuoi benefici, ho disonorato le tue grazie, ho abusato della tua somma bontà e l’ho disprezzata! Ho contrapposto la voragine della mia ingratitudine all’abisso della tua grazia e del tuo favore.
Muoviti a riconoscenza. Orsù, cuor mio, basta con le infedeltà, l’ingratitudine e la slealtà verso questo grande Benefattore. Non Avverrà più che la mia anima rifiuti di essere sottomessa a Dio, che ha operato in me tante meraviglie e mi ha colmato di tanti doni.
Filotea, sii decisa e sottrai il tuo corpo alle voluttà. Mettilo al servizio di Dio che ha operato cose stupende in suo favore; impegna seriamente la tua anima a conoscerlo a fondo per renderlo suo, con quegli esercizi propri ad ottenere questo risultato. Impiega con cura i mezzi che la Chiesa ti offre per la salvezza tua e per amare Dio. Sì, sono decisa a fare regolarmente orazione, a ricevere i sacramenti, ad ascoltare la sua santa Parola; metterò in pratica le sue ispirazioni e i suoi consigli.
- Conclusioni
Offrigli il tuo cuore con tutti i buoni propositi.
Pregalo che ti renda forte per tradurre in atto i propositi, per i meriti della morte di suo Figlio; chiedi l’intercessione della Vergine e dei Santi.
Padre nostro, Ave Maria.
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Capitolo XII
Quarta Meditazione: Il Peccato
Pregalo di darti la sua ispirazione.
Pensa alle tue cattive inclinazioni e a come le hai assecondate. E, soltanto meditando su questi due punti, dovrai constatare come le tue colpe siano più numerose dei capelli che hai in testa, o meglio ancora dei granelli di sabbia della spiaggia.
Pensa poi, in modo particolare, al peccato di ingratitudine verso Dio, peccato comune e presente in tutti gli altri, e che li rende più gravi: guarda di quanti benefici Dio ti ha colmata, e di tutti ne hai abusato contro il Donatore; e in modo hai disprezzato molte ispirazioni, hai lasciato cadere molti impulsi al bene.
Ma quello che è ancor peggio, dopo che hai ricevuto i sacramenti tante volte, dove sono i frutti? Dove sono finiti gli ornamenti di cui ti aveva abbellita lo Sposo? Tutto è stato sepolto nella tua cattiveria. Ti sei preparata seriamente a riceverli? Pensa a quanto sei ingrata e irresponsabile; Dio ti insegue per salvarti e tu fuggi per perderti.
Chiedi perdono e gettati ai piedi del Signore come un Figliuol prodigo, come una Maddalena, come una donna che ha contaminato il letto matrimoniale con ogni sorta di adulterio. Signore, pietà di questa peccatrice; sorgente viva di misericordia, abbi pietà di questa misera peccatrice.
Decidi di vivere meglio. Signore, con la tua grazia, non voglio mai più cedere al peccato. L’ho amato già troppo! Ora lo detesto e abbraccio Te, Padre di misericordia, voglio vivere e morire con Te! Per cancellare i peccati del passato ne farò una accusa coraggiosa, e non tollererò che uno solo rimanga in me. Farò tutto il possibile per sradicare dal mio cuore le erbacce, in modo particolare le più dannose. A tal fine, seguirò con impegno i consigli che mi verranno dati e non riterrò mai di avere fatto abbastanza per riparare le colpe del passato.
Offrigli il tuo cuore in pegno.
Pregalo che ti fortifichi.
Padre nostro, Ave Maria.
Intreccia il mazzetto spirituale.
Quarta Meditazione: Il Peccato
- Preparazione
Pregalo di darti la sua ispirazione.
- Considerazioni
Pensa alle tue cattive inclinazioni e a come le hai assecondate. E, soltanto meditando su questi due punti, dovrai constatare come le tue colpe siano più numerose dei capelli che hai in testa, o meglio ancora dei granelli di sabbia della spiaggia.
Pensa poi, in modo particolare, al peccato di ingratitudine verso Dio, peccato comune e presente in tutti gli altri, e che li rende più gravi: guarda di quanti benefici Dio ti ha colmata, e di tutti ne hai abusato contro il Donatore; e in modo hai disprezzato molte ispirazioni, hai lasciato cadere molti impulsi al bene.
Ma quello che è ancor peggio, dopo che hai ricevuto i sacramenti tante volte, dove sono i frutti? Dove sono finiti gli ornamenti di cui ti aveva abbellita lo Sposo? Tutto è stato sepolto nella tua cattiveria. Ti sei preparata seriamente a riceverli? Pensa a quanto sei ingrata e irresponsabile; Dio ti insegue per salvarti e tu fuggi per perderti.
- Affetti e propositi
Chiedi perdono e gettati ai piedi del Signore come un Figliuol prodigo, come una Maddalena, come una donna che ha contaminato il letto matrimoniale con ogni sorta di adulterio. Signore, pietà di questa peccatrice; sorgente viva di misericordia, abbi pietà di questa misera peccatrice.
Decidi di vivere meglio. Signore, con la tua grazia, non voglio mai più cedere al peccato. L’ho amato già troppo! Ora lo detesto e abbraccio Te, Padre di misericordia, voglio vivere e morire con Te! Per cancellare i peccati del passato ne farò una accusa coraggiosa, e non tollererò che uno solo rimanga in me. Farò tutto il possibile per sradicare dal mio cuore le erbacce, in modo particolare le più dannose. A tal fine, seguirò con impegno i consigli che mi verranno dati e non riterrò mai di avere fatto abbastanza per riparare le colpe del passato.
- Conclusione
Offrigli il tuo cuore in pegno.
Pregalo che ti fortifichi.
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Capitolo XIII
Quinta Meditazione: La Morte
Chiedigli l’aiuto della grazia.
Immagina di essere gravemente ammalata, sul letto di morte, senza speranza di cavartela.
Pensa che in quel momento, per quello che riguarda te, il mondo finirà; per te sarà proprio finita! Ai tuoi occhi tutto si capovolgerà. Sì, perché i piaceri, le vanità, le gioie del mondo, gli affetti inutili ti sembreranno fantasmi e nebbia. Ti accorgerai allora che sei stata sciocca ad offendere Dio per quelle insulsaggini e quelle chimere! Vedrai che quando abbiamo lasciato Dio, lo abbiamo fatto per un nulla. Per contro, tanto dolci e desiderabili ti sembreranno la devozione e le opere buone: ma perché non ho percorso quella via bella e piacevole? In quel momento i tuoi peccati, che ti sembravano peccatucci, li vedrai ingigantiti come montagne e la tua devozione ti sembrerà piccola piccola.
Pensa agli addii senza fine e pieni di languore che la tua anima darà alle cose di questo basso mondo: addio alle ricchezze, alle vanità, alle compagnie melense, ai piaceri, ai passatempi, agli amici e ai vicini, ai genitori, ai figli, al marito, alla moglie; per farla breve, a tutti; e, per chiudere, al tuo corpo che dovrai abbandonare esangue, smunto, emaciato, schifoso, e male odorante.
Pensa alla fretta che avranno di prendere il tuo corpo e nasconderlo sotto terra; ciò fatto, la gente non penserà più, o quasi, a te; non se ne ricorderanno più, come del resto tu hai fatto per gli altri: Dio lo abbia in pace, si dirà, e amen! Tu, morte, fai seriamente pensare, sei impietosa!
Pensa che una volta uscita dal corpo, l’anima prende il suo posto: o a destra, o a sinistra. Tu, dove andrai? Che strada prenderai? Non dimenticare che sarà la stessa nella quale ti sei incamminata in questo mondo.
Disprezza il mondo. Giacché, o mondo, non mi è dato di conoscere l’ora in cui dovrò lasciarti, ho deciso di non legarmi a te. Amici miei, cari colleghi, permettetemi di volervi bene soltanto con un’amicizia santa che possa durare eternamente; infatti perché dovrei contrarre con voi un legame che poi dovrà essere troncato? Voglio prepararmi a quell’ora e prendere le opportune precauzioni per compiere felicemente quel passo; con tutte le mie facoltà voglio mettere ordine nella mia coscienza, e porre fine a certe manchevolezze.
Offrili alla sua Maestà.
Pregalo spesso che ti conceda una morte beata per i meriti di quella del Figlio. Chiedi l’aiuto della Vergine e dei Santi.
Padre nostro, Ave Maria.
Componi un mazzetto di mirra.
Quinta Meditazione: La Morte
- Preparazione
Chiedigli l’aiuto della grazia.
Immagina di essere gravemente ammalata, sul letto di morte, senza speranza di cavartela.
- Considerazioni
Pensa che in quel momento, per quello che riguarda te, il mondo finirà; per te sarà proprio finita! Ai tuoi occhi tutto si capovolgerà. Sì, perché i piaceri, le vanità, le gioie del mondo, gli affetti inutili ti sembreranno fantasmi e nebbia. Ti accorgerai allora che sei stata sciocca ad offendere Dio per quelle insulsaggini e quelle chimere! Vedrai che quando abbiamo lasciato Dio, lo abbiamo fatto per un nulla. Per contro, tanto dolci e desiderabili ti sembreranno la devozione e le opere buone: ma perché non ho percorso quella via bella e piacevole? In quel momento i tuoi peccati, che ti sembravano peccatucci, li vedrai ingigantiti come montagne e la tua devozione ti sembrerà piccola piccola.
Pensa agli addii senza fine e pieni di languore che la tua anima darà alle cose di questo basso mondo: addio alle ricchezze, alle vanità, alle compagnie melense, ai piaceri, ai passatempi, agli amici e ai vicini, ai genitori, ai figli, al marito, alla moglie; per farla breve, a tutti; e, per chiudere, al tuo corpo che dovrai abbandonare esangue, smunto, emaciato, schifoso, e male odorante.
Pensa alla fretta che avranno di prendere il tuo corpo e nasconderlo sotto terra; ciò fatto, la gente non penserà più, o quasi, a te; non se ne ricorderanno più, come del resto tu hai fatto per gli altri: Dio lo abbia in pace, si dirà, e amen! Tu, morte, fai seriamente pensare, sei impietosa!
Pensa che una volta uscita dal corpo, l’anima prende il suo posto: o a destra, o a sinistra. Tu, dove andrai? Che strada prenderai? Non dimenticare che sarà la stessa nella quale ti sei incamminata in questo mondo.
- Affetti e risoluzioni
Disprezza il mondo. Giacché, o mondo, non mi è dato di conoscere l’ora in cui dovrò lasciarti, ho deciso di non legarmi a te. Amici miei, cari colleghi, permettetemi di volervi bene soltanto con un’amicizia santa che possa durare eternamente; infatti perché dovrei contrarre con voi un legame che poi dovrà essere troncato? Voglio prepararmi a quell’ora e prendere le opportune precauzioni per compiere felicemente quel passo; con tutte le mie facoltà voglio mettere ordine nella mia coscienza, e porre fine a certe manchevolezze.
- Conclusione
Offrili alla sua Maestà.
Pregalo spesso che ti conceda una morte beata per i meriti di quella del Figlio. Chiedi l’aiuto della Vergine e dei Santi.
Padre nostro, Ave Maria.
Componi un mazzetto di mirra.
- Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]
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Capitolo XIV
Sesta Meditazione: Il Giudizio
Pregalo di ispirarti.
Dopo questo diluvio di fiamme e di terrificanti fenomeni celesti, tutti gli uomini non ancora risorti, riprenderanno il loro corpo dalla terra, e, alla voce dell’Arcangelo, si raduneranno nella valle di Giosafat. Ma, con quale differenza! Gli uni spenderanno in un corpo glorioso, gli altri saranno orribili in un corpo ripugnante.
Considera la maestà con la quale apparirà il Giudice supremo, circondato dagli Angeli e dai Santi, preceduto dalla Croce, segno di grazia per i buoni e di castigo per i cattivi, più splendente del sole.
Quel Giudice supremo, con un ordine senza appello e che verrà subito eseguito, separerà i buoni dai cattivi; metterà i primi alla sua destra, gli altri alla sua sinistra; e sarà una separazione eterna, dopo la quale i due settori mai più si incontreranno.
Operata la separazione e dischiuse le coscienze, apparirà con chiarezza la perversità dei cattivi e il loro disprezzo per Iddio; dall’altra parte si vedrà la penitenza dei buoni e gli effetti prodotti in essi dalla grazia di Dio; nulla rimarrà nascosto. Mio Dio, quale confusione per gli uni, quale consolazione per gli altri!
Pensa all’ultima condanna dei cattivi: Andate, maledetti, al fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi compagni. Pesa queste parole così gravi. Andate, dice, è la condanna all’abbandono eterno di quei disgraziati da parte di Dio. Quei miserabili saranno per sempre privati della contemplazione del suo Volto. Li chiama maledetti: anima mia, quale maledizione! Una maledizione totale, che include tutti i mali: maledizione senza appello e che abbraccia tutta l’eternità. Eterna eternità dei supplizi, quanto devi essere terribile!
Considera poi la sentenza per i buoni: Venite, dice il Giudice; è la parola consolante di salvezza, per mezzo della quale Dio ci attira a sé e ci pone nel mondo della sua bontà. Benedetti del Padre mio: o cara benedizione, che tutte le include! Prendete possesso del Regno che è stato preparato per voi fin dalla creazione del mondo. Quale grande grazia, mio Dio, poiché quel Regno non avrà mai fine!
Detesta i tuoi peccati, i soli che possono darti motivo di terrore in quel giorno spaventoso. Voglio ora giudicarmi da sola, per non esserlo in quel giorno; voglio esaminare la mia coscienza e condannarmi, accusarmi e correggermi, perché in quel giorno non sia il Giudice a condannarmi: mi confesserò, accetterò i consigli opportuni…
Offrigli il tuo cuore e fa una seria penitenza.
Pregalo di farti la grazia di portarla a compimento come si deve.
Padre nostro, Ave Maria.
Componi un mazzetto spirituale.
Sesta Meditazione: Il Giudizio
- Preparazione
Pregalo di ispirarti.
- Considerazioni
Dopo questo diluvio di fiamme e di terrificanti fenomeni celesti, tutti gli uomini non ancora risorti, riprenderanno il loro corpo dalla terra, e, alla voce dell’Arcangelo, si raduneranno nella valle di Giosafat. Ma, con quale differenza! Gli uni spenderanno in un corpo glorioso, gli altri saranno orribili in un corpo ripugnante.
Considera la maestà con la quale apparirà il Giudice supremo, circondato dagli Angeli e dai Santi, preceduto dalla Croce, segno di grazia per i buoni e di castigo per i cattivi, più splendente del sole.
Quel Giudice supremo, con un ordine senza appello e che verrà subito eseguito, separerà i buoni dai cattivi; metterà i primi alla sua destra, gli altri alla sua sinistra; e sarà una separazione eterna, dopo la quale i due settori mai più si incontreranno.
Operata la separazione e dischiuse le coscienze, apparirà con chiarezza la perversità dei cattivi e il loro disprezzo per Iddio; dall’altra parte si vedrà la penitenza dei buoni e gli effetti prodotti in essi dalla grazia di Dio; nulla rimarrà nascosto. Mio Dio, quale confusione per gli uni, quale consolazione per gli altri!
Pensa all’ultima condanna dei cattivi: Andate, maledetti, al fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi compagni. Pesa queste parole così gravi. Andate, dice, è la condanna all’abbandono eterno di quei disgraziati da parte di Dio. Quei miserabili saranno per sempre privati della contemplazione del suo Volto. Li chiama maledetti: anima mia, quale maledizione! Una maledizione totale, che include tutti i mali: maledizione senza appello e che abbraccia tutta l’eternità. Eterna eternità dei supplizi, quanto devi essere terribile!
Considera poi la sentenza per i buoni: Venite, dice il Giudice; è la parola consolante di salvezza, per mezzo della quale Dio ci attira a sé e ci pone nel mondo della sua bontà. Benedetti del Padre mio: o cara benedizione, che tutte le include! Prendete possesso del Regno che è stato preparato per voi fin dalla creazione del mondo. Quale grande grazia, mio Dio, poiché quel Regno non avrà mai fine!
- Affetti e propositi
Detesta i tuoi peccati, i soli che possono darti motivo di terrore in quel giorno spaventoso. Voglio ora giudicarmi da sola, per non esserlo in quel giorno; voglio esaminare la mia coscienza e condannarmi, accusarmi e correggermi, perché in quel giorno non sia il Giudice a condannarmi: mi confesserò, accetterò i consigli opportuni…
- Conclusione
Offrigli il tuo cuore e fa una seria penitenza.
Pregalo di farti la grazia di portarla a compimento come si deve.
Padre nostro, Ave Maria.
Componi un mazzetto spirituale.
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Capitolo XV
Settima Meditazione: L’Inferno
Umiliati e domanda la sua assistenza.
Immagina una città tenebrosa, affogata in un’atmosfera di zolfo infiammato e pece nauseante; in quello scenario immagina un brulichio di cittadini che non possono uscirne.
Oltre a questi tormenti c’è poi quello che tutti li supera, ed è la privazione e la perdita della vista di Dio, dalla quale sono esclusi per sempre.
Se Assalonne trovava che la perdita della vista di suo padre Davide era più dura da sopportare dell’esilio, quale tormento sarà mai essere privati per sempre della vista del dolce e soave volto di Dio.
Pensa soprattutto all’eternità di queste pene: da sola rende l’inferno insopportabile. Se una pulce in un orecchio o l’alterazione di una febbriciattola, rendono una breve notte così lunga e tormentosa, pensa a quanto deve essere spaventosa la notte dell’eternità con tanti tormenti! Da quell’eternità nascono la più nera disperazione, le bestemmie, una rabbia senza fine.
Riconosci di averlo meritato e molte volte. Ora voglio incamminarmi in senso contrario; perché dovrei sprofondare in quell’abisso? Farò dunque ogni sforzo per evitare il peccato, sola causa possibile di quella morte eterna.
Padre nostro, Ave Maria.
Intreccia il mazzetto spirituale.
Settima Meditazione: L’Inferno
- Preparazione
Umiliati e domanda la sua assistenza.
Immagina una città tenebrosa, affogata in un’atmosfera di zolfo infiammato e pece nauseante; in quello scenario immagina un brulichio di cittadini che non possono uscirne.
- Considerazioni
Oltre a questi tormenti c’è poi quello che tutti li supera, ed è la privazione e la perdita della vista di Dio, dalla quale sono esclusi per sempre.
Se Assalonne trovava che la perdita della vista di suo padre Davide era più dura da sopportare dell’esilio, quale tormento sarà mai essere privati per sempre della vista del dolce e soave volto di Dio.
Pensa soprattutto all’eternità di queste pene: da sola rende l’inferno insopportabile. Se una pulce in un orecchio o l’alterazione di una febbriciattola, rendono una breve notte così lunga e tormentosa, pensa a quanto deve essere spaventosa la notte dell’eternità con tanti tormenti! Da quell’eternità nascono la più nera disperazione, le bestemmie, una rabbia senza fine.
- Affetti e propositi
Riconosci di averlo meritato e molte volte. Ora voglio incamminarmi in senso contrario; perché dovrei sprofondare in quell’abisso? Farò dunque ogni sforzo per evitare il peccato, sola causa possibile di quella morte eterna.
- Conclusione
Padre nostro, Ave Maria.
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Capitolo XVI
Ottava Meditazione: Il Paradiso
Chiedigli di ispirarti.
Pensa alla nobiltà, alla bellezza e alla moltitudine dei cittadini abitanti in quella città felice: milioni e milioni di Angeli, di Cherubini, di Serafini, il gruppo degli Apostoli, i Martiri, i Confessori, le Vergini, le Madri di Famiglia; sono innumerevoli.
È una compagnia impareggiabile! Il più piccolo di loro è più bello alla vista di tutto il mondo messo insieme! Immagina la gioia nel contemplarli tutti contemporaneamente. Sono felici; cantano senza sosta l’inno dell’amore eterno; godono di una gioia ininterrotta; scambievolmente provano, nel vedersi, un piacere inesprimibile, e vivono nella sicurezza di una società felice e indivisibile.
Infine pensa al bene sommo di cui tutti insieme godono: la vista di Dio che li gratifica per l’eternità del suo sguardo pieno d’amore, travolgendo i loro cuori in un abisso di piacere. È un bene senza pari l’essere uniti al proprio principio.
Sono simili ad uccelli spensierati, che volano e cantano eternamente nel cielo della divinità, che li colma di piaceri inesprimibili; ciascuno, senza invidia, canta al suo meglio, le lodi del Creatore.
Sia tu benedetto per sempre, o dolce Creatore e Salvatore, perché sei buono e ci comunichi, con tanta generosità, la tua gloria. Di rimando, Dio benedice con una benedizione eterna, i suoi Santi: Siate benedetti, per sempre, mie care creature che, per avermi servito con coraggio, mi loderete eternamente con amore.
Rimprovera il tuo cuore per il poco coraggio dimostrato finora e per essersi tanto allontanato dal cammino verso quella dimora di gloria. Perché mi sono tanto allontanata dal mio sommo bene? Miserabile che sono, l’ho fatto soltanto per piaceri insulsi e leggeri, abbandonando delizie mille volte migliori. Come ho fatto a disprezzare beni tanto desiderabili per desideri così meschini che non meritavano alcuna attenzione?
Desidera con forza di giungere a quella beata dimora. Mio buono e supremo Signore, poiché hai voluto guidare di nuovo i miei passi sul cammino che porta a Te, ti prometto che mai più tornerò indietro. Camminiamo, cara anima mia, camminiamo verso quella pace infinita, camminiamo verso quella terra benedetta a noi promessa. Che ci facciamo qui, in Egitto? Mi terrò lontano da tutto ciò che potrebbe distogliermi da questo cammino o ritardarlo. Farò invece tutto quello che mi può favorire nell’incamminarmi in esso.
Padre nostro, Ave Maria.
Intreccia il mazzetto spirituale.
Ottava Meditazione: Il Paradiso
- Preparazione
Chiedigli di ispirarti.
- Considerazioni
Pensa alla nobiltà, alla bellezza e alla moltitudine dei cittadini abitanti in quella città felice: milioni e milioni di Angeli, di Cherubini, di Serafini, il gruppo degli Apostoli, i Martiri, i Confessori, le Vergini, le Madri di Famiglia; sono innumerevoli.
È una compagnia impareggiabile! Il più piccolo di loro è più bello alla vista di tutto il mondo messo insieme! Immagina la gioia nel contemplarli tutti contemporaneamente. Sono felici; cantano senza sosta l’inno dell’amore eterno; godono di una gioia ininterrotta; scambievolmente provano, nel vedersi, un piacere inesprimibile, e vivono nella sicurezza di una società felice e indivisibile.
Infine pensa al bene sommo di cui tutti insieme godono: la vista di Dio che li gratifica per l’eternità del suo sguardo pieno d’amore, travolgendo i loro cuori in un abisso di piacere. È un bene senza pari l’essere uniti al proprio principio.
Sono simili ad uccelli spensierati, che volano e cantano eternamente nel cielo della divinità, che li colma di piaceri inesprimibili; ciascuno, senza invidia, canta al suo meglio, le lodi del Creatore.
Sia tu benedetto per sempre, o dolce Creatore e Salvatore, perché sei buono e ci comunichi, con tanta generosità, la tua gloria. Di rimando, Dio benedice con una benedizione eterna, i suoi Santi: Siate benedetti, per sempre, mie care creature che, per avermi servito con coraggio, mi loderete eternamente con amore.
- Affetti e propositi
Rimprovera il tuo cuore per il poco coraggio dimostrato finora e per essersi tanto allontanato dal cammino verso quella dimora di gloria. Perché mi sono tanto allontanata dal mio sommo bene? Miserabile che sono, l’ho fatto soltanto per piaceri insulsi e leggeri, abbandonando delizie mille volte migliori. Come ho fatto a disprezzare beni tanto desiderabili per desideri così meschini che non meritavano alcuna attenzione?
Desidera con forza di giungere a quella beata dimora. Mio buono e supremo Signore, poiché hai voluto guidare di nuovo i miei passi sul cammino che porta a Te, ti prometto che mai più tornerò indietro. Camminiamo, cara anima mia, camminiamo verso quella pace infinita, camminiamo verso quella terra benedetta a noi promessa. Che ci facciamo qui, in Egitto? Mi terrò lontano da tutto ciò che potrebbe distogliermi da questo cammino o ritardarlo. Farò invece tutto quello che mi può favorire nell’incamminarmi in esso.
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Padre nostro, Ave Maria.
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Ultima modifica di miriam bolfissimo il gio feb 02, 2006 5:12 pm, modificato 1 volta in totale.
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Capitolo XVII
Nona Meditazione: Elezione e scelta del Paradiso
Umiliati davanti a lui e pregalo che ti ispiri.
In basso poi, ti fa vedere la voragine dell’inferno, anch’essa spalancata davanti a te, con tutti i tormenti che ti ho descritto quando ti ho guidato alla meditazione dell’inferno.
Dopo aver immaginato questa doppia visione, mettiti in ginocchio davanti al tuo Angelo.
Pensa quanto sia vero che tu ti trovi tra il Paradiso e l’Inferno; come pure è vero che l’uno e l’altro sono spalancati per riceverti secondo la scelta che tu farai.
Pensa che la scelta che farai dell’uno o dell’altro in questo mondo, durerà eternamente nell’altro.
Pensa che, pur essendo entrambi spalancati per accoglierti, secondo la tua scelta, e la sensazione della giustizia di Dio o della sua misericordia, tuttavia Dio desidera, con un desiderio senza pari, che tu scelga il Paradiso; e l’Angelo ti fa pressioni nello stesso senso e ti offre, da parte di Dio, mille grazie e mille aiuti per salire.
Cristo Gesù, dall’alto del Cielo, ti guarda con amore e ti invita con dolcezza: Vieni, anima diletta, a riposarti eternamente tra le braccia della mia bontà, che ti ha preparato delizie immortali nel suo amore generoso per te.
Contempla con gli occhi dell’anima la Vergine santa che ti invita con amore di Madre: Coraggio, figlia mia, non ignorare i desideri del mio Gesù e le preghiere che gli rivolgo per te, perché voglio, con Lui, la tua salvezza eterna.
Dà uno sguardo ai Santi che ti incoraggiano e un altro milione di anime che ti invita con dolcezza e vuole soltanto vederti un giorno unita a loro, nella lode eterna di Dio; e ti garantiscono che il cammino verso il Cielo non è poi così difficile come vuol far credere il mondo: coraggio, ti dicono, amica cara, chi valuta bene il cammino della devozione per il quale siamo saliti, scoprirà che siamo giunti a queste delizie attraverso altre delizie infinitamente più dolci di quelle del mondo.
O inferno, io ti detesto per sempre; detesto i tuoi supplizi, i tuoi tormenti; detesto la tua eternità di maledizione e di infelicità. Soprattutto odio le tue eterne imprecazioni e bestemmie che scagli contro il mio Dio.
Rivolgo il cuore e l’anima dalla tua parte, o beato paradiso, gloria eterna, felicità senza fine, eleggo per sempre, irrevocabilmente, la mia dimora nelle tue belle case e nei tuoi santi e desiderabili tabernacoli.
Mio Dio, benedico la tua misericordia ed accetto l’offerta che me ne fai. Gesù Salvatore, accetto il tuo amore eterno, avallo l’acquisto del posto che tu hai fatto per me in quella beata Gerusalemme, solo per amarti e benedirti per sempre.
Accetta i favori che la Vergine e i Santi ti offrono; prometti loro di seguirli nello stesso cammino; tendi la mano al tuo Angelo perché ti guidi; incoraggia la tua anima a questa scelta.
Nona Meditazione: Elezione e scelta del Paradiso
- Preparazione
Umiliati davanti a lui e pregalo che ti ispiri.
- Considerazioni
In basso poi, ti fa vedere la voragine dell’inferno, anch’essa spalancata davanti a te, con tutti i tormenti che ti ho descritto quando ti ho guidato alla meditazione dell’inferno.
Dopo aver immaginato questa doppia visione, mettiti in ginocchio davanti al tuo Angelo.
Pensa quanto sia vero che tu ti trovi tra il Paradiso e l’Inferno; come pure è vero che l’uno e l’altro sono spalancati per riceverti secondo la scelta che tu farai.
Pensa che la scelta che farai dell’uno o dell’altro in questo mondo, durerà eternamente nell’altro.
Pensa che, pur essendo entrambi spalancati per accoglierti, secondo la tua scelta, e la sensazione della giustizia di Dio o della sua misericordia, tuttavia Dio desidera, con un desiderio senza pari, che tu scelga il Paradiso; e l’Angelo ti fa pressioni nello stesso senso e ti offre, da parte di Dio, mille grazie e mille aiuti per salire.
Cristo Gesù, dall’alto del Cielo, ti guarda con amore e ti invita con dolcezza: Vieni, anima diletta, a riposarti eternamente tra le braccia della mia bontà, che ti ha preparato delizie immortali nel suo amore generoso per te.
Contempla con gli occhi dell’anima la Vergine santa che ti invita con amore di Madre: Coraggio, figlia mia, non ignorare i desideri del mio Gesù e le preghiere che gli rivolgo per te, perché voglio, con Lui, la tua salvezza eterna.
Dà uno sguardo ai Santi che ti incoraggiano e un altro milione di anime che ti invita con dolcezza e vuole soltanto vederti un giorno unita a loro, nella lode eterna di Dio; e ti garantiscono che il cammino verso il Cielo non è poi così difficile come vuol far credere il mondo: coraggio, ti dicono, amica cara, chi valuta bene il cammino della devozione per il quale siamo saliti, scoprirà che siamo giunti a queste delizie attraverso altre delizie infinitamente più dolci di quelle del mondo.
- Scelta
O inferno, io ti detesto per sempre; detesto i tuoi supplizi, i tuoi tormenti; detesto la tua eternità di maledizione e di infelicità. Soprattutto odio le tue eterne imprecazioni e bestemmie che scagli contro il mio Dio.
Rivolgo il cuore e l’anima dalla tua parte, o beato paradiso, gloria eterna, felicità senza fine, eleggo per sempre, irrevocabilmente, la mia dimora nelle tue belle case e nei tuoi santi e desiderabili tabernacoli.
Mio Dio, benedico la tua misericordia ed accetto l’offerta che me ne fai. Gesù Salvatore, accetto il tuo amore eterno, avallo l’acquisto del posto che tu hai fatto per me in quella beata Gerusalemme, solo per amarti e benedirti per sempre.
Accetta i favori che la Vergine e i Santi ti offrono; prometti loro di seguirli nello stesso cammino; tendi la mano al tuo Angelo perché ti guidi; incoraggia la tua anima a questa scelta.
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Capitolo XVIII
Decima Meditazione: L’elezione e la scelta della Vita Devota
Abbassati davanti a lui, domanda il suo aiuto.
Esamina il contegno di tutti i disgraziati cortigiani di quel re d’abominio: alcuni sono furiosi per l’odio, l’invidia, la collera; altri si uccidono tra loro; altri, smunti, tesi e ansiosi accumulano ricchezze; altri poi sono presi dalla vanità, senza provare un solo piacere che non sia vuoto e sciocco; altri ancora sono abbruttiti, smarriti, corrotti nelle loro passioni animalesche.
Guarda come tutti sono senza pace, disordinati e senza ritegno; guarda come si disprezzano a vicenda: al massimo trovi un ipocrita parvenza d’amore.
A destra c’è Gesù Cristo crocifisso, che, con un amore cordiale, prega per quegli infelici dominati dal diavolo, perché si liberino da quella tirannide, e li chiama a sé. Intorno a Lui vedi una grande moltitudine di devoti con i loro Angeli.
Ammira la bellezza di questo regno della devozione. È meraviglioso vedere la schiera delle Vergini, uomini e donne, bianca più dei gigli; la schiera delle Vedove, spiranti mortificazione e umiltà; guarda la schiera degli Sposi, che vivono insieme con grande dolcezza e rispetto reciproco, segno di un grande amore: guarda come quelle anime devote sanno unire la cura della casa terrena con quella del cielo, l’amore del marito con quello di Cristo.
Volgi lo sguardo intorno e vedrai tutti con un contegno santo, mite, amabile, mentre ascoltano Nostro Signore. Tutti vorrebbero poterlo mettere al centro del loro cuore. Si rallegrano, ma di una gioia serena, piena di amore e controllata; si vogliono bene tra loro, ma di un amore bello e pulito. Coloro che sono afflitti, tra quel popolo eletto, non si tormentano più di tanto e non perdono il contegno. Noterai gli occhi del Salvatore che li consola e tutti vogliono stargli vicino.
Tu hai già abbandonato Satana con la sua disgraziata compagnia; lo hai fatto con i tuoi santi affetti; tuttavia non sei ancora giunta presso il Re Gesù; e non sei ancora unita alla felice e santa compagnia dei devoti, anzi sei sempre rimasta a mezza strada.
La Vergine santa, con S. Giuseppe, S. Luigi, S. Monica, e centomila altri, che si trovano nella schiera di coloro che sono vissuti nel mondo, ti invitano e ti incoraggiano.
Il Re crocifisso ti chiama per nome: Vieni, o amata, vieni perché io possa incoronarti.
Re dell’orgoglio, dell’infelicità, spirito d’inferno, io rinuncio a te e a tutte le tue invenzioni. Ti odio e con te tutte le tue opere.
Mi converto a te, dolce Gesù, Re della felicità e della gloria che non muore; ti abbraccio con tutte le forze della mia anima, ti adoro con tutto il cuore, ti scelgo, ora e per sempre, a mio Re, e ti prometto fedeltà senza pentimenti; prometto obbedienza alle tue sante leggi, voglio ascoltare i tuoi consigli.
O Vergine Santa, mia cara padrona, ti prendo per guida, mi metto sotto la tua bandiera, ti prometto un particolare rispetto e una riverenza tutta speciale. Mio Santo Angelo, presentami a quella santa assemblea: non lasciarmi finché non mi sia unita a quella beata brigata, assieme alla quale dico e dirò sempre, a prova della scelta operata: Viva Gesù, Viva Gesù!
Decima Meditazione: L’elezione e la scelta della Vita Devota
- Preparazione
Abbassati davanti a lui, domanda il suo aiuto.
- Considerazioni
Esamina il contegno di tutti i disgraziati cortigiani di quel re d’abominio: alcuni sono furiosi per l’odio, l’invidia, la collera; altri si uccidono tra loro; altri, smunti, tesi e ansiosi accumulano ricchezze; altri poi sono presi dalla vanità, senza provare un solo piacere che non sia vuoto e sciocco; altri ancora sono abbruttiti, smarriti, corrotti nelle loro passioni animalesche.
Guarda come tutti sono senza pace, disordinati e senza ritegno; guarda come si disprezzano a vicenda: al massimo trovi un ipocrita parvenza d’amore.
A destra c’è Gesù Cristo crocifisso, che, con un amore cordiale, prega per quegli infelici dominati dal diavolo, perché si liberino da quella tirannide, e li chiama a sé. Intorno a Lui vedi una grande moltitudine di devoti con i loro Angeli.
Ammira la bellezza di questo regno della devozione. È meraviglioso vedere la schiera delle Vergini, uomini e donne, bianca più dei gigli; la schiera delle Vedove, spiranti mortificazione e umiltà; guarda la schiera degli Sposi, che vivono insieme con grande dolcezza e rispetto reciproco, segno di un grande amore: guarda come quelle anime devote sanno unire la cura della casa terrena con quella del cielo, l’amore del marito con quello di Cristo.
Volgi lo sguardo intorno e vedrai tutti con un contegno santo, mite, amabile, mentre ascoltano Nostro Signore. Tutti vorrebbero poterlo mettere al centro del loro cuore. Si rallegrano, ma di una gioia serena, piena di amore e controllata; si vogliono bene tra loro, ma di un amore bello e pulito. Coloro che sono afflitti, tra quel popolo eletto, non si tormentano più di tanto e non perdono il contegno. Noterai gli occhi del Salvatore che li consola e tutti vogliono stargli vicino.
Tu hai già abbandonato Satana con la sua disgraziata compagnia; lo hai fatto con i tuoi santi affetti; tuttavia non sei ancora giunta presso il Re Gesù; e non sei ancora unita alla felice e santa compagnia dei devoti, anzi sei sempre rimasta a mezza strada.
La Vergine santa, con S. Giuseppe, S. Luigi, S. Monica, e centomila altri, che si trovano nella schiera di coloro che sono vissuti nel mondo, ti invitano e ti incoraggiano.
Il Re crocifisso ti chiama per nome: Vieni, o amata, vieni perché io possa incoronarti.
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Re dell’orgoglio, dell’infelicità, spirito d’inferno, io rinuncio a te e a tutte le tue invenzioni. Ti odio e con te tutte le tue opere.
Mi converto a te, dolce Gesù, Re della felicità e della gloria che non muore; ti abbraccio con tutte le forze della mia anima, ti adoro con tutto il cuore, ti scelgo, ora e per sempre, a mio Re, e ti prometto fedeltà senza pentimenti; prometto obbedienza alle tue sante leggi, voglio ascoltare i tuoi consigli.
O Vergine Santa, mia cara padrona, ti prendo per guida, mi metto sotto la tua bandiera, ti prometto un particolare rispetto e una riverenza tutta speciale. Mio Santo Angelo, presentami a quella santa assemblea: non lasciarmi finché non mi sia unita a quella beata brigata, assieme alla quale dico e dirò sempre, a prova della scelta operata: Viva Gesù, Viva Gesù!
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Capitolo XIX
Come fare la confessione generale
Ecco dunque, cara Filotea, le meditazioni che fanno al caso nostro.
Una volta che le hai profondamente meditate, in spirito di umiltà, va coraggiosamente a fare la tua confessione generale.
Ti prego di non angosciarti per alcun motivo. Lo scorpione è velenoso quando ci punge, ma, ridotto in olio, è un efficace rimedio contro le sue punture; il peccato è riprovevole quando lo commettiamo, ma una volta trasformato in confessione e penitenza, è pegno di onore e di salvezza. La contrizione e la confessione sono così belle e così profumate, che cancellano la bruttezza e distruggono il lezzo del peccato. Simone il lebbroso diceva che Maddalena era peccatrice, ma Nostro Signore dice di no e parla soltanto del profumo che spande e del suo grande amore.
Se noi siamo molto umili, o Filotea, il peccato ci darà un grande dispiacere perché offende Dio. Ma l’accusa del nostro peccato diverrà dolce e piacevole perché onora Dio: quando diciamo al medico il male che ci tormenta, proviamo già un certo sollievo.
Quando sarai davanti al padre spirituale, immagina di essere sul Calvario, ai piedi di Gesù Cristo crocifisso, il cui sangue, grondando da tutte le parti, ti lava dalle iniquità; infatti anche se non si tratta fisicamente del sangue del Salvatore, è sempre il merito di quel sangue versato che continua a scorrere abbondantemente sui penitenti che si trovano attorno al confessionale.
Apri bene il cuore per farne uscire i peccati destinati alla confessione; a misura che usciranno, entrerà il merito prezioso della Passione di Cristo per riempirlo di benedizioni. Esponi tutto bene, con semplicità e naturalezza; almeno per questa volta fa contenta la tua coscienza.
Dopo ascolta la correzione e i consigli del servitore di Dio, e dì nel tuo cuore: Parla, Signore, che il tuo servo ti ascolta. Sì, Filotea, è Dio che tu ascolti, perché ha detto ai suoi rappresentanti: Chi ascolta voi, ascolta me.
Dopo, prendi in mano la promessa che ho scritto per te e che trovi nel capitolo seguente; serve di conclusione al tuo atto di contrizione. Prima devi meditarla. Leggila con attenzione e con tutta la partecipazione che ti sarà possibile.
Come fare la confessione generale
Ecco dunque, cara Filotea, le meditazioni che fanno al caso nostro.
Una volta che le hai profondamente meditate, in spirito di umiltà, va coraggiosamente a fare la tua confessione generale.
Ti prego di non angosciarti per alcun motivo. Lo scorpione è velenoso quando ci punge, ma, ridotto in olio, è un efficace rimedio contro le sue punture; il peccato è riprovevole quando lo commettiamo, ma una volta trasformato in confessione e penitenza, è pegno di onore e di salvezza. La contrizione e la confessione sono così belle e così profumate, che cancellano la bruttezza e distruggono il lezzo del peccato. Simone il lebbroso diceva che Maddalena era peccatrice, ma Nostro Signore dice di no e parla soltanto del profumo che spande e del suo grande amore.
Se noi siamo molto umili, o Filotea, il peccato ci darà un grande dispiacere perché offende Dio. Ma l’accusa del nostro peccato diverrà dolce e piacevole perché onora Dio: quando diciamo al medico il male che ci tormenta, proviamo già un certo sollievo.
Quando sarai davanti al padre spirituale, immagina di essere sul Calvario, ai piedi di Gesù Cristo crocifisso, il cui sangue, grondando da tutte le parti, ti lava dalle iniquità; infatti anche se non si tratta fisicamente del sangue del Salvatore, è sempre il merito di quel sangue versato che continua a scorrere abbondantemente sui penitenti che si trovano attorno al confessionale.
Apri bene il cuore per farne uscire i peccati destinati alla confessione; a misura che usciranno, entrerà il merito prezioso della Passione di Cristo per riempirlo di benedizioni. Esponi tutto bene, con semplicità e naturalezza; almeno per questa volta fa contenta la tua coscienza.
Dopo ascolta la correzione e i consigli del servitore di Dio, e dì nel tuo cuore: Parla, Signore, che il tuo servo ti ascolta. Sì, Filotea, è Dio che tu ascolti, perché ha detto ai suoi rappresentanti: Chi ascolta voi, ascolta me.
Dopo, prendi in mano la promessa che ho scritto per te e che trovi nel capitolo seguente; serve di conclusione al tuo atto di contrizione. Prima devi meditarla. Leggila con attenzione e con tutta la partecipazione che ti sarà possibile.
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Capitolo XX
Promessa per imprimere nell’anima il proposito di servire Dio, a conclusione degli atti di penitenza
Io sottoscritta, prostrata davanti a Dio e a tutta la Corte celeste, dopo aver considerato l’immensa misericordia della divina bontà nei confronti di me, indegna e insignificante creatura, che Egli ha tratto dal nulla, conservata, nutrita e liberata da tanti pericoli, e colmata di tanti benefici; ma soprattutto dopo aver consideratola dolcezza, e la clemenza, superiore a quanto si può pensare, in virtù della quale tanto benignamente mi ha sopportata nelle mie iniquità, ispirandomi molto spesso con amore e invitandomi a correggermi; considerando che mi ha atteso tanto pazientemente perché facessi penitenza fino all’età che oggi ho; e questo, nonostante le mie ingratitudini, le slealtà e le infedeltà con le quali ho differito la conversione, disprezzando le sue grazie e per di più sfacciatamente offendendolo; dopo aver preso in considerazione anche il fatto che nel giorno del Battesimo sono stata consacrata e donata a Dio, per essere sua figlia; e che, contrariamente alla promessa fatta allora in mio nome, ho molte volte, agendo da disgraziata e in modo riprovevole, profanato e violato il mio spirito, usandolo contro la Maestà divina; essendo ritornata finalmente in me stessa, prostrata con il cuore e con lo spirito davanti al trono della giustizia divina, riconosco, ammetto e confesso di meritare di essere accusata e convinta del crimine di lesa Maestà divina, in quanto colpevole della Morte e Passione di Gesù Cristo, ucciso dai peccati da me commessi; infatti per loro causa è morto dopo aver sofferto i tormenti della croce; per questo riconosco di essere degna di venire condannata alla perdizione eterna.
Ma oso rivolgermi al trono dell’infinita misericordia del medesimo Dio. Detesto con tutto il cuore e con tutte le forze le iniquità della mia vita passata, domando e impetro umilmente grazia e perdono e per questo ti chiedo una totale assoluzione dei miei crimini, in forza della Morte e Passione di quel medesimo Signore e Redentore dell’anima mia; fidando su quella, quale unica speranza per la mia salvezza, ripeto nuovamente e rinnovo la promessa di fedeltà fatta in mio nome a Dio, in occasione del battesimo, e rinuncio al demonio, al mondo e alla carne; detesto le loro malefiche suggestioni, le vanità e i desideri insani, per tutta la vita che mi resta e per l’eternità.
Voglio convertirmi a Dio buono e pietoso; desidero, propongo, scelgo e decido irrevocabilmente di servirlo e amarlo adesso e per l’eternità. A tal fine gli affido, gli dedico e gli consacro il mio spirito con tutte le sue facoltà, la mia anima con tutte le sue potenze, il mio cuore con tutti i suoi affetti, il mio corpo con tutti i suoi sensi; protesto di non voler più in alcun modo, abusare di nessuna parte del mio essere contro la sua divina volontà e la sua Maestà sovrana; a lei mi sacrifico e mi immolo in spirito, per essere per sempre nei suoi confronti, una creatura leale, obbediente e fedele, senza più volermi ricredere o pentire.
Ma, se per suggestione del nemico o qualche umana infermità. Dovesse capitarmi di venir meno in qualche cosa a questa mia promessa e a questa consacrazione, fin d’ora protesto e mi propongo, con l’aiuto della grazia dello Spirito Santo, di rialzarmi immediatamente, appena ne avrò coscienza, di rivolgermi di nuovo alla misericordia divina senza attendere un solo istante.
Questa è la mia volontà, la mia intenzione e la mia decisione irremovibile, di cui ho piena coscienza e la confermo senza riserve o eccezioni, davanti a Dio e alla Chiesa trionfante, alla Chiesa militante mia Madre, che riceve questa mia dichiarazione nella persona di colui che, come ministro, mi ascolta in questo atto.
Ti piaccia, o eterno Iddio, onnipotente e buono, Padre, Figlio e Spirito Santo, confermare in me questo proposito e accettare e gradire il dono che ti faccio in questo momento con tutto il cuore, dal profondo di me stessa. Come mi hai dato ispirazione e volontà per offrirtelo, dammi anche grazia e forza per non mancare di parola. O Signore, tu sei il mio Dio, il Dio del mio cuore, il Dio della mia anima, il Dio del mio Spirito; come tale ti riconosco e ti adoro per tutta l’eternità. Viva Gesù!
Promessa per imprimere nell’anima il proposito di servire Dio, a conclusione degli atti di penitenza
Io sottoscritta, prostrata davanti a Dio e a tutta la Corte celeste, dopo aver considerato l’immensa misericordia della divina bontà nei confronti di me, indegna e insignificante creatura, che Egli ha tratto dal nulla, conservata, nutrita e liberata da tanti pericoli, e colmata di tanti benefici; ma soprattutto dopo aver consideratola dolcezza, e la clemenza, superiore a quanto si può pensare, in virtù della quale tanto benignamente mi ha sopportata nelle mie iniquità, ispirandomi molto spesso con amore e invitandomi a correggermi; considerando che mi ha atteso tanto pazientemente perché facessi penitenza fino all’età che oggi ho; e questo, nonostante le mie ingratitudini, le slealtà e le infedeltà con le quali ho differito la conversione, disprezzando le sue grazie e per di più sfacciatamente offendendolo; dopo aver preso in considerazione anche il fatto che nel giorno del Battesimo sono stata consacrata e donata a Dio, per essere sua figlia; e che, contrariamente alla promessa fatta allora in mio nome, ho molte volte, agendo da disgraziata e in modo riprovevole, profanato e violato il mio spirito, usandolo contro la Maestà divina; essendo ritornata finalmente in me stessa, prostrata con il cuore e con lo spirito davanti al trono della giustizia divina, riconosco, ammetto e confesso di meritare di essere accusata e convinta del crimine di lesa Maestà divina, in quanto colpevole della Morte e Passione di Gesù Cristo, ucciso dai peccati da me commessi; infatti per loro causa è morto dopo aver sofferto i tormenti della croce; per questo riconosco di essere degna di venire condannata alla perdizione eterna.
Ma oso rivolgermi al trono dell’infinita misericordia del medesimo Dio. Detesto con tutto il cuore e con tutte le forze le iniquità della mia vita passata, domando e impetro umilmente grazia e perdono e per questo ti chiedo una totale assoluzione dei miei crimini, in forza della Morte e Passione di quel medesimo Signore e Redentore dell’anima mia; fidando su quella, quale unica speranza per la mia salvezza, ripeto nuovamente e rinnovo la promessa di fedeltà fatta in mio nome a Dio, in occasione del battesimo, e rinuncio al demonio, al mondo e alla carne; detesto le loro malefiche suggestioni, le vanità e i desideri insani, per tutta la vita che mi resta e per l’eternità.
Voglio convertirmi a Dio buono e pietoso; desidero, propongo, scelgo e decido irrevocabilmente di servirlo e amarlo adesso e per l’eternità. A tal fine gli affido, gli dedico e gli consacro il mio spirito con tutte le sue facoltà, la mia anima con tutte le sue potenze, il mio cuore con tutti i suoi affetti, il mio corpo con tutti i suoi sensi; protesto di non voler più in alcun modo, abusare di nessuna parte del mio essere contro la sua divina volontà e la sua Maestà sovrana; a lei mi sacrifico e mi immolo in spirito, per essere per sempre nei suoi confronti, una creatura leale, obbediente e fedele, senza più volermi ricredere o pentire.
Ma, se per suggestione del nemico o qualche umana infermità. Dovesse capitarmi di venir meno in qualche cosa a questa mia promessa e a questa consacrazione, fin d’ora protesto e mi propongo, con l’aiuto della grazia dello Spirito Santo, di rialzarmi immediatamente, appena ne avrò coscienza, di rivolgermi di nuovo alla misericordia divina senza attendere un solo istante.
Questa è la mia volontà, la mia intenzione e la mia decisione irremovibile, di cui ho piena coscienza e la confermo senza riserve o eccezioni, davanti a Dio e alla Chiesa trionfante, alla Chiesa militante mia Madre, che riceve questa mia dichiarazione nella persona di colui che, come ministro, mi ascolta in questo atto.
Ti piaccia, o eterno Iddio, onnipotente e buono, Padre, Figlio e Spirito Santo, confermare in me questo proposito e accettare e gradire il dono che ti faccio in questo momento con tutto il cuore, dal profondo di me stessa. Come mi hai dato ispirazione e volontà per offrirtelo, dammi anche grazia e forza per non mancare di parola. O Signore, tu sei il mio Dio, il Dio del mio cuore, il Dio della mia anima, il Dio del mio Spirito; come tale ti riconosco e ti adoro per tutta l’eternità. Viva Gesù!
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Capitolo XXI
Conclusione della prima purificazione
Fatta la promessa, rimani molto attenta e apri bene il cuore per ascoltare con tutta l’anima le parole di assoluzione che il Salvatore della tua anima, assiso sul trono della misericordia, pronuncerà lassù in Cielo, davanti agli Angeli e ai Santi, nello stesso istante in cui, in suo nome, il sacerdote ti assolverà quaggiù in terra.
La schiera dei Beati gioisce per la tua felicità e canta il cantico spirituale di una gioia che non ha confronti; tutti ti accolgono e abbracciano il tuo cuore che ha ritrovato la grazia e la santità.
È un ottimo contratto, Filotea: tu doni ora te stessa alla Maestà di Dio e ottieni in cambio che Egli si doni a te per l’eternità.
Non ti resta più che prendere la penna e apporre la firma all’atto della tua promessa; dopo di che, ti recherai all’altare; così anche Dio firmerà e apporrà il suo sigillo a conferma dell’assoluzione e ti prometterà il paradiso; per mezzo del sacramento anzi, sarà Lui stesso il sigillo di garanzia sul tuo cuore nuovo. Così la tua anima sarà libera dal peccato e da tutti gli affetti al peccato.
Ma siccome questi affetti rispuntano facilmente nell’anima, a causa della nostra infermità e della nostra concupiscenza, che può essere mortificata, ma non eliminata, finché vivremo su questa terra, io ti darò dei consigli: se li segui ti terrai lontana dal peccato mortale e dai suoi affetti così mai più il peccato avrà posto nel tuo cuore. Visto poi che gli stessi consigli sono utili anche per una purificazione più radicale, prima di darteli, voglio spendere qualche parola per chiarirti che cosa intendo per purezza totale, che è quella alla quale desidero guidarti.
Conclusione della prima purificazione
Fatta la promessa, rimani molto attenta e apri bene il cuore per ascoltare con tutta l’anima le parole di assoluzione che il Salvatore della tua anima, assiso sul trono della misericordia, pronuncerà lassù in Cielo, davanti agli Angeli e ai Santi, nello stesso istante in cui, in suo nome, il sacerdote ti assolverà quaggiù in terra.
La schiera dei Beati gioisce per la tua felicità e canta il cantico spirituale di una gioia che non ha confronti; tutti ti accolgono e abbracciano il tuo cuore che ha ritrovato la grazia e la santità.
È un ottimo contratto, Filotea: tu doni ora te stessa alla Maestà di Dio e ottieni in cambio che Egli si doni a te per l’eternità.
Non ti resta più che prendere la penna e apporre la firma all’atto della tua promessa; dopo di che, ti recherai all’altare; così anche Dio firmerà e apporrà il suo sigillo a conferma dell’assoluzione e ti prometterà il paradiso; per mezzo del sacramento anzi, sarà Lui stesso il sigillo di garanzia sul tuo cuore nuovo. Così la tua anima sarà libera dal peccato e da tutti gli affetti al peccato.
Ma siccome questi affetti rispuntano facilmente nell’anima, a causa della nostra infermità e della nostra concupiscenza, che può essere mortificata, ma non eliminata, finché vivremo su questa terra, io ti darò dei consigli: se li segui ti terrai lontana dal peccato mortale e dai suoi affetti così mai più il peccato avrà posto nel tuo cuore. Visto poi che gli stessi consigli sono utili anche per una purificazione più radicale, prima di darteli, voglio spendere qualche parola per chiarirti che cosa intendo per purezza totale, che è quella alla quale desidero guidarti.
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Capitolo XXII
Bisogna liberarsi dall’affetto al peccato veniale
A misura che il giorno cresce, scopriamo meglio nello specchio le macchie e le impurità del nostro volto; così, a misura che la luce interiore dello Spirito Santo illumina le nostre coscienze, distinguiamo con maggiore chiarezza i peccati, le tendenze e le imperfezioni che possono impedirci di raggiungere la vera devozione.
La stessa luce che ci fa notare queste tare e questa zavorra, ci anima al desiderio di mondarcene e di liberarcene.
Scoprirai dunque, cara Filotea, che oltre al peccato mortale e agli affetti al peccato mortale, di cui ti sei già liberata con gli esercizi sopra indicati, nell’anima tu conservi ancora molte tendenze e affetti ai peccati veniali. Non dico che scoprirai dei peccati veniali, ma degli affetti e delle tendenze ad essi; ora, sono due cose ben diverse: non saremo mai liberi completamente dai peccati veniali, almeno per un lungo tempo; ma possiamo benissimo non avere affetto ai peccati veniali. Infatti è ben diverso dire una frottola una volta o due, in allegria, in cosa di poca importanza, dal trovare gusto a mentire ed essere incalliti in quel genere di mancanza.
Dico che bisogna liberare la propria anima da tutti gli affetti ai peccati veniali, ossia non bisogna, in alcun modo, incoraggiare deliberatamente la volontà a rimanere nel peccato veniale; sarebbe una debolezza troppo grande conservare consapevolmente nella nostra coscienza un proposito che dispiace a Dio, quale la volontà di voler fare cosa a Lui non gradita.
Il peccato veniale, per piccolo che sia, dispiace a Dio, anche se non in misura da volere, per questo, dannarci o perderci. Se il peccato veniale gli dispiace, la volontà e l’affetto ad esso, sono un chiaro proposito di voler dispiacere alla Maestà divina. E com’è possibile che un’anima per bene, non soltanto voglia dispiacere a Dio, ma sia attaccata al desiderio di dispiacergli?
Questi affetti, Filotea, sono direttamente contrari alla devozione, come gli affetti al peccato mortale lo sono alla carità: indeboliscono le forze dello spirito, impediscono le consolazioni divine, aprono la porta alle tentazioni; se è vero che non uccidono l’anima, la rendono però gravemente inferma.
Le mosche morenti, dice il Saggio, rovinano e corrompono il pregio dell’unguento: con ciò vuol dire che le mosche le quali non si fermano che pochissimo sull’unguento e ne succhiano solo passando, rovinano solo quello che prendono e lasciano il resto intatto; ma quando vi cadono dentro morte, gli tolgono il pregio e nessuno più lo vuole.
Allo stesso modo, i peccati veniali, che capitano in un’anima devota senza soffermarsi per molto tempo, non le recano un danno molto grave; ma se quei peccati rimangono nell’anima a causa dell’affetto che c’è in noi per essi, questi le fanno perdere senz’altro il pregio dell’unguento, ossia la santa devozione.
I ragni non uccidono le api, ma ne contaminano e ne corrompono il miele, e le ostacolano con le loro ragnatele, di modo che le api non possono più lavorare; questo quando tessono ragnatele per fermarsi. Così, il peccato veniale non uccide l’anima, ma corrompe la devozione e intralcia talmente le potenze dell’anima con le cattive abitudini e tendenze, che essa non riesce più ad attuare la prontezza della carità, nella quale consiste la devozione; questo avviene quando il peccato veniale alberga nella nostra coscienza per l’affetto che gli portiamo.
Dire qualche bugia, è cosa da nulla; come pure dire qualche parola fuori posto, superare un po’ i giusti limiti nell’agire, negli sguardi, negli abiti, nelle battute, negli scherzi, nei balli, purché, appena presa coscienza di questi ragni spirituali, li respingiamo e li buttiamo fuori, come fanno le api con i ragni veri.
Ma se permettiamo loro di fermarsi nei nostri cuori, e per di più ci affezioniamo a trattenerli e moltiplicarli, presto troveremo che il nostro miele è andato perduto e l’alveare della nostra coscienza contaminato e disfatto. Ma, ripeto ancora una volta, che senso ha che una anima generosa trovi gusto a dispiacere a Dio, si affezioni ad essergli sgradita e voglia quello che sa bene che Dio non vuole?
Bisogna liberarsi dall’affetto al peccato veniale
A misura che il giorno cresce, scopriamo meglio nello specchio le macchie e le impurità del nostro volto; così, a misura che la luce interiore dello Spirito Santo illumina le nostre coscienze, distinguiamo con maggiore chiarezza i peccati, le tendenze e le imperfezioni che possono impedirci di raggiungere la vera devozione.
La stessa luce che ci fa notare queste tare e questa zavorra, ci anima al desiderio di mondarcene e di liberarcene.
Scoprirai dunque, cara Filotea, che oltre al peccato mortale e agli affetti al peccato mortale, di cui ti sei già liberata con gli esercizi sopra indicati, nell’anima tu conservi ancora molte tendenze e affetti ai peccati veniali. Non dico che scoprirai dei peccati veniali, ma degli affetti e delle tendenze ad essi; ora, sono due cose ben diverse: non saremo mai liberi completamente dai peccati veniali, almeno per un lungo tempo; ma possiamo benissimo non avere affetto ai peccati veniali. Infatti è ben diverso dire una frottola una volta o due, in allegria, in cosa di poca importanza, dal trovare gusto a mentire ed essere incalliti in quel genere di mancanza.
Dico che bisogna liberare la propria anima da tutti gli affetti ai peccati veniali, ossia non bisogna, in alcun modo, incoraggiare deliberatamente la volontà a rimanere nel peccato veniale; sarebbe una debolezza troppo grande conservare consapevolmente nella nostra coscienza un proposito che dispiace a Dio, quale la volontà di voler fare cosa a Lui non gradita.
Il peccato veniale, per piccolo che sia, dispiace a Dio, anche se non in misura da volere, per questo, dannarci o perderci. Se il peccato veniale gli dispiace, la volontà e l’affetto ad esso, sono un chiaro proposito di voler dispiacere alla Maestà divina. E com’è possibile che un’anima per bene, non soltanto voglia dispiacere a Dio, ma sia attaccata al desiderio di dispiacergli?
Questi affetti, Filotea, sono direttamente contrari alla devozione, come gli affetti al peccato mortale lo sono alla carità: indeboliscono le forze dello spirito, impediscono le consolazioni divine, aprono la porta alle tentazioni; se è vero che non uccidono l’anima, la rendono però gravemente inferma.
Le mosche morenti, dice il Saggio, rovinano e corrompono il pregio dell’unguento: con ciò vuol dire che le mosche le quali non si fermano che pochissimo sull’unguento e ne succhiano solo passando, rovinano solo quello che prendono e lasciano il resto intatto; ma quando vi cadono dentro morte, gli tolgono il pregio e nessuno più lo vuole.
Allo stesso modo, i peccati veniali, che capitano in un’anima devota senza soffermarsi per molto tempo, non le recano un danno molto grave; ma se quei peccati rimangono nell’anima a causa dell’affetto che c’è in noi per essi, questi le fanno perdere senz’altro il pregio dell’unguento, ossia la santa devozione.
I ragni non uccidono le api, ma ne contaminano e ne corrompono il miele, e le ostacolano con le loro ragnatele, di modo che le api non possono più lavorare; questo quando tessono ragnatele per fermarsi. Così, il peccato veniale non uccide l’anima, ma corrompe la devozione e intralcia talmente le potenze dell’anima con le cattive abitudini e tendenze, che essa non riesce più ad attuare la prontezza della carità, nella quale consiste la devozione; questo avviene quando il peccato veniale alberga nella nostra coscienza per l’affetto che gli portiamo.
Dire qualche bugia, è cosa da nulla; come pure dire qualche parola fuori posto, superare un po’ i giusti limiti nell’agire, negli sguardi, negli abiti, nelle battute, negli scherzi, nei balli, purché, appena presa coscienza di questi ragni spirituali, li respingiamo e li buttiamo fuori, come fanno le api con i ragni veri.
Ma se permettiamo loro di fermarsi nei nostri cuori, e per di più ci affezioniamo a trattenerli e moltiplicarli, presto troveremo che il nostro miele è andato perduto e l’alveare della nostra coscienza contaminato e disfatto. Ma, ripeto ancora una volta, che senso ha che una anima generosa trovi gusto a dispiacere a Dio, si affezioni ad essergli sgradita e voglia quello che sa bene che Dio non vuole?
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Capitolo XXIII
Bisogna liberarsi dall’affetto alle cose inutili e pericolose
I giochi, i balli, i banchetti, le feste, gli spettacoli, in sé non sono cose cattive, ma indifferenti, e possono essere vissute in bene o in male. Sono tuttavia sempre pericolose e ancor più pericoloso è attaccarsi ad esse. Anche se è permesso giocare, danzare, agghindarsi, assistere a spettacoli onesti, fare banchetti; esserci attaccati è contrario alla devozione e può nuocere e costituire pericolo. Il male non è farli, ma affezionarsi.
È da insensati seminare nella terra del nostro cuore affetti così vuoti e insulsi: occupano lo spazio destinato ai buoni sentimenti, e impediscono che la linfa della nostra anima nutra buone tendenze.
Gli antichi Nazirei non solo si astenevano dal vino e da tutto ciò che poteva ubriacarli, ma anche dall’uva, sia matura che acerba, non perché l’uva, magari acerba, ubriachi, ma perché c’era pericolo che mangiando uva acerba venisse la voglia di mangiarne di matura, e mangiandone poi di matura nascesse il desiderio di assaggiare il mosto e bere vino. Non dico che non dobbiamo fare uso di queste cose pericolose, ma insisto che non dobbiamo impegnarvi l’affetto se non vogliamo rovinare la devozione.
I cervi che hanno messo su troppo grasso, si ritirano in disparte e si nascondono nei cespugli, sapendo che, se per caso dovessero essere attaccati, il grasso non permetterebbe loro di correre agilmente: il cuore dell’uomo, quando si carica di affetti inutili, superflui o pericolosi, non riesce più a correre con prontezza, agilità e facilità dietro al suo Dio, che è il centro della devozione.
Ai bambini piacciono farfalle e le inseguono; nessuno trova da ridire perché sono bambini. Ma vedere uomini maturi attaccarsi a simili cose e correre dietro a tali bagatelle, sarebbe davvero uno spettacolo non solo ridicolo, ma penoso. Lo stesso si deve dire di quelle cose che ho detto sopra, perché, non soltanto sono inutili, ma inseguendole rischiamo di diventare degli originali e dei disordinati.
Ecco perché, cara Filotea, ti dico che bisogna liberarsi da quegli affetti e ti ripeto che, se anche le relative azioni non sono sempre contrarie alla devozione, di sicuro gli affetti a tali azioni le recano sempre danno.
Bisogna liberarsi dall’affetto alle cose inutili e pericolose
I giochi, i balli, i banchetti, le feste, gli spettacoli, in sé non sono cose cattive, ma indifferenti, e possono essere vissute in bene o in male. Sono tuttavia sempre pericolose e ancor più pericoloso è attaccarsi ad esse. Anche se è permesso giocare, danzare, agghindarsi, assistere a spettacoli onesti, fare banchetti; esserci attaccati è contrario alla devozione e può nuocere e costituire pericolo. Il male non è farli, ma affezionarsi.
È da insensati seminare nella terra del nostro cuore affetti così vuoti e insulsi: occupano lo spazio destinato ai buoni sentimenti, e impediscono che la linfa della nostra anima nutra buone tendenze.
Gli antichi Nazirei non solo si astenevano dal vino e da tutto ciò che poteva ubriacarli, ma anche dall’uva, sia matura che acerba, non perché l’uva, magari acerba, ubriachi, ma perché c’era pericolo che mangiando uva acerba venisse la voglia di mangiarne di matura, e mangiandone poi di matura nascesse il desiderio di assaggiare il mosto e bere vino. Non dico che non dobbiamo fare uso di queste cose pericolose, ma insisto che non dobbiamo impegnarvi l’affetto se non vogliamo rovinare la devozione.
I cervi che hanno messo su troppo grasso, si ritirano in disparte e si nascondono nei cespugli, sapendo che, se per caso dovessero essere attaccati, il grasso non permetterebbe loro di correre agilmente: il cuore dell’uomo, quando si carica di affetti inutili, superflui o pericolosi, non riesce più a correre con prontezza, agilità e facilità dietro al suo Dio, che è il centro della devozione.
Ai bambini piacciono farfalle e le inseguono; nessuno trova da ridire perché sono bambini. Ma vedere uomini maturi attaccarsi a simili cose e correre dietro a tali bagatelle, sarebbe davvero uno spettacolo non solo ridicolo, ma penoso. Lo stesso si deve dire di quelle cose che ho detto sopra, perché, non soltanto sono inutili, ma inseguendole rischiamo di diventare degli originali e dei disordinati.
Ecco perché, cara Filotea, ti dico che bisogna liberarsi da quegli affetti e ti ripeto che, se anche le relative azioni non sono sempre contrarie alla devozione, di sicuro gli affetti a tali azioni le recano sempre danno.
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Capitolo XXIV
Occorre liberarsi dalle cattive inclinazioni
Ci sono poi in noi altre tendenze naturali le quali, visto che non hanno origine dai nostri peccati personali, e non sono nemmeno veri e propri peccati, né mortali, né veniali, noi le chiamiamo imperfezioni, e i loro atti difetti o mancanze.
S. Paola, per esempio, stando al racconto di S. Girolamo, era fortemente portata alla tristezza e ai rimpianti, tanto che in occasione della morte dei figli e del marito, corse il pericolo di morire di dolore: quella era un’imperfezione, non un peccato, giacché era contro il suo gusto e la sua volontà.
Alcuni sono per natura loro di spirito leggero, altri burberi, altri ancora incapaci di ascoltare; alcuni sono portati ad indignarsi di tutto, altri a montare in collera, altri ad innamorarsi; se guardiamo bene troviamo pochissima gente che non abbia qualche imperfezione. Ora, benché siano spontanee e naturali, si riesce, con cura e attenzione, a correggerle, o almeno a temperarle, e qualche volta addirittura anche a correggerle e ad eliminarle totalmente: Filotea, io ti dico allora che devi farlo!
Se si è trovato il modo di trasformare le mandorle amare in mandorle dolci, semplicemente facendo un’incisione alla base per farne uscire il succo, perché dovrebbe essere impossibile far uscire da noi le tendenze perverse per diventare migliori?
Non c’è temperamento al mondo che, per buono che sia, non possa essere reso cattivo dalle cattive abitudini; al contrario, non esiste temperamento così perverso che, con la grazia di Dio in primo luogo, e poi con lo sforzo e l’impegno, non possa essere corretto e migliorato.
Per questo ora ti darò dei consigli e ti proporrò esercizi, attraverso i quali, potrai liberare la tua anima dagli affetti pericolosi, dalle imperfezioni e da tutti gli affetti ai peccati veniali; in tal modo renderai sempre più forte la tua coscienza contro il peccato mortale.
Dio faccia la grazia di praticarli bene!
Occorre liberarsi dalle cattive inclinazioni
Ci sono poi in noi altre tendenze naturali le quali, visto che non hanno origine dai nostri peccati personali, e non sono nemmeno veri e propri peccati, né mortali, né veniali, noi le chiamiamo imperfezioni, e i loro atti difetti o mancanze.
S. Paola, per esempio, stando al racconto di S. Girolamo, era fortemente portata alla tristezza e ai rimpianti, tanto che in occasione della morte dei figli e del marito, corse il pericolo di morire di dolore: quella era un’imperfezione, non un peccato, giacché era contro il suo gusto e la sua volontà.
Alcuni sono per natura loro di spirito leggero, altri burberi, altri ancora incapaci di ascoltare; alcuni sono portati ad indignarsi di tutto, altri a montare in collera, altri ad innamorarsi; se guardiamo bene troviamo pochissima gente che non abbia qualche imperfezione. Ora, benché siano spontanee e naturali, si riesce, con cura e attenzione, a correggerle, o almeno a temperarle, e qualche volta addirittura anche a correggerle e ad eliminarle totalmente: Filotea, io ti dico allora che devi farlo!
Se si è trovato il modo di trasformare le mandorle amare in mandorle dolci, semplicemente facendo un’incisione alla base per farne uscire il succo, perché dovrebbe essere impossibile far uscire da noi le tendenze perverse per diventare migliori?
Non c’è temperamento al mondo che, per buono che sia, non possa essere reso cattivo dalle cattive abitudini; al contrario, non esiste temperamento così perverso che, con la grazia di Dio in primo luogo, e poi con lo sforzo e l’impegno, non possa essere corretto e migliorato.
Per questo ora ti darò dei consigli e ti proporrò esercizi, attraverso i quali, potrai liberare la tua anima dagli affetti pericolosi, dalle imperfezioni e da tutti gli affetti ai peccati veniali; in tal modo renderai sempre più forte la tua coscienza contro il peccato mortale.
Dio faccia la grazia di praticarli bene!
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SECONDA PARTE
CONTIENE DIVERSI CONSIGLI PER L’ELEVAZIONE DELL’ANIMA A DIO PER MEZZO DELL’ORAZIONE E DEI SACRAMENTI
Capitolo I
Necessità dell’orazione
Poiché l’orazione illumina l’intelletto con la chiarezza della luce di Dio e scalda il cuore al calore dell’amore celeste, nulla l’eguaglia nel purificare l’intelletto dall’ignoranza e il cuore dagli affetti disordinati; è un’acqua di benedizione che fa rinverdire e rifiorire le piante dei nostri buoni desideri, monda le anime dalle imperfezioni e attenua nei cuori l’ardore delle passioni.
Ma più di ogni altra, ti consiglio l’orazione mentale, che impegna il cuore a meditare sulla vita e la passione di Nostro Signore: se Lo contempli spesso nella meditazione, il cuore e l’anima ti si riempiranno di Lui; se consideri il suo modo di agire, prenderai le sue azioni a modello delle tue. È Lui la luce del mondo: è dunque in Lui, da Lui e per mezzo di Lui che possiamo essere illuminati e trovare la chiarezza; è l’albero del desiderio all’ombra del quale dobbiamo rinfrescarci; è la fontana viva in Giacobbe che lava tutte le nostre iniquità.
I bambini, a forza di ascoltare le mamme e balbettare dietro loro, imparano la loro lingua; avverrà lo stesso per noi se ci terremo vicino al Salvatore con la meditazione: osservando le sue parole, le sue azioni e i suoi affetti, impareremo, con il suo aiuto, a parlare, agire e volere come Lui.
Fermiamoci qui, o Filotea, e credimi: non possiamo raggiungere il Padre che passando per questa porta; come il vetro di uno specchio non potrebbe chiudere la nostra visuale se dietro non fosse ricoperto di stagno o di piombo, allo stesso modo, la divinità non potrebbe essere da noi contemplata in questo mondo, se non si fosse unita alla sacra umanità del Salvatore, la cui vita e morte costituisce il soggetto più adatto, piacevole, dolce e utile che ci sia dato per la meditazione ordinaria. Non per nulla il Salvatore si chiama il pane disceso dal cielo; come il pane può essere mangiato con ogni sorta di vivande, così il Salvatore può essere meditato, considerato e cercato in tutte le nostre orazioni e azioni.
Molti autori hanno utilmente suddiviso la Vita e la Morte di Nostro Signore in molti punti per favorirne la meditazione.
Ogni giorno consacra all’orazione un’ora prima del pranzo, perché lo spirito sarà più libero e più fresco per il riposo della notte. Mai più di un’ora, se non per espresso consiglio del tuo padre spirituale.
Se ti è possibile, compi questo esercizio in chiesa; vi troverai comodità e discreta tranquillità, perché quivi né il padre, né la madre, né la moglie, né il marito, né qualunque altro può impedirti di rimanere in pace per un’ora, mentre a casa, con tutti gli impegni, sarebbe problematico trovare modo di essere lasciati in pace per un’ora.
Inizia ogni orazione, sia mentale che vocale, mettendoti alla presenza di Dio; mantieniti fedele a questo principio senza eccezioni, e, in breve, ti accorgerai del profitto che te ne viene.
Se mi ascolti, dirai il Padre nostro, l’Ave Maria e il credo in latino; ma imparerai nella tua lingua il significato delle parole che dici, affinché pur dicendole nel linguaggio comune della Chiesa, tu sia in grado di assaporare il senso meraviglioso e delizioso di queste preghiere che devono essere dette concentrando profondamente la mente sul loro significato, provocando reazione nei tuoi affetti; non andare in fretta per dirne molte, ma studiati piuttosto di dire quelle che dici con il cuore. Un solo Padre nostro, detto con sentimento, vale più di molti recitati in fretta e di corsa.
Dire il Rosario è un modo molto utile di pregare, purché tu sappia dirlo: per questo devi avere qualche libretto che te lo insegni. È cosa buona dire anche le Litanie del Signore, della Madonna, dei Santi e tutte le altre preghiere che puoi trovare nei Manuali approvati e nel libro delle Ore; ma a un patto: se hai il dono dell’orazione mentale, conservale il primo posto; e ricordati che, se dopo quella, o a causa degli affari o per altri motivi, non puoi fare preghiere vocali, non devi preoccupartene. Accontentati di dire, prima e dopo la meditazione, il Padre nostro, l’Ave Maria e il Credo.
Se mentre sei impegnata nell’orazione vocale, senti il cuore attirato all’orazione interiore o mentale, non resistere, lascia dolcemente scivolare il tuo spirito e non darti pensiero perché non hai finito le orazioni vocali che ti eri proposta; l’orazione mentale compiuta al loro posto è più gradita a Dio e più utile alla tua anima. Faccio eccezione per l’Ufficio divino, se sei tenuta a dirlo; in tal caso si tratta di un dovere da compiere.
Se ti dovesse capitare di trascorrere tutta la mattinata senza fare orazione mentale a causa degli affari o di qualche altro motivo (però fa il possibile perché questo non capiti mai), rimedia al pomeriggio, possibilmente lontano dai pasti, perché se dovessi fare orazione in piena digestione, finiresti per assopirti e oltretutto recheresti anche danno alla salute.
Che se poi non riesci a fare orazione nemmeno nel corso di tutta la giornata, rimedia al vuoto moltiplicando le orazioni giaculatorie, leggendo qualche passo di un libro di devozione, facendo qualche penitenza che elimini il difetto e prendi una ferma risoluzione di rimetterti in carreggiata il giorno dopo.
CONTIENE DIVERSI CONSIGLI PER L’ELEVAZIONE DELL’ANIMA A DIO PER MEZZO DELL’ORAZIONE E DEI SACRAMENTI
Capitolo I
Necessità dell’orazione
Poiché l’orazione illumina l’intelletto con la chiarezza della luce di Dio e scalda il cuore al calore dell’amore celeste, nulla l’eguaglia nel purificare l’intelletto dall’ignoranza e il cuore dagli affetti disordinati; è un’acqua di benedizione che fa rinverdire e rifiorire le piante dei nostri buoni desideri, monda le anime dalle imperfezioni e attenua nei cuori l’ardore delle passioni.
Ma più di ogni altra, ti consiglio l’orazione mentale, che impegna il cuore a meditare sulla vita e la passione di Nostro Signore: se Lo contempli spesso nella meditazione, il cuore e l’anima ti si riempiranno di Lui; se consideri il suo modo di agire, prenderai le sue azioni a modello delle tue. È Lui la luce del mondo: è dunque in Lui, da Lui e per mezzo di Lui che possiamo essere illuminati e trovare la chiarezza; è l’albero del desiderio all’ombra del quale dobbiamo rinfrescarci; è la fontana viva in Giacobbe che lava tutte le nostre iniquità.
I bambini, a forza di ascoltare le mamme e balbettare dietro loro, imparano la loro lingua; avverrà lo stesso per noi se ci terremo vicino al Salvatore con la meditazione: osservando le sue parole, le sue azioni e i suoi affetti, impareremo, con il suo aiuto, a parlare, agire e volere come Lui.
Fermiamoci qui, o Filotea, e credimi: non possiamo raggiungere il Padre che passando per questa porta; come il vetro di uno specchio non potrebbe chiudere la nostra visuale se dietro non fosse ricoperto di stagno o di piombo, allo stesso modo, la divinità non potrebbe essere da noi contemplata in questo mondo, se non si fosse unita alla sacra umanità del Salvatore, la cui vita e morte costituisce il soggetto più adatto, piacevole, dolce e utile che ci sia dato per la meditazione ordinaria. Non per nulla il Salvatore si chiama il pane disceso dal cielo; come il pane può essere mangiato con ogni sorta di vivande, così il Salvatore può essere meditato, considerato e cercato in tutte le nostre orazioni e azioni.
Molti autori hanno utilmente suddiviso la Vita e la Morte di Nostro Signore in molti punti per favorirne la meditazione.
Ogni giorno consacra all’orazione un’ora prima del pranzo, perché lo spirito sarà più libero e più fresco per il riposo della notte. Mai più di un’ora, se non per espresso consiglio del tuo padre spirituale.
Se ti è possibile, compi questo esercizio in chiesa; vi troverai comodità e discreta tranquillità, perché quivi né il padre, né la madre, né la moglie, né il marito, né qualunque altro può impedirti di rimanere in pace per un’ora, mentre a casa, con tutti gli impegni, sarebbe problematico trovare modo di essere lasciati in pace per un’ora.
Inizia ogni orazione, sia mentale che vocale, mettendoti alla presenza di Dio; mantieniti fedele a questo principio senza eccezioni, e, in breve, ti accorgerai del profitto che te ne viene.
Se mi ascolti, dirai il Padre nostro, l’Ave Maria e il credo in latino; ma imparerai nella tua lingua il significato delle parole che dici, affinché pur dicendole nel linguaggio comune della Chiesa, tu sia in grado di assaporare il senso meraviglioso e delizioso di queste preghiere che devono essere dette concentrando profondamente la mente sul loro significato, provocando reazione nei tuoi affetti; non andare in fretta per dirne molte, ma studiati piuttosto di dire quelle che dici con il cuore. Un solo Padre nostro, detto con sentimento, vale più di molti recitati in fretta e di corsa.
Dire il Rosario è un modo molto utile di pregare, purché tu sappia dirlo: per questo devi avere qualche libretto che te lo insegni. È cosa buona dire anche le Litanie del Signore, della Madonna, dei Santi e tutte le altre preghiere che puoi trovare nei Manuali approvati e nel libro delle Ore; ma a un patto: se hai il dono dell’orazione mentale, conservale il primo posto; e ricordati che, se dopo quella, o a causa degli affari o per altri motivi, non puoi fare preghiere vocali, non devi preoccupartene. Accontentati di dire, prima e dopo la meditazione, il Padre nostro, l’Ave Maria e il Credo.
Se mentre sei impegnata nell’orazione vocale, senti il cuore attirato all’orazione interiore o mentale, non resistere, lascia dolcemente scivolare il tuo spirito e non darti pensiero perché non hai finito le orazioni vocali che ti eri proposta; l’orazione mentale compiuta al loro posto è più gradita a Dio e più utile alla tua anima. Faccio eccezione per l’Ufficio divino, se sei tenuta a dirlo; in tal caso si tratta di un dovere da compiere.
Se ti dovesse capitare di trascorrere tutta la mattinata senza fare orazione mentale a causa degli affari o di qualche altro motivo (però fa il possibile perché questo non capiti mai), rimedia al pomeriggio, possibilmente lontano dai pasti, perché se dovessi fare orazione in piena digestione, finiresti per assopirti e oltretutto recheresti anche danno alla salute.
Che se poi non riesci a fare orazione nemmeno nel corso di tutta la giornata, rimedia al vuoto moltiplicando le orazioni giaculatorie, leggendo qualche passo di un libro di devozione, facendo qualche penitenza che elimini il difetto e prendi una ferma risoluzione di rimetterti in carreggiata il giorno dopo.
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Capitolo II.
Prima parte della meditazione
Primo punto della preparazione: mettersi alla la presenza di Dio
È possibile, Filotea, che tu non sappia come va condotta l’orazione mentale: ai giorni nostri pochi lo sanno ed è un male. È per questo che brevemente e con semplici parole ti espongo un metodo, in attesa che tu, leggendo libri sull’argomento e soprattutto con la pratica, ne raggiunga una conoscenza più profonda e completa.
Inizio dalla preparazione che consta di due momenti: primo, mettersi alla presenza di Dio; secondo, invocarne l’assistenza.
Per metterti alla presenza di Dio ti propongo quattro vie, che, all’inizio, possono esserti utili.
La prima è una viva e attenta presa di coscienza della onnipresenza di Dio: Dio è in tutto e dappertutto e non c’è luogo o cosa in questo mondo che non manifesti la sua presenza; noi siamo simili agli uccelli che sono circondati dall’aria ovunque indirizzino il loro volo: ovunque andiamo o ci fermiamo Dio ci è presente.
Tutti sanno questa verità, ma non tutti sono attenti a prenderne coscienza.
I ciechi, pur non vedendo il Principe al cui cospetto si trovano, non per questo non tengono un contegno rispettoso se sono avvertiti di tale presenza; però, non vedendolo, dimenticano facilmente la sua presenza; di conseguenza ancor più facilmente dimenticano il contegno rispettoso. Noi siamo così, Filotea: pur sapendo che Dio è presente, non lo vediamo; è la fede che ci ricorda la sua presenza. Non vedendolo materialmente con gli occhi ce ne dimentichiamo molto spesso e ci comportiamo come se Dio fosse molto lontano. Sappiamo bene che è presente in tute le cose, ma non ci pensiamo, ed è quindi come se non lo sapessimo.
Tornando alla preghiera, devi dire al tuo cuore con tutto te stesso: Cuor mio, Dio è proprio qui!
La seconda via per mettersi alla presenza di Dio è pensare che non soltanto Dio è presente nel luogo in cui ti trovi, ma in modo particolare è presente nel tuo cuore e nel profondo del tuo spirito, ai quali dà vita e forza, quale cuore del tuo cuore e spirito del tuo spirito; come l’anima infatti è diffusa in tutto il corpo e presente in ogni parte di esso, e tuttavia ha nel cuore la sua sede privilegiata, similmente Dio, pur essendo presente dappertutto, sceglie la sua sede particolare nel nostro spirito: per questo Davide chiamava Dio, il Dio del suo cuore, e S. Paolo diceva che noi viviamo, ci muoviamo e siamo Dio.
Pensando a questa verità, procurerai di avere nel tuo cuore un grande rispetto per Dio, perché ivi è presente in modo particolare.
La terza via è di pensare al nostro Salvatore, che, nella propria umanità, vede dal cielo tutte le persone della terra e, in modo particolare, i cristiani suoi figli, e tra essi, particolarmente quelli che sono in preghiera, di cui nota gli atti e il comportamento. Questa non è fantasia, ma la pura verità; perché, anche se noi non lo vediamo, Lui dall’alto ci guarda. S. Stefano così lo vide durante il suo martirio.
Possiamo dire, a buon diritto, con la Sposa: Eccolo dietro la parete che guarda dalle finestre e si affaccia dal cancello.
Una quarta via può essere quella di ricorrere alla immaginazione e rappresentarci il Salvatore nella sua umanità vicino a noi, proprio come siamo soliti fare con gli amici, quando diciamo: vedo il tale che fa questo, mi sembra proprio di vederlo, e simili espressioni. Se poi ti trovi in un luogo dove c’è il Santissimo Sacramento dell’altare, non sarebbe più soltanto una presenza immaginaria, ma reale; le specie e le apparenze del pane sono come una tenda da dietro la quale Nostro Signore, realmente presente, ci vede e pensa a noi, anche se non lo vediamo nella sua forma.
Serviti di una di queste quattro vie per metterti alla presenza di Dio prima dell’orazione; non pretendere di impiegarle tutte insieme, ma una alla volta, con semplicità e brevità.
Prima parte della meditazione
Primo punto della preparazione: mettersi alla la presenza di Dio
È possibile, Filotea, che tu non sappia come va condotta l’orazione mentale: ai giorni nostri pochi lo sanno ed è un male. È per questo che brevemente e con semplici parole ti espongo un metodo, in attesa che tu, leggendo libri sull’argomento e soprattutto con la pratica, ne raggiunga una conoscenza più profonda e completa.
Inizio dalla preparazione che consta di due momenti: primo, mettersi alla presenza di Dio; secondo, invocarne l’assistenza.
Per metterti alla presenza di Dio ti propongo quattro vie, che, all’inizio, possono esserti utili.
La prima è una viva e attenta presa di coscienza della onnipresenza di Dio: Dio è in tutto e dappertutto e non c’è luogo o cosa in questo mondo che non manifesti la sua presenza; noi siamo simili agli uccelli che sono circondati dall’aria ovunque indirizzino il loro volo: ovunque andiamo o ci fermiamo Dio ci è presente.
Tutti sanno questa verità, ma non tutti sono attenti a prenderne coscienza.
I ciechi, pur non vedendo il Principe al cui cospetto si trovano, non per questo non tengono un contegno rispettoso se sono avvertiti di tale presenza; però, non vedendolo, dimenticano facilmente la sua presenza; di conseguenza ancor più facilmente dimenticano il contegno rispettoso. Noi siamo così, Filotea: pur sapendo che Dio è presente, non lo vediamo; è la fede che ci ricorda la sua presenza. Non vedendolo materialmente con gli occhi ce ne dimentichiamo molto spesso e ci comportiamo come se Dio fosse molto lontano. Sappiamo bene che è presente in tute le cose, ma non ci pensiamo, ed è quindi come se non lo sapessimo.
Tornando alla preghiera, devi dire al tuo cuore con tutto te stesso: Cuor mio, Dio è proprio qui!
La seconda via per mettersi alla presenza di Dio è pensare che non soltanto Dio è presente nel luogo in cui ti trovi, ma in modo particolare è presente nel tuo cuore e nel profondo del tuo spirito, ai quali dà vita e forza, quale cuore del tuo cuore e spirito del tuo spirito; come l’anima infatti è diffusa in tutto il corpo e presente in ogni parte di esso, e tuttavia ha nel cuore la sua sede privilegiata, similmente Dio, pur essendo presente dappertutto, sceglie la sua sede particolare nel nostro spirito: per questo Davide chiamava Dio, il Dio del suo cuore, e S. Paolo diceva che noi viviamo, ci muoviamo e siamo Dio.
Pensando a questa verità, procurerai di avere nel tuo cuore un grande rispetto per Dio, perché ivi è presente in modo particolare.
La terza via è di pensare al nostro Salvatore, che, nella propria umanità, vede dal cielo tutte le persone della terra e, in modo particolare, i cristiani suoi figli, e tra essi, particolarmente quelli che sono in preghiera, di cui nota gli atti e il comportamento. Questa non è fantasia, ma la pura verità; perché, anche se noi non lo vediamo, Lui dall’alto ci guarda. S. Stefano così lo vide durante il suo martirio.
Possiamo dire, a buon diritto, con la Sposa: Eccolo dietro la parete che guarda dalle finestre e si affaccia dal cancello.
Una quarta via può essere quella di ricorrere alla immaginazione e rappresentarci il Salvatore nella sua umanità vicino a noi, proprio come siamo soliti fare con gli amici, quando diciamo: vedo il tale che fa questo, mi sembra proprio di vederlo, e simili espressioni. Se poi ti trovi in un luogo dove c’è il Santissimo Sacramento dell’altare, non sarebbe più soltanto una presenza immaginaria, ma reale; le specie e le apparenze del pane sono come una tenda da dietro la quale Nostro Signore, realmente presente, ci vede e pensa a noi, anche se non lo vediamo nella sua forma.
Serviti di una di queste quattro vie per metterti alla presenza di Dio prima dell’orazione; non pretendere di impiegarle tutte insieme, ma una alla volta, con semplicità e brevità.
Ultima modifica di miriam bolfissimo il gio feb 16, 2006 11:51 am, modificato 1 volta in totale.
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Capitolo III
Secondo punto della preparazione: l’invocazione
Ecco come devi fare l’invocazione: una volta che la tua anima si sente alla presenza di Dio, deve umiliarsi in profondo sentimento di rispetto, perché sa di essere indegna di trovarsi di fronte alla sovrana Maestà di Dio; ma poiché sa anche che è la sua immensa Bontà che vuole così, gli chiede la grazia di servirlo bene e di adorarlo nella meditazione che si accinge a compiere.
Se ti sembra opportuno, puoi anche servirti di qualche Parola concisa e piena di ardore come le seguenti di Davide: Non respingermi dalla tua presenza, o Dio, e non privarmi della grazia del tuo santo Spirito. Risplenda il tuo volto sulla tua serva. Voglio ammirare le tue meraviglie. Dammi intelletto e capirò la tua Legge e la osserverò con tutto il cuore. Sono la tua serva, dammi lo Spirito; e altre simili.
Ti sarà utile aggiungere l’invocazione all’Angelo custode e a tutti i Santi presenti nel mistero sul quale vuoi meditare. Per esempio, se mediti su quello della morte del Signore, potrai invocare la madonna, S. Giovanni, la Maddalena, il buon Ladrone perché ti facciano partecipe dei sentimenti e dei movimenti interiori ricevuti in quel mistero. Se mediti sulla tua morte potrai invocare il tuo buon Angelo, che sarà presente in quel momento, affinché ti ispiri pensieri adatti; e così per gli altri misteri.
Secondo punto della preparazione: l’invocazione
Ecco come devi fare l’invocazione: una volta che la tua anima si sente alla presenza di Dio, deve umiliarsi in profondo sentimento di rispetto, perché sa di essere indegna di trovarsi di fronte alla sovrana Maestà di Dio; ma poiché sa anche che è la sua immensa Bontà che vuole così, gli chiede la grazia di servirlo bene e di adorarlo nella meditazione che si accinge a compiere.
Se ti sembra opportuno, puoi anche servirti di qualche Parola concisa e piena di ardore come le seguenti di Davide: Non respingermi dalla tua presenza, o Dio, e non privarmi della grazia del tuo santo Spirito. Risplenda il tuo volto sulla tua serva. Voglio ammirare le tue meraviglie. Dammi intelletto e capirò la tua Legge e la osserverò con tutto il cuore. Sono la tua serva, dammi lo Spirito; e altre simili.
Ti sarà utile aggiungere l’invocazione all’Angelo custode e a tutti i Santi presenti nel mistero sul quale vuoi meditare. Per esempio, se mediti su quello della morte del Signore, potrai invocare la madonna, S. Giovanni, la Maddalena, il buon Ladrone perché ti facciano partecipe dei sentimenti e dei movimenti interiori ricevuti in quel mistero. Se mediti sulla tua morte potrai invocare il tuo buon Angelo, che sarà presente in quel momento, affinché ti ispiri pensieri adatti; e così per gli altri misteri.
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Capitolo IV
Terzo punto della preparazione: la presentazione del Mistero
Dopo i due punti indicati per iniziare e che sono comuni a tutte le meditazioni, ce n’è un terzo che non è comune a tutte. C’è chi lo chiama ricostruzione del luogo, chi lezione interiore.
In fin dei conti si tratta soltanto di presentare alla tua immaginazione su cui vuoi meditare, ricostruendolo nella sua realtà storica.
Per esempio, se vuoi meditare su Nostro Signore in croce, devi immaginare di trovarti sul monte Calvario e rivedere tutto ciò che avvenne e si disse nel giorno della Passione; o se preferisci, ed è la stessa cosa, immaginarti che la crocifissione di Nostro Signore avvenga proprio nel luogo in cui ti trovi, seguendo il racconto degli Evangelisti.
Puoi procedere allo stesso modo meditando sulla morte, come ti ho detto nella meditazione sulla stessa; come pure per quella sull’inferno e simili misteri dove ci troviamo di fronte a cose sensibili e visibili; per gli altri misteri: sulla grandezza di Dio, l’eccellenza delle virtù, il fine per il quale siamo stati creati, non possiamo usare questo procedimento basato sull’immaginazione, perché si tratta di realtà invisibili. Tuttavia possiamo sempre servirci di qualche similitudine o qualche paragone per aiutarci nella meditazione; ma non sono cose facili. Voglio parlartene con molta semplicità perché non vorrei che tu ti sentissi obbligata a impegnarti in invenzioni che ti farebbero soltanto distrarre.
Aiutandoci con l’immaginazione, chiudiamo il nostro spirito nel mistero che vogliamo meditare, perché non si metta a correre qua e là. Proprio come si chiude un uccellino in gabbia o si lega lo sparviero alla catenella perché rimanga sul pugno. Qualcuno ti dirà che è meglio servirsi semplicemente della riflessione di fede e di una operazione esclusivamente mentale e spirituale, quando vogliamo rappresentarci questi misteri, o anche tener presente che tutto avviene all’interno del proprio spirito; ma sono modi troppo sottili per l’inizio, e fino a che Dio non ti innalzi un po’, ti consiglio, Filotea, di rimanere nella valle che ti vado indicando.
Terzo punto della preparazione: la presentazione del Mistero
Dopo i due punti indicati per iniziare e che sono comuni a tutte le meditazioni, ce n’è un terzo che non è comune a tutte. C’è chi lo chiama ricostruzione del luogo, chi lezione interiore.
In fin dei conti si tratta soltanto di presentare alla tua immaginazione su cui vuoi meditare, ricostruendolo nella sua realtà storica.
Per esempio, se vuoi meditare su Nostro Signore in croce, devi immaginare di trovarti sul monte Calvario e rivedere tutto ciò che avvenne e si disse nel giorno della Passione; o se preferisci, ed è la stessa cosa, immaginarti che la crocifissione di Nostro Signore avvenga proprio nel luogo in cui ti trovi, seguendo il racconto degli Evangelisti.
Puoi procedere allo stesso modo meditando sulla morte, come ti ho detto nella meditazione sulla stessa; come pure per quella sull’inferno e simili misteri dove ci troviamo di fronte a cose sensibili e visibili; per gli altri misteri: sulla grandezza di Dio, l’eccellenza delle virtù, il fine per il quale siamo stati creati, non possiamo usare questo procedimento basato sull’immaginazione, perché si tratta di realtà invisibili. Tuttavia possiamo sempre servirci di qualche similitudine o qualche paragone per aiutarci nella meditazione; ma non sono cose facili. Voglio parlartene con molta semplicità perché non vorrei che tu ti sentissi obbligata a impegnarti in invenzioni che ti farebbero soltanto distrarre.
Aiutandoci con l’immaginazione, chiudiamo il nostro spirito nel mistero che vogliamo meditare, perché non si metta a correre qua e là. Proprio come si chiude un uccellino in gabbia o si lega lo sparviero alla catenella perché rimanga sul pugno. Qualcuno ti dirà che è meglio servirsi semplicemente della riflessione di fede e di una operazione esclusivamente mentale e spirituale, quando vogliamo rappresentarci questi misteri, o anche tener presente che tutto avviene all’interno del proprio spirito; ma sono modi troppo sottili per l’inizio, e fino a che Dio non ti innalzi un po’, ti consiglio, Filotea, di rimanere nella valle che ti vado indicando.
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