Sibilla Aleramo

Poeti celebri di affermata fama nazionale e mondiale
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Beldanubioblu
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Sibilla Aleramo

Messaggio da Beldanubioblu » gio mag 17, 2007 4:03 pm

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(1876-1960)


…Mi portò a casa un grosso fascicolo di carta bianca, che guardai sentendo il rossore salirmi alla fronte. Fino a quel punto poteva giungere l’incoscienza? Ma qualche giorno dopo, mentre il bambino era dalle mie sorelle nel tiepido pomeriggio autunnale, io mi trovai colla penna sospesa in cima alla prima pagina del quaderno. Oh dire, dire a qualcuno il mio dolore, la mia miseria; dirlo a me stessa, anzi, solo a me stessa, in una forma nuova, decisa, che mi rivelasse qualche angolo ancora oscuro del mio destino!

E scrissi, per un’ora, per due, non so. Le parole fluivano, gravi, quasi solenni: si delineava il mio momento psicologico; chiedevo al dolore se poteva divenire fecondo; affermavo di ascoltare strani fermenti del mio intelletto come un presagio di una lontana fioritura…


(da "Una donna", di Sibilla Aleramo)

Un flusso irrefrenabile di vita. E di volontà di resistenza continua, continua…

Intensa e densa di avvenimenti fu la vita di Rina Faccio, in arte Sibilla Aleramo; nacque il 14 agosto del 1876 ad Alessandria, ma trascorse la fanciullezza a Milano e l’adolescenza a Porto Civitanova Marche, un borgo marchigiano.

Dai 12 ai 15 anni lavorò come contabile nella fabbrica del padre, un uomo fortemente anticonformista al quale fu sempre molto legata, ma quando la madre, soggetta a crisi depressive, tentò il suicidio, fu costretta a sostituirla nel governo della casa e a gravarsi di ogni responsabilità domestica, riuscendo sempre, però, a scrivere racconti e articoli giornalistici.

Nel 1892 fu violentata da un impiegato della fabbrica paterna e costretta a sposarlo; dopo un aborto, dall’unione col seduttore nacque il figlio Walter.

Infelici furono gli anni del suo matrimonio, continuamente vessata dal marito che la sospettava di tradimento, finché nel 1896 tentò il suicidio.

Ripresasi, nonostante le oppressioni del coniuge, intensificò l’attività letteraria, scrivendo articoli di costume, sociologici ed inerenti la questione femminile, ed iniziando la stesura del suo primo romanzo, l’autobiografia "Una donna", testimonianza esemplare della condizione femminile, uno dei primi libri femministi apparsi in Italia, che uscì nel 1906 e riscosse subito un grande successo, al quale poi seguirono altre opere in prosa come "Il passaggio", "Andando e stando", "Amo, dunque sono", "Il frustino", "Gioie d’occasione", "Orsa minore", "Dal mio diario", "Il mondo è adolescente", "Gioie d’occasioni e altre ancora", e raccolte di liriche come "Momenti", "Poesie", "Sì alla Terra", "Selva d’amore", "Aiutatemi a dire", "Luci della mia sera".

Nel 1902 abbandonò il marito ed il figlio (che rivide solo dopo trent’anni, nonostante avesse a lungo lottato per ottenerne la custodia) e si trasferì a Roma, avviando, così, la ricostruzione della sua vita, dedicandosi appassionatamente ad un’intensa produzione letteraria, in poesia ed in prosa, alle "Scuole dell’Agro Romano" per gli analfabeti, fondate insieme a Giovanni Cena, e approdando all’antifascismo e al comunismo.

Bella, intelligente, libera da schemi e pregiudizi, desiderata dagli uomini, Sibilla Aleramo ebbe molte e intense storie d’amore.

L'amore fu la ragione della mia esistenza e quella del mondo, come lei stessa scrisse, fondamentale nella sua vita fu l'amore, e tutte le sue storie, con Cena, Papini, Cardarelli, Boccioni, Cascella, Boine, Campana, Papini, Quasimodo, Matacotta, furono romantiche ed intense.

Una grande ma lacerante passione, di cui resta traccia nell’epistolario, fu quella che la legò, quando lei aveva 40 anni, ed era già famosa per il successo del romanzo "Una donna", e lui nove di meno, al poeta dei "Canti orfici", Dino Campana, uomo difficile, scontroso, anticonformista, che, negli anni della propaganda interventista, cercava nella natura i valori dell’esistenza e che poi, afflitto da gravi disturbi psichici, venne internato in manicomio.

Il suo ultimo grande amore fu il poeta, allora sconosciuto, Franco Matacotta, lei sessantenne, lui ventenne; la storia della loro relazione confluì nelle pagine del diario 1940-1944, dal quale emergono tutte le tensioni derivanti da questo rapporto complesso e difficile, in disparità anagrafica e differenza intellettuale, che pure durò dieci anni.

Sibilla Aleramo visse gli ultimi anni della sua vita lottando contro la povertà e la depressione, ma fino alla fine continuò a viaggiare, ad incontrare amici e a scrivere il suo "Diario". Morì a Roma il 13 gennaio del 1960.


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Il sole non ti serve per vedere perchè tu luce sei in mezzo al buio...(Lucia Di Iulio)

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Messaggio da Beldanubioblu » gio mag 17, 2007 4:13 pm

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Sfoglio le rose


Sfoglio le rose

che m'hanno veduta piangere e sorriderti

e poi ardere bianca,

e metto fra i petali le mie dita

come fra le tue mani,

petali dolci e freschi

che or lancerò nell'aria

cantando sommessa, o amato,

perché tu non ti volga...



La rosa

Eccoci!

Facci posto,

oh sole!

A noi due

e ad una rosa.

Fra il mio seno

e il petto forte che amo

sta una rosa,

sola.

Oh sole,

la rosa vuol morire,

e noi

vogliam la sua agonia

tutta con nostra gioia

consacrare.

Facci posto!

Ecco,

insieme avvinti,

che la rosa non cada,

guizziamo nudi nella tua zona,

avvinghiati,

e la rosa

non ti sente,

ma noi

da te percorsi

meravigliamo

come una lunga landa

che il tuo raggio

mai prima

conosciuto avesse.

Interi ci percorri,

solo la rosa

non ti sente,

fra il madore del mio seno

e il calore dolce

del petto che amo.

Grande aperta rosea,

si sente morire,

si sfoglia,

ogni foglia

rorida molle

ci bacia,

premuta,

bruciata,

oh sole che ci accogli!



Rose

Costellazione terrestre,

rose,

colme rose silenziose,

più d'ogni bel viso belle,

fragranti più delle onde

nei mattini leni alla marina,

rose,

nell'ora vostra perfetta

mirarvi è smarrirsi in voi,

quale un cielo trapunto di luci serene,

colme rose estatiche,

sensi secreti voi irraggiate,

voi pronte a perire

in beatitudine e sacrificio,

rose,

adorarvi non vale a possedervi,

ardenti vertici vivi!


(da "Selva d'amore")

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Sono tanto brava

Sono tanto brava lungo il giorno.
Comprendo, accetto, non piango.
Quasi imparo ad avere orgoglio quasi fossi un uomo.
Ma al primo brivido di viola in cielo
ogni diurno sostegno dispare.
Tu mi sospiri lontano; <Sera, sera dolce e mia!>
Sembrami d'aver tra le dita la stanchezza di tutta la terra.
Non son più che sguardo, sguardo sperduto, e vene.


da Momenti 1912-1920

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Sovrana

Quanti s'affaticano e quant'altri danzano
in quest'ora stessa di vento e di primavera?
E v'ha chi s'innamora e v'ha chi alleva fiori.
Io, io di me sola vivo e di desolato silenzio,
o forse silenzio non è, ma frusciante potenza,
ahi sovrana e vana, da ogni cuore lontana!


da Poesie 1921-1927

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Lunare

Luna falcata fra correnti nubi
Alta sur un ciglio di rupi nere,
e pensier e sensi in me d’eterna notte,
argentata appena da fuggente beltà.
Per tutta la vita volli de’ mie giorni
Far cosa di luce, cosa d’amore,
ed essi posi avanti ogni mia arte,
e d’essi feci poesia perenne,

oh giorni, trascoloranti riviere,
giorni miei duri diamanti!

Ma in eterno non saprò se errai,
se più savio era per l’opere sole vivere,
opere tante create più che vivo palpito,
e dai baci dai pianti dai sogni,
se saggezza umana sotto i cieli respira,
voler più fortemente trarre statue e leggi,
trarre un canto più di me grande.


da Sì alla terra, 1928-1934

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Guardo i miei occhi

Guardo i miei occhi cavi d’ombra
E i solchi sottili sulle mie tempie,
guardo, e sei tu, mio povero stanco volto,
così a lungo battuto dal tempo?
Mi grava l’ombra di un occulto sogno.
Ah, che un ultimo fiore in me s’esprima!
Come un’opaca pietra
Non voglio morire fasciata di tenebra,
ma d’un tratto, dalla radice fonda,
alzare un canto alla ultima mia sera.


da Imminente sera, 1936-1942


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