George Gordon Byron

Poeti celebri di affermata fama nazionale e mondiale
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George Gordon Byron

Messaggio da Beldanubioblu » lun giu 19, 2006 2:57 pm

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George Gordon Byron



George Gordon Byron, nato a London nel 1788, figlio di un aristocratico stravagante e dissoluto, trascorse una infelice infanzia, tormentata tra l'altro da una deformità congenita a un piede, nella casa di famiglia in Scozia. Studiò alla 'public school' di Harrow e al Trinity College di Cambridge (1805-1808). Iniziò a pubblicare poesie. Insofferente dei ristretti orizzonti dell'alta società inglese, partì per un lungo viaggio in Spagna e in oriente. Tornò nel 1812 e si diede a pubblicare una serie di poemi che lo resero famoso. Il 27 febbraio 1812 (a 21 anni) fa il suo primo intervento alla Camera dei Pari: argomento, la sua opposizione alla legge voluta dai tories (dopo la protesta operaia del Nottinghamshire) che prevede la pena di morte per gli operai sabotatori; l'intervento gli guadagna l'inimicizia dei tories mentre i whigs lo accusano di demagogia. Nel 1815 si sposa, ma la moglie lo abbandona dopo un anno. Lo scandalo che ne seguì , con la voce tra l'altro che Byron avesse un rapporto incestuoso con la sorella, gli fecero perdere i favori dell'alta società londinese e lo costrinsero a lasciare l'Inghilterra. Si stabilì in Svizzera, a Venezia, a Ravenna, in un inquieto esilio fatto anche di molte donne conosciute, di varie classi sociali. Così a Ravenna incontra Teresa Guiccioli . Conquistato dalla causa dell'indipendenza ellenica, si recò in Grecia con una spedizione: voleva organizzare la rivolta contro i turchi. Morì di febbri a Missolungi, nel 1824.
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Giovanissimo, Byron nel 1806 pubblicò il suo primo volume di poesie, Brani fugaci (Fugitive pieces), che fu immediatamente ritirato. Divenne noto come poeta satirico con il poema Bardi inglesi e critici scozzesi (English bards and scottish reviewers, 1809), sprezzante risposta alle critiche mosse dalla «Edinburgh review» alla sua precedente raccolta di poesie Ore d'ozio (Hours of idleness, 1807). Al periodo giovanile appartiene anche la lirica Lachin Y Ghair, dedicata alle Alpi Scozzesi, in cui appare già il motivo dell'esilio, innestato sulle radici culturali e mitologiche del ramo materno.
Dal ritorno dal viaggio in Spagna e oriente pubblicò i primi due canti del Pellegrinaggio del giovane Harold (Childe Harold's pilgrimage). Il poema lo rese celebre. Byron rappresentò un tipico "figlio del suo tempo", Harold-Byron misterioso dandy, uomo fatale a sé e agli altri. Nel 1816 e nel 1818 apparvero il terzo e il quarto volume. Harold, dopo una vita di piaceri, inizia un viaggio che lo porta dal Portogallo al Giura, dopo aver visitato Spagna Albania Belgio. Esule volontario e ribelle appassionato, medita sulle situazioni e le memorie che i vari luoghi gli sugge riscono: la triste condizione di schiavitù della Grecia, Napolé on a Waterloo, Rousseau e Julie. Nel quarto canto, dimessa la finzione del pellegrino, Byron parla in prima persona dell'italia e dei suoi grandi: Petrarca, Boccaccio, Tasso, Scipione, Rienzi, contrapponendo il passato storico e splendente al presente indegno.
In pochi anni seguirono numerosi poemi tra cui Il giaurro (The giaour, 1813), Il corsaro (The corsair, 1814), Parisina (1816). Diverse anche le poesie singole: Su di un cuore di corniola che fu spezzato è il rimpianto di un amore maschile (come del resto dedicò Thyrza al giovane Edleston).
Nel periodo dell'esilio scrisse il dramma Manfred (1817), Bep po (1818) che è il suo primo tentativo di poema burlesco, Mazeppa (1819), Don Juan (1819-1824) rimasto incompiuto. "Don Juan" è un poema satirico: ancora ragazzo, don Juan deve lasciare Sevilla e andare all'estero a causa di un intrigo amoroso. Un naufragio lo getta in un'isola. Lo salva Haidé e, la bella figlia di un pirata, che si innamora di lui. Il padre li sorprende, fa prigioniero don Juan imbarcandolo su una delle sue navi. Haidé e muore di dolore. Don Juan è venduto come schiavo a Gubelyaz sultana di Costantinopoli. Anche Gubelyaz si inna- mora di lui, ma don Juan riesce a evadere, si rifugia presso un esercito russo che assedia Ismailia. Si distingue per il suo valore, è inviato a San Pietroburgo dove si guadagna il favore della zarina Caterina che lo manda in Inghilterra per una missione politica. Gli ultimi canti rimasti sono una satira della società inglese. Incompiuti anche i drammi in versi Cain (1821) e Werner (1823). Tornò alla satira con Una visione di giudizio (A vision of judgment, 1822), violento attacco al poeta romanticista Southey
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. La produzione poetica di Byron la si divide in due, prima e dopo gli avvenimenti del 1816. La prima fase romanticista è rappresentata soprattutto dal "Pellegrinaggio del giovane Harold": prevalgono il sentimento e i luoghi comuni del romanticismo.
Nella seconda fase Byron scrisse soprattutto poemi burleschi, a imitazione di quelli italiani (Pulci): la cosa migliore è il "Don Juan", poema eroicomico-satirico: all'interno di uno schema picaresco mescola satira, epica e romanzo. "Don Juan" incarna, oltre alle spinte tragiche dell'imperativo romanticista già pre senti nelle narrazioni orientaleggianti ("Manfred", "Cain"), lo spirito ironico di un eroe umanissimo, accondiscendente verso le contraddizioni terrene e la fallibilità del desiderio, sempre sospeso tra trasgressione e impatto con la caducità delle passioni umane. Attore e vittima della propria volontà, ma destinato a scoprire, ad ogni infatuazione amorosa, il senso dell'ingannevolezza come unico valore dell'esistenza, e a ricavarne una visione positiva del mondo, in cui sensualità e gioia di vivere riescono una volta tanto a contrastare i fantasmi della predestinazione al male. Nel "Don Juan" Byron usa un linguaggio antieroico, fatto di colloquialità, di momenti prosastici comici o semplicemente disarmanti (così come in "Beppo").
Tutti i personaggi di Byron, dal giovane Harold a Manfred, a Mazzeppa a Cain, sono accomunati dalla ricerca, sovrumana, che si nutre di una costante, distruttiva, struggente poetica dell'esilio. Un esilio che esalta l'io lirico attraverso la scelta della solitudine, che insegue dapertutto: nelle affollate calli veneziani come negli scenari orientali. Qui il suo senso, tipicamente romanticista, dell'esotismo, si sovrappone alla concreta esigenza di affrancamento dei Greci dall'oppressione ottomana. In questa poetica dell'esilio sta l'unità morale (e politica) di Byron.
Come poeta e come uomo Byron subì drammatiche contraddizioni, espresse nei toni del lirismo più delicato e nel più arrogante cinismo. Temperamento ambiguo, che si riflette nello stile: impetuoso, irrequieto e esuberante, con un ritmo che tende alla robustezza 'virile' oppure alla fluida eleganza.


fonte:http://www.girodivite.it/antenati/xixsec/_byron.htm

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Messaggio da Beldanubioblu » lun giu 19, 2006 3:16 pm

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Ricordare te

Ricordare te, ricordare te.
Sinché morte spenga la fiamma vitale
Rimorso ed onta al fianco tuo saranno
E quale sogno febbrile incomberanno.

Ricordare te; Sì, non dubitare:
E il marito tuo pure ti penserà,
Né io né lui scordarti potremo,
Falsa fosti con lui e con me perversa!



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Versi scritti su un foglio bianco

Presente o assente, amica mia,
Quali incantesimi sempre a te appartengono!
Come d'altronde posson confermare
Tutti coloro che con me dividono
Il piacere del tuo dire e il canto.

Ma quando verrà l'ora fatale
Che l'Amicizia mai pensò vicina,
e la Memoria sulla tomba antica
Piangerà quanto di te può avere fine,

Con quanto amore la Memoria allora
Ripagherà il tuo omaggio alla sua ara,
E nei secoli per sempre intreccerà
Il suo nome immoralmente al tuo!




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La Separazione

Il bacio che le tue labbra hanno lasciato
Non si separerà mai dalle mie,
Fin che più felici ore, dolce fanciulla,
Alle tue labbra, incorrotto, renderanno il dono.

Al tuo sguardo di commiato, che sorride d'amore,
Uguale amore in me risponde:
La lacrima che ti scende dalle ciglia
Nulla in me può mutare.

Non ti chiedo un ricordo per farmi felice
Da contemplare quando sono solo;
Né una supplica per un cuore
I cui pensieri sono tutti tuoi.

Né devo scrivere: per raccontare
Due volte debole è la mia penna;
Di che possono avvalersi le parole
Misere, se non del cuore stesso per parlare?

E giorno e notte, nella felicità e nel pianto,
Quel cuore, non più libero,
Deve stringere l'amore che non può mostrare,
E silenzioso piangere per te.



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John Keats



Chi ha ucciso John Keats?
"Io", dice il Quarterly,
Così irritabilmente crudele:
"E' stata una delle mie gesta".

E chi scoccò il dardo?
"Milman, prete e poeta
O Southey, o Barrow"




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Così più non andremo

Così, più non andremo
In giro senza meta,
Nella notte fonda
Anche se il cuore vuole ancora amore
E la luna risplende luminosa.

Perché, come la spada logora il suo fodero,
L'animo consuma il petto:
Deve placarsi allora il cuore
E l'amore stesso riposare.


Così, anche se la notte fu creata
Per amare; anche se il giorno
Ritorna troppo presto: noi
Più non andremo in giro senza meta
Alla luce della luna.


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Strofe per musica


Dicono che la speranza sia felicità,
Ma il vero Amore deve amare il passato,
E il Ricordo risveglia i pensieri felici
Che primi sorgono e ultimi svaniscono.

II
E tutto ciò che il Ricordo ama di più
Un tempo fu Speranza solamente;
e quel che amò e perse la Speranza
Ormai è circonfuso nel Ricordo.

III
E' triste! E' tutto un'illusione:
Il futuro ci inganna da lontano,
Non siamo più quel che ricordiamo,
Né osiamo pensare a ciò che siamo.





Fonti: 'Poeti Romantici Inglesi', a cura di Franco Buffoni, con testo originale a fronte, 2 Volumi, pagine 822, Mondadori 2005, Euro 14

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Messaggio da Beldanubioblu » lun giu 19, 2006 3:21 pm

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Don Juan

Dal I° Canto
CIV

Era il sei di giugno ed erano circa
Le sei e mezza, forse però, quasi le sette,
Quando Giulia stava seduta sotto un bel pergolato,
Come quelli che ospitano le Uri in quel cielo pagano,
Descritto da Maometto e da Moore l'anacreontico,
Cui furono riconosciuti il lauro e la cetra
Con tutti i trofei della musa trionfante.
Possa averli a lungo colui che li ha vinti con merito!

CV


Ella stava seduta ma non da sola; non so bene
Come quell'incontro avesse avuto luogo,
E anche se lo sapessi, non lo dovrei dire:
La gente dovrebbe tenere sempre la bocca chiusa.
Non importa come e perché avvenne quel fatto
Ma lei stava là, faccia a faccia con Giovanni,
E quando simili volti si trovano di fronte, sarebbe saggio,
Anche se molto arduo, chiudere gli occhi.

CVI


Come era bella! Il cuore consapevole
Le ardeva sulle guance senza sentirsi in colpa.
Oh Amore, quanta perfezione nella tua mistica arte,
Che rafforza il debole e calpesta chi è forte;
Quanto si inganna quella parte saggia dei mortali
Che si lascia catturare dalle tue lusinghe.
Il precipizio sopra il quale ella stava era immenso,
E così anche la fede nella sua innocenza.

CVII


Pensava alla sua forza e alla giovinezza di Giovanni,
Alla follia dei suoi timori pudichi,
Alla vittoriosa virtù e fedeltà domestica,
E gentilmente, ricambiò con chiarità la stretta,
Come se dicesse: "Trattenetemi, se vi piace;"
Non c'è dubbio, tuttavia, che volesse solo stringere
Quelle dite con tocco platonico;
Sarebbe fuggita come da un aspide o da un rospo
Se avesse immaginato di poter svegliare in sé
Sposa prudente, sentimenti pericolosi.

CXII


Non so immaginare quel che Giovanni pensasse,
Ma quanto fece è quel che aveste fatto voi,
Le sue giovani labbra resero grazie con un bacio,
E poi, imbarazzate nella loro gioia, si ritrassero
In profonda disperazione temendo di aver sbagliato.
L'amore è così timido quando è ancora nuovo.
Ella arrossì senza accigliarsi e si sforzò di dire,
Ma non riuscì, tanto la sua voce si era fatta fioca.



Opera completa in:
'Byron, Opere scelte. Don Juan, Manfred, le poesie', Oscar Grandi Classici Mondadori. Pagine 800. Mondadori Editore 1993. Isbn: 88-04-36865-9. Euro 12.39. Versione in esaurimento. E' prevista la ristampa in una nuova edizione rilegata




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Manfred

La scena del dramma è tra la più alta vetta delle Alpi, in parte nel Castello di Manfred e in parte tra le montagne.

Atto I. Scena I. Manfred da solo. Scena, una galleria gotica. Ora, mezzanotte.


Man.
La lampada deve essere riempita, ma anche così
Non brucerà per tutto il tempo della veglia:
Il mio torpore, se mi assopisco, non è sogno,
Ma la continuità di un pensiero costante,
A cui poi non so resistere: nel mio cuore
C'è una veglia, e questi occhi si chiudono soltanto
Per guardarvi dentro; tuttavia io vivo, e porto
La forma e l'aspetto degli uomini viventi.
Ma ai saggi il dolore dovrebbe essere maestro;
Il dolore è conoscenza: coloro che più sanno
Più devono piangere la fatale verità,
L'Albero della Conoscenza non è quello della Vita.
La filosofia e la scienza, le fonti
Dei prodigi e la saggezza del mondo
Io ho provato e nella mia mente posseggo
Un potere capace di assoggettarli
Ma non mi servono: ho fatto del bene agli uomini,
E persino tra gli uomini ho incontrato il bene
Ma non mi è servito: ho avuto i miei nemici,
E non ho ingannato nessuno; molti dinanzi a me caddero,
Ma non mi servì: il Bene o il Male, La Vita,
I Poteri, le Passioni, tutto ciò che vedo in altri esseri,
E' stato per me come pioggia sulla sabbia,
Dal tempo di quell'ora senza nome. Non temo nulla,
E sento la maledizione di non provare la paura naturale,
Né il battito fremente che palpita di speranze o desideri,
O di amore segreto per qualcosa sulla terra.
Ora, al mio compito Potenza misteriosa!
Voi spiriti dell'Universo senza fine!
Che io ho cercato nell'oscurità e alla luce
Voi, che la terra circondate, ed abitate
In più sottile essenza, voi, a cui le cime
Delle montagne inaccessibile sono rifugio,
E le caverne della terra e dell'oceano cose familiari
Io vi chiamo in nome dell'incanto iscritto
Che mi dà potere su di voi. Sorgete! Apparite! [Una pausa]
Non giungono ancora. Ora per la voce di colui
Che è il primo tra di voi e per questo segno
Che vi fa tremare. E per gli ordini di colui
Che è immortale. Sorgete! Apparite! Apparite! [Una pausa]
Se così è, Spiriti della terra e dell'aria,
Non dovete sfuggirmi: per un potere più profondo
Di tutti i poteri mai apparsi, un tiranno, incantesimo,
Nato su una stella condannata,
Relitto bruciante di un mondo distrutto,
Inferno vagante nello spazio eterno;
Per la grande maledizione che pesa sul mio animo,
Il pensiero dentro e intorno a me,
Io vi costringo alla mia volontà. Apparite!


Opera completa in:
'Manfred', George Gordon Byron, Mondadori Editore 2005, Euro 7.80



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Messaggio da Beldanubioblu » lun giu 19, 2006 3:28 pm

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Childe Harold

IV° canto
Il Gladiatore morente



Vedo innanzi a me giacere il gladiatore:
sulle mani s'appoggia la virile fronte
Ammicca alla morte, ma solo agonia conquista,
Ciondolante il capo lento si china
E dal fianco le ultime stille, che piangono
Dalla rossa ferita, cadono grevi, ad una ad una,
Come gocce che annunciano tempesta; ora,
Attorno galleggia l'arena, è spirato,
Quando ancora echeggiava disumano il grido del barbaro vincitore.


E l'udì, ma incurante, gli occhi suoi
Come il cuore, altrove, assai lontano;
Nulla valeva ora una vita perduta o premiata;
Solo bramava l'umile casa in riva al Danubio,
Là i giovani barbari vivevano lieti,
Là era la cara madre Dacia, mentre lui, loro signore,
Era squartato per una festa romana.
Tutto questo ribolliva cl suo sangue; dovrà lui dunque morire
Invendicato? Levatevi, oh Goti, e pascetevi d'ira.


Opera completa in:
'Byron, Opere scelte. Don Juan, Manfred, le poesie', Oscar Grandi Classici Mondadori. Pagine 800. Mondadori Editore 1993. Isbn: 88-04-36865-9. Euro 12.39. Versione in esaurimento. E' prevista la ristampa in una nuova edizione rilegata



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Lei Splendida Incede


Ella splendida incede, come notte
Di limpido immenso e cieli di stelle,
E tutto il meglio di oscuro e di luce
Negli occhi e nell'aspetto suo rifulge:
Dolce in quel tenero chiarore
Che il cielo nega allo sfarzo del giorno.

II

Un'ombra in più, un raggio in meno
Avrebbero sciupato la grazia indicibile Che tra i capelli di ebano si tinge
E sul suo volto poi risplende chiara;
Un volto dai pensieri lieti che dicono sereni
Quanto puro il loro rifugio sia e prezioso

III

E sulla fronte, lungo le guance
Calme e dolci, eppure eloquenti,
Sorrisi docili e colori ardenti
Parlano solo di giorni puri,
E di una mente serena e sovrana,
E di un cuore che ama innocente.


Fonti: 'Poeti Romantici Inglesi', a cura di Franco Buffoni, con testo originale a fronte, 2 Volumi, pagine 822, Mondadori 2005, Euro 14


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