Gabriele D'Annunzio

Poeti celebri di affermata fama nazionale e mondiale
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Gabriele D'Annunzio

Messaggio da Beldanubioblu » dom apr 30, 2006 2:50 pm

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Gabriele D'Annunzio (1863-1938)

Gabriele D' Annunzio nacque a Pescara nel 1863 da una famiglia borghese. Studiò al Collegio Cicognini di Prato e pubblicò le sue due prime raccolte di poesie Primo vere (1879) e Canto novo (1882) che ebbero un discreto successo. Dopo il liceo si trasferì a Roma dove si iscrisse alla facoltà di Lettere e dove intraprese la professione di giornalista collaborando a vari giornali. Nella capitale si diede alla vita mondana e si distinse per la vita eccessiva che conduceva con la sua passione per le donne, per gli aerei, per le cavalcate, per i duelli, per la caccia. Si sposò molto giovane, ma questo non gli impedì di avere numerose relazioni amorose, tra le quali la storia appassionata tra lui e l'attrice Eleonora Duse, che ispirò le pagine del romanzo Il fuoco (1900).
Nel 1889 pubblicò il suo romanzo più famoso, Il piacere, il cui protagonista è Andrea Sperelli, nobile romano, che ama essere circondato dal lusso e da oggetti preziosi e questo estetismo eccessivo, gli fa trascurare la vita quotidiana. Si può considerare come il primo eroe decadente della letteratura italiana.
Nel 1902 uscirono le Novelle della Pescara, dove elementi del verismo e del decadentismo si intrecciano.
Nel 1891 si trasferì a Napoli dove vi rimase per tre anni collaborando al quotidiano Il Mattino. In quel periodo scrisse Giovanni Episcopo (1891), L'Innocente (1892), il Poema paradisiaco (1893) e Le vergini delle rocce (1895). Quest'ultima opera fu molto influenzata dalla filosofia di Nietzsche e dal concetto di superuomo, che D'Annunzio spogliò di ogni valore etico lasciandogli unicamente un valore estetico. Scrisse anche opere teatrali, tra le quali Francesca da Rimini (1902), La figlia di Jorio (1904) e La fiaccola sotto il moggio (1905).
In seguito a problemi finanziari, nel 1910 si trasferì in Francia, dove vi rimase per quattro anni.
Nel 1914 scoppiò la guerra e D'Annunzio vi prese parte. Quest'esperienza marcherà profondamente la sua vita e la sua opera. In seguito ad un incidente di volo perderà l'occhio destro e descriverà questa terribile esperienza nella sua opera, il Notturno .
Tornò in Italia nel 1915 e trascorse gli ultimi anni della vita , nella sua villa sul lago di Garda, che trasformò poi nel Vittoriale, una sorta di sacrario.
Morì nel 1938.


fonte:http://www.logospoetry.org


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Aforismi

«L'uomo a cui è dato da soffrir più degli altri, è degno di soffrire più degli altri.»

«Il rimpianto è il vano pascolo di uno spirito disoccupato. Bisogna soprattutto evitare il rimpianto occupando sempre lo spirito con nuove sensazioni e con nuove immaginazioni.»

«Bisogna fare della propria vita come si fa un'opera d'arte. Bisogna che la vita d'un uomo d'intelletto sia opera di lui. La superiorità vera è tutta qui.»

«Ci sono certi sguardi di donna che l'uomo amante non scambierebbe con l'intero possesso del corpo di lei.»

«La passione in tutto. Desidero le più lievi cose perdutamente, come le più grandi. Non ho mai tregua.»

«Ricordati di osare sempre.»

«Si vive per anni accanto a un essere umano, senza vederlo. Un giorno ecco che uno alza gli occhi e lo vede. In un attimo non si sa perchè, non si sa come, qualcosa si rompe: una diga tra due acque. E due sorti si mescolano, si confondono e precipitano.»



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Bocca D'ArnoImmagine



Il NovilunioImmagine



La Pioggia Nel PinetoImmagine


La Sera FiesolanaImmagine


La PasseggiataImmagine


La TenzoneImmagine


Le Città TerribiliImmagine


Le maniImmagine




Fonte :http://www.logospoetry.org

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VERSI D'AMORE

CANTO NUOVO (1882)

AD E.Z.

O strana bimba da li occhioni erranti,
misteriosi e fondi come il mare,
bella bimba, ne' miei poveri canti
il tuo sorriso no 'l potei fermare!

Pur le strofe d'amore susurranti
con un lene susurro d'alveare
passando a frotte il cerchio degl'incanti,
bianca maga, ti fanno addormentare.

mentre guardi sfumar ne' tôni fini
d'un vespro malinconico la vetta
de 'l colle: nembi d'effluvi marini

par ti giungano, e sogni una goletta
entrante in porto a' venti mattutini
fra li opàli de l'acqua violetta.
15 Aprile 1882


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Ultima modifica di Beldanubioblu il ven mag 19, 2006 8:04 pm, modificato 3 volte in totale.
Il sole non ti serve per vedere perchè tu luce sei in mezzo al buio...(Lucia Di Iulio)

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Messaggio da Beldanubioblu » ven mag 19, 2006 6:41 pm

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PRELUDIO

Ignudo le membra agilissime a 'l sole ed a l'acqua
liberamente, come un bianco cefalo.

nuota, fiutando ne l'aure lascivia di muschio
che da' salci a onde spargon le ceràmbici.

D'intorno rotti con strani misterii di suoni
i diamanti liquidi scintillano,

galleggian d'intorno lunghissime foglie rotonde
simili ad attoniti occhi di grandi carpe,

simili a morte rane galleggiano mandre di lemne,
si snodano quali bisce le vive alighe...

Nuota il giovine ignudo fra' pioppi che guardano in riga
come cinerei boa su le code eretti,

fra le canne alte ove spersi fischiano i merli
e le selvatiche folaghe starnazzano.

I tronchi de' vetrici somiglian najadi rosse
prese a la chioma, pendule sovra l'acque;

i nenufàri schiudono i nivei calici aulenti,
balzano a 'l passaggio le vallisnerie in fiore.

Nuota il giovine ignudo
... il giovine ignudo pe 'l fiume torpido a 'l mare
fra gl'incantesimi tuoi, maga invisibile;

nuota, fra l'invido ghignar de le najadi rosse,
liberamente, come un bianco cefalo...

LIBRO PRIMO

I.

Ecco, e la glauca marina destasi
fresca a' freschissimi grecali; palpita:
ella sente ne 'l grembo
li amor' verdi de l'alighe.

Sente: la sfiorano a torme i queruli
gabbiani, simili da lunge passano
le paranzelle arance
pe 'l gran sole cullandosi;

e in ampia cerchia ne l'acqua i floridi
poggi specchiantisi miraggi paiono
di piramidi vinte
da 'l trionfo de l'edere.

Thàlatta! thàlatta! Volino, balzino
su su da 'l giovine core, zampillino
i tuoi brevi pirrichi,
o divino Asclepiade!

O mare, o gloria, forza d'Ausonide,
alfin da' liberi tuoi flutti a l'aure
come un acciar temprata
a giovinezza sfolgori!

II.

Un corno d'oro pallido
ne l' ciel verdognolo brilla; sospirano
i flutti: - è il novilunio;
amate, o giovini baldi, le vergini

oceanine! - Soffiano
a tratti li umidi venti, sospirano
l'acque: - o giovini, o vergini,
è il novilunio di maggio; amatevi!
Un semicerchio argenteo
pende su' ceruli monti che paiono
proni atleti cadaveri;
dicono i petali ne 'l sonno: - oh zefiri

blandi, pregni di pollini,
freschi! oh freschissime rugiade! oh fervido
amor d'una libellula! ne 'l sonno i petali chini pispigliano.

Un diadema fulvido
da 'l cielo irradia l'acque di gemmee
faville; a 'l fondo le alighe
destate anelano un raggio.
Un... un raggio. Un pallido

raggio a lor giunge; guardano
le malinconiche su per lo speglio.
Venti - l'alighe pregano oh, date palpiti a 'l mare! dàtene!...

Una falce di platino
sta su 'l purissimo turchino: languide
cantan ne la penisola
le rame tènere, cantano: - un popolo

noi siam che vive, i fremiti
d'amor per l'intime fibre ne corrono;
sogniamo bionde aureole
di sole - cantano le rame tènere.

Una biscia azzurrognola
ricurva luccica ne 'l violaceo
lembo de 'l cielo; cantici
umani vengono stanchi per l'aure.

O pescatore ammàina!
- dicon que' cantici - E' il novilunio;
di sirene un esercito
sott'acqua insidie prepara: ammàina!

Un grande arco amazonio
di rame folgora tra lievi nugole
ferme la barca ha l'àncore
ne 'l fondo; immobile a poppa io vigilo!

non anche il pesce morsemi
l'esca, ma assiduo il desiderio
l'aspettante cuor mordemi,
o fata, o candida mia fata. E vigilo!

III.

Addio! Il sole di maggio, il classico
sole, barbagli aurei di làmine
su l'acre verdezza de l'acque
gitta, a me desiderî ne 'l cuore:

addio, di libri varie lunghissime
coorti! addio, gentile esercito
di libri ne l'algide notti
popolanti di larve la stanza!

Giocondamente auspice Orazio
con noi vegliava; ma non un'anfora
di cecubo vecchio ne infuse
vigor novo di dattili a 'l verso,

Spandeva il moka fumanti effluvii
su da la tazza: le strofi saffiche
in murmure grave ed eguale
oscillavano per la penombra,
... per la penombra,

di sonni e sogni a la stanca anima
suaditrici... Oh come Lilia
marmorea splendea ne la fredda
purità de' grandi occhi smaltati!

come da un freddo serto di lauri
la fronte china sentiami attorcere!
Chi venne, o volumi, chi venne
a turbarci que' torpidi amori?

Venne una bianca figlia di Fiesole,
alta e sottile, da l'occhio d'aquila
raggiante splendor di topazzo
ne 'l sorriso, raggiante il pensiere.

Venne, e di strani legami d'edera
ella, de' lunghi capelli avvinsemi;
tremando la bocca mi porse
ove bevvi un licore fatale

che ora per ogni vena mi circola,
per ogni vena da 'l cuore a 'l cérebro
da 'l cérebro a 'l cuor come un filtro,
onde chieggo: - Non dunque è una maga?

non dunque io mai prima sentíane
ne le mie lunghe veglie lo spirito
d'intorno aliante, la voce
tra 'l cantar de' poeti soave?
Chieggo; e da 'l sangue mi rigermogliano
impazienti le strofe. Oh giovini
selvatici idillî slanciati
fra l'odor de le macchie, ne 'l sole!...

Dolci per l'albe fresche gemeano
le ballatette, dolci; i fantasimi
di Frate Giovanni e di Mino
lampeggiavan ne' vesperi biondi.

E noi passammo per man tenendoci
su l'erba nova, fra 'l novo popolo
de' fiori...Cipressi maligni
di Montughi, che mai brontolaste?

Quali promesse ne' vostri murmuri
erano, o pioppi, a me su 'l rapido
convoglio fuggente ad occaso
il verdissimo pian di Toscana?
Il sole non ti serve per vedere perchè tu luce sei in mezzo al buio...(Lucia Di Iulio)

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Messaggio da Beldanubioblu » ven mag 19, 2006 6:48 pm

E quando, glauchi titani, arridere
quando vedrete tra 'l vel cinereo
de 'l fumo il bel volto di lei
viaggiante a 'l mio cielo sannite?

Allor con ala più salda e libera
le strofi, erotte su da' precordii,
allor co' gabbiani selvaggi
voleranno pe 'l mare pe 'l mare.

IV.

Ora a me il ritmo sereno d'Albio Tibullo, ove ride
l'immensa pace de la campagna in fiore,

ove ridon li azzurri de 'l cielo latino ed i soli
flavi e le nugole come in un terso rio!

Chiedon l'esametro lungo salente i fantasmi
che su da 'l core baldi mi fioriscono,

e l'onda armonica a 'l breve pentametro spira
in un pispiglio languido di dattili.

Oh fresca surgente da 'l grembo divino de l'acque
alba di maggio tra' salsi odor de l'alghe,

io veleggio pe 'l golfo sí come un buon nauta sannite
tra' delfini scherzanti, greggia a le muse cara;

io veleggio, e seduto a la prora ti guardo pensando
li amor d'una iddia con un mortale, a l'imo.

Corono per selve di rossi coralli le nozze,
via per le vive selve corre la primavera;

corre... Oh trionfi d'attinïe su per le rocce,
sembianti a petali d'una novella flora!

prati fioriti d'astrée, di madrépore! chiome
fuggenti di meduse con gorgoglio lïeve!

fuor cantan li uccelli, fuor cantano a l'aura le fronde,
ma queste mute nozze valgono un inno: amate!...

Dilegui, bell'alba? t'incalza co' fúlguri il sole,
alba a me di placidi sogni suaditrice?

Dilegui. Addio! - Bagliori vermigli d'incendio
su per i cieli concavi divampano,

ecco, e trionfa il sol... O fremiti freschi de l'acque
riscintillanti d'ambre e di topazii!

fremiti novi de li alberi su le colline
a l'alitare largo de 'l maestral, vi sento

ne 'l cuor palpitante, ne i nervi, ne 'l sangue, e una strofe
è ogni fremito, una divina strofe

che vola a l'immenso poema di tutte le cose.
Io - grida entro una voce - non son io dunque un nume?

V.

Sta il gran meriggio su questa di flutti e di piante
verde-azzurrina conca solitaria;

ed io, come un agile pardo a l'agguato, m'ascondo,
platano sacro, qui fra le chiome tue.

Sotto brillano l'acque infinite perdentisi via,
ne 'l cupo cobalto, lunge a 'l perlato cielo.

Pénetra il sole tra i densi chïoschi in oblique
strisce, in ricami onduleggianti a 'l greco;

pénetra...Oh pioggia lucente di schegge e di squame
sovra il mio capo, sovra l'erbette in fiore!

Oh vipere bianche, cerulee bisce lascive
scherzanti con freschi strepiti su le ghiaie!...

Vanno le brune a coppia paranze veliere ne 'l sole
meridiano come alati cèfali;

van come i sogni de 'l core mio belle ne 'l sole,
ne 'l sol come i canti de la mia musa liete.

sí dolci rimormora canti lontano
rïecheggianti per le verdi cupole?

Firse ripalpitan vive le driadi antiche
ne' tronchi e una driade or fra le braccia io serro?

- O bella driade, o cara a Vergilio, o bionda
di Cintia alunna, fortissima amatrice,

rompi da 'l cortice, nuda le membra mortali:
agile io sono, è forte la giovinezza mia!

Rompi da l' cortice; e tutto, com'ellera umana,
tutto, ecco, suggimi di giovinezza il fiore!

VI.

A te libo, o fedele, di porpore cinto, che guardi
su 'l mar di viola, su la fiorente selva,

come occhio di ciclope nuotante ne 'l sonno e ne 'l vino
fra l'ondeggiare lento de' papaveri!

A te libo. Mi brilla ne 'l calice nitido il sangue
che già a 'l tuo bacio ne' gemmanti grappoli

fervea su' colli de 'l Sannio felici... Non tale,
di', ne' precordii l'inno de' tuoi poeti?

non tale a Flacco l'alcaica strofe ondulante
quando a l'alban vermiglia la tonda faccia arrise?

Dava murmuri freschi il Digenza tra' pioppi, e Vacuna
perdeasi lenta ne' vapori occidui...

Ma tu, mare, altri murmuri dài, altri canti, voi, colli,
divinamente naufragate! E náufraghi

anche siam noi: ci spingono i venti grecali
pregni di sale e di profumi d'alighe

ne 'l pelago de' sogni; piú lento di molli spondei
fluisce il verso fuor de le labbra, o maggio,

o maggio fiorente, che ridi a le case lontane
de la fanciulla nostra, susciti il il van desio!

VII.

Languidi i venti cantano per la freschissima selva
dormente ne la vasta luce plenilunare,

dormente su l'onda che mormora dolce e a la notte
nembi d'effluvi manda, conscia di stranî amori.

Cantano i venti: - O voi cui viva pe' tronchi la linfa,
qual per le vene il sangue vivo a li umani, sale;

voi, verdi atleti, protesi le braccia a l'azzurro
giú ne l'altrice terra umida immersi il piede,

accogliete il messaggio! Lontano una vergine torma
su l' monte, a la luna, sogna divini amori.
Cantano. Ecco, e deste le foglie sogguardan sdegnose
con un pispiglio fievole di pecchie.

- Chi va pe 'l chiarore turbando il silenzio sacro?
Non anche rise l'alba su 'l paonazzo mare;

non anche il sole squillò sovra l'acque frementi
l'inno de la luce. tonda è la luna a i cieli.

Deh, perché ci destate? venite in su l'alba a le nozze:
è cosí dolce il sonno, o venticelli, ancora;

è cosí dolce il sonno! - Languisce il pispiglio ne' rami...
Passano a torme candide le nugole

sí come portanti ne 'l grembo un amplesso di numi,
voluttuosamente dileguandosi.

il van desio!

VII.

Languidi i venti cantano per la freschissima selva
dormente ne la vasta luce plenilunare,

dormente su l'onda che mormora dolce e a la notte
nembi d'effluvi manda, conscia di stranî amori.

Cantano i venti: - O voi cui viva pe' tronchi la linfa,
qual per le vene il sangue vivo a li umani, sale;

voi, verdi atleti, protesi le braccia a l'azzurro
giú ne l'altrice terra umida immersi il piede,

accogliete il messaggio! Lontano una vergine torma
su l' monte, a la luna, sogna divini amori.
Cantano. Ecco, e deste le foglie sogguardan sdegnose
con un pispiglio fievole di pecchie.

- Chi va pe 'l chiarore turbando il silenzio sacro?
Non anche rise l'alba su 'l paonazzo mare;

non anche il sole squillò sovra l'acque frementi
l'inno de la luce. tonda è la luna a i cieli.

Deh, perché ci destate? venite in su l'alba a le nozze:
è cosí dolce il sonno, o venticelli, ancora;

è cosí dolce il sonno! - Languisce il pispiglio ne' rami...
Passano a torme candide le nugole

sí come portanti ne 'l grembo un amplesso di numi,
voluttuosamente dileguandosi.

d'ulivi, languido su da 'l mare;

splendidamente azzurro s'affaccia il gran mar tra li ulivi
cinerei, argentei... Fiuta ella odor di sale?

Non giunge odor salso; ma acri da l'erbe selvagge
effluvî a buffi pungono il sangue vivo.

Entra fra le acacie de 'l clivïo ella ridendo,
ed ei la persegue via fra le acacie basse.

Come due serpi in caldo si piegan tra 'l verde; da' rami
troncati un profumo inebriante sprizza,

si spande de 'l sole. Non sente giú giú pe' ginocchi,
per le reni languida la voluttà fluire?

non sente in bocca un nuovo licor da versare ne' baci
la vergine, piú bella di un'amadriade antica?

O pantera flessibile da li occhi ove brucia il desio,
ei t'avvinghî pe' fianchi, là, come un gladiatore;

e su l'erba t'inchiodi. Plaudite plaudite plaudite,
come un popolo a 'l circo, piante, colline, mare!

IX.

E' il pomeriggio tacito; l'acqua de 'l fiume fedele
specchia la gialla creta, specchia le verdi canne.

Squilla di fra le canne una nota d'argento, infantile.
oscilla ne l'aria, palpita stanca, e muore...

Mi strappa da 'l core un sogno felice d'amore
quella nota d'argento ne la verdura muta,

e va e va il sogno pe 'l sol, per l'azzurro, va lungi
portato da 'l desio, va il sogno a batter l'ala

su la pergola verde ove siede una bianca fanciulla
cui fioriscon le tele sotto l'industre mano.

Filtrano i raggi d'oro pe 'l fresco fogliame, e le brillan
su' nei capelli, bacianle il mento ovale;

due tortore tubano un gentil madrigale da l'alto:
ella pensa e ne' grandi occhi un disio le trema.

X.

Ecco, e le strofe distiche, vipere alate in amore,
armoniche vipere, balzino a 'l sol di maggio;

volin alte pe 'l sole squillanti, sonanti tra il verde,
ne la giovine selva, giú per le rosse fratte

volino... O canzone virente che sali da' rami
ampia, solenne, coro di numi, ai cieli,

virente canzon, ch'io ti strappi una nota soltanto,
ch'io fermi un accento solo ne 'l verso, e muoia!

Ma Natura non ode. Dileguano lungi le griga
per la boscaglia fluttuante a li aliti

larghi de l'aure, scintillano l'acque de 'l fiume
di tra le canne curve: gorghi, candide

spume, murmuri, strepiti. E un molle polviglio d'argento
su fino ai salici, a le acacie, a li ardui

pioppi turbina, ricade, s'irradia, vanisce,
s'addensa... O freschissime piogge tripudianti

su le mie chiome! nebbie sottili, rugiade, ricami
d'iridi pendule da la ramaglia in fiore!

io passo correndo, alenando, sí come un giaguaro
famelico via sotto la jungla in caccia;

io passo. M'arrestano i rovi, le viti selvagge
su per la ripa, stretti in congiura, audaci;

si spezzan ne l'impeto i giovini tronchi
Il sole non ti serve per vedere perchè tu luce sei in mezzo al buio...(Lucia Di Iulio)

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Messaggio da Beldanubioblu » ven mag 19, 2006 6:58 pm

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La pioggia nel pineto

Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove sui pini
scagliosi ed irti,
piove su i mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
su i ginepri folti
di coccole aulenti,
piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggeri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
t'illuse, che oggi m'illude,
o Ermione.
Odi? La pioggia cade
su la solitaria
verdura
con un crepitio che dura
e varia nell'ariasecondo le fronde
più rade, mmen rade.
Ascolta. Risponde
al pianto il canto
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,
né il ciel cinerino.
E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancora, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita.
E immensi
noi siam nello spirito
silvestre,
d'arborea vita viventi;
e il tuo volto ebro
è molle di pioggia
come una foglia,
e le tue chiome
auliscono come
le chiare ginestre,
o creatura terrestre
che hai nome
Ermione.
Ascolta, Ascolta. L'accordo
delle aeree cicale
a poco a poco
più sordo
si fa sotto il pianto
che cresce;
ma un canto vi si mesce
più roco
che di laggiù sale,
dall'umida ombra remota.
Più sordo e più fioco
s'allenta, si spegne.
Sola una nota
ancor trema, si spegne,
risorge, trema, si spegne.
Non s'ode su tutta la fronda
crosciare
l'argentea pioggia
che monda,
il croscio che varia
secondo la fronda
più folta, men folta.
Ascolta.
La figlia dell'aria
è muta: ma la figlia
del limo lontana,
la rana,
canta nell'ombra più fonda,
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su le tue ciglia,
Ermione.
Piove su le tue ciglia nere
sì che par tu pianga
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.
E tutta la vita è in noi fresca
aulente,
il cuor nel petto è come pesca
intatta,
tra le palpebre gli occhi
son come polle tra l'erbe,
i denti negli alveoli
son come mandorle acerbe.
E andiam di fratta in fratta,
or congiunti or disciolti
( e il verde vigor rude
ci allaccia i melleoli
c'intrica i ginocchi)
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggeri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
m'illuse, che oggi t'illude,
o Ermione.





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Messaggio da Beldanubioblu » lun apr 30, 2007 7:55 pm

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Messaggio da Beldanubioblu » ven gen 18, 2008 2:13 am

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Tu, madre, che da i tristi occhi preganti
mi vigilavi pallida ne 'l viso
e per l'onda felice de' miei canti
abbandonata rifiorivi a 'l riso;

tu che le angosce mie tumultuanti,
s'io ne 'l silenzio ti guardava fiso,
indovinavi, e le braccia tremanti
a 'l collo mi gettavi d'improvviso;

tu che per me in segreto avevi sparse
tante lacrime e ròsa lentamente
senza di me languivi di desío:

tu non questo credevi! Tu, con arse
le pupille, quel dí, ma pur fidente
ne 'l mio destino, mi gridasti addio.



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Il sole non ti serve per vedere perchè tu luce sei in mezzo al buio...(Lucia Di Iulio)

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