IL VALORE E MESSAGGIO DELLA CROCE - SACRAMENTO DELLA CROCE

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Paoloveneziano
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IL VALORE E MESSAGGIO DELLA CROCE - SACRAMENTO DELLA CROCE

Messaggio da Paoloveneziano » dom ago 03, 2008 7:30 pm

Sacramento della Croce

Il va1ore. e messaggio della Croce. santificata dal sangue e dalla morte di Cristo
non passa col finire dell’età apostolica. La Chiesa perseguitata per secoli nei suoi
figli, li conserva e li trasmette di secolo in secolo, e dà luogo all’era dei martiri,
che ingemma lunghi tempi del suo passato.
Ne1 piano di Dio, entravano schiere di innamorati del patibolo portato dal Sal-
vatore. La Croce e l’amore di Cristo furono la forza e il sostegno delle prime gene-
razìoni di credenti i quali capirono che bisognava camminare a quell’insegna e dare
la vita per la fede.
L’agiografia cristiana lo dimostra, in Oriente, in Occidente, nel mondo. Non è
intenzione di chi scrive mettere in luce la presenza, il culto, la imitazione della
croce, nella pietà e nell’ardore di fratelli e sorelle lontani, che lasciarono segni elo-
quenti di fedeltà al Vangelo e alla passione di Cristo. I nomi - per citarne alcuni –
di Agnese, Tarcisio, Cecilia, Lucia, Agata, infiorarono sentieri di luce e di gloria,
degni del divino Crocifisso. Come, Paolo, anch’essi, e molti altri di ogni età, vollero
“guadagnare Cristo, e venir trovati in Lui, col partecipare alle sue sofferenze e di-
venire conformi alla sua morte (di croce)” (Fil 3,8-10).
Bastino alcuni cenni per indicare la continuità e universalità della perenne attua-
lità della croce. Nel culto e su gli altari la Chiesa ha sempre collocato Cristo croci-
fìsso. come centro e compendio della fede; e anime elette si sono lasciate attrarre
da 1ui e dal suo patibolo, in un vortice di amore che ha toccato vertici rilevanti nel
misticismo e nella contemplazione.
I nostri cenni, a carattere storico-spirituale, partono dal secolo quarto.
La libertà religiosa dell’èra costantiniana dà inizio a ricerche in Oriente. La co-
struzione di edifici sacri sui luoghi della morte e risurrezione di Cristo, allarga spazi
di segno e simbolo glorioso della redenzione. Il ritrovamento di resti della croce
primitiva al Calvario, ne avvalora il culto e il profondo significato, che si riflette
nella vita, nella preghiera. nelle celebrazioni delle Chiese radicate in più parti del
mondo. In Cristo la comunità cristiana scopre ed accoglie Dio che salva e rinnova
la vita dei popoli.
Un esempio di sola pietà e di sincera adesione ai misteri della fede e della croce
lo offre nel secolo quarto - il canto pasquale dell’Exultet, attribuito a Sant’ Ambro-
gio. ed eseguito nella veglia notturna della Risurrezione.
Si inneggia a “Dio Padre e al suo unico Figlio”, nel trionfo della risurrezione che
inonda la terra di splendore dì Gesù il canto dice:

“Egli ha pagato per noi
all’Eterno Padre
il debito di Adamo,
e con il sangue
sparso per noi
ha cancellato la condanna
della colpa antica.
Egli è la vera Pasqua,
il vero Agnello ucciso;
il suo sangue
consacra i credenti
all’amore del Padre
e li unisce
nella comunione dei santi”.

Ricordati poi: la liberazione d’Israele dall’Egitto - prima Pasqua -; il passaggio
del mar Rosso a piede asciutto; la colonna di fuoco a guida di Israele nel deserto,
il canto esalta Cristo che spezza i vincoli della morte e risorge vittorioso dal sepolcro.
Quindi rivolto al Padre esclama:

“O inestimabile segno di bontà!
Per riscattate lo schiavo
hai sacrificato il Figlio”.

E cosi il canto di esultanza arriva al paradosso lirico, e giunge al ricordo del sacri-
ficio della croce:

“Davvero fu necessario
il peccato di Adamo,
distrutto con la morte di Cristo.
Felice colpa che meritò
così grande Redentore!”.
(Liturgia del Sabato Santo)

Poche liturgie, celebrando il trionfò di Cristo sulla morte, hanno tanto esaltato la
sua croce gloriosa.
Ed è nella veglia pasquale 24-25 aprile del 387 che Ambrogio di Milano battezza
Agostino di Tagaste e gli ripete espressioni che si trovano nel suo Libro sui Sacra-
menti. “Quando ti immergi nel fonte - egli scrive - assumi la somiglianza della mor-
te di Cristo e della sua sepoltura, ricevi il sacramento, della sua croce, perché Cristo/
fu appeso in croce e il suo corpo fu trafitto dai chiodi. Tu quindi sei crocifisso con
Lui; sei attaccato ai chiodi del Signore Gesù Cristo, mentre la debolezza della natu-
ra umana vorrebbe allontanarti da Lui, ti trattengono i chiodi di Cristo” (II,7,20 e 23;
III,1,1)
Portando il “sacramento della croce tu Cristo”, Agostino tornò in Africa, e non
sarebbe difficile trovare accenni alla croce nei suoi molti scritti. Ecco due citazioni
prese dalla Liturgia; “La passione del Signore, la croce dei Signore, l’offerta della
vittima dì salvezza, l’olocausto gradito a Dio” sono il nostro sacrificio vespertino,
cambiato “in offerta mattutina, in forza della risurrezione di Cristo (Martedì. 2^ sett.
di Quaresima). “Proclamiamo (perciò) senza timore che Cristo fu crocifisso per noi...
Non con timore, ma con gioia; non cori rossore, ma con fierezza” (Liturgia lunedì
santo).
Commentando poi il Salino 44, Agostino esplode nel suo amore a Cristo, con ac-
centi che vanno al cuore. In Gesù egli trova che tutto è bello.

”Bello - Gesù - nell’amore alla vita,
bello nell’abbandono alla morte,
bello nel morire e nel risorgere
bello nella croce e nel sepolcro
bello nella gloria del Padre”.

La croce era quindi entrata in Occidente come elemento vivo di fede, come og-
getto di culto pubblico, e come stimolo potente alla pietà dei fedeli, che trovano in
essa forza e conforto nelle prove della vita, e inneggiano all’infinito amore di Cristo
per l’uomo che lo riconosce suo Dio.
Lo stesso cammino, il culto della croce, aveva percorso in Oriente, dove ebbe
vastissima risonanza la parola di Pietro:
“Cristo patì per voi
lasciandovi un esempio
perché ne seguiate le orme” (1 Pt. 2,2l)

e quella di Paolo:
“Il nostro uomo vecchio
è stato crocifisso con Cristo,
perché fosse distrutto
il corpo del peccato,
e noi non ne fossimo
più schiavi” (Rom 6,6).

San Giovanni Crisostomo, patriarca di Costantinopoli, che portò il peso di storiche
ostilità e le asprezze dell’esilio, nella omelia “Il cimitero e la croce” esclama:
“Siamo resi immortali
dalla morte redentrice di Cristo.
Tutto viene a noi in forza della sua croce gloriosa”.
“La croce del Signore - aggiunge –
è trionfo contro il demonio;
arma contro il peccato;
spada con cui Cristo
ha trafitto il serpente”.

Perciò, li esalta con estro poetico tutto orientale:

“Croce. volontà del Padre,
gloria dell’Unigenito,
gaudio dello Spirito Santo:
onore degli Angeli,
presidio della Chiesa,
vanto di Paolo,
difesa dei Santi,
luce di tutto il mondo”.
(dalla Liturgia funebre)

Non si direbbe che uno strumento di supplizio possa venir tanto esaltato nella luce
di Dio. Il motivo, sempre lo stesso: la croce ha portato il corpo di Cristo; l’ha irrigata
il suo sangue.
Anche l’abate Teodoro Studita trova accenti ispirati per glorificarla: “O dono pre-
ziosissimo della croce! - dice ai suoi monaci -. Quale splendore appare alla vista!
Tutta bellezza e tutta magnificenza! Albero meraviglioso all’occhio e al gusto, e non
immagine di bene e di male come l’albero dell’Eden.
La croce è albero che dona la vita, non la morte: illumina e non ottenebra; apre
l’adito al paradiso e non scaccia da esso.
Su quel legno sale Cristo come un re sul carro trionfale.
Sconfigge il diavolo, padre della morte e libera l’umanità dalla schiavitù del
tiranno.
Su quel legno sale il Signore come valoroso combattente. Viene ferito in battaglia
alle mani, ai piedi e al fianco, ma con il sangue che scaturisce lava le nostre colpe.
Prima venimmo uccisi dal legno ora per il legno ricuperiamo la vita. Prima fum-
mo ingannati dal legno: ora con il legno scacciamo il serpente infernale. Mirabili
mutamenti! Invece della morte ci è data la vita: invece della corruzione ci è donata
l’immortalità; al posto del disonore sorge la gloria”.
Lo Studita arriva alla stupenda affermazione: “La somma sapienza che fiorì dalla
croce, ha reso vana la superba sapienza del mondo e la sua arrogante stoltezza “.
Ecco, da ultimo, la sua finale: “La morte fu uccisa dalla croce e Adamo fu resti-
tuito alla vita. Della croce tutti gli Apostoli si sono gloriati: ogni martire ne fu coro-
nato e ogni santo santificato. Con la croce abbiamo rivestito Cristo. Per la croce sia-
mo stati radunati in un solo ovile e siamo destinati alle eterne dimore” (Liturgia,
venerdì II sett.na dopo Pasqua).
E facile rilevare come nei primi secoli la croce sia apparsa come profondo mistero
di gloria, in forza della risurrezione di Cristo. Quale simbolo della sofferenza umana
e della solidarietà con il divino Crocifisso, modello e portatore di ogni terreno dolore,
si manifesterà più tardi, a misura del crescente senso dì pietà verso il Cristo paziente.
Sarebbe edificante rintracciare e seguire il cammino e le manifestazioni di adesione
alla croce in San Pietro Crisologo, San Leone Magno, San Gregorio Magno e altri
illustri Padri dei primi secoli della Chiesa, ma non rientra nei modesti confini posti
da principio.
Basta asserire che dal Calvario la croce di Gesù non ha mai cessato di illuminare
e sostenere il mondo, nelle sue lotte e difficoltà, nei tempi lieti e fecondi del passato,
e nelle ore buie della storia. nell’esistenza delle persone e nelle vicende dei popoli.

Paolo
PAOLUCCIO

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