Anno liturgico 2008 - 2009

Omelie di Monsignor Antonio Riboldi e altri commenti alla Parola, a cura di miriam bolfissimo
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Anno liturgico 2008 - 2009

Messaggio da miriam bolfissimo » lun giu 29, 2009 9:46 am

      • XIII domenica del Tempo Ordinario. 28 giugno 2009
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Dal libro della Sapienza 1,13-15; 2,23-24
Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi. Egli infatti ha creato tutte le cose perché esistano; le creature del mondo sono portatrici di salvezza, in esse non c’è veleno di morte, né il regno dei morti è sulla terra. La giustizia infatti è immortale. Sì, Dio ha creato l’uomo per l’incorruttibilità, lo ha fatto immagine della propria natura. Ma per l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo e ne fanno esperienza coloro che le appartengono.



Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi 8,7.9.13-15
Fratelli, come siete ricchi in ogni cosa, nella fede, nella parola, nella conoscenza, in ogni zelo e nella carità che vi abbiamo insegnato, così siate larghi anche in quest’opera generosa. Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà. Non si tratta di mettere in difficoltà voi per sollevare gli altri, ma che vi sia uguaglianza. Per il momento la vostra abbondanza supplisca alla loro indigenza, perché anche la loro abbondanza supplisca alla vostra indigenza, e vi sia uguaglianza, come sta scritto: «Colui che raccolse molto non abbondò e colui che raccolse poco non ebbe di meno».



Dal vangelo secondo Marco 5, 21-43
In quel tempo, essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giairo, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno. Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male. E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”». Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male». Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: alzati!». E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.




    • "Non temere, soltanto abbi fede!"
    Una bambina sta male e il padre implora Gesù di salvarla. Ma durante il tragitto verso casa la bambina muore. "Perché disturbi ancora il Maestro?", dicono al padre della ragazzina. Ci sono cose per le quali, nell'immaginario comune, non c'è rimedio. La morte, per esempio. Eppure Gesù va ben oltre l'immaginario comune: Egli non si limita ad un miracolo di guarigione, va ad intaccare la potenza della morte, strappandole la fanciulla. Un miracolo di risurrezione, dunque. Nonostante le derisioni degli istanti. Nonostante la potenza della morte. Gesù è la risurrezione e la vita. Il suo potere non domina solo gli elementi della natura, il vento e l'uragano: con Lui siamo al sicuro sempre perché nulla, nemmeno la morte, ci può separare dal suo Amore.

    Certo, anche noi abbiamo un tremendo potere: quello di lasciar fuori Gesù dalla nostra vita. Il Suo bussare alla porta della nostra anima è sempre rispettoso della nostra libertà, nessuno è obbligato ad accoglierlo e ad aprigli la porta. Spesso il nostro mondo è distratto e superficiale. Qualche altra volta, però, è decisamente in mala fede e anche noi cristiani siamo tentati di dar credito a coloro che fanno tutto per combattere la fede. Abbiamo bisogno di una cura ricostituente a base di Vangelo.

    Conoscere Gesù per amarlo con tutte le nostre forze: questo deve essere lo scopo principale della nostra vita. Se faremo questo verrà come conseguenza logica l'annuncio e la testimonianza dei Vangelo. Altrimenti diventeremo preda dei venti e delle tempeste, affondando nel mare del dubbio.
    • don Roberto Pandolfi
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun lug 06, 2009 8:25 am

      • XIV domenica del Tempo Ordinario. 5 luglio 2009
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Dal libro del profeta Ezechiele 2, 2-5
In quei giorni, uno spirito entrò in me, mi fece alzare in piedi e io ascoltai colui che mi parlava. Mi disse: «Figlio dell’uomo, io ti mando ai figli d’Israele, a una razza di ribelli, che si sono rivoltati contro di me. Essi e i loro padri si sono sollevati contro di me fino ad oggi. Quelli ai quali ti mando sono figli testardi e dal cuore indurito. Tu dirai loro: "Dice il Signore Dio". Ascoltino o non ascoltino – dal momento che sono una genìa di ribelli –, sapranno almeno che un profeta si trova in mezzo a loro».



Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 12, 7-10
Fratelli, affinché io non monti in superbia, è stata data alla mia carne una spina, un inviato di Satana per percuotermi, perché io non monti in superbia. A causa di questo per tre volte ho pregato il Signore che l’allontanasse da me. Ed egli mi ha detto: «Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza». Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie debolezze, negli oltraggi, nelle difficoltà, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: infatti quando sono debole, è allora che sono forte.



Dal vangelo secondo Marco 6, 1-6
In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono. Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo. Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità. Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando.




    • "Non è costui il falegname?"
    Non è facile, per Gesù, predicare a Nazaret. I suoi concittadini, infatti, lo conoscono bene, conoscono la sua famiglia: “che pretese vuole avere, il falegname?”. Dietro a questo rifiuto, però, dobbiamo leggere un grande Mistero.

    È l’Incarnazione, cioè la decisione da parte di Dio di farsi uno di noi, con una famiglia, una professione, una storia… Il nostro Dio si qualifica proprio come Dio della storia: non ne è solo spettatore e neppure l’ha già stabilita con un destino irrimediabile. Semplicemente vi entra, vi agisce, spesso ne assume le regole. Il Suo agire è spesso frainteso, qualche volta non è nemmeno colto: il più delle volte o non ci si accorge di Lui o ci si arrabbia con Lui. È la logica, appunto, dell’Incarnazione, di un Dio che si fa uomo e, attraverso la Chiesa, continua ad agire per la salvezza dell’uomo.

    Già, la Chiesa. Anch’essa fornisce molti alibi a chi non vuole riconoscere il Dio di Gesù Cristo. Come gli abitanti di Nazaret, anche costoro possono avere gioco facile nell’indicare, scandalizzati, tante incoerenze, dei singoli componenti e, qualche volta, delle istituzioni ecclesiastiche. Ma, anche qui, noi, discepoli di Gesù, siamo chiamati a guardare oltre le umane debolezze (comunque controbilanciate da molto più grandi eroismi!) e ad accogliere la logica di un Dio che continua ad "affidarsi" alle nostre misere forze.

    Certo, non sarebbe male, da parte nostra, metterci un pizzico di coerenza in più, per mostrare il tesoro contenuto nei nostri fragili vasi di creta. Perché ognuno di noi, con i propri peccati, contribuisce a rendere un po’ meno bella tutta la Chiesa.
    • don Roberto Pandolfi
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun lug 13, 2009 8:04 am

      • XV domenica del Tempo Ordinario. 12 luglio 2009
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Dal libro del profeta Amos 7, 12-15
In quei giorni, Amasìa, [sacerdote di Betel,] disse ad Amos: «Vattene, veggente, ritìrati nella terra di Giuda; là mangerai il tuo pane e là potrai profetizzare, ma a Betel non profetizzare più, perché questo è il santuario del re ed è il tempio del regno». Amos rispose ad Amasìa e disse: «Non ero profeta né figlio di profeta; ero un mandriano e coltivavo piante di sicomoro. Il Signore mi prese, mi chiamò mentre seguivo il gregge. Il Signore mi disse: Va’, profetizza al mio popolo Israele».



Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini 1, 3-14
Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d’amore della sua volontà, a lode dello splendore della sua grazia, di cui ci ha gratificati nel Figlio amato. In lui, mediante il suo sangue, abbiamo la redenzione, il perdono delle colpe, secondo la ricchezza della sua grazia. Egli l’ha riversata in abbondanza su di noi con ogni sapienza e intelligenza, facendoci conoscere il mistero della sua volontà, secondo la benevolenza che in lui si era proposto per il governo della pienezza dei tempi: ricondurre al Cristo, unico capo, tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra. In lui siamo stati fatti anche eredi, predestinati – secondo il progetto di colui che tutto opera secondo la sua volontà – a essere lode della sua gloria, noi, che già prima abbiamo sperato nel Cristo. In lui anche voi, dopo avere ascoltato la parola della verità, il Vangelo della vostra salvezza, e avere in esso creduto, avete ricevuto il sigillo dello Spirito Santo che era stato promesso, il quale è caparra della nostra eredità, in attesa della completa redenzione di coloro che Dio si è acquistato a lode della sua gloria.



Dal vangelo secondo Marco 6, 7-13
In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche. E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro». Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.




    • "Gesù chiamò a sé i Dodici e li mandò"
    Gesù affida ai dodici apostoli la prima missione. Devono andare a proclamare la conversione, a scacciare i demoni, a guarire i malati. Per fare questo devono fidarsi totalmente ed esclusivamente di Dio: infatti, non possono portare pane, né sacca, né denaro.

    Fidarsi di Dio: una delle cose più difficili, anche per discepoli di provata fede. Viene spontaneo, quando si è nella prova, magari da tanto tempo, avere dei dubbi sulla reale bontà di Dio. Oppure, molto materialmente, pensare al famoso proverbio "aiutati, che il ciel ti aiuta", per arrivare ad accumulare beni e denaro, in modo spesso eccessivo ("ma, sia chiaro, non per noi adesso, bensì per i nostri figli, per la vecchiaia, per pagarci la badante o l’ospizio …": quante scuse si possono trovare per giustificare la nostra tendenza a confidare in noi stessi, anziché in Dio!).

    Per gli apostoli è, dunque, qualificante fidarsi di Dio, anche di fronte all’insuccesso della predicazione e alla mancata accoglienza, destino spesso comune ai profeti, soprattutto quando dicono cose un po’ scomode.

    Siamo chiamati anche noi a vivere di Dio, senza fare troppi calcoli, senza pensare che siamo più potenti se abbiamo qualche palanca in più: alla fine tutti dovremo rendere conto a Dio della nostra vita e allora l’unica cosa che conterà sarà quanto avremo amato Lui e il prossimo. Siamo inviati da Gesù proprio per annunciare con la nostra vita che tutti gli uomini sono salvati.
    • don Roberto Pandolfi
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun lug 20, 2009 8:43 am

      • XVI domenica del Tempo Ordinario. 19 luglio 2009
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Dal libro del profeta Geremia 23, 1-6
Dice il Signore: «Guai ai pastori che fanno perire e disperdono il gregge del mio pascolo. Oracolo del Signore. Perciò dice il Signore, Dio d’Israele, contro i pastori che devono pascere il mio popolo: Voi avete disperso le mie pecore, le avete scacciate e non ve ne siete preoccupati; ecco io vi punirò per la malvagità delle vostre opere. Oracolo del Signore. Radunerò io stesso il resto delle mie pecore da tutte le regioni dove le ho scacciate e le farò tornare ai loro pascoli; saranno feconde e si moltiplicheranno. Costituirò sopra di esse pastori che le faranno pascolare, così che non dovranno più temere né sgomentarsi; non ne mancherà neppure una. Oracolo del Signore. Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore – nei quali susciterò a Davide un germoglio giusto, che regnerà da vero re e sarà saggio ed eserciterà il diritto e la giustizia sulla terra. Nei suoi giorni Giuda sarà salvato e Israele vivrà tranquillo, e lo chiameranno con questo nome: Signore-nostra-giustizia».



Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini 2, 13-18
Fratelli, ora, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani, siete diventati vicini, grazie al sangue di Cristo. Egli infatti è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che li divideva, cioè l’inimicizia, per mezzo della sua carne. Così egli ha abolito la Legge, fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce, eliminando in se stesso l’inimicizia. Egli è venuto ad annunciare pace a voi che eravate lontani, e pace a coloro che erano vicini. Per mezzo di lui infatti possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito.



Dal vangelo secondo Marco 6, 30-34
In quel tempo, gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare. Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.




    • Gesù ebbe compassione di loro
    Dopo essere andati ad annunciare il Vangelo, dopo aver scacciato i demoni e guarito i malati, gli apostoli sono stanchi e Gesù concede loro il meritato riposo: “Venite in disparte voi soli, in un luogo deserto e riposatevi un po’”.

    Riposare dalle fatiche, ma anche trovare tempo per mettere ordine nella propria vita, per staccare dall’affanno psicologico di chi deve per forza “fare”, con la tentazione di misurare anche l’apostolato con i criteri della produzione industriale. Andare in disparte e riposare un po’ è ritrovare se stessi alla luce di Dio, senza fretta e senza troppe distrazioni.

    Chissà se le nostre vacanze sono proprio così?! E tuttavia qualcosa non funziona come dovrebbe: le folle si accorgono delle intenzioni di Gesù e degli apostoli e li precedono nel luogo dove devono sbarcare. “Gesù, sceso dalla barca, vide una grande folla ed ebbe compassione di loro, perché erano come pecore senza pastore”: Gesù prova, per quelle folle, sentimenti di tenerezza materna e capisce subito da quale problema sono afflitti: infatti “si mette ad insegnare loro molte cose”.

    Chissà, forse noi ci saremo aspettati guarigioni di ammalati, miracoli strabilianti, moltiplicazioni di pani e cibi vari: ci sembrerebbero le ovvie conseguenze dell’avere compassione. Invece Gesù vuole dirci con forza che il male peggiore è l’ignoranza riguardo a Dio e alla strada che conduce al Regno dei cieli.

    Le folle hanno fame e sete di Dio e non trovano nessuno che parli loro come Gesù. Conoscere Dio, dunque, chissà, se la riteniamo la cosa più importante della vita.
    • don Roberto Pandolfi
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun lug 27, 2009 8:26 am

      • XVII domenica del Tempo Ordinario. 26 luglio 2009
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Dal secondo libro dei Re 4, 42-44
In quei giorni, da Baal Salisà venne un uomo, che portò pane di primizie all’uomo di Dio: venti pani d’orzo e grano novello che aveva nella bisaccia. Eliseo disse: «Dallo da mangiare alla gente». Ma il suo servitore disse: «Come posso mettere questo davanti a cento persone?». Egli replicò: «Dallo da mangiare alla gente. Poiché così dice il Signore: “Ne mangeranno e ne faranno avanzare”». Lo pose davanti a quelli, che mangiarono e ne fecero avanzare, secondo la parola del Signore.



Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini 4, 1-6
Fratelli, io, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore, avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace. Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti.



Dal vangelo secondo Giovanni 6, 1-15
In quel tempo, Gesù passò all’altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberiade, e lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei. Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere. Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo». Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: «C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?». Rispose Gesù: «Fateli sedere». C’era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini. Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano. E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato. Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: «Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!». Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo.




    • Cinque pani d’orzo e due pesci
    La merenda di un ragazzino. Una merenda generosamente messa a disposizione di Gesù e dei suoi discepoli, non tenuta gelosamente nascosta per sfamarsi lontano da
    tutti. Certo, forse il ragazzino non sapeva (o forse sì) che c’erano migliaia di persone da sfamare. Poco importa.

    Ciò che conta è che il suo gesto di generosità assume proporzioni inimmaginabili. I cinque pani e due pesci dati a Gesù si moltiplicano a dismisura e sfamano tutta la moltitudine. Che cosa ne facciamo, noi, dei nostri cinque pani e due pesci? Cioè delle nostre magari piccole capacità, delle nostre piccole (o grandi!) possibilità materiali? Per Gesù nulla è troppo poco: Lui può davvero moltiplicare quel poco che gli mettiamo a disposizione. È fondamentale, però, la nostra generosità, l’avere nel cuore la disposizione a donare, a non tenere tutto per sé e per la propria ristretta cerchia.

    Se tutti fossimo come il ragazzino dell’episodio evangelico molti problemi del mondo sarebbero risolti, attorno a noi regnerebbe un po’ più di serenità. Vengono in mente tanti altri brani del Vangelo nei quali i poveri danno generosamente tutto quello che hanno: si fidano di Dio, hanno la certezza assoluta che Lui provvederà e per questo non hanno difficoltà a condividere il poco che possiedono. Generosità e fiducia nel Signore: un binomio essenziale per ogni discepolo di ogni tempo e di ogni età.

    Oggi siamo invitati a imparare da un ragazzino e dalla sua merenda. Perché, domani, gli altri non dovrebbero imparare da noi?
    • don Roberto Pandolfi
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Messaggio da miriam bolfissimo » ven lug 31, 2009 3:06 pm

      • XVIII domenica del Tempo Ordinario. 2 agosto 2009
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Dal libro dell'Esodo 16,2-4.12-15
In quei giorni, nel deserto tutta la comunità degli Israeliti mormorò contro Mosè e contro Aronne. Gli Israeliti dissero loro: «Fossimo morti per mano del Signore nella terra d'Egitto, quando eravamo seduti presso la pentola della carne, mangiando pane a sazietà! Invece ci avete fatto uscire in questo deserto per far morire di fame tutta questa moltitudine». Allora il Signore disse a Mosè: «Ecco, io sto per far piovere pane dal cielo per voi: il popolo uscirà à raccoglierne ogni giorno la razione di un giorno, perché io lo metta alla prova, per vedere se cammina o no secondo la mia legge. Ho inteso la mormorazione degli Israeliti. Parla loro così: "Al tramonto mangerete carne e alla mattina vi sazierete di pane; saprete che io sono il Signore, vostro Dio"». La sera le quaglie salirono e coprirono l'accampamento; al mattino c'era uno strato di rugiada intorno all'accampamento. Quando lo strato di rugiada svanì, ecco, sulla superficie del deserto c'era una cosa fine e granulosa, minuta come è la brina sulla terra. Gli Israeliti la videro e si dissero l'un l'altro: «Che cos'è?», perché non sapevano che cosa fosse. Mosè disse loro: «E il pane che il Signore vi ha dato in cibo».



Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini 4, 17. 20-24
Fratelli, vi dico e vi scongiuro nel Signore: non comportatevi più come i pagani con i loro vani pensieri. Voi non così avete imparato a conoscere il Cristo, se davvero gli avete dato ascolto e se in lui siete stati istruiti, secondo la verità che è in Gesù, ad abbandonare, con la sua condotta di prima, l'uomo vecchio che si corrompe seguendo le passioni ingannevoli, a rinnovarvi nello spirito della vostra mente e a rivestire l'uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella vera santità.



Dal vangelo secondo Giovanni 6, 24-35
In quel tempo, quando la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafarnao alla ricerca di Gesù. Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbi, quando sei venuto qua?». Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell'uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo». Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». Gesù rispose loro: «Questa è l'opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato». Allora gli dissero: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: "Diede loro da mangiare un pane dal cielo"». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo». Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!».




    • “Io sono il pane della vita”
    In un epoca come la nostra, nella quale il pane non è più un alimento di prima necessità, anzi, spesso è visto come dannoso e viene bandito dalla dieta e altrettanto spesso è visto come un vezzo della tavola, a cui aggiungere di tutto, in un epoca come la nostra dicevo, rischia di perdere un po’ di efficacia questo paragone di Gesù. Dovremmo vivere l’esperienza di chi non ha avuto pane e, quindi, ha patito la fame per poter apprezzare fino in fondo il “pane della vita”.

    Gesù pone se stesso, la propria “carne”, come il sostentamento essenziale per la vita nello Spirito, così come il pane lo era per la vita materiale. Senza Gesù e senza l’Eucaristia la nostra vita interiore sarebbe ridotta ad un inseguire il vento, posandosi ora qua ora là, in base alle voglie o preferenze del momento, anziché in base al volere di Dio. Per noi cattolici, che viviamo nella Chiesa e che vediamo in essa la Madre e la Maestra, dovrebbe essere abbastanza facile riconoscere nella celebrazione della Messa il culmine e la sorgente della nostra esistenza.

    È nella Messa, infatti, che incontriamo il Signore Gesù morto e risorto e dalla Messa attingiamo la forza e il coraggio di testimoniare l’amore di Dio. La partecipazione al sacrificio di Cristo ci rende più sereni nelle tribolazioni e ci aiuta a portare la croce serenamente, lasciandoci sostenere da Gesù. Come si fa a restare senza Messa? Come si fa ad anteporle altre cose, soprattutto nel giorno del Signore? Eppure tanti cristiani si ritengono grandi credenti, pur non partecipando alla Messa. Misteri di quel guazzabuglio che è il cuore umano.
    • don Roberto Pandolfi
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun ago 31, 2009 3:33 pm

      • XIX domenica del Tempo Ordinario. 9 agosto 2009
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Dal primo libro dei Re 19, 4-8
In quei giorni, Elia s'inoltrò nel deserto una giornata di cammino e andò a sedersi sotto una ginestra. Desideroso di morire, disse: «Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri». Si coricò e si addormentò sotto la ginestra. Ma ecco che un angelo lo toccò e gli disse: «Alzati, mangia!». Egli guardò e vide vicino alla sua testa una focaccia, cotta su pietre roventi, e un orcio d'acqua. Mangiò e bevve, quindi di nuovo si coricò. Tornò per la seconda volta l'angelo del Signore, lo toccò e gli disse: «Alzati, mangia, perché è troppo lungo per te il cammino». Si alzò, mangiò e bevve. Con la forza di quel cibo camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l'Oreb.



Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini 4, 30 - 5, 2
Fratelli, non vogliate rattristare lo Spirito Santo di Dio, con il quale foste segnati per il giorno della redenzione. Scompaiano da voi ogni asprezza, sdegno, ira, grida e maldicenze con ogni sorta di malignità. Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo. Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel modo in cui anche Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore.



Dal vangelo secondo Giovanni 6, 41-51
In quel tempo, i Giudei si misero a mormorare contro Gesù perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: "Sono disceso dal cielo"?». Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: "E tutti saranno istruiti da Dio". Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna. Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».




    • "Io sono il pane vivo disceso dal cielo"
    Come allora per i Giudei anche per noi oggi la mormorazione, contestazione nascosta e sottile, crea complicità, incrina la vita comunitaria e guasta i rapporti fra di noi. I Giudei contestano le parole di Gesù - "lo sono il pane disceso dal cielo" - ritenendolo solo un uomo semplice, di cui conoscono il padre e la madre. Da questa incredulità Gesù svela che in loro non c'è fede, manca l'obbedienza all'azione di Dio che attira tutti gli uomini al Figlio. Indirettamente Gesù compie una grande manifestazione di fede svelando che Lui è l'inviato nel mondo.

    Lui è la grazia donata a ciascuno di noi, così come pure lo è la nostra chiamata ad aderire a Gesù. La fede è un dono di Dio, ma la nostra risposta rimane libera. Come per i Giudei, anche per noi il rifiuto che opponiamo a Gesù indica questa libertà. Una libertà che può pericolosamente sfociare in una resistenza all'attrazione divina e all'ascolto della sua Parola. Quello che ci viene chiesto, senza mormorazioni e riserve, è la fede, l'adesione a Dio e a colui che egli ha mandato.

    Gesù è colui che dal cielo è disceso in mezzo a noi, per offrire in dono se stesso come pane che da vita, fortifica e sostiene. Chi si nutre di questo pane vivo che è Gesù stesso, della sua parola e della sua vita, partecipa già ora della vita di Dio, in attesa della vita eterna nel Regno. Già ora possiamo partecipare a questa vita divina, offerta dal pane vivo disceso dal cielo, generando amore ed elidendo asprezza, sdegno, ira, maldicenza, malignità e ogni mormorazione. Allora sapremo far fiorire questa vita in opere di amore e di giustizia.
    • Tiziano Brenna
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      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Messaggio da miriam bolfissimo » lun ago 31, 2009 3:35 pm

      • XX domenica del Tempo Ordinario. 16 agosto 2009
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Dal libro dei Proverbi 9, 1-6

La sapienza si è costruita la sua casa, ha intagliato le sue sette colonne. Ha ucciso il suo bestiame, ha preparato il suo vino e ha imbandito la sua tavola. Ha mandato le sue ancelle a proclamare sui punti più alti della città: «Chi è inesperto venga qui!». A chi è privo di senno ella dice: «Venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che io ho preparato. Abbandonate l'inesperienza e vivrete, andate diritti per la via dell'intelligenza».



Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini 5, 15-20
Fratelli, fate molta attenzione al vostro modo di vivere, comportandovi non da stolti ma da saggi, facendo buon uso del tempo, perché i giorni sono cattivi. Non siate perciò sconsiderati, ma sappiate comprendere qual è la volontà del Signore. E non ubriacatevi di vino, che fa perdere il controllo di sé; siate invece ricolmi dello Spirito, intrattenendovi fra voi con salmi, inni, canti ispirati, cantando e inneggiando al Signore con il vostro cuore, rendendo continuamente grazie per ogni cosa a Dio Padre, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo.



Dal vangelo secondo Giovanni 6, 51-58
In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».




    • "Chi mangia questo pane vivrà in eterno"
    Il pranzo è da sempre e in tutte le culture un simbolo di intimità e di comunione. Quello a cui Gesù c'invita è un pranzo speciale, che non ha precedenti nella storia, è il mangiare la sua carne affinché abbiamo la vita eterna. Tutti siamo invitati alla comunione con Gesù attraverso l'Eucaristia. Non si tratta di una comunione automatica, estrinseca come accade spesso nelle nostre celebrazioni eucaristiche, spesso distratte, "tradizionali", ma deve essere un rimanere in Lui, una comunione che è dialogo, reciprocità.

    "Se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita", si tratta di mangiare la carne e bere il sangue del Figlio dell'uomo, cioè di comunicare a tutta la sua vita, di assimilare quale cibo e bevanda l'intera sua vita. Tutto questo significa accogliere il suo insegnamento, vivere come Lui e amare come Lui ci ama. Queste parole evocano anche la passione e morte di Gesù, la sua croce e il suo sangue versato, dono di una vita spesa per noi, dono di un amore vissuto all'estremo. Quest'annuncio eucaristico è il grande mistero della fede e, soprattutto il mistero dell'amore.

    È mistero di fede perché mangiamo la carne e beviamo il sangue di Gesù, è mistero dell'amore perché possiamo conoscere, amare ed assimilare la vita del Figlio dell'uomo, che è l'amore di Dio per tutti noi. La comunione eucaristica ci trasforma, ci rende Corpo di Cristo e sua Parola vivente, ci fa partecipi della vita stessa di Dio, la vita divina ed eterna. Vivere dell'amore di Gesù significa avere un'esistenza piena e senza fine. Preghiamo perché Gesù ci faccia comprendere sempre più la ricchezza dell'Eucaristia.
    • Tiziano Brenna
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun ago 31, 2009 3:36 pm

      • XXI domenica del Tempo Ordinario. 23 agosto 2009
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Dal libro di Giosuè 24, 1-2.15-17.18b
In quei giorni, Giosuè radunò tutte le tribù d'Israele a Sichem e convocò gli anziani d'Israele, i capi, i giudici e gli scribi, ed essi si presentarono davanti a Dio. Giosuè disse a tutto il popolo: «Se sembra male ai vostri occhi servire il Signore, sceglietevi oggi chi servire: se gli dèi che i vostri padri hanno servito oltre il Fiume oppure gli dèi degli Amorrei, nel cui territorio abitate. Quanto a me e alla mia casa, serviremo il Signore». Il popolo rispose: «Lontano da noi abbandonare il Signore per servire altri dèi! Poiché è il Signore, nostro Dio, che ha fatto salire noi e i padri nostri dalla terra d'Egitto, dalla condizione servile; egli ha compiuto quei grandi segni dinanzi ai nostri occhi e ci ha custodito per tutto il cammino che abbiamo percorso e in mezzo a tutti i popoli fra i quali siamo passati. Perciò anche noi serviremo il Signore, perché egli è il nostro Dio».



Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini 5, 21-32
Fratelli, nel timore di Cristo, siate sottomessi gli uni agli altri: le mogli lo siano ai loro mariti, come al Signore; il marito infatti è capo della moglie, così come Cristo è capo della Chiesa, lui che è salvatore del corpo. E come la Chiesa è sottomessa a Cristo, così anche le mogli lo siano ai loro mariti in tutto. E voi, mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola con il lavacro dell'acqua mediante la parola, e per presentare a se stesso la Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata. Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo: chi ama la propria moglie, ama se stesso. Nessuno infatti ha mai odiato la propria carne, anzi la nutre e la cura, come anche Cristo fa con la Chiesa, poiché siamo membra del suo corpo. Per questo l'uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne. Questo mistero è grande: io lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!

Dal vangelo secondo Giovanni 6, 60-69
In quel tempo, molti dei discepoli di Gesù, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?». Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell'uomo salire là dov'era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono». Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre». Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».




    • "Signore, da chi andremo?
    Lungo il corso della storia della salvezza è accaduto spesso che ascoltando la parola del Signore l'uomo si è trovato di fronte ad una proposta difficile da realizzare. Proprio il Vangelo di questa Domenica contiene anche per noi, oggi, un linguaggio duro, incomprensibile, inaccettabile. "Questo vi scandalizza? E se vedete il Figlio dell'uomo salire là dov'era prima?". Sono parole queste che contengono l'annuncio della passione e morte di Gesù, il suo esodo verso il Padre, un'Eucaristia che sintetizza nell'ora gloriosa della morte di croce tutta la vita del Figlio.

    Di fronte a questa parola ciascuno di noi è colto da paura per la decisione ad una vita di povertà e di umiltà contro l'illusione dell'orgoglio, del potere, del successo, di un amore totale contro ogni egoismo. Seguire Gesù non è facile, perché la sequela richiede sacrifici, scelte ben precise che bandiscono i nostri interessi. Non ci si può attendere un successo umano, una vita senza problemi e prove.

    Per rimanere nella sequela di Gesù non bastano delle nobili motivazioni, occorre una fede salda. Però bisogna stare attenti perché non possiamo costruire mai una vera fede se non sulla piena educazione alla libertà. Una libertà da condizionamenti interni o esterni a noi, una libertà per qualcosa e qualcuno, nella donazione a Dio e ai fratelli. Questa libertà che appartiene a Gesù, dev'essere contagiosa anche per noi, dev'essere l'anima della Chiesa.

    Il rischio di questa libertà è di tirarci indiètro ogni qual volta il Signore ci chiède di percorrere strade diverse a quelle che il comune buon senso ci propone come buone, sagge e sensate. Ma noi saremo capaci di pronunciare le stesse parole di Pietro? "Signore da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna..." Saremo capaci ci farci coinvolgere completamente da Lui?
    • Tiziano Brenna
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun ago 31, 2009 3:37 pm

      • XXII domenica del Tempo Ordinario. 30 agosto 2009
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Dal libro del Deuteronomio 4, 1-2. 6-8
Mose parlò al popolo dicendo: «Ora, Israele, ascolta le leggi e le norme che io vi insegno, affinché le mettiate in pratica, perché viviate ed entriate in possesso della terra che il Signore, Dio dei vostri padri, sta per darvi. Non aggiungerete nulla a ciò che io vi comando e non ne toglierete nulla; ma osserverete i comandi del Signore, vostro Dio, che io vi prescrivo. Le osserverete dunque, e le metterete in pratica, perché quella sarà la vostra saggezza e la vostra intelligenza agli occhi dei popoli, i quali, udendo parlare di tutte queste leggi, diranno: "Questa grande nazione è il solo popolo saggio e intelligente". Infatti quale grande nazione ha gli dèi così vicini a sé, come il Signore, nostro Dio, è vicino a noi ogni volta che lo invochiamo? E quale grande nazione ha leggi e norme giuste come è tutta questa legislazione che io oggi vi do?».



Dalla lettera di san Giacomo apostolo 1, 17-18. 21b-22.27
Fratelli miei carissimi, ogni buon regalo e ogni dono perfetto vengono dall'alto e discendono dal Padre, creatore della luce: presso di lui non c'è variazione né ombra di cambiamento. Per sua volontà egli ci ha generati per mezzo della parola di verità, per essere una primizia delle sue creature. Accogliete con docilità la Parola che è stata piantata in voi e può portarvi alla salvezza. Siate di quelli che mettono in pratica la Parola, e non ascoltatori soltanto, illudendo voi stessi. Religione pura e senza macchia davanti a Dio Padre è questa: visitare gli orfani e le vedove nelle sofferenze e non lasciarsi contaminare da questo mondo.



Dal vangelo secondo Marco 7,1-8.14-15.21-23
In quel tempo, si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme. Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate - i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame e di letti -, quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?». Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto: "Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini". Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini». Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c'è nulla fuori dell'uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall'uomo a renderlo impuro». E diceva [ai suoi discepoli]: «Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall'interno e rendono impuro l'uomo».




    • "... voi osservate le tradizioni degli uomini"
    Il brano evangelico di questa Domenica ci propone la controversia tra Gesù e farisei, scribi, uomini che conoscono la Legge di Dio e si vantano di praticarla. Costoro criticano i discepoli di Gesù perché non si comportano secondo la tradizione degli antichi. Gesù risponde loro definendoli degli ipocriti: "Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini...". Questi uomini sono malati di ipocrisia, sembrano adorare Dio esteriormente, ma il loro cuore è lontano da Dio, hanno bisogno d'ammirazione da parte della gente, sono l'emblema dell'uomo religioso che si sforza di edificare la propria reputazione santa.

    Gesù denuncia apertamente questo male, tipico di molti uomini religiosi, non solo di allora ma di tutti i tempi. Essi ritengono che il servizio all'altare è più importante di quello reso a Dio e la religione è ritenuta ben più essenziale che amare Dio e il prossimo.

    Gesù insegna non solo ai farisei e agli scribi, ma anche a tutti noi oggi, che bisogna combattere questo male, cioè uscire dalla logica della mera osservanza del precetto, dalla semplice religione. Un male che contamina l'uomo non dall'esterno, ma è radicato nel cuore di ciascuno di noi, in quella profondità in cui decidiamo i nostri sentimenti, i nostri pensièri e le nostre azioni.

    Ognuno di noi è chiamato a scorgere l'origine del suo operare contro la volontà di Dio. Non dobbiamo gettare sugli altri la responsabilità del nostro operare, del commettere il peccato. Il nostro discernimento consiste nel combattere questo male ed amare Dio e il nostro prossimo.
    • Tiziano Brenna
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun set 07, 2009 8:04 am

      • XXIII domenica del Tempo Ordinario. 6 settembre 2009
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Dal libro del profeta Isaia 35, 4-7
Dite agli smarriti di cuore: «Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio, giunge la vendetta, la ricompensa divina. Egli viene a salvarvi».Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto, perché scaturiranno acque nel deserto, scorreranno torrenti nella steppa. La terra bruciata diventerà una palude, il suolo riarso sorgenti d'acqua.



Dalla lettera di san Giacomo apostolo 2, 1-5
Fratelli miei, la vostra fede nel Signore nostro Gesù Cristo, Signore della gloria, sia immune da favoritismi personali. Supponiamo che, in una delle vostre riunioni, entri qualcuno con un anello d'oro al dito, vestito lussuosamente, ed entri anche un povero con un vestito logoro. Se guardate colui che è vestito lussuosamente e gli dite: «Tu siediti qui, comodamente», e al povero dite: «Tu mettiti là, in piedi», oppure: «Siediti qui ai piedi del mio sgabello», non fate forse discriminazioni e non siete giudici dai giudizi perversi? Ascoltate, fratelli miei carissimi: Dio non ha forse scelto i poveri agli occhi del mondo, che sono ricchi nella fede ed eredi del Regno, promesso a quelli che lo amano?



Dal vangelo secondo Marco 7, 31-37
In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».




    • "Ha fatto bene ogni cosa"
    Il brano evangelico odierno ci presenta Gesù in una regione pagana, la Decapoli, facendo assumere al racconto stesso un significato salvifico universale. Gli portano un sordomuto, cioè una persona sorda alla rivelazione divina e incapace di rispondergli, tuttavia, contrariamente alla concezione del tempo, anche per lui vi è una promessa di salvezza da parte di Dio: "Coraggio! ... il vostro Dio viene a salvarvi. Allora si apriranno gii occhi ai ciechi e si schiuderanno gli orecchi ai sordi".

    Tale salvezza trova pieno compimento in Gesù, che attraverso la preghiera (Gesù guarda verso il cielo) c'insegna che la stessa è un puro dono della grazia di Dio: un dono da chiedere. Anche noi, come il sordomuto, possiamo chiedere a Dio di aprire gli orecchi del nostro cuore all'ascolto della sua Parola, affinché possiamo accoglierlo nella nostra vita.

    Questo effatà (apriti), che troviamo nel Vangelo, è un grido rivolto a tutti noi, il quale c'invita a non chiuderci in noi stessi, a non essere insensibili ai bisogni altrui, ma a vivere una vita di carità e di comunione come Gesù c'insegna. Scopriremo così che la nostra vita spesa per la causa del Vangelo ci permetterà di vivere un mondo più bello e più vero. Lontani dai frastuoni della vita moderna raggiungeremo la serenità e la maturità della vera vita: una vita di dedizione, spesa per Dio ed il bene altrui.

    Come la folla d'allora, anche noi scopriremo, con stupore e meraviglia, che Gesù compie un miracolo: sta iniziando in noi una nuova creazione. Una meraviglia che nasce dall'azione di Gesù, il quale "ha fatto bene ogni cosa", ha aperto gli orecchi dei nostri cuori.
    • Tiziano Brenna
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun set 14, 2009 9:03 am

      • XXIV domenica del Tempo Ordinario. 13 settembre 2009
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Dal libro del profeta Isaia 50, 5-9a
Il Signore Dio mi ha aperto l'orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro. Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi. Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto svergognato, per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare confuso. È vicino chi mi rende giustizia: chi oserà venire a contesa con me? Affrontiamoci. Chi mi accusa? Si avvicini a me. Ecco, il Signore Dio mi assiste: chi mi dichiarerà colpevole?



Dalla lettera di san Giacomo apostolo 2, 14-18
A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere fede, ma non ha opere? Quella fede può forse salvarlo? Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: «Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi», ma non date loro il necessario per il corpo, a che cosa serve? Così anche la fede: se non è seguita dalle opere, in se stessa è morta. Al contrario uno potrebbe dire: «Tu hai la fede e io ho le opere; mostrami la tua fede senza le opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede».



Dal vangelo secondo Marco 8, 27-35
In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elia e altri uno dei profeti». Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno. E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell'uomo doveva soffrire molto, ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere. Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va' dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini». Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà».




    • "Tu sei il Cristo..."
    Siamo nel cuore del Vangelo di Marco e il brano che oggi leggiamo raccoglie una sorta di desiderio di Gesù: cosa si dice in giro di Lui. Se la domanda "ma voi chi dite che io sia?" viene posta a noi, come ai discepoli allora, essa ci impone una chiarificazione, ci chiede se c'è in noi una parte che deve essere ancora evangelizzata. Chissà se siamo in grado di rispondere come Pietro, "tu sei il Cristo", e di capirne il vero significato.

    Dietro questa splendida definizione c'è in agguato il rischio del fraintendimento e dell'incompletezza della confessione stessa. Dire che Gesù è il Cristo, cioè il Messia, l'inviato di Dio a regnare definitivamente su tutta l'umanità, non è sufficiente. Occorre saper cogliere il mistero pasquale di Gesù, quando inizia a dire che il Figlio dell'uomo doveva molto soffrire... Qui c'è il mistero della morte e della vita (gloria) di Gesù. La morte porta alla vita, essa è sfociata nella Risurrezione, essa è vinta. A questa vita si arriva solo attraverso la morte e la morte di croce di chi si è totalmente consegnato a Dio.

    Capiremo così che la Pasqua è il tipo di morte che risorge, di chi è stato inchiodato sulla croce per il bene dell'umanità. Risorge la vita donata. Se vogliamo diventare veri discepoli di Gesù dobbiamo smettere di considerare noi stessi come misura di ogni cosa ed abbandonarci totalmente al Signore. Dobbiamo praticare la carità, servire, obbedire e nello stesso tempo essere umili e se necessario saper dare un significato alle nostre sofferenze. Dobbiamo saper mettere i nostri passi sulle orme di Gesù, dobbiamo imitarlo, cioè essere in grado di donare la nostra vita per il suo Vangelo.

    Solo se crediamo che il suo amore vale più della vita, allora a motivo di questo amore, trova senso ogni nostra rinuncia e sofferenza.
    • Tiziano Brenna
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun set 21, 2009 8:39 am

      • XXV domenica del Tempo Ordinario. 20 settembre 2009
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Dal libro della Sapienza 2, 12.17-20
[Dissero gli empi:] «Tendiamo insidie al giusto, che per noi è d'incomodo e si oppone alle nostre azioni; ci rimprovera le colpe contro la legge e ci rinfaccia le trasgressioni contro l'educazione ricevuta. Vediamo se le sue parole sono vere, consideriamo ciò che gli accadrà alla fine. Se infatti il giusto è figlio di Dio, egli verrà in suo aiuto e lo libererà dalle mani dei suoi avversari. Mettiamolo alla prova con violenze e tormenti, per conoscere la sua mitezza e saggiare il suo spirito di sopportazione. Condanniamolo a una morte infamante, perché, secondo le sue parole, il soccorso gli verrà».



Dalla lettera di san Giacomo apostolo 3,16-4,3
Fratelli miei, dove c'è gelosia e spirito di contesa, c'è disordine e ogni sorta di cattive azioni. Invece la sapienza che viene dall'alto anzitutto è pura, poi pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, imparziale e sincera. Per coloro che fanno opera di pace viene seminato nella pace un frutto di giustizia. Da dove vengono le guerre e le liti che sono in mezzo a voi? Non vengono forse dalle vostre passioni che fanno guerra nelle vostre membra? Siete pieni di desideri e non riuscite a possedere; uccidete, siete invidiosi e non riuscite a ottenere; combattete e fate guerra! Non avete perché non chiedete; chiedete e non ottenete perché chiedete male, per soddisfare cioè le vostre passioni.



Dal vangelo secondo Marco 9, 30-37
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell'uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo. Giunsero a Cafarnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse il più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servitore di tutti». E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato»




    • "Gesù è venuto per servire"
    Oggi leggiamo il secondo annuncio della passione di Gesù, che ha affidato la sua vita al Padre per la salvezza di tutti. Gesù rivela ai discepoli il suo destino, ma essi non lo comprendono, non sanno fare altro che discutere su chi tra loro sia il più grande. Da questa situazione traspare la netta incapacità da parte dei discepoli di assumere l'atteggiamento di abbandono al Padre che il maestro insegna loro.

    Gesù disse "Se uno vuoi essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servitore di tutti". Gesù insegna ai discepoli il significato della sua passione, della sua croce, cioè il farsi servo e dare la propria vita per il riscatto di tutti. Questa logica pasquale di Gesù c'interroga da vicino e ci chiede di non cedere alla mentalità mondana della competizione e della rivalità... Spesso ci piace far bella figura, essere considerati, approvati, stimati....

    Ci piace che altri riconoscono le nostre capacità, i nostri meriti, la nostra intelligenza. Ma questa non è la logica pasquale; la vera logica è quella di abbandonare i nostri stili di vita, i nostri comportamenti, il nostro orgoglio e di pensare unicamente alle attese, ai bisogni e alle necessità degli altri. Farsi servi non significa primeggiare, bensì seguire una strada diversa e un po' strana, svolgere dei compiti ben precisi che non trovano certo un posto sotto i riflettori, ma restano nascosti nelle retrovie, dove nessuno se ne accorge.

    La nostra dignità non deve stare nel posto che occupiamo, nelle cose che possediamo, nel successo, ma nello spirito di servizio, in quella capacità di imitare Gesù, quale vero e unico modello di servizio. Accogliere questo messaggio ci porta a creare una comunità nuova, capace di farsi sconvolgere da questo insegnamento e di seguire fedelmente il cammino di Gesù.
    • Tiziano Brenna
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun set 28, 2009 10:03 am

      • XXVI domenica del Tempo Ordinario. 27 settembre 2009
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Dal libro dei Numeri 11, 25-29
In quei giorni, il Signore scese nella nube e parlò a Mosè: tolse parte dello spirito che era su di lui e lo pose sopra i settanta uomini anziani; quando lo spirito si fu posato su di loro, quelli profetizzarono, ma non lo fecero più in seguito. Ma erano rimasti due uomini nell'accampamento, uno chiamato Eldad e l'altro Medad. E lo spirito si posò su di loro; erano fra gli iscritti, ma non erano usciti per andare alla tenda. Si misero a profetizzare nell'accampamento. Un giovane corse ad annunciarlo a Mosè e disse: «Eldad e Medad profetizzano nell'accampamento». Giosuè, figlio di Nun, servitore di Mosè fin dalla sua adolescenza, prese la parola e disse: «Mosè, mio signore, impediscili!». Ma Mosè gli disse: «Sei tu geloso per me? Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore porre su di loro il suo spirito!».



Dalla lettera di san Giacomo apostolo 5, 1-6
Ora a voi, ricchi: piangete e gridate per le sciagure che cadranno su di voi! Le vostre ricchezze sono marce, i vostri vestiti sono mangiati dalle tarme. Il vostro oro e il vostro argento sono consumati dalla ruggine, la loro ruggine si alzerà ad accusarvi e divorerà le vostre carni come un fuoco. Avete accumulato tesori per gli ultimi giorni! Ecco, il salario dei lavoratori che hanno mietuto sulle vostre terre, e che voi non avete pagato, grida, e le proteste dei mietitori sono giunte alle orecchie del Signore onnipotente. Sulla terra avete vissuto in mezzo a piaceri e delizie, e vi siete ingrassati per il giorno della strage. Avete condannato e ucciso il giusto ed egli non vi ha opposto resistenza.



Dal vangelo secondo Marco 9,38-43.45.47-48
In quel tempo, Giovanni disse a Gesù: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva». Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c'è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi. Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d'acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa. Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geenna, nel fuoco inestinguibile. E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geenna. E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geenna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue».




    • Gesù disse "Non glielo impedite..."
    Gesù continua la sua lezione sulla sequela: dopo l'essere l'ultimo e il servo di tutti, l'accogliere i piccoli, qui c'invita a non essere contro l'operare dello Spirito. I discepoli mal sopportano che lo Spirito operi dove vuole, sono gelosi e vorrebbero essere i soli rappresentanti del Cristo. Chissà se le nostre intenzioni e i nostri pensieri sono simili a quelli dei discepoli?

    Qualcosa non funziona, come allora, anche per noi oggi c'è il tentativo di monopolizzare Dio, di sentirci i soli portatori della potenza di Cristo. Una tentazione integralista e settaria capace di far morire la fede per asfissia. Se siamo veramente degli amici di Dio dobbiamo godere della libertà dello Spirito, riconoscerlo nelle sue manifestazioni, riconoscere il bene ovunque venga fatto. Il non tenere gli occhi aperti sul dono che Dio ci fa, si corre il rischio di diventare meschini e moralisti.

    Questo non è portare il Vangelo quale dono gratuito di Dio, ma è accrescere solo noi stessi, sentirci elogiati, il centro della: situazione, i soli detentori del potere carismatico. Gesù c'insegna che la potenza del suo nome non può essere catturata entro dei confini ristretti, ma può eccedere i confini stessi della Chiesa, può catturare testimoni anche fuori dalla comunità cristiana. Il nome di Gesù non può essere motivo di separazione tra persone.

    Nessuno può pretendere di detenere il monopolio della presenza del Signore, perché se cosi fosse, si ridurrebbe Gesù a idolo e diventeremo motivo di scandalo, d'inciampo nel cammino di fede per alcuni dei nostri fratelli. Gesù ci mette in guardia da questo errore, chiamandoci a vigilare su noi stessi e a vivere un'apertura al dialogo con chi non appartiene alla nostra comunità cristiana.
    • Tiziano Brenna
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun ott 05, 2009 9:59 am

      • XXVII domenica del Tempo Ordinario. 4 ottobre 2009
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Dal libro della Genesi 2, 18-24
Il Signore Dio disse: «Non è bene che l'uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli corrisponda». Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di animali selvatici e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all'uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l'uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome. Così l'uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli animali selvatici, ma per l'uomo non trovò un aiuto che gli corrispondesse. Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull'uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e richiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio formò con la costola, che aveva tolta all'uomo, una donna e la condusse all'uomo. Allora l'uomo disse: «Questa volta è osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne. La si chiamerà donna, perché dall'uomo è stata tolta». Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un'unica carne.



Dalla lettera agli Ebrei 2, 9-11
Fratelli, quel Gesù, che fu fatto di poco inferiore agli angeli, lo vediamo coronato di gloria e di onore a causa della morte che ha sofferto, perché per la grazia di Dio egli provasse la morte a vantaggio di tutti. Conveniva infatti che Dio - per il quale e mediante il quale esistono tutte le cose, lui che conduce molti figli alla gloria - rendesse perfetto per mezzo delle sofferenze il capo che guida alla salvezza. Infatti, colui che santifica e coloro che sono santificati provengono tutti da una stessa origine; per questo non si vergogna di chiamarli fratelli.



Dal vangelo secondo Marco 10, 2-16
In quel tempo, alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, domandavano a Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla». Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall'inizio della creazione (Dio) li fece maschio e femmina; per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l'uomo non divida quello che Dio ha congiunto». A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio». Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. Gesù, al vedere questo, s'indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso». E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro.




    • ”I due saranno una carne sola”
    Il tema di questa domenica è il matrimonio. Noi sappiamo come questo istituto nella nostra società è largamente in crisi: matrimoni che entrano in difficoltà dopo pochi mesi, sposi che risentono della mentalità dell’usa e getta.

    Il brano ci propone la classica condanna del divorzio, ma la parola di Gesù non si limita solo a questo, va oltre, ci indica come fare per evitare di ricorrere a questa scelta Ponendosi all'ascolto della parola Dio contenuta nella scrittura, Gesù afferma la volontà del Padre,che fin dall'inizio, è l'indissolubilità dell'unione fra l'uomo e la donna. Egli non solo ci ricorda come Dio li creò, ma precisa che i due sono una carne sola e che l'uomo non può separé ciò che Dio ha unito.

    Unendosi in matrimonio l'uomo e la donna s'impegnano a vivere una relazione che va ben oltre la sola unione carnale, essi vivono una relazione coniugale, ossia tendono a essere una sola persona, un solo corpo, ed in Cristo, un solo spirito La loro è una vicenda, una storia, che richiede perseveranza, spirito di sacrificio e di perdono reciproco. Lungo il cammino questa relazione può subire cadute e crisi, ma la cosa importante è quella in cui i coniugi non sciupino l'occasione per far crescere, affinare e migliorare la loro storia d'amore.

    Il segreto è quello di saper sempre ricominciare da capo, mantenere viva la volontà dell'unione e una tensione verso la fedeltà ad ogni costo Ogni strappo deve essere immediatamente ricucito, altrimenti può condurre ad un punto di non ritorno. Ma confidando nel fatto che tutto non è perduto, volendo tutti e due, possono cancellare il passato e cominciare una vita nuova, nella quale l'amore e l'unità siano migliori di quelli di prima.
    • Tiziano Brenna
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun ott 12, 2009 8:32 am

      • XXVIII domenica del Tempo Ordinario. 11 ottobre 2009
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Dal libro della Sapienza 7, 7-11
Pregai e mi fu elargita la prudenza, implorai e venne in me lo spirito di sapienza. La preferii a scettri e a troni, stimai un nulla la ricchezza al suo confronto, non la paragonai neppure a una gemma inestimabile, perché tutto l'oro al suo confronto è come un po' di sabbia e come fango sarà valutato di fronte a lei l'argento. L'ho amata più della salute e della bellezza, ho preferito avere lei piuttosto che la luce, perché lo splendore che viene da lei non tramonta. Insieme a lei mi sono venuti tutti i beni; nelle sue mani è una ricchezza incalcolabile.



Dalla lettera agli Ebrei 4, 12-13
La parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell'anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore. Non vi è creatura che possa nascondersi davanti a Dio, ma tutto è nudo e scoperto agli occhi di colui al quale noi dobbiamo rendere conto.



Dal vangelo secondo Marco 10, 17-30
In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: "Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre"». Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va', vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni. Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio». Pietro allora prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c'è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà».




    • "Insegnaci a contare i nostri giorni"
    Il salmo 89 ci esorta a chiedere al Signore di essere capaci di "contare i nostri giorni: nella frenesia degli impegni scivolano via i minuti, le ore e i giorni senza lasciare alcun segno se non l'usura del corpo. No! La vita che ci è stata regalata dobbiamo gustarla, istante per istante, perché in ogni piccola piega del suo dispiegarsi quotidiano è sperimentabile l'amore del Signore. Quante volte mi sono trovato - penso anche voi - a dispiacermi per occasioni perse, per relazioni non curate, per lavori svolti male...

    La tentazione di organizzare la vita come se non ci fosse mai un capolinea è distrazione imperdonabile, per questo siamo invitati dalla Parola a chiedere la "sapienza del cuore". La "sapienza' non è altro che il sapore, il gusto di ciò che viviamo e il "cuore" è la sede non degli affetti ma della volontà. Cioè: la nostra volontà ricerchi sempre ciò che ha il sapore di Dio, l'unico che non ha giorni e che ci protetta nell'eternità, evitandoci dispendio di energie per ciò che è effimero e, alla fine, deludente.

    Del resto la domanda di quel "tale" del Vangelo esprime proprio questa urgenza: "Maestro cosa devo fare per avere la vita eterna?". L'uomo vive il dramma di un'esistenza sotto la pressione della morte e con le sue sole forze non può far nulla per cambiarne la rotta: Dio solo può spalancare il cuore dilatandolo oltre il limite del tempo! Il miracolo dell'eternità è possibile solo assimilandoci sempre più a Dio! Entrare nella logica divina della gratuità! Non più piegati al salvarci la pelle ma protesi a "perdere" la vita per gli altri!
    • don Natalino Pedrana
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun ott 19, 2009 8:40 am

      • XXIX domenica del Tempo Ordinario. 18 ottobre 2009
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Dal libro del profeta Isaia 53,10-11
Al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori. Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore. Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza; il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà le loro iniquità.



Dalla lettera agli Ebrei 4, 14-16
Fratelli, poiché abbiamo un sommo sacerdote grande, che è passato attraverso i cieli, Gesù il Figlio di Dio, manteniamo ferma la professione della fede. Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia prendere parte alle nostre debolezze: egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato. Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno.



Dal vangelo secondo Marco 10, 35-45
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra». Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo, anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato». Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi cori Giacomo e Giovanni. Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».




    • ”Non è mai finita”
    Si pensa che una volta battezzati si possieda il marchio DOC del cristiano: basta andare a messa la domenica, dire un po' di preghiere e la "fede" è al sicuro! In realtà non è proprio così... Seguire Gesù richiede uno sforzo costante di conversione, di lavorio interiore per cogliere !e pieghe più profonde del uomo "vecchio" che stenta a lasciare il posto al "nuovo" di Gesù.

    Il Vangelo, a questo riguardo, ci mostra apertamente, senza alcun rispetto per la riservatezza dei dati personali, le defaillance dei Dodici della prima ora. A dimostrazione, per i discepoli a venire, che la sequela è tutt'altro che scontata, Si può essere intimi di Gesù ed essere anni luce distanti dalle sue prospettive! È il caso dei nostri amici Giacomo e Giovanni che si trovano a fare i conti con la loro istintiva ambizione ai primi posti, al potere, al dominio.

    Fanno pure tenerezza questi due nostri amici quando si rivolgono a Gesù in questi termini: "Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo"... Giocarla un po' meglio, no? Magari con un bel giro di parole o con un regalino... No, nei figli di Zebedeo emerge, in tutta naturalezza, la finitezza del cuore umano! Senza mezze misure viene a galla l'inclinazione dell'uomo a voler ridurre Dio ai propri desideri, a farne il jukebox delle ambizioni più meschine!

    Un Dio che o fa la nostra volontà o può starsene tranquillamente a casa sua... Gesù è un grande, non se la prende, ascolta e porta i suoi amici a cambiare logica: quello che vogliono non coincide con quello che vuole Dio! È proprio una rivoluzione copernicana...dal potere al servizio! Coraggio! Non smettiamo di ripetere: "sia fatta la tua volontà!".
    • don Natalino Pedrana
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Messaggio da miriam bolfissimo » mar ott 27, 2009 6:07 pm

      • XXX domenica del Tempo Ordinario. 25 ottobre 2009
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Dal libro del profeta Geremia 31, 7-9
Così dice il Signore: «Innalzate canti di gioia per Giacobbe, esultate per la prima delle nazioni, fate udire la vostra lode e dite: "Il Signore ha salvato il suo popolo, il resto d'Israele". Ecco, li riconduco dalla terra del settentrione e li raduno dalle estremità della terra; fra loro sono il cieco e lo zoppo, la donna incinta e la partoriente: ritorneranno qui in gran folla. Erano partiti nel pianto, io li riporterò tra le consolazioni; li ricondurrò a fiumi ricchi d'acqua per una strada dritta in cui non inciamperanno, perché io sono un padre per Israele, Èfraim è il mio primogenito».



Dalla lettera agli Ebrei 5, 1-6
Ogni sommo sacerdote è scelto fra gli uomini e per gli uomini viene costituito tale nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati. Egli è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell'ignoranza e nell'errore, essendo anche lui rivestito di debolezza. A causa di questa egli deve offrire sacrifici per i peccati anche per se stesso, come fa per il popolo. Nessuno attribuisce a se stesso questo onore, se non chi è chiamato da Dio, come Aronne. Nello stesso modo Cristo non attribuì a se stesso la gloria di sommo sacerdote, ma colui che gli disse: «Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato», gliela conferì come è detto in un altro passo: «Tu sei sacerdote per sempre, secondo l'ordine di Melchisedek».



Dal vangelo secondo Marco 10, 46-52
In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gerico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Alzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va', la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.




    • Ma chi può seguire Gesù?
    Ma chi può seguire Gesù? Ci ha provato quel tale che aveva molti beni e non c'è riuscito: non bastano le buone intenzioni, bisogna essere disposti a mettersi in gioco totalmente, integralmente, radicalmente. Ma le ricchezze sono una zavorra da cui è difficile divincolarsi...

    Ci hanno provato i discepoli Giacomo e Giovanni cercando di cambiare le idee del Maestro e indicando una prospettiva di potere, di successo, di prestigio: si sono sentiti dare una lezione mirabile sulla logica del servizio, senza la quale non c'era maniera di rimanere ai suo seguito... Oggi ci prova un cieco. Ha un nome preciso, si chiama Bartimeo. Per la folla non è nessuno, non conta, è ai margini della strada. Per Gesù non è così: il reietto agli occhi del mondo è il prediletto agli occhi di Dio. Il cieco non ci vede ma percepisce i! passaggio di Gesù: ha gli occhi di chi ha fede, di chi ha bisogno, di chi sa di dipendere... gli occhi del discepolo ideale. Grida ad alta voce dal margine della strada. La folla e i discepoli passano oltre: uno così non può di certo seguire il Messia, pensavano!

    Tutto ciò che avevano ascoltato da Gesù fino ad allora non aveva fatto breccia nel loro cuore e, così, non erano ancora in grado di "vedere" secondo l'ottica di Dio...veramente ciechi! Loro, non il cieco... Gesù si ferma, chiama il cieco e lo guarisce! Stupore di tutti per il miracolo. Ma c'è un miracolo più grande da considerare: i discepoli che Gesù sceglie non sono i primi della classe, ma gli ultimi... c'è posto per noi! Riproviamo a gridare a Gesù: Figlio di David abbi pietà di me! Non diamo per scontato che siamo discepoli...
    • don Natalino Pedrana
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun nov 02, 2009 10:02 am

      • Solennità di Ognissanti. 1 novembre 2009
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Dal libro dell'Apocalisse di san Giovanni apostolo 7,2-4.9-14
Io, Giovanni, vidi salire dall’oriente un altro angelo, con il sigillo del Dio vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli, ai quali era stato concesso di devastare la terra e il mare: «Non devastate la terra né il mare né le piante, finché non avremo impresso il sigillo sulla fronte dei servi del nostro Dio». E udii il numero di coloro che furono segnati con il sigillo: centoquarantaquattromila segnati, provenienti da ogni tribù dei figli d’Israele. Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. E gridavano a gran voce: «La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all’Agnello». E tutti gli angeli stavano attorno al trono e agli anziani e ai quattro esseri viventi, e si inchinarono con la faccia a terra davanti al trono e adorarono Dio dicendo: «Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen». Uno degli anziani allora si rivolse a me e disse: «Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono?». Gli risposi: «Signore mio, tu lo sai». E lui: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello».



Dalla lettera prima lettera di san Giovanni apostolo 3,1-3
Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui. Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è. Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro.



Dal vangelo secondo Matteo 5,1-12a
In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».




    • Uno su mille ce la fa
    “Uno su mille ce la fa” cantava un celeberrimo cantante qualche anno fa. Verrebbe da pensare che anche nel cammino della santità sia un po' così: di fronte alla testimonianza di radicalità evangelica di certi personaggi del passato è abbastanza scontato dire "impossibile, io non ce la farò mai!".

    Attenzione! C'è un grosso equivoco! Lo dico leggendo la pagina dell'Apocalisse che ascolteremo domenica in Chiesa. Giovanni, l'evangelista, racconta una visione che ha avuto della Gerusalemme del cielo e così scrive "vidi una folla immensa, che, nessuno poteva contare di ogni nazione, razza, popolo e lingua": il paradiso, che è la "residenza" dei santi, non è un oasi felice di pochi fortunati ma un giardino affollato di volti che gridano “la salvezza appartiene al nostro Dio seduto sul trono e all’Agnello”.

    La Parola non presenta la santità come la somma di prestazioni pluridecorate che dà l'accesso al Regno di Dio ma come l'affermazione permanente e convinta che Gesù è il Salvatore! Se è così, possiamo davvero osare pensare che ben più di "uno su mille" ce la fa! E per questo che la Chiesa, saggiamente, con la sua liturgia ha pensato di mettere in stretta relazione la preghiera per i Santi e per i Morti: sono convinto che ognuno di noi può annoverare fra i propri cari qualcuno che ha vissuto la sua vita contagiandoci dell'amore per Cristo!

    Raccogliamo questa eredità e aggiungiamoci ai santi del cielo nella liturgia della terra a rendere gloria a Colui che ha dato - e da tutt'oggi - la sua vita per noi! Sarà paradiso...
    • don Natalino Pedrana
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun nov 09, 2009 9:54 am

      • XXXII domenica del Tempo Ordinario. 8 novembre 2009
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Dal primo libro dei Re 17, 10-16
In quei giorni, il profeta Elia si alzò e andò a Sarepta. Arrivato alla porta della città, ecco una vedova che raccoglieva legna. La chiamò e le disse: «Prendimi un po' d'acqua in un vaso, perché io possa bere». Mentre quella andava a prenderla, le gridò: «Per favore, prendimi anche un pezzo di pane». Quella rispose: «Per la vita del Signore, tuo Dio, non ho nulla di cotto, ma solo un pugno di farina nella giara e un po' d'olio nell'orcio; ora raccolgo due pezzi di legna, dopo andrò a prepararla per me e per mio figlio: la mangeremo e poi moriremo». Elia le disse: «Non temere; va' a fare come hai detto. Prima però prepara una piccola focaccia per me e portamela; quindi ne preparerai per te e per tuo figlio, poiché così dice il Signore, Dio d'Israele: "La farina della giara non si esaurirà e l'orcio dell'olio non diminuirà fino al giorno in cui il Signore manderà la pioggia sulla faccia della terra"». Quella andò e fece come aveva detto Elia; poi mangiarono lei, lui e la casa di lei per diversi giorni. La farina della giara non venne meno e l'orcio dell'olio non diminuì, secondo la parola che il Signore aveva pronunciato per mezzo di Elia.



Dalla lettera agli Ebrei 9, 24-28
Cristo non è entrato in un santuario fatto da mani d'uomo, figura di quello vero, ma nel cielo stesso, per comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore. E non deve offrire se stesso più volte, come il sommo sacerdote che entra nel santuario ogni anno con sangue altrui: in questo caso egli, fin dalla fondazione del mondo, avrebbe dovuto soffrire molte volte. Invece ora, una volta sola, nella pienezza dei tempi, egli è apparso per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso. E come per gli uomini è stabilito che muoiano una sola volta, dopo di che viene il giudizio, così Cristo, dopo essersi offerto una sola volta per togliere il peccato di molti, apparirà una seconda volta, senza alcuna relazione con il peccato, a coloro che l'aspettano per la loro salvezza.



Dal vangelo secondo Marco 12, 38-44
In quel tempo, Gesù [nel tempio] diceva alla folla nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa». Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo. Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».




    • Sedutosi, osservava...
    Quanta gente ci passa accanto. Ma quanti volti incontriamo? Quanti avvenimenti accadono, anche solo dentro il semplice campo visivo dei nostri occhi. Ma quanti di noi si fermano ad osservali?

    A me, la pagina del Vangelo di questa domenica, sollecita questa riflessione, benché non sia certamente quella intenzionalmente sviluppata dal brano. Forse perché essendo solo un mese che sono con voi, non avendo coscienza dell'ambiente in cui mi trovo, ancora ho la necessità di osservare attentamente quello che succede attorno a me. Non posso lasciar correre nemmeno la più piccola occasione. Tutto può far accrescere e approfondire la conoscenza della comunità nella quale sono chiamato a servire da pastore. Mi sono accorto che, abituato come ero alla routine del quotidiano, dando per scontato ogni cosa, non mi accorgevo di tante sottili sollecitazioni che mi venivano dalla realtà circostante. Qui devo osservare! E l'osservare mi porta a vedere le tante situazioni che mi circondano... vedo di tutto, cose belle e cose brutte.

    Sembra sia tempo perso lo stare a guardare, in realtà, solo lo sguardo trattenuto ti permette di appassionarti e di prendere a cuore ciò che ti "entra" dagli occhi! Proviamo tutti a osservare un po' meglio le cose. Non accontentiamoci dei giudizi frettolosi del nostro buon senso: non è vero ciò che appare, ma è vero ciò che è!

    Non per niente Gesù esige dai suoi discepoli che si siedano con lui e osservino. Osservino per giudicare la realtà con più oculatezza. Per esserci nella storia significativamente e non così... Proviamo ad osservare un po' di più... ci sono situazioni che hanno bisogno della sensibilità di tanti occhi...
    • don Natalino Pedrana
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Messaggio da miriam bolfissimo » dom nov 15, 2009 5:20 pm

      • XXXIII domenica del Tempo Ordinario. 15 novembre 2009
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Dal libro del profeta Daniele 12, 1-3
In quel tempo, sorgerà Michele, il gran principe, che vigila sui figli del tuo popolo. Sarà un tempo di angoscia, come non c'era stata mai dal sorgere delle nazioni fino a quel tempo; in quel tempo sarà salvato il tuo popolo, chiunque si troverà scritto nel libro. Molti di quelli che dormono nella regione della polvere si risveglieranno: gli uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna e per l'infamia eterna. I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento; coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre.



Dalla lettera agli Ebrei 10, 11-14. 18
Ogni sacerdote si presenta giorno per giorno a celebrare il culto e a offrire molte volte gli stessi sacrifici, che non possono mai eliminare i peccati. Cristo, invece, avendo offerto un solo sacrificio per i peccati, si è assiso per sempre alla destra di Dio, aspettando ormai che i suoi nemici vengano posti a sgabello dei suoi piedi. Infatti, con un'unica offerta egli ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati. Ora, dove c'è il perdono di queste cose, non c'è più offerta per il peccato.



Dal vangelo secondo Marco13, 24-32
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall'estremità della terra fino all'estremità del cielo. Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l'estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte. In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. Quanto però a quel giorno o a quell'ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre».




    • Tutto passerà... Gesù no!
    Repentinamente il tempo scorre e noi ci riempiamo famelici di secondi, minuti, ore, giorni, mesi, anni... siamo talmente occupati a divorare il tempo che non sembra nemmeno possibile contemplare da un momento all'altro una interruzione... Sì, passano i giorni e i mesi, persino gli anni, ma a noi non interessa: l'inizio e la fine sono semplici parametri convenzionali! Tutto sommato si da per scontato che la vita debba durare almeno ottant'anni, perciò, nel frattempo, il pensiero della "fine" non tocca le esistenze dei più...

    In questa dinamica, con tutta la sua sapienza pedagogica, la liturgia della Chiesa si inserisce e tenta di mostrarci come, in realtà, la fine del tempo sia non una casualità ma un progetto ben preciso. Il tempo è destinato a finire: come l'uomo così anche il cosmo conosceranno un annientamento... per natura, tutta la creazione è destinata ad una fine... a meno che si metta in gioco tutto dentro un disegno intelligente pensato da Dio. E allora non parleremo più della fine della storia ma delfine della storia!

    Gesù, ai suoi discepoli che lo interrogano sulla distruzione del Tempio, parla della sua morte e risurrezione, ponendoli come l'emblema dentro il quale rileggere il destino della storia universale. Fare di Cristo il cuore del Mondo è il disegno di Dio! Certo, tutto finirà, ma "il Figlio dell'uomo verrò sulle nubi e radunerà i suoi eletti dai quattro venti": tutto è destinato a finire ma Gesù no! E nemmeno chi è di Gesù!

    Cosa c'è da fare allora? Semplice: non lottare per tenere in piedi la baracca del mondo ma fare di tutto per rimanere uniti a Cristo! Lasciamo pure che il mondo vada per la sua strada, solo non perdiamo le sue Parole perché, ci ha promesso, non passeranno!

    ...e ci accorgeremo che anche la baracca del mondo diventerà un Eden felice, gravido d'eternità...
    • don Natalino Pedrana
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun nov 23, 2009 6:11 pm

      • Nostro Signore Gesù Cristo Re dell'Universo. 22 novembre 2009
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Dal libro del profeta Daniele 7, 13-14
Guardando nelle visioni notturne, ecco venire con le nubi del cielo uno simile a un figlio d'uomo; giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui. Gli furono dati potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano: il suo potere è un potere eterno, che non finirà mai, e il suo regno non sarà mai distrutto.



Dal libro dell'Apocalisse di san Giovanni apostolo 1, 5-8
Gesù Cristo è il testimone fedele, il primogenito dei morti e il sovrano dei re della terra. A Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre, a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen. Ecco, viene con le nubi e ogni occhio lo vedrà, anche quelli che lo trafissero, e per lui tutte le tribù della terra si batteranno il petto. Sì, Amen! Dice il Signore Dio: Io sono l'Alfa e l'Omèga, Colui che è, che era e che viene, l'Onnipotente!



Dal vangelo secondo Giovanni 18, 33b-37
In quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno con­segnato a me. Che cosa hai fatto?». Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».




    • Un Re non certo da tabloid!
    L'immagine di Cristo, Re dell'universo, è per noi, generazioni del nuovo millennio, difficilmente comprensibile e, forse, equivocabile. Le monarchie attuali sono puro materiale da gossip e cimeli di realisti nostalgici: mettere Gesù in relazione a questa idea di regalità appare, onestamente, operazione indebita e assurda. Ma se ci riferiamo alle regalità di un tempo, a quei sovrani plenipotenziari, capaci di imprese audaci e valorose, il parallelo diventa da una parte illuminante e insieme stridente. Proprio dentro questa dissonanza è ravvisabile la novità.

    Gesù alla stregua dei re della terra? Gesù a capo di progetti espansionistici di potere e di gloria? Sì, proprio così! Un esercizio di regalità per niente disdegnato: "lo sono re!" Gesù desidera esercitare la propria signoria sulla storia. Con la sola evidenza della verità... Non si tratta di un potere acquisito sul campo ma di una dimensione connaturale al suo status divino: Gesù è colui al quale il Padre, fin dalla fondazione del mondo, ha dato ogni potere in cielo e in terra. E Gesù il Signore della storia, sia che venga riconosciuto sia che venga rifiutato. Non è assillato dalla preoccupazione di venir spodestato. Anche se si trova di fronte a Filato, consapevole dell'odio che lo circonda, non tenta di comprarsi il potente di turno: la sua natura è vera regalità!

    La dignità, il rispetto, il decoro di Gesù nello stare di fronte al giudizio del mondo ci mette di fronte all'evidenza che la scena è ribaltata: non è Gesù sotto giudizio, ma il mondo! È Pilato a sentirsi giudicato da Gesù: "Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce!". La verità sta da una parte, non la si può tirare dall'altra! Pilato è liberissimo di fare quello che vuole: ma la sua scelta o è a favore della verità o è contro! O riconosce la regalità vera o si riveste di maschere che prima o poi sono destinate a cadere!

    Anche noi siamo dentro questa alternativa secca... da che parte stiamo?
    • don Natalino Pedrana
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