Anno liturgico 2007 - 2008

Omelie di Monsignor Antonio Riboldi e altri commenti alla Parola, a cura di miriam bolfissimo
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Anno liturgico 2007 - 2008

Messaggio da miriam bolfissimo » lun giu 23, 2008 8:30 am

      • XII domenica del Tempo Ordinario. 22 giugno 2008
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Dal libro del profeta Geremia 20, 10-13
Disse Geremia: Sentivo le insinuazioni di molti: «Terrore all'intorno! Denunciatelo e lo denunceremo». Tutti i miei amici spiavano la mia caduta: «Forse si lascerà trarre in inganno, così noi prevarremo su di lui, ci prenderemo la nostra vendetta». Ma il Signore è al mio fianco come un prode valoroso, per questo i miei persecutori cadranno e non potranno prevalere; saranno molto confusi perché non riusciranno, la loro vergogna sarà eterna e incancellabile. Signore degli eserciti, che provi il giusto e scruti il cuore e la mente, possa io vedere la tua vendetta su di essi; poiché a te ho affidato la mia causa! Cantate inni al Signore, lodate il Signore, perché ha liberato la vita del povero dalle mani dei malfattori.



Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 5, 12-15
Fratelli, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, così anche la morte ha raggiunto tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato. Fino alla legge infatti c'era peccato nel mondo e, anche se il peccato non può essere imputato quando manca la legge, la morte regnò da Adamo fino a Mosè anche su quelli che non avevano peccato con una trasgressione simile a quella di Adamo, il quale è figura di colui che doveva venire. Ma il dono di grazia non è come la caduta: se infatti per la caduta di uno solo morirono tutti, molto di più la grazia di Dio e il dono concesso in grazia di un solo uomo, Gesù Cristo, si sono riversati in abbondanza su tutti gli uomini



Dal vangelo secondo Matteo 10, 26-33
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Non temete gli uomini poiché non v'è nulla di nascosto che non debba essere svelato, e di segreto che non debba essere manifestato. Quello che vi dico nelle tenebre ditelo nella luce, e quello che ascoltate all'orecchio predicatelo sui tetti. E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l'anima e il corpo nella Geenna. Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure neanche uno di essi cadrà a terra senza che il Padre vostro lo voglia. Quanto a voi, perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati; non abbiate dunque timore: voi valete più di molti passeri! Chi dunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch'io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch'io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli».




    • "Non abbiate paura..."
    Il brano evangelico che ci viene presentato in questa Domenica è un forte invito di Gesù alla testimonianza coraggiosa. Il cristiano deve essere capace di andare oltre ogni paura per affermare la propria fede in Gesù.

    Oggi molti vedrebbero volentieri i discepoli di Gesù rinchiusi nelle sacrestie, a praticare una religione "privata", che non abbia alcuna incidenza pubblica, che lasci andare la cosiddetta "società civile" per conto suo. Oggi si tende (anche se il fenomeno è vecchio di qualche secolo) ad accusare la Chiesa cattolica di ogni nefandezza: dalla diffusione dell'AIDS (la Chiesa, si sa, è contraria all'uso dei preservativi!), alla morte per fame di milioni di persone (la Chiesa, si sa, è contraria alla sterilizzazione di massa e all'aborto selettivo tipo quello praticato in Cina e questo comporta un aumento della popolazione, soprattutto in Africa, che non può essere sfamata!), tanto per citarne due.

    Forse è tempo, oggi che la parola "Pride" (orgoglio) va molto di moda dopo la risonanza data al "Gay Pride", di riscoprire l'orgoglio di essere cattolici, di essere persone che credono in valori grandi e li difendono e non hanno paura di diffonderli, di essere persone impegnate nell'edificazione di una società più giusta sull'esempio di Gesù Cristo che "non è venuto per essere servito, ma per servire".

    È tempo, per noi cattolici, di sentirci uniti attorno all'ideale evangelico che è sempre e comunque proposta d'accoglienza, di rispetto, di amore. Costruire un mondo più bello, in tutti i sensi, è possibile. Da duemila anni la Chiesa, insieme a tanti uomini e donne, di buona volontà, ci lavora. Dobbiamo essere anche noi della partita, orgogliosi di appartenere a Gesù!
    • don Roberto Pandolfi
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun giu 30, 2008 9:41 am

      • Solennità dei Santi Pietro e Paolo. 29 giugno 2008
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Dagli Atti degli Apostoli 12, 1-11
In quel tempo il re Erode cominciò a perseguitare alcuni membri della Chiesa e fece uccidere di spada Giacomo, fratello di Giovanni. Vedendo che questo era gradito ai Giudei, decise di arrestare anche Pietro. Erano quelli i giorni degli azzimi. Fattolo catturare, lo gettò in prigione, consegnandolo in custodia a quattro picchetti di quattro soldati ciascuno, col proposito di farlo comparire davanti al popolo dopo la Pasqua. Pietro dunque era tenuto in prigione, mentre una preghiera saliva incessantemente a Dio dalla Chiesa per lui. E in quella notte, quando poi Erode stava per farlo comparire davanti al popolo, Pietro piantonato da due soldati e legato con due catene stava dormendo, mentre davanti alla porta le sentinelle custodivano il carcere. Ed ecco gli si presentò un angelo del Signore e una luce sfolgorò nella cella. Egli toccò il fianco di Pietro, lo destò e disse: «Alzati, in fretta!» . E le catene gli caddero dalle mani. E l'angelo a lui: «Mettiti la cintura e legati i sandali». E così fece. L'angelo disse: «Avvolgiti il mantello, e seguimi!». Pietro uscì e prese a seguirlo, ma non si era ancora accorto che era realtà ciò che stava succedendo per opera dell'angelo: credeva infatti di avere una visione. Essi oltrepassarono la prima guardia e la seconda e arrivarono alla porta di ferro che conduce in città: la porta si aprì da sé davanti a loro. Uscirono, percorsero una strada e a un tratto l'angelo si dileguò da lui. Pietro allora, rientrato in sé, disse: «Ora sono veramente certo che il Signore ha mandato il suo angelo e mi ha strappato dalla mano di Erode e da tutto ciò che si attendeva il popolo dei Giudei».



Dalla seconda lettera di san Paolo a Timoteo 4,6-8.17.18
Carissimo, quanto a me, il mio sangue sta per essere sparso in libagione ed è giunto il momento di sciogliere le vele. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti coloro che attendono con amore la sua manifestazione. Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché per mio mezzo si compisse la proclamazione del messaggio e potessero sentirlo tutti i Gentili: e così fui liberato dalla bocca del leone. Il Signore mi libererà da ogni male e mi salverà per il suo regno eterno; a lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen.



Dal Vangelo secondo Matteo 16, 13-19
In quel tempo, essendo giunto Gesù nella regione di Cesarèa di Filippo, chiese ai suoi discepoli: «La gente chi dice che sia il Figlio dell'uomo?». Risposero: «Alcuni Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Voi chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù: «Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».




    • "Simone, figlio di Giovanni, mi ami?"
    L'amore. Solo con l'amore possiamo spiegare le scelte e la vita di questi due giganti della fede. Per Pietro e Paolo l'incontro con Gesù segna l'inizio di un cammino che li porterà a morire per il Signore. Dio è entrato con prepotenza nella loro vita: sul lago di Tiberiade e sulla strada per Damasco Gesù si presenta come Colui che, unico, può dare senso pieno all'esistenza, può incanalare tutte le energie, i pregi e perfino i difetti verso un progetto che guarda all'edificazione del Regno di Dio.

    Già, pregi e difetti. Perché i due grandi apostoli non sono esenti da difetti: sono uomini, come tutti. Ma l'amore smisurato per Gesù è la caratteristica che sempre emerge e li fa andare oltre le debolezze e le fragilità umane. Ci troviamo così di fronte a due innamorati di Cristo, entusiasti annunciatori del suo Vangelo, consapevoli di portare un messaggio di libertà e di piena realizzazione per l'umanità.

    Un messaggio che supera tutte le barriere del mondo antico, come di quello attuale: "non c'è giudeo né greco, schiavo o libero, uomo o donna, ma tutti siamo uno in Cristo Gesù, che ci ha salvati e ha dato sé stesso per noi".

    L'ansia apostolica porterà Pietro e Paolo sulle strade del mondo antico fino a Roma, la capitale dell'Impero, lasciando dietro di sé numerose comunità cristiane, che sorgono grazie alla fecondità che lo Spirito Santo dona alla predicazione degli Apostoli. "Padri nella fede e maestri di dottrina", ma anche esempio grande da seguire, sono questi due uomini. Soprattutto per noi, presi dalla tentazione della tiepidezza.
    • don Roberto Pandolfi
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun lug 07, 2008 9:14 am

      • XIV Domenica del Tempo Ordinario. 6 luglio 2008
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Dal libro del profeta Zaccaria 9, 9-10
Così dice il Signore: «Esulta grandemente figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio d'asina. Farà sparire i carri da Efraim e i cavalli da Gerusalemme, l'arco di guerra sarà spezzato, annunzierà la pace alle genti, il suo dominio sarà da mare a mare e dal fiume ai confini della terra».



Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 8, 9. 11-13
Fratelli, voi non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene. E se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi. Così dunque fratelli, noi siamo debitori, ma non verso la carne per vivere secondo la carne; poiché se vivete secondo la carne, voi morirete; se invece con l'aiuto dello Spirito voi fate morire le opere del corpo, vivrete.



Dal vangelo secondo Matteo 11, 25-30
In quel tempo Gesù disse: «Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te. Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare. Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero».




    • "Imparate da me, che sono mite e umile di cuore"
    Tra le caratteristiche che il discepolo di Gesù dovrebbe possedere ce ne sono due che appartengono al Maestro stesso e che noi dobbiamo "imparare": la mitezza e l'umiltà di cuore.

    Il fatto stesso che dobbiamo imparare da Lui la dice lunga sulle virtù che sono tipiche degli esseri umani. Spesso, infatti, non troviamo tra le nostre caratteristiche innate la mitezza e l'umiltà. Troviamo, piuttosto, la voglia di prevaricare, di affermare se stessi, l'orgoglio, la difficoltà nel ricercare e costruire la pace. Sintomo di tutto questo è il bisogno di giudicare male gli altri, di "mormorare" contro qualcuno, di fare persino i conti in tasca al Signore, pensando che certe cose le avremmo pensate e decise meglio noi...

    Occorre, dunque, un esercizio costante della nostra volontà sui nostri istinti. Occorre lavorare costantemente, direi quotidianamente, per acquisire mitezza e umiltà. Sono le virtù di chi si fida profondamente di Dio e vede in Lui il difensore, il consolatore, Colui che sa fare meraviglie attraverso la debolezza e la fragilità.

    Come ci ricorda San Paolo nella seconda lettura odierna, dovremmo avere la consapevolezza che "non siamo sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in noi". È proprio lo Spirito Santo che ci conduce nel cammino, lento e qualche volta faticoso, di avvicinamento a Gesù, al suo modo di fare e di essere. Sappiamo che la meta di questo avvicinamento nella pratica della mitezza e dell'umiltà è il "ristoro" per la nostra vita. Ristoro definitivo in Paradiso, ma già qui possiamo averne qualche anticipo.
    • don Roberto Pandolfi
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      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Messaggio da miriam bolfissimo » lun lug 14, 2008 7:40 am

      • XV domenica del Tempo Ordinario. 13 luglio 2008
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Dal libro del profeta Isaia 55, 10-11
Così dice il Signore: Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme al seminatore e pane da mangiare, così sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandata».



Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 8, 18-23
Fratelli, io ritengo che le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi. La creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio; essa infatti è stata sottomessa alla caducità — non per suo volere, ma per volere di colui che l'ha sottomessa — e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l'adozione a figli, la redenzione del nostro corpo.



Dal vangelo secondo Matteo 13,1-23
Quel giorno Gesù uscì di casa e si sedette in riva al mare. Si cominciò a raccogliere attorno a lui tanta folla che dovette salire su una barca; si pose a sedere, mentre tutta la folla rimaneva sulla spiaggia. Egli parlò loro di molte cose in parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. E mentre seminava, una parte del seme cadde sulla strada e vennero gli uccelli e la divorarono. Un'altra parte cadde in luogo sassoso, dove non c'era molta terra; subito germogliò, perché il terreno non era profondo. Ma, spuntato il sole, restò bruciata e non avendo radici si seccò. Un'altra parte cadde sulle spine e le spine crebbero e la soffocarono. Un'altra parte cadde sulla terra buona e diede frutto, dove il cento, dove il sessanta, dove il trenta. Chi ha orecchi intenda». Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché parli loro in parabole?». Egli rispose: «Perché a voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Così a chi ha sarà dato e sarà nell'abbondanza; e a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. Per questo parlo loro in parabole: perché pur vedendo non vedono, e pur udendo non odono e non comprendono. E così si adempie per loro la profezia di Isaia che dice: "Voi udrete, ma non comprenderete, guarderete, ma non vedrete. Perché il cuore di questo popolo si è indurito, son diventati duri di orecchi, e hanno chiuso gli occhi, per non vedere con gli occhi, non sentire con gli orecchi e non intendere con il cuore e convertirsi, e io li risani". Ma beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché sentono. In verità vi dico: molti profeti e giusti hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, e non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, e non l'udirono! Voi dunque intendete la parabola del seminatore: tutte le volte che uno ascolta la parola del regno e non la comprende, viene il maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato nel terreno sassoso è l'uomo che ascolta la parola e subito l'accoglie con gioia, ma non ha radice in sé ed è incostante, sicché appena giunge una tribolazione o persecuzione a causa della parola, egli ne resta scandalizzato. Quello seminato tra le spine è colui che ascolta la parola, ma la preoccupazione del mondo e l'inganno della ricchezza soffocano la parola ed essa non dà frutto. Quello seminato nella terra buona è colui che ascolta la parola e la comprende; questi dà frutto e produce ora il cento, ora il sessanta, ora il trenta».




    • "Il seminatore uscì a seminare"
    Il discepolo è colui che semina a piene mani la Parola di Dio. Non interessa, al discepolo, la qualità del terreno sul quale cade il seme: il contenuto dell'annuncio è troppo importante perché ci perdiamo in valutazioni puramente umane sulla "resa" che esso può avere.

    Come il seminatore evangelico getta il seme anche sulla strada, sui sassi, fra i rovi, così ha fatto Gesù. Egli, infatti, non si è limitato ad annunciare la Buona Novella ai discepoli, ma lo ha fatto anche nei confronti delle folle e persino dei farisei, degli scribi, dei sadducei. E come Lui, anche noi, oggi.

    Qualche volta ci viene la tentazione di chiuderci nei nostri ambienti, parlare solo con chi la pensa come noi, frequentare solo chi condivide i nostri ideali. E invece siamo inviati a portare il Vangelo nel mondo del lavoro, della scuola, nella rete dei rapporti usuali, normali di cui le nostre giornate sono intessute: la famiglia, gli amici, i vicini, i conoscenti. Persone diverse, che spesso non la pensano come noi su tante cose, anche in materia religiosa. Certo, non siamo al mondo per "convincere" gli altri ad ogni costo, per impegnarci in lunghe e improduttive discussioni teologiche: siamo semplicemente chiamati a gettare un piccolo seme di Vangelo, sostenuto, possibilmente, da una limpida e risplendente testimonianza di vita, per non dare la pessima impressione di "predicare bene e razzolare male".

    Tutto questo nella convinzione che Dio opera comunque con la Grazia. Ce lo ricorda la prima lettura: "Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza aver irrigato e fecondato la terra ... così sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto. Così dice il Signore".
    • don Roberto Pandolfi
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun lug 21, 2008 9:36 am

      • XVI domenica del Tempo Ordinario. 20 luglio 2008
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Dal libro della Sapienza 12, 13. 16-19
Non c'è Dio fuori di te, che abbia cura di tutte le cose, perché tu debba difenderti dall'accusa di giudice ingiusto. La tua forza infatti è principio di giustizia; il tuo dominio universale ti rende indulgente con tutti. Mostri la forza se non si crede nella tua onnipotenza e reprimi l'insolenza in coloro che la conoscono. Tu, padrone della forza, giudichi con mitezza; ci governi con molta indulgenza, perché il potere lo eserciti quando vuoi. Con tale modo di agire hai insegnato al tuo popolo che il giusto deve amare gli uomini; inoltre hai reso i tuoi figli pieni di dolce speranza perché tu concedi dopo i peccati la possibilità di pentirsi.



Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 8, 26-27
Fratelli, lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa quali sono i desideri dello Spirito, poiché egli intercede per i credenti secondo i disegni di Dio.



Dal vangelo secondo Matteo 13, 24-43
In quel tempo, Gesù espose alla folla una parabola: «Il regno dei cieli si può paragonare a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma mentre tutti dormivano venne il suo nemico, seminò zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi la messe fiorì e fece frutto, ecco apparve anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: Padrone, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene dunque la zizzania? Ed egli rispose loro: Un nemico ha fatto questo. E i servi gli dissero: Vuoi dunque che andiamo a raccoglierla? No, rispose, perché non succeda che, cogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l'una e l'altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Cogliete prima la zizzania e legatela in fastelli per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio». Un'altra parabola espose loro: «Il regno dei cieli si può paragonare a un granellino di senapa, che un uomo prende e semina nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande degli altri legumi e diventa un albero, tanto che vengono gli uccelli del cielo e si annidano fra i suoi rami». Un'altra parabola disse loro: «Il regno dei cieli si può paragonare al lievito, che una donna ha preso e impastato con tre misure di farina perché tutta si fermenti». Tutte queste cose Gesù disse alla folla in parabole e non parlava ad essa se non in parabole, perché si adempisse ciò che era stato detto dal profeta: "Aprirò la mia bocca in parabole, proclamerò cose nascoste" fin dalla fondazione del mondo. Poi Gesù lasciò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si accostarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell'uomo. Il campo è il mondo. Il seme buono sono i figli del regno; la zizzania sono i figli del maligno, e il nemico che l'ha seminata è il diavolo. La mietitura rappresenta la fine del mondo, e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell'uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti gli operatori di iniquità e li getteranno nella fornace ardente dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, intenda!».




    • “Padrone della forza, tu, o Dio, giudichi con mitezza”
    Quante volte ci viene spontaneo protestare e anche prendercela un po' con il Signore davanti al male nel mondo. Quando ci troviamo di fronte a catastrofi umanitarie come la fame e le epidemie che colpiscono soprattutto i poveri e i deboli, dal nostro cuore sale un grido:"Signore, perché non intervieni?". E altre volte, davanti a crimini efferati, davanti all'uccisione di persone innocenti, magari davanti all'inadeguatezza della giustizia umana, quando non alla sua impotenza, ci viene da dire: "Signore perché non punisci esemplarmente il malvagio?".

    Siamo di fronte, ogni giorno, al problema del male nel mondo; perché esistono i superbi, i malvagi, i prepotenti che opprimono, schiavizzano,pensano solo al proprio tornaconto? Perché Dio non fa piazza pulita di tutta questa gente, così da rendere il mondo un po' migliore?

    La parabola del grano e della zizzania, che il Vangelo ci presenta in questa domenica, aiuta un po' a capire lo stile di Dio: fino alla fine, fino a quello che noi chiamiamo giorno del Giudizio, cioè fino a quando esisterà questo mondo, bene e male dovranno convivere. I malvagi, come i buoni, ci saranno sempre. Compito della Chiesa, e, quindi per ciascuno di noi, è quello di educare al bene, facendo innanzitutto riscoprire ad ognuno il bene che ha dentro di sé.

    La nostra è, dunque, una missione di speranza: senza illusioni o utopie, perché sappiamo che il male ci sarà sempre, ma con la forza che viene da Colui "che ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito". Educarci ed educare al bene: non è sempre facile, ma è quello che Dio ci sollecita a fare davanti al dramma della presenza della zizzania.
    • don Roberto Pandolfi
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun lug 28, 2008 9:23 am

      • XVII domenica del Tempo Ordinario. 27 luglio 2008
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Dal primo libro dei Re 3, 5. 7-12
In quei giorni il Signore apparve a Salomone in sogno durante la notte e gli disse: «Chiedimi ciò che io devo concederti». E Salomone disse: «Signore mio Dio, tu hai fatto regnare il tuo servo al posto di Davide mio padre. Ebbene io sono un ragazzo; non so come regolarmi. Il tuo servo è in mezzo al tuo popolo che ti sei scelto, popolo così numeroso che non si può calcolare né contare. Concedi al tuo servo un cuore docile perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male, perché chi potrebbe governare questo tuo popolo così numeroso?». Al Signore piacque che Salomone avesse domandato la saggezza nel governare. Dio gli disse: «Perché hai domandato questa cosa e non hai domandato per te né una lunga vita, né la ricchezza, né la morte dei tuoi nemici, ma hai domandato per te il discernimento per ascoltare le cause, ecco faccio come tu hai detto. Ti concedo un cuore saggio e intelligente: come te non ci fu alcuno prima di te né sorgerà dopo di te».



Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 8, 28-30
Fratelli, noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, che sono stati chiamati secondo il suo disegno. Poiché quelli che egli da sempre ha conosciuto li ha anche predestinati ad essere conformi all'immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli; quelli poi che ha predestinati li ha anche chiamati; quelli che ha chiamati li ha anche giustificati; quelli che ha giustificati li ha anche glorificati.



Dal vangelo secondo Matteo 13, 44-52
In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto in un campo; un uomo lo trova e lo nasconde di nuovo, poi va, pieno di gioia, e vende tutti i suoi averi e compra quel campo. Il regno dei cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra. Il regno dei cieli è simile anche a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva e poi, sedutisi, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Avete capito tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba divenuto discepolo del regno dei cieli è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».




    • "Il Regno dei cieli è simile ad un tesoro"
    Ho visto per tanti anni l'impegno dei bambini e dei ragazzi nella "caccia al tesoro", durante il Grest: sudati, trafelati, sotto il sole cocente, di corsa per poter trovare, prima degli altri, una scatolina che, solitamente, conteneva caramelle. Certo, diventando adulti, ci si impegna per qualcosa di più: il lavoro, la carriera, la famiglia, il benessere, la salute... Ognuno di noi ha il proprio "tesoro" da ricercare con impegno, a costo di grandi sacrifici, rinunciando ad altre cose, proprio come succede ai due personaggi che ci presenta il Vangelo, i quali non esitano a vendere tutto ciò che possiedono per acquistare il campo del tesoro e la perla preziosa.

    Ci sarebbe allora da porsi subito la domanda: "quale tesoro cerchiamo nella nostra vita?" Per quale ideale siamo disposti a fare sacrifici e rinunce? Dio "ci ha rivelato in Cristo il tesoro nascosto e la perla preziosa", come recita la colletta di questa Domenica. Chissà se siamo disposti a correre e a sudare per conquistare questo tesoro!

    Certo, Gesù è un tesoro "in movimento": quando ci sembra di averlo raggiunto va un po' più avanti, così da farci percorrere un altro tratto di strada, quando ci sembra diventato interamente nostro ci accorgiamo che dobbiamo conquistare un altro pezzo. Ma quale gioia, quando arriviamo a "possederne" almeno un pezzetto! E che bello condividere questa gioia con tante altre persone che, insieme a noi, costituiscono la Chiesa.

    La nostra vita è dunque un cammino, durante il quale siamo chiamati ad acquisire Gesù, conoscendolo e frequentandolo, per aver parte a quella felicità che avrà il suo culmine in Paradiso.
    • don Roberto Pandolfi
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Messaggio da miriam bolfissimo » mar ago 26, 2008 5:51 pm

      • XVIII domenica del Tempo Ordinario. 3 agosto 2008
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Dal libro del profeta Isaia 55,1-3
Così dice il Signore: «O voi tutti assetati, venite all’acqua, voi che non avete denaro, venite; comprate e mangiate; venite, comprate senza denaro, senza pagare, vino e latte. Perché spendete denaro per ciò che non è pane, il vostro guadagno per ciò che non sazia? Su, ascoltatemi e mangerete cose buone e gusterete cibi succulenti. Porgete l’orecchio e venite a me, ascoltate e vivrete. Io stabilirò per voi un’alleanza eterna, i favori assicurati a Davide».



Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 8,35.37-39
Fratelli, chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore.



Dal vangelo secondo Matteo 14,13-21
In quel tempo, avendo udito [della morte di Giovanni Battista], Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte. Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati. Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». Ed egli disse: «Portatemeli qui». E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla. Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.




    • "Gesù sentì compassione per loro"
    Davanti alle folle che lo seguono con insistenza, senza nemmeno preoccuparsi del cibo, Gesù prova la stessa tenerezza che una madre prova per il proprio figlio.

    La folla è notoriamente instabile, spesso cerca Gesù per i miracoli, per vedere qualcosa di sensazionale. Potremmo dire che la fede della folla è immatura, un po' simile a quella degli adolescenti, capaci di grandi slanci e di grandi tradimenti. Ma Gesù ama "visualmente" questa folla, che non è una massa informe, ma un insieme di persone, ciascuna con le sue ricchezze e le sue povertà, ciascuna con i propri bisogni e le proprie pene. Per questo il Signore rinuncia al suo "ritiro" lontano, in disparte, per "farsi prossimo" e guarire i malati e poi sfamare quei "cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini".

    La moltiplicazione dei pani e dei pesci, infatti, ci parla di un Dio vicino, che non si accontenta di discorsi molto belli, pieni di principi lodevoli, ma che finiscono per essere astratti e lontani: Gesù ci insegna che anche le esigenze materiali dell'uomo sono importanti, ci aiuta a non limitarci alla teoria, ma a chinarci concretamente sul bisognoso, per fargli sentire, attraverso la nostra premura, la premura di Dio.

    Il discepolo di Gesù cammina sulla stessa via del maestro: ognuno deve assumersi il compito che ci è stato affidato nel giorno del Battesimo e che non è solo una comoda adesione ad una religione consolatoria. Essere "profeti, re e sacerdoti" significa almeno tentare di trasmettere con le parole e con l'esempio quei valori stupendi che Cristo ci ha comunicato. La sua tenerezza, la sua compassione per le folle devono assolutamente rivivere in noi.
    • don Roberto Pandolfi
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Messaggio da miriam bolfissimo » mar ago 26, 2008 5:56 pm

      • XIX domenica del Tempo Ordinario. 10 agosto 2008
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Dal primo libro dei Re 19,9.11-13
In quei giorni, Elia, [essendo giunto al monte di Dio, l’Oreb], entrò in una caverna per passarvi la notte, quand’ecco gli fu rivolta la parola del Signore in questi termini: «Esci e fèrmati sul monte alla presenza del Signore». Ed ecco che il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento, un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto, un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera. Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna.



Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 9,1-5
Fratelli, dico la verità in Cristo, non mento, e la mia coscienza me ne dà testimonianza nello Spirito Santo: ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua. Vorrei infatti essere io stesso anatema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne. Essi sono Israeliti e hanno l’adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse; a loro appartengono i patriarchi e da loro proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. Amen.



Dal vangelo secondo Matteo 14,22-33
[Dopo che la folla ebbe mangiato], subito Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo. La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?». Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!».




    • "Uomo di poca fede, perché hai dubitato"
    Vengono momenti, nella vita, nei quali ci sembra di essere sommersi da onde più grandi di noi, in balia del vento e dell'uragano. Deve essere stata questa la sensazione di Pietro quando, abbandonata la barca, si avvicina a Gesù camminando sulle acque: il Maestro è lì, vicino, ma Pietro si concentra troppo sul vento forte, si impaurisce e comincia ad affondare. Ci vuole la mano salvatrice di Gesù, che lo afferra e lo riporta sulla barca.

    Questo episodio ci parla delle possibilità inaudite dell'uomo, se solo si fidasse di Dio. Purtroppo spesso qualcosa interviene a minare questa fiducia, ad insinuare il dubbio che Dio non ci vuole bene, a sentirlo distante, disinteressato. L'uomo si ritrova, così, a contare sulle proprie forze, comunque abbastanza misere. E se già non è facile affrontare la vita quando si è certi dell’aiuto di Dio, immaginiamoci quanto sia difficile quando confidiamo solo su noi stessi!

    Eppure la tentazione, che fu di Adamo ed Eva, di dimenticarci dei suoi benefici, di tutto ciò che Lui ha fatto per noi in passato, dei doni che da Lui abbiamo ricevuto, del sostegno che ci ha sempre dato viene continuamente alimentata sia dalla mentalità comune (che guarda a Dio come ad un particolare superfluo o addirittura come ad un rivale nell'esercizio della libertà umana) sia dalla difficoltà di ricondurre alcune realtà della vita (morte, sofferenza,... ) al suo Amore.

    Forse anche noi ci aspettiamo qualche intervento miracoloso, o forse pensiamo di incontrare Dio nel "vento impetuoso, nel terremoto, nel fuoco". Dio invece, come al profeta Elia, si manifesta "nel sussurro di una brezza leggera", cioè nella quotidianità della nostra vita, in tante cose normali e perfino banali.
    • don Roberto Pandolfi
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Messaggio da miriam bolfissimo » mar ago 26, 2008 6:01 pm

      • XX domenica del Tempo Ordinario. 17 agosto 2008
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Dal libro del profeta Isaia 56, 1.6-7
Così dice il Signore: « Osservate il diritto e praticate la giustizia, perché prossima a venire è la mia salvezza; la mia giustizia sta per rivelarsi». Gli stranieri, che hanno aderito al Signore per servirlo e per amare il nome del Signore, e per essere suoi servi, quanti si guardano dal profanare il sabato e restano fermi nella mia alleanza, li condurrò sul mio monte santo e li colmerò di gioia nella mia casa di preghiera. I loro olocausti e i loro sacrifici saliranno graditi sul mio altare, perché il mio tempio si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli».



Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 11, 13-15.29-32
Fratelli, ecco che cosa dico a voi, Gentili: come apostolo dei Gentili, io faccio onore al mio ministero, nella speranza di suscitare la gelosia di quelli del mio sangue e di salvarne alcuni. Se infatti il loro rifiuto ha segnato la riconciliazione del mondo, quale potrà mai essere la loro riammissione, se non una risurrezione dai morti? Perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili! Come voi un tempo siete stati disobbedienti a Dio e ora avete ottenuto misericordia per la loro disobbedienza, così anch'essi ora sono diventati disobbedienti in vista della misericordia usata verso di voi, perché anch'essi ottengano misericordia. Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per usare a tutti misericordia!



Dal vangelo secondo Matteo 15, 21-28
In quel tempo, partito di là, Gesù si diresse verso le parti di Tiro e Sidone. Ed ecco una donna Cananea, che veniva da quelle regioni, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide. Mia figlia è crudelmente tormentata da un demonio». Ma egli non le rivolse neppure una parola. Allora i discepoli gli si accostarono implorando: «Esaudiscila, vedi come ci grida dietro». Ma egli rispose: «Non sono stato inviato che alle pecore perdute della casa di Israele». Ma quella venne si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui dicendo: «Signore, aiutami!». Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini». «È vero, Signore, disse la donna, ma anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». Allora Gesù le replicò: «Donna, davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri». E da quell'istante sua figlia fu guarita.



    • "Donna, grande è la tua fede!"
    Gesù incontra una donna straniera, non ebrea, una Cananea appartenente alla stirpe degli antichi nemici del popolo d'Israele. E nemici non solo per via delle continue guerre, ma soprattutto perché dediti al culto degli idoli che tanta attrazione aveva sugli Ebrei, da portare alcuni loro re ad innalzare altari e templi alle divinità. "Cananeo" significa dunque peccatore, idolatra, persona esclusa dalla salvezza. È pur vero che anche Israele aveva le sue "pecore perdute": proprio a queste il Padre ha inviato Gesù.

    Il primo richiamo alla conversione e la rinnovata offerta di salvezza sono anzitutto per i "figli", i componenti del popolo eletto. Ma può restare circoscritta, limitata, questa salvezza? Può Gesù far finta di non vedere che una donna cananea dimostra di avere molta più fede in Lui che non tanti "maestri" del popolo d'Israele?

    La salvezza è per tutti, la vita di Gesù, fino al supremo sacrificio, è offerta per l'umanità intera. A tutti i popoli viene proposta dal Dio amore, che li condurrà sul suo monte santo e li colmerà di gioia nella sua casa di preghiera, come afferma il profeta Isaia nella prima lettura. La Chiesa, comunità della nuova alleanza ha proprio il compito di fare da tramite, di essere ambasciatrice presso l'umanità intera di un messaggio sconvolgente: Cristo è morto ed è risorto per la salvezza dell'uomo.

    Coraggio, dunque! Bando alla pigrizia e alla mancanza di entusiasmo: siamo chiamati ad edificare una "casa di preghiera per tutti i popoli". Ognuno porti il suo mattone.
    • don Roberto Pandolfi
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Messaggio da miriam bolfissimo » mar ago 26, 2008 6:08 pm

      • XXI domenica del Tempo Ordinario. 24 agosto 2008
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Dal libro del profeta Isaia 22, 19-23
Così dice il Signore contro Sebna sovrintendente del palazzo: «Ti toglierò la carica, ti rovescerò dal tuo posto. In quel giorno chiamerò il mio servo Eliakim, figlio di Chelkìa; lo rivestirò con la tua tunica, lo cingerò della tua sciarpa e metterò il tuo potere nelle sue mani. Sarà un padre per gli abitanti di Gerusalemme e per il casato di Giuda. Gli porrò sulla spalla la chiave della casa di Davide; se egli apre, nessuno chiuderà; se egli chiude, nessuno potrà aprire. Lo conficcherò come un paletto in luogo solido e sarà un trono di gloria per la casa di suo padre».



Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 11, 33-36
O profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio! Quanto sono imperscrutabili i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie! "Infatti, chi mai ha potuto conoscere il pensiero del Signore? O chi mai è stato suo consigliere? O chi gli ha dato qualcosa per primo, sì che abbia a riceverne il contraccambio?". Poiché da lui, grazie a lui e per lui sono tutte le cose. A lui la gloria nei secoli. Amen.



Dal vangelo secondo Matteo 16, 13-20
In quel tempo, essendo giunto Gesù nella regione di Cesarèa di Filippo, chiese ai suoi discepoli: «La gente chi dice che sia il Figlio dell'uomo?». Risposero: «Alcuni Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Voi chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù: «Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli». Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.




    • "Beato sei tu, Simone, figlio di Giona"
    Ancora una "beatitudine", nel Vangelo, questa volta indirizzata a Simone, figlio di Giona, che, nell'occasione, riceve anche un nome nuovo, "Pietro", con il quale diventerà universalmente noto. Ma perché è "beato", l'apostolo Pietro? Perché ha saputo cogliere il senso della presenza di Gesù nel mondo, ha saputo vedere la realtà guardando oltre le apparenze.

    "Tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente", esclama Pietro in risposta alla domanda di Gesù: "voi, chi dite che io sia?" Certo, a Pietro resta ancora tanta strada da fare, dovrà vivere l'umiliazione del rinnegamento, dell'abbandonare il Maestro, dovrà sentirsi chiedere per tre volte "Simone di Giovanni, mi ami?", prima di dare la propria vita per il Signore, ma oggi lo contempliamo e lo immaginiamo in questo slancio di cuore, ispirato direttamente dal Padre celeste.

    Mi immagino un apostolo che scruta il suo Maestro, che si pone tanti interrogativi, che resta sconcertato davanti a tante manifestazioni di potenza (come il camminare sulle acque di qualche domenica fa), che cerca di capire. Ma i criteri umani non sono sufficienti di fronte a Gesù. Non servono "la carne e il sangue", occorre lasciare spazio all'azione del Padre, che rivela la profondità del mistero, Pietro.

    Tante volte testardo e ribelle, immagine di ognuno di noi, riesce a dire cose vere e belle quando si lascia guidare dall'Alto! È un segno, anche questo, che indica a noi la strada: dobbiamo trovare tempi di contemplazione per allenare il nostro spirito a riconoscere e accogliere l'azione di Dio e le sue ispirazioni nella nostra vita.
    • don Roberto Pandolfi
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun set 01, 2008 11:16 am

      • XXII domenica del Tempo Ordinario. 31 agosto 2008
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Dal libro del profeta Geremia 20, 7-9


Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre; mi hai fatto forza e hai prevalso. Sono diventato oggetto di scherno ogni giorno; ognuno si fa beffe di me. Quando parlo, devo gridare, devo proclamare: «Violenza! Oppressione!». Così la parola del Signore è diventata per me motivo di obbrobrio e di scherno ogni giorno. Mi dicevo: «Non penserò più a lui, non parlerò più in suo nome!». Ma nel mio cuore c'era come un fuoco ardente, chiuso nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo.



Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 12, 1-2
Fratelli, vi esorto, per la misericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale. Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto.



Dal vangelo secondo Matteo 16, 21-27
In quel tempo, Gesù cominciò a dire apertamente ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei sommi sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risuscitare il terzo giorno. Ma Pietro lo trasse in disparte e cominciò a protestare dicendo: «Dio te ne scampi, Signore; questo non ti accadrà mai». Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!». Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. Qual vantaggio infatti avrà l'uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria anima? O che cosa l'uomo potrà dare in cambio della propria anima? Poiché il Figlio dell'uomo verrà nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e renderà a ciascuno secondo le sue azioni».




    • Gesù a pietro: «Va’ dietro a me, satana!»
    Dio ha scelto di salvare l’umanità condividendo la miseria dell’uomo. Gesù è il segno di questa solidarietà di Dio con noi: egli prende sopra di sé i nostri peccati, si sottomette al nostro destino di sofferenza e di morte, rinuncia a difendere e ad affermare se stesso, come si era sottomesso al battesimo di Giovanni e a Satana che gli proponeva la strada del successo, egli aveva risposto con l’obbedienza al Padre.

    Se ora Gesù apostrofa Pietro chiamandolo "Satana" il motivo è che Pietro, gli sta riproponendo la strada del tentatore: una strada di successo, che corrisponde certo alle attese umane, ma non al progetto di Dio.

    Nel Vangelo odierno, la rivelazione del futuro destino di Cristo, che sempre più configura il Maestro al "servo sofferente", c’è la parallela rivelazione dell’identità del discepolo che deve rinnegare se stesso, prendere la sua croce e seguire il Signore. Il vero discepolo deve cambiare il modo di pensare e affidarsi alla logica del Maestro. Significativa la parola del profeta (I Lettura), che ci riporta all’esperienza di Geremia, il quale, abbracciata la logica di Dio, si è visto emarginato, deriso e perseguitato; ma in questa esperienza la fedeltà alla sua vocazione esce rafforzata.
    • Luigi De Rosa
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun set 08, 2008 9:48 am

      • XXIII domenica del Tempo Ordinario. 7 settembre 2008
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Dal libro del profeta Ezechiele 33, 7-9
Mi fu rivolta questa parola del Signore: «O figlio dell’uomo, io ti ho posto come sentinella per la casa d’Israele. Quando sentirai dalla mia bocca una parola, tu dovrai avvertirli da parte mia. Se io dico al malvagio: “Malvagio, tu morirai”, e tu non parli perché il malvagio desista dalla sua condotta, egli, il malvagio, morirà per la sua iniquità, ma della sua morte io domanderò conto a te. Ma se tu avverti il malvagio della sua condotta perché si converta ed egli non si converte dalla sua condotta, egli morirà per la sua iniquità, ma tu ti sarai salvato».



Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 13, 8-10
Fratelli, non siate debitori di nulla a nessuno, se non dell’amore vicendevole; perché chi ama l’altro ha adempiuto la Legge. Infatti: «Non commetterai adulterio, non ucciderai, non ruberai, non desidererai», e qualsiasi altro comandamento, si ricapitola in questa parola: «Amerai il tuo prossimo come te stesso». La carità non fa alcun male al prossimo: pienezza della Legge infatti è la carità.



Dal vangelo secondo Matteo 18, 15-20
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano. In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo. In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».




    • "lo ti ho posto come sentinella"
    Le parole che il Signore rivolge ad Ezechiele rispecchiano molto bene un compito essenziale per il profeta: essere sentinella. Gesù riprende nel Vangelo questo concetto parlando della "correzione fraterna".

    Molto spesso ci si trova in imbarazzo quando si deve correggere una atteggiamento sbagliato. Si pensa di non trovare le parole giuste, di sbagliare il momento, si viene presi da improvvisi attacchi d'umiltà ("chi sono io per rimproverare un altro?), ci vengono in mente tutte le volte nelle quali ci siamo sentiti offesi perché qualcuno ci ha ripreso... Considerazioni comunque giuste, che dovrebbero spingerci non a tacere, bensì a trovare il modo e il momento giusto per fare la nostra correzione, ricordando che "se il tuo fratello ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello". D'altronde spesso il male ha come complice il silenzio di chi vede, ma fa finta di non vedere.

    Ma il rischio più grosso, anche per i discepoli di Gesù, è quello di tacere, di non correggere, nella convinzione che, in fondo, nulla è giusto e nulla è sbagliato in assoluto: tutti hanno un po' ragione e poi, in democrazia, è giusto che ognuno faccia quello che vuole!

    A parte l'errore fondamentale di confondere la democrazia con l'anarchia, questa concezione, oggi molto diffusa, è figlia di quello che il Papa chiama "relativismo": esistono solo opinioni e non un verità. E le opinioni hanno tutte lo stesso valore. La mentalità comune tende quindi a giustificare tanti comportamenti sbagliati, magari anche con l'idea che "io non lo farei mai, ma se uno lo vuoi fare ne ha il diritto". Caso eclatante è quello dell'aborto. E da un po' ci si sta provando con l'eutanasia. Sentinelle, è tempo di rafforzare la guardia!
    • don Roberto Pandolfi
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun set 15, 2008 9:40 am

      • Esaltazione della Santa Croce. 14 settembre 2008
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Dal libro dei Numeri 21, 4b-9
In quei giorni, il popolo non sopportò il viaggio. Il popolo disse contro Dio e contro Mosè: «Perché ci avete fatto salire dall’Egitto per farci morire in questo deserto? Perché qui non c’è né pane né acqua e siamo nauseati di questo cibo così leggero». Allora il Signore mandò fra il popolo serpenti brucianti i quali mordevano la gente, e un gran numero d’Israeliti morì. Il popolo venne da Mosè e disse: «Abbiamo peccato, perché abbiamo parlato contro il Signore e contro di te; supplica il Signore che allontani da noi questi serpenti». Mosè pregò per il popolo. Il Signore disse a Mosè: «Fatti un serpente e mettilo sopra un’asta; chiunque sarà stato morso e lo guarderà, resterà in vita». Mosè allora fece un serpente di bronzo e lo mise sopra l’asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di bronzo, restava in vita.



Dalla lettera di San Paolo apostolo ai Filippesi 2, 6-11
Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre.



Dal vangelo secondo Giovanni 3, 13-17
In quel tempo, Gesù disse a Nicodemo: «Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui».




    • "Gesù Cristo è Signore"
    Se lo consideriamo da un punto di vista esclusivamente umano, l'inno della lettera ai Filippesi, che la liturgia ci propone in questa Domenica, è sconcertante: Gesù Cristo non considera un privilegio l'essere come Dio, ma svuota se stesso, fino alla morte in croce, e per questo tutti lo adorano e lo proclamano "Signore".

    Questi concetti diventano pienamente comprensibili solo se ci accostiamo, in punta di piedi, alla sapienza di Dio, che parla attraverso la croce. "Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito ... non per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di Lui": contemplando questo amore, riusciamo a coglierlo come illimitato e lo vediamo realizzato in pienezza nell'offerta che Gesù fa di se stesso. La croce, allora, strumento d'amore, perché assunta liberamente dal Figlio, che ama il Padre e offre la vita per il mondo.

    Quanti insegnamenti anche per noi! Quando abbiamo la tentazione di farci prendere dalle logiche del potere, dell'orgoglio, dell'egoismo, dell'imposizione di noi stessi, siamo chiamati a guardare alla Croce per capire che cosa vuole veramente il nostro Dio; servire i fratelli seguendo la via dell'umiltà e della mitezza, sapendo che a noi, uomini e donne di dura cervice, non risulta facile né essere umili e né essere miti.

    Accogliamo dunque come momenti di grazia tutte quelle situazioni in cui siamo costretti a toccare con mano la nostra pochezza e i nostri limiti, vediamo l'opera educativa di Dio anche in qualche umiliazione che dobbiamo subire e che ci brucia dentro. Se sapremo rendere grazia a Dio in questi momenti e per questi momenti, saremo sulla buona strada.
    • don Roberto Pandolfi
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun set 22, 2008 8:26 am

      • XXV domenica del Tempo Ordinario. 21 settembre 2008
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Dal libro del profeta Isaia 55, 6-9
Cercate il Signore, mentre si fa trovare, invocatelo, mentre è vicino. L’empio abbandoni la sua via e l’uomo iniquo i suoi pensieri; ritorni al Signore che avrà misericordia di lui e al nostro Dio che largamente perdona. Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie. Oracolo del Signore. Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri.



Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi 1,20c-24.27a
Fratelli, Cristo sarà glorificato nel mio corpo, sia che io viva sia che io muoia. Per me infatti il vivere è Cristo e il morire un guadagno. Ma se il vivere nel corpo significa lavorare con frutto, non so davvero che cosa scegliere. Sono stretto infatti fra queste due cose: ho il desiderio di lasciare questa vita per essere con Cristo, il che sarebbe assai meglio; ma per voi è più necessario che io rimanga nel corpo. Comportatevi dunque in modo degno del vangelo di Cristo.



Dal vangelo secondo Matteo 20, 1-16
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”. Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e dai loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”. Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».




    • "Per me il vivere è Cristo"
    Sono stupende le confidenze che San Paolo fa alla comunità di Filippi. Ed è bellissimo constatare come quest'uomo sia totalmente innamorato di Gesù: una vita presa totalmente dal Maestro, una vita che trova senso solo in rapporto a Colui "che è morto per me".

    Da questo amore totale nasce l'esigenza insopprimibile di annunciare il Vangelo, donando al mondo intero la possibilità d'incontrare il Dio misericordioso che si incarna in Gesù Cristo. Cristo è dunque l'unica e la vera ragione di vita, per Paolo. Conformarsi a Lui è lo scopo essenziale a cui l'apostolo dedica tutte le sue risorse fisiche e spirituali. E, in fondo, questo dovrebbe essere lo scopo di ogni discepolo in ogni tempo: rendere visibile Gesù, permettere d'incontrarlo a chi incontra noi.

    È la "chiamata universale alla santità" di cui parla il Concilio Vaticano II. È rivolta, questa chiamata, a tutti i battezzati, ai quali il Signore offre anche i mezzi per realizzarla: i Sacramenti (in particolare l'Eucaristia e la Confessione) e la vita stessa della Comunità, con i momenti di formazione, di preghiera, le opportunità di volontariato... Tutto deve contribuire a formare autentici discepoli, annunciatori entusiasti del Vangelo e capaci di "cristificare" la propria famiglia, la scuola, l'ambiente di lavoro. Persino il "caffè al bar" dovrebbe essere diverso quando al tavolino sono seduti i discepoli di Gesù!

    "Comportatevi dunque in modo degno del Vangelo di Cristo": è l'invito finale della seconda lettura di questa Domenica. Vogliamo prenderlo sul serio.
    • don Roberto Pandolfi
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun set 29, 2008 9:03 am

      • XXVI domenica del Tempo Ordinario. 28 settembre 2008
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Dal libro del profeta Ezechiele18, 25-28
Così dice il Signore: «Voi dite: “Non è retto il modo di agire del Signore”. Ascolta dunque, casa d’Israele: Non è retta la mia condotta o piuttosto non è retta la vostra? Se il giusto si allontana dalla giustizia e commette il male e a causa di questo muore, egli muore appunto per il male che ha commesso. E se il malvagio si converte dalla sua malvagità che ha commesso e compie ciò che è retto e giusto, egli fa vivere se stesso. Ha riflettuto, si è allontanato da tutte le colpe commesse: egli certo vivrà e non morirà».



Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi 2, 1-11
Fratelli, se c’è qualche consolazione in Cristo, se c’è qualche conforto, frutto della carità, se c’è qualche comunione di spirito, se ci sono sentimenti di amore e di compassione, rendete piena la mia gioia con un medesimo sentire e con la stessa carità, rimanendo unanimi e concordi. Non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso. Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri. Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre.



Dal vangelo secondo Matteo 21, 28-32
In quel tempo, disse Gesù ai principi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli; rivoltosi al primo disse: Figlio, và oggi a lavorare nella vigna. Ed egli rispose: Sì, signore; ma non andò. Rivoltosi al secondo, gli disse lo stesso. Ed egli rispose: Non ne ho voglia; ma poi, pentitosi, ci andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Dicono: «L'ultimo». E Gesù disse loro: «In verità vi dico: I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. È venuto a voi Giovanni nella via della giustizia e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, pur avendo visto queste cose, non vi siete nemmeno pentiti per credergli».




    • "Cristo Gesù umiliò se stesso"
    Lo stupendo inno della lettera ai Filippesi che ci viene proposto oggi come seconda lettura, invita i cristiani ad avere "gli stessi sentimenti di Cristo Gesù", cioè a ricercare non la gloria terrena o il proprio tornaconto e nemmeno a ritenersi superiore agli altri o a coltivare in sé lo spirito di rivalità.

    San Paolo ci invita, quindi, ad imitare Gesù, a "sentire" dentro di noi ciò che Lui stesso sente. Si tratta di mettersi alla sua scuoia, imparando dal Figlio obbediente a fare sempre la volontà del Padre, nella certezza che questa volontà desidera unicamente realizzare la nostra felicità. Oggi l'obbedienza è una virtù che va poco di moda, e non solo tra gli adolescenti. Spesso ci sembra di svendere la nostra dignità, quando siamo invitati ad obbedire: infatti l'affermazione di sé, delle proprie voglie e dei propri gusti, è una delle caratteristiche principali della nostra società, che pone nell'individualismo esasperato un "valore" da perseguire a tutti i costi.

    Gesù che si fa "obbediente fino alla morte e ad una morte di croce" ci provoca a pensare l'obbedienza come la virtù che rivela la nostra reale umiltà, la nostra capacità di fidarci di un altro, convinti che vuole il nostro bene. Riscoprire la virtù dell'obbedienza, per esempio, nelle nostre famiglie porterebbe di certo a rapporti più solidi perché incentrati sull'amore autentico, che non è egoismo travestito, ricerca dell'altro per colmare le proprie carenze effettive o bisogno di sfogare su qualcuno le proprie insicurezze. L'amore fa vedere nell'altro il punto di riferimento e i suoi bisogni diventano il criterio del nostro agire.
    • don Roberto Pandolfi
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun ott 06, 2008 9:37 am

      • XXVII domenica del Tempo Ordinario. 5 ottobre 2008
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Dal libro del profeta Isaia 5,1-7

Voglio cantare per il mio diletto il mio cantico d’amore per la sua vigna. Il mio diletto possedeva una vigna sopra un fertile colle. Egli l’aveva dissodata e sgombrata dai sassi e vi aveva piantato viti pregiate; in mezzo vi aveva costruito una torre e scavato anche un tino. Egli aspettò che producesse uva; essa produsse, invece, acini acerbi. E ora, abitanti di Gerusalemme e uomini di Giuda, siate voi giudici fra me e la mia vigna. Che cosa dovevo fare ancora alla mia vigna che io non abbia fatto? Perché, mentre attendevo che producesse uva, essa ha prodotto acini acerbi? Ora voglio farvi conoscere ciò che sto per fare alla mia vigna: toglierò la sua siepe e si trasformerà in pascolo; demolirò il suo muro di cinta e verrà calpestata. La renderò un deserto, non sarà potata né vangata e vi cresceranno rovi e pruni; alle nubi comanderò di non mandarvi la pioggia. Ebbene, la vigna del Signore degli eserciti è la casa d’Israele; gli abitanti di Giuda sono la sua piantagione preferita. Egli si aspettava giustizia ed ecco spargimento di sangue, attendeva rettitudine ed ecco grida di oppressi.



Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi 4,6-9
Fratelli, non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti. E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù. In conclusione, fratelli, quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri. Le cose che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, mettetele in pratica. E il Dio della pace sarà con voi!



Dal vangelo secondo Matteo 21,33-43
In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo, che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?». Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo». E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: “La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi”? Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti».




    • "Fratelli, non angustiatevi per nulla"
    La seconda lettura di questa Domenica, tratta dalla lettera ai Filippesi, ci esorta ad avere una fiducia illimitata nel Signore, assicurandoci, in cambio, che "la pace di Dio custodirà le nostre menti e i nostri cuori in Gesù Cristo".

    In fondo, che cosa cerchiamo se non un po' di pace? In una vita che scorre spesso in modo frenetico e che non sappiamo addomesticare, il trovare la pace interiore, la serenità, diventa uno scopo essenziale. Certo, San Paolo ci invita anche a mettere i presupposti di questa pace facendo diventare oggetto dei nostri pensieri "quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode".

    Il Signore Gesù, pietra scartata dei costruttori e diventata pietra angolare, ci insegna che il pensare esclusivamente al proprio tornaconto, disinteressandosi di Dio e dei fratelli, causa solo un profondo malessere interiore. Essere temuti più che amati, essere ossequiati più che rispettati è garanzia di solutine e di tradimenti. L'umiltà e la mitezza di Gesù sono caratteristiche a cui dobbiamo guardare desiderosi di possedere o, comunque, di esercitarle. Già, perché ci sono anche gli "esercizi", che, alla lunga, permettono di acquisire virtù che non ci venivano spontanee e naturali.

    Ci è stato donato il tesoro del regno di Dio: cerchiamo di accoglierlo e di diffonderlo, sapendo che il Suo è un regno "di amore, di giustizia e di pace". La vigna del Signore ha bisogno di operai convinti ed entusiasti, consapevoli che il loro lavoro va a beneficio del mondo intero.
    • don Roberto Pandolfi
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun ott 13, 2008 7:41 am

      • XXVIII domenica del Tempo Ordinario. 12 ottobre 2008
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Dal libro del profeta Isaia 25,6-10a
Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati. Egli strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popoli e la coltre distesa su tutte le nazioni. Eliminerà la morte per sempre. Il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto, l’ignominia del suo popolo farà scomparire da tutta la terra, poiché il Signore ha parlato. E si dirà in quel giorno: «Ecco il nostro Dio; in lui abbiamo sperato perché ci salvasse. Questi è il Signore in cui abbiamo sperato; rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza, poiché la mano del Signore si poserà su questo monte».



Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi 4,12-14.19-20
Fratelli, so vivere nella povertà come so vivere nell’abbondanza; sono allenato a tutto e per tutto, alla sazietà e alla fame, all’abbondanza e all’indigenza. Tutto posso in colui che mi dà la forza. Avete fatto bene tuttavia a prendere parte alle mie tribolazioni. Il mio Dio, a sua volta, colmerà ogni vostro bisogno secondo la sua ricchezza con magnificenza, in Cristo Gesù. Al Dio e Padre nostro sia gloria nei secoli dei secoli. Amen.



Dal vangelo secondo Matteo 22,1-14
In quel tempo, Gesù, riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse: «Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: Dite agli invitati: “Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».




    • "Tutto posso in Colui che mi da forza"
    Non si può dire che l'apostolo Paolo abbia avuto una vita tranquilla ed agevole, da quando ha incontrato Gesù. Basterebbe leggere fa seconda lettera ai Corinzi per rendersi conto di tutto ciò che ha dovuto sopportare "per il Vangelo".

    Nella lettera ai Filippesi il tono dell'apostolo è più colloquiale, più intimo, ma non per questo meno fermo nel presentare la propria vita come modello di discepolato. In questa domenica, per esempio, scopriamo che l'apostolo sa vivere nella povertà come nell'abbondanza, che è alienato a tutto, alla sazietà e alla fame, all'abbondanza e all'indigenza. Ma non per merito proprio, bensì per la forza che viene dall'alto.

    Il Dio di Paolo è un Dio che colma ogni nostro bisogno "secondo la sua ricchezza, con magnificenza, in Cristo Gesù". In Gesù, dunque, il Padre ha colmato ogni nostro bisogno, i nostri desideri più grandi, le più alte aspirazioni dell'uomo si sono realizzati in Cristo Gesù. Tutto è stato vinto: persino il peccato e la morte! Tutto ha ricevuto un senso pieno, persino la sofferenza!

    Ogni ideale si rende possibile, se confidiamo in Colui che ci da forza. Non siamo soli, nelle piccole cose di ogni giorno così come nei grandi eventi della vita. Siamo guidati, accompagnati, presi per mano, sorretti da Colui che è potente e grande nell'amore. Siamo piuttosto noi, che, spesso distratti è un po' superficiali, non ci accorgiamo della Sua presenza, esattamente come gli invitati della parabola evangelica, che, invece di partecipare alle nozze, se ne vanno chi al proprio campo, chi ai propri affari.

    Ognuno di noi si senta chiamato al banchetto, a partecipare alla gioia dei Signore, i campi e gli affari non sono poi così importanti!
    • don Roberto Pandolfi
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun ott 20, 2008 7:27 am

      • XXIX domenica del Tempo Ordinario. 19 ottobre 2008
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Dal libro del profeta Isaia 45,1.4-6
Dice il Signore del suo eletto, di Ciro: «Io l’ho preso per la destra, per abbattere davanti a lui le nazioni, per sciogliere le cinture ai fianchi dei re, per aprire davanti a lui i battenti delle porte e nessun portone rimarrà chiuso. Per amore di Giacobbe, mio servo, e d’Israele, mio eletto, io ti ho chiamato per nome, ti ho dato un titolo, sebbene tu non mi conosca. Io sono il Signore e non c’è alcun altro, fuori di me non c’è dio; ti renderò pronto all’azione, anche se tu non mi conosci, perché sappiano dall’oriente e dall’occidente che non c’è nulla fuori di me. Io sono il Signore, non ce n’è altri».



Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi 1,1-5b
Paolo e Silvano e Timoteo alla Chiesa dei Tessalonicési che è in Dio Padre e nel Signore Gesù Cristo: a voi, grazia e pace. Rendiamo sempre grazie a Dio per tutti voi, ricordandovi nelle nostre preghiere e tenendo continuamente presenti l’operosità della vostra fede, la fatica della vostra carità e la fermezza della vostra speranza nel Signore nostro Gesù Cristo, davanti a Dio e Padre nostro. Sappiamo bene, fratelli amati da Dio, che siete stati scelti da lui. Il nostro Vangelo, infatti, non si diffuse fra voi soltanto per mezzo della parola, ma anche con la potenza dello Spirito Santo e con profonda convinzione.



Dal vangelo secondo Matteo 22,15-21
In quel tempo, i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come cogliere in fallo Gesù nei suoi discorsi. Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?». Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare». Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».




    • "Rendete a Cesare quello che è di Cesare..."
    È diventata proverbiale la frase di Gesù, con la quale si invita a restituire all'imperatore ciò che è suo (la moneta con la sua immagine e l'iscrizione) e a dare a Dio ciò che è di Dio. Il contesto nel quale la frase viene pronunciata (la domanda dei farisei ed erodiani se fosse giusto pagare il tributo a Roma) ha dato luogo a molteplici interpretazioni.

    Certo sarebbe facile, in questi giorni di crolli di Borsa, di recessione economica, di risparmi bruciati sull'altare del dio "guadagno", fare la morale a tutti quelli che sperano in facili guadagni attraverso il "gioco" in Borsa piuttosto che quello, altrettanto pericoloso, del lotto e del superenalotto, e dire che "forse" era meglio far del bene e, con quei soldi, aiutare qualche povero o fare qualche adozione a distanza.

    Ma credo (spero!) che la lezione sia stata recepita: non si può servire a due padroni, Dio e il denaro, sapendo che il secondo, lungi dal dare la felicità, spesso procura solo grattacapi e preoccupazioni. Dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio, significa che non dobbiamo farci schiavi di alcun potere, perché noi apparteniamo a Dio. La nostra libertà inferiore ci è stata donata da Lui e solo Lui è degno di riceverla in dono, come restituzione. Con Dio e per Dio noi viviamo ogni giorno le nostre attività, solo a Lui siamo chiamati a dare gloria anche nei piccoli gesti quotidiani.

    Tutto ciò che siamo e che abbiamo è per il bene, perché questo ci chiede il Signore: amare Lui e il prossimo. Ecco perché il cristiano deve per forza impegnarsi sull'edificazione di una società sempre più rispettosa dell'uomo, una sodata nella quale l'accoglienza, la solidarietà verso i deboli, il rispetto di ogni persona non siano solo vuote parole.
    • don Roberto Pandolfi
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun ott 27, 2008 9:39 am

      • XXX domenica del Tempo Ordinario. 19 ottobre 2008
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Dal libro dell’Esodo 22,20-26
Così dice il Signore: «Non molesterai il forestiero né lo opprimerai, perché voi siete stati forestieri in terra d’Egitto. Non maltratterai la vedova o l’orfano. Se tu lo maltratti, quando invocherà da me l’aiuto, io darò ascolto al suo grido, la mia ira si accenderà e vi farò morire di spada: le vostre mogli saranno vedove e i vostri figli orfani. Se tu presti denaro a qualcuno del mio popolo, all’indigente che sta con te, non ti comporterai con lui da usuraio: voi non dovete imporgli alcun interesse. Se prendi in pegno il mantello del tuo prossimo, glielo renderai prima del tramonto del sole, perché è la sua sola coperta, è il mantello per la sua pelle; come potrebbe coprirsi dormendo? Altrimenti, quando griderà verso di me, io l’ascolterò, perché io sono pietoso».



Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi 1,5c-10
Fratelli, ben sapete come ci siamo comportati in mezzo a voi per il vostro bene. E voi avete seguito il nostro esempio e quello del Signore, avendo accolto la Parola in mezzo a grandi prove, con la gioia dello Spirito Santo, così da diventare modello per tutti i credenti della Macedonia e dell’Acaia. Infatti per mezzo vostro la parola del Signore risuona non soltanto in Macedonia e in Acaia, ma la vostra fede in Dio si è diffusa dappertutto, tanto che non abbiamo bisogno di parlarne. Sono essi infatti a raccontare come noi siamo venuti in mezzo a voi e come vi siete convertiti dagli idoli a Dio, per servire il Dio vivo e vero e attendere dai cieli il suo Figlio, che egli ha risuscitato dai morti, Gesù, il quale ci libera dall’ira che viene.



Dal vangelo secondo Matteo 22,34-40
In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducèi, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». Gli rispose: «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».




    • "Amerai..."
    Dobbiamo ringraziare l'omonimo "dottore della legge" che vuole sapere da Gesù "qual è il grande comandamento": la domanda, infatti, permette al Signore di dare una risposta che riassume tutta la sapienza biblica e ci svela la profondità del progetto di Dio, affermando la centralità dell'Amore. D'altronde non poteva essere altrimenti: un Dio che si qualifica come Amore non può far altro che coinvolgere l'uomo in questa dimensione.

    Noi amiamo perché Dio ci ha amato. Noi liberamente rispondiamo ad un Amore che ci è stato dato e che mai verrà meno. E anche quando la nostra risposta dovesse essere contraria, dovesse consistere in un rifiuto, in un allontanamento, in una bestemmia, anche allora saremo fedelmente e teneramente amati da Dio.

    "Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente... Amerai il tuo prossimo come te stesso": è una proposta in fondo semplice, quella di Gesù. Eppure sappiamo bene per esperienza quanto è difficile amare sul serio. Significa mettere in gioco tutto quello che siamo, significa, a volte, andare ben oltre le povere capacità umane.

    Se vogliamo amare davvero non possiamo far altro che appoggiarci alla Grazia di Dio, per lasciarci aiutare da Lui, per attingere da Lui la forza, la costanza e la pazienza. Per diventare fedeli come Lui è fedele. E quale modo migliore dell'avere una profonda intimità con Lui nella preghiera, nel lasciarsi istruire e plasmare dalla sua Parola, del lasciarsi trasformare dall'Eucaristia, sacrificio d'amore e di obbedienza del Figlio al Padre?
    • don Roberto Pandolfi
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Messaggio da miriam bolfissimo » dom nov 02, 2008 8:48 pm

      • Commemorazione dei defunti. 2 novembre 2008
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  • Prima Messa
Dal libro di Giobbe 19,1.23-27a[/b]
Rispondendo Giobbe prese a dire: «Oh, se le mie parole si scrivessero, se si fissassero in un libro, fossero impresse con stilo di ferro e con piombo, per sempre s’incidessero sulla roccia! Io so che il mio redentore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere! Dopo che questa mia pelle sarà strappata via, senza la mia carne, vedrò Dio. Io lo vedrò, io stesso, i miei occhi lo contempleranno e non un altro».



Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani Rm 5,5-11
Fratelli, la speranza non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. Infatti, quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi. Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. A maggior ragione ora, giustificati nel suo sangue, saremo salvati dall’ira per mezzo di lui. Se infatti, quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più, ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. Non solo, ma ci gloriamo pure in Dio, per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, grazie al quale ora abbiamo ricevuto la riconciliazione.



Dal vangelo secondo Giovanni 6,37-40
In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno».





  • Seconda Messa

Dal libro del profeta Isaia 25,6a.7-9[/b]
In quel giorno, preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande. Egli strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popoli e la coltre distesa su tutte le nazioni. Eliminerà la morte per sempre. Il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto, l’ignominia del suo popolo farà scomparire da tutta la terra, poiché il Signore ha parlato. E si dirà in quel giorno: «Ecco il nostro Dio; in lui abbiamo sperato perché ci salvasse. Questi è il Signore in cui abbiamo sperato; rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza».



Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 8,14-23
Fratelli, tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Padre!». Lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria. Ritengo infatti che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi. L’ardente aspettativa della creazione, infatti, è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio. La creazione infatti è stata sottoposta alla caducità – non per sua volontà, ma per volontà di colui che l’ha sottoposta – nella speranza che anche la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. Sappiamo infatti che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi. Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo.



Dal vangelo secondo Matteo 25,31-46
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”.
Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».





  • Terza Messa

Dal libro della Sapienza 3,1-9[/b]
Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio, nessun tormento li toccherà. Agli occhi degli stolti parve che morissero, la loro fine fu ritenuta una sciagura, la loro partenza da noi una rovina, ma essi sono nella pace. Anche se agli occhi degli uomini subiscono castighi, la loro speranza resta piena d’immortalità. In cambio di una breve pena riceveranno grandi benefici, perché Dio li ha provati e li ha trovati degni di sé; li ha saggiati come oro nel crogiolo e li ha graditi come l’offerta di un olocausto. Nel giorno del loro giudizio risplenderanno, come scintille nella stoppia correranno qua e là. Governeranno le nazioni, avranno potere sui popoli e il Signore regnerà per sempre su di loro. Coloro che confidano in lui comprenderanno la verità, i fedeli nell’amore rimarranno presso di lui, perché grazia e misericordia sono per i suoi eletti.



Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo 21,1-5.6-7
Io, Giovanni, vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano scomparsi e il mare non c’era più. E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii allora una voce potente, che veniva dal trono e diceva: «Ecco la tenda di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio. E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate». E Colui che sedeva sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose. Io sono l’Alfa e l’Omèga, il Principio e la Fine. A colui che ha sete io darò gratuitamente da bere alla fonte dell’acqua della vita. Chi sarà vincitore erediterà questi beni; io sarò suo Dio ed egli sarà mio figlio».



Dal vangelo secondo Matteo 5,1-12a
In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».




    • "lo sono l'Alfa e l'Omega, il Principio e la Fine"
    È una realtà, quella della morte, che ogni giorno ci viene buttata addosso senza pietà dagli organi di informazione: basta guardare un notiziario in televisione, oppure aprire un giornale per essere sommersi da una valanga di notizie di morte. E che dire, poi, di certa produzione cinematografica? Forse proprio a causa di questa sovrabbondanza di morte ci sentiamo un po' anestetizzati, non ci facciamo più caso, ne siamo provocati talmente spesso che alla fine non ci pensiamo più.

    In fondo, è quello che può capitare anche con i nostri cari defunti: pensiamo a loro, al bene che ci hanno fatto, ai ricordi che ci hanno lasciato, al vuoto che la loro morte ha causato, ma facciamo fatica a pensare alla morte in sé, a questo evento ineluttabile che segna la fine irreversibile della nostra vita terrena.

    Certo, sappiamo che per un cristiano non dovrebbe esistere la paura della morte, eppure qualche volta si preferisce non pensare all'eventualità di lasciare tutto e tutti, ad un fatto che può interrompere, da un momento all'altro, tutto quello che ci piace fare. Eppure la morte con il suo incombere potrebbe aiutarci a vivere meglio! Se ci aspetta un'altra vita allora vuoi dire che non tutto finisce con la morte. Vuol dire che questa vita terrena va vissuta amando intensamente perché sarà l'Amore l'unico grande criterio del giudizio di Dio.

    Dobbiamo indossare qui l'abito nuziale per essere accolti al banchetto preparato dal Re. Un abito nuziale fatto di parole e di gesti di bontà che ci perméttono di realizzare la missione che Dio ci ha affidato chiamandoci alla vita: essere immagini del suo Amore per l'umanità.
    • don Roberto Pandolfi
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun nov 10, 2008 10:28 am

      • Dedicazione della Basilica Lateranense. 9 novembre 2008
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Dal libro del profeta Ezechiele 47,1-2.8-9.12
In quei giorni, [un uomo, il cui aspetto era come di bronzo,] mi condusse all’ingresso del tempio e vidi che sotto la soglia del tempio usciva acqua verso oriente, poiché la facciata del tempio era verso oriente. Quell’acqua scendeva sotto il lato destro del tempio, dalla parte meridionale dell’altare. Mi condusse fuori dalla porta settentrionale e mi fece girare all’esterno, fino alla porta esterna rivolta a oriente, e vidi che l’acqua scaturiva dal lato destro. Mi disse: «Queste acque scorrono verso la regione orientale, scendono nell’Araba ed entrano nel mare: sfociate nel mare, ne risanano le acque. Ogni essere vivente che si muove dovunque arriva il torrente, vivrà: il pesce vi sarà abbondantissimo, perché dove giungono quelle acque, risanano, e là dove giungerà il torrente tutto rivivrà. Lungo il torrente, su una riva e sull’altra, crescerà ogni sorta di alberi da frutto, le cui foglie non appassiranno: i loro frutti non cesseranno e ogni mese matureranno, perché le loro acque sgorgano dal santuario. I loro frutti serviranno come cibo e le foglie come medicina».



Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 3,9c-11.16-17
Fratelli, voi siete edificio di Dio. Secondo la grazia di Dio che mi è stata data, come un saggio architetto io ho posto il fondamento; un altro poi vi costruisce sopra. Ma ciascuno stia attento a come costruisce. Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo. Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi.



Dal vangelo secondo Giovanni 2,13-22
Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà». Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.




    • "Ciascuno stia attento a come costruisce"
    Spesso facciamo confusione con le parole e ci sembra che "chiesa " e "Chiesa" siano la stessa cosa. In realtà la prima parola indica l'edificio nel quale il Popolo di Dio rende culto al Signore che salva e la seconda indica la Comunità santa, sacerdotale, regale e profetica che nell'edificio si raduna e nel mondo rende presente, ancora oggi, l'opera salvifica del Signore Gesù.

    Ma le due realtà hanno anche qualche similitudine, ben evidenziata dalla festa di oggi. La dedicazione della Basilica di san Giovanni in Laterano, a Roma, ci richiama valori molto più grandi delle pur grandiose bellezze artistiche di una chiesa. Questa Basilica, infatti, è la Cattedrale del Papa, come Vescovo di Roma. Dunque oggi non celebriamo solo il "compleanno" di un edificio, ma guardiamo a tutto ciò che esso rappresenta.

    Pensiamo, quindi, all'unità della Chiesa interna, espressa nella figura del Papa, pensiamo al mistero di comunione che regola i rapporti tra i battezzati all'interno della Chiesa, ma si estende anche all'umanità intera, oggetto della benevolenza di Dio.

    Riflettiamo, allora, sul nostro modo di costruire la Chiesa: ogni battezzato è chiamato a dare il meglio di sé nell'edificazione della Comunità. Con il contributo di ciascuno fa Chiesa (anche la nostra Comunità parrocchiale!) deve essere resa più bella, più espressiva della presenza del Signore. Al contrario, ogni volta che ci tiriamo indietro, ogni volta che lasciamo agli altri il lavoro "apostolico", ogni volta che la nostra testimonianza è povera e striminzita o, addirittura, nulla, allora la Chiesa perde qualche pezzo. Come se togliessimo qualche mattone a qualche affresco alla nostra chiesa parrocchiale!
    • don Roberto Pandolfi
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun nov 17, 2008 9:47 am

      • XXXIII domenica del Tempo Ordinario. 16 novembre 2008
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Dal libro dei Proverbi 31,10-13.19-20.30-31
Una donna forte chi potrà trovarla? Ben superiore alle perle è il suo valore. In lei confida il cuore del marito e non verrà a mancargli il profitto. Gli dà felicità e non dispiacere per tutti i giorni della sua vita. Si procura lana e lino e li lavora volentieri con le mani. Stende la sua mano alla conocchia e le sue dita tengono il fuso. Apre le sue palme al misero, stende la mano al povero. Illusorio è il fascino e fugace la bellezza, ma la donna che teme Dio è da lodare. Siatele riconoscenti per il frutto delle sue mani e le sue opere la lodino alle porte della città.



Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi 5,1-6
Riguardo ai tempi e ai momenti, fratelli, non avete bisogno che ve ne scriva; infatti sapete bene che il giorno del Signore verrà come un ladro di notte. E quando la gente dirà: «C’è pace e sicurezza!», allora d’improvviso la rovina li colpirà, come le doglie una donna incinta; e non potranno sfuggire. Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, cosicché quel giorno possa sorprendervi come un ladro. Infatti siete tutti figli della luce e figli del giorno; noi non apparteniamo alla notte, né alle tenebre. Non dormiamo dunque come gli altri, ma vigiliamo e siamo sobri.



Dal vangelo secondo Matteo 25,14-30
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”. Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”».




    • "A uno diede cinque talenti..."
    La famosissima "parabola dei talenti" ci invita innanzitutto a contemplare e gustare i grandi doni che Dio ci fa. Spesso ci capita di sottovalutarci o di sentirci "sfortunati"; guardiamo gli altri e scopriamo che stanno sempre meglio di noi, che posseggono più di noi ... E cosi ci ritroviamo sempre scontenti, non riuscendo ad apprezzare quello che abbiamo di bello.

    Dio, invece, ha riempito di regali ciascuno di noi. Ognuno di noi, infatti, ha caratteristiche stupende, è circondato da persone che amano e devono essere amate. Il nostro sguardo si riempie ogni giorno delle meraviglie di Dio e, noi spesso guardiamo solo i nostri problemi. E che cosa dire dei più grandi tesori che il Signore ci mette a disposizione? Pensiamo ai Sacramenti, pensiamo al banchetto sacrificale della Messa, a cui siamo invitati ogni Domenica, pensiamo a quella grande festa del perdono e della misericordia che è la Confessione... Pensiamo al dono del Figlio, che ci parla dell'Amore del Padre, che ci rivela l'intima vita di Dio, che ci coinvolge in un progetto di salvezza per tutta l'umanità.

    Perché, allora, sprecare tutti questi doni? Perché vivere in un modo superficiale, dando attenzione solo al male (che pure c'è, nel mondo!), senza mai vedere il bene (che è molto più diffuso del male!), diventando sempre tristi e comunicando solo tristezza? Dio ci ha dato davvero un Tesoro! Rendercene conto e utilizzarlo per diffondere gioia e speranza è la nostra missione, il nostro compito. E nessuno ha il diritto di dire "io non ho ricevuto abbastanza". Ognuno ha i suoi doni. L'importante è non sotterarli.
    • don Roberto Pandolfi
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun nov 24, 2008 8:30 am

      • Nostro Signore Gesù Cristo Re dell'Universo. 23 novembre 2008
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Dal libro del profeta Ezechiele 34,11-12.15-17
Così dice il Signore Dio: Ecco, io stesso cercherò le mie pecore e le passerò in rassegna. Come un pastore passa in rassegna il suo gregge quando si trova in mezzo alle sue pecore che erano state disperse, così io passerò in rassegna le mie pecore e le radunerò da tutti i luoghi dove erano disperse nei giorni nuvolosi e di caligine. Io stesso condurrò le mie pecore al pascolo e io le farò riposare. Oracolo del Signore Dio. Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all’ovile quella smarrita, fascerò quella ferita e curerò quella malata, avrò cura della grassa e della forte; le pascerò con giustizia. A te, mio gregge, così dice il Signore Dio: Ecco, io giudicherò fra pecora e pecora, fra montoni e capri.



Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 15,20-26a.28
Fratelli, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti. Perché, se per mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti. Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita. Ognuno però al suo posto: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo. Poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo avere ridotto al nulla ogni Principato e ogni Potenza e Forza. È necessario infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. L’ultimo nemico a essere annientato sarà la morte. E quando tutto gli sarà stato sottomesso, anch’egli, il Figlio, sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti.



Dal vangelo secondo Matteo 25,31-46
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».




    • "Venite benedetti del Padre mio"
    È stridente il contrasto tra il Signore glorioso che viene con tutti gli angeli a giudicare l'umanità e il tono dimesso, nascosto, ammantato di debolezza che ne costituisce la presenza attuale; colui che ha fame, colui che ha sete, chi è straniero, chi non ha di che vestirsi, chi è malato e chi è in carcere: in questi vive in modo particolare il Signore Gesù oggi.

    Nei poveri e nei deboli Lui è presente! E se vogliamo servirlo davvero, se vogliamo essere chiamati "benedetti del Padre mio" non possiamo far altro che servire questi nostri fratelli. Dio abita nella debolezza; non possiamo non pensare, in questi giorni, a Eluana Englaro. Chissà se, quando queste righe saranno stampate, sarà già iniziata l'esecuzione della condanna a morte a cui è stata sottoposta. Qualcuno ha il coraggio di chiamarla "battaglia di civiltà’’. D'altronde hanno chiamato così anche l'aborto.

    Ma quale "civiltà" può essere quella che permette ad un padre di uccidere la propria figlia? Vorrei avere le certezze che oggi hanno tanti altri: vorrei avere la certezza che Eluana non sia per nulla cosciente, vorrei avere la certezza che, se potesse decidere, direbbe, oggi, di morire, vorrei avere la certezza che quello di suo padre sia amore vero e non stanchezza di vederla così oppure (perché no? Non sarebbe forse umano?) incapacità di gestire la propria sofferenza, oppure ancora incapacità di accogliere una figlia così diversa da quella che continuamente viene mostrata dalle foto date ai giornali e alle televisioni (È terribile soffrire, si può arrivare anche ad uccidere, quando si soffre. Ma è giusto che questo avvenga con la protezione di una sentenza dei giudici?).

    Vorrei avere tutte queste certezze, e invece, l’unica certezza che ho è quella della vita, prepotente di Eluana: del suo dormire e svegliarsi, del suo superare da sola le emorragie, dei suoi capelli che crescono. E della presenza di Cristo in Lei, un Cristo che, prepotentemente, chiede di essere servito con tenero amore. Come, guarda caso, stanno facendo le suore che da tanti anni hanno "adottato’’ Eluana, figlia prediletta di un Papa che è nei cieli.
    • don Roberto Pandolfi
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