Anno Liturgico 2005 - 2006

Omelie di Monsignor Antonio Riboldi e altri commenti alla Parola, a cura di miriam bolfissimo
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun nov 20, 2006 4:25 pm

Prima domenica di Avvento. 27 novembre 2005



Dal Vangelo secondo Marco (13, 33-37)

[33]State attenti, vegliate, perché non sapete quando sarà il momento preciso. [34]È come uno che è partito per un viaggio dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vigilare. [35]Vigilate dunque, poiché non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino, [36]perché non giunga all'improvviso, trovandovi addormentati. [37]Quello che dico a voi, lo dico a tutti: Vegliate!»

Il saluto che san Paolo rivolge alla comunità cristiana di Corinto mi sembra veramente adatto per iniziare un nuovo anno liturgico. La grazia di Dio, la sua benevolenza, la sua tenera delicatezza, riempiono di doni la nostra vita. La sua pace ci porta quella serenità interiore che ci permette di costruire relazioni di rispetto, di accoglienza, di amore verso tutti, vicini e lontani e vicini. Ne abbiamo proprio bisogno! E non solo in vista del santo Natale quando, si sa, molti diventano “un po’ più buoni”!
Il mondo intero ha bisogno di vedere e di contemplare la meravigliosa opera di Dio, la sua costante spinta alla ricerca e al compimento del bene, che tanti uomini e tante donne si sforzano di fare per rendere l’umanità sempre migliore. Il mondo intero ha bisogno di pace e di riconciliazione a partire dai più normali e vicini, le nostre famiglie, è per arrivare alla società intera e alle relazioni internazionali.
Abbiamo di fronte un anno intero in cui la grazia di Dio ci aiuterà a costruire la pace se troverà nel nostro cuore la disponibilità a lasciarsi plasmare dalla Spirito Santo. Un sogno? Un’utopia? Qualcosa di totalmente irrealizzabile? Io credo di no, se ognuno di noi provasse a rinnegare tutti quei cattivi sentimenti che creano discordia e rivalità, che alimentano il pettegolezzo e i giudizi malevoli, anche e soprattutto nella comunità cristiana. Allora, ci proviamo? (dR)
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Messaggio da miriam bolfissimo » lun nov 20, 2006 4:26 pm

Seconda domenica di Avvento. 4 dicembre 2005



Dal Vangelo secondo Marco (1, 1-8)

[1]Inizio del vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio. [2]Come è scritto nel profeta Isaia:

Ecco, io mando il mio messaggero davanti a te,
egli ti preparerà la strada.
[3]Voce di uno che grida nel deserto:
preparate la strada del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri,

[4]si presentò Giovanni a battezzare nel deserto, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. [5]Accorreva a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. [6]Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, si cibava di locuste e miele selvatico [7]e predicava: «Dopo di me viene uno che è più forte di me e al quale io non son degno di chinarmi per sciogliere i legacci dei suoi sandali. [8]Io vi ho battezzati con acqua, ma egli vi battezzerà con lo Spirito Santo».


Nella seconda domenica di avvento il vangelo ci presenta la figura di Giovanni il Battista, colui che annuncia la presenza del Salvatore. Austero ed anche un po’ minaccioso, Giovanni predica l’arrivo del giorno del Signore, un personaggio che svolgerà inflessibilmente il ruolo di giudice, punendo i peccatori e salvando i giusti. Di qui l’invito pressante alla conversione, a preparare la strada la Signore.
Forse anche per questo Giovanni il Battista rimane un po’ sconcertato davanti all’arrivo di Gesù, il cui stile non è certo quello del giudice che condanna, ma piuttosto quello del pastore che, secondo la profezia di Isaia che ci viene proposta come prima lettura, porta gli agnellini sul petto e conduce pian piano le pecore madri.
Un pastore dunque che dà a ciascuno ciò di cui ha bisogno, un pastore che porta pazienza, non volendo che alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi. come si legge nella seconda lettura.
Un Dio mite ed umile di cuore, che vuole la salvezza delle sue creature perché le ama di amore infinito, che si sforza in tutti i modi di attirarle a sé con legami di amore.
Ad onor del vero, però, spesso noi creature opponiamo una grande resistenza davanti all’amore di Dio, quasi come se ci trovassimo di fronte ad un avversario, ad un padre padrone, sempre pronto ad opprimerci. Non capiamo, purtroppo, che la sua parola è parola di libertà e di vita. (dR)
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Messaggio da miriam bolfissimo » lun nov 20, 2006 4:27 pm

Terza domenica di Avvento. 11 dicembre 2005



Dal Vangelo secondo Giovanni(1, 6-8; 1, 19-28)

[6]Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni. [7]Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. [8]Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza alla luce.

[19]E questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: «Chi sei tu?». [20]Egli confessò e non negò, e confessò: «Io non sono il Cristo». [21]Allora gli chiesero: «Che cosa dunque? Sei Elia?». Rispose: «Non lo sono». «Sei tu il profeta?». Rispose: «No». [22]Gli dissero dunque: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». [23]Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, come disse il profeta Isaia». [24]Essi erano stati mandati da parte dei farisei. [25]Lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque battezzi se tu non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». [26]Giovanni rispose loro: «Io battezzo con acqua, ma in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, [27]uno che viene dopo di me, al quale io non son degno di sciogliere il legaccio del sandalo». [28]Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.


Giovanni il Battista è colui che ci accompagna, in questo tempo di avvento, guidando la nostra preparazione all’incontro con il Signore Gesù. Il suo invito è perentorio: preprate la via del Signore!
La prima lettura di questa domenica, tratta dla profeta Isaia, ci aiuta a capir meglio in che cosa consiste questa “via”, rivelandoci quale missione è stata affidata al Messia. Egli, infatti, è stato mandato a portare il lieto annunzio ai poveri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l’anno della misericordia del Signore.
Ecco il punto. Il Signore Gesù viene a promulgare l’anno di misericordia del Signore, viene a dirci che Dio non si è stancato e non si stancherà mai della sua creatura, che la sua misericordia si stende sull’umanità.
Gesù è l’immagine vivente di questa misericordia, è colui che ha perdonato i peccatori, si è chinato sulla sofferenze umane, ha sanato l’uomo nell’anima e nel corpo. Gesù ha offerto la propria vita per un’umanità che molto spesso resta infedele, anzi che sembra fare di tutto per estrometterlo dalla propria esistenza.
Certo, un Messia così è un po’ lontano da quello che si aspettava Giovanni il Battista e da quello che si aspettano tanti di noi: a volte si preferisce un Gesù giustiziere, venuto a punire i peccatori più che a redimerli.
Senza renderci conto che i primi peccatori siamo noi, soprattutto quando ci sentiamo giusti. (dR)
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun nov 20, 2006 4:27 pm

Quarta domenica di Avvento. 18 dicembre 2005



Dal Vangelo secondo Luca (1, 26-38)

[26]Nel sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, [27]a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. [28]Entrando da lei, disse: «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te». [29]A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. [30]L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. [31]Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. [32]Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre [33]e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
[34]Allora Maria disse all'angelo: «Come è possibile? Non conosco uomo». [35]Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. [36]Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: [37]nulla è impossibile a Dio». [38]Allora Maria disse: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto». E l'angelo partì da lei.


Dopo Giovanni il Battista, la liturgia ci affida alle mani amorevoli di Maria per la nostra preparazione immediata al Natale. La Madonna che ha accolto con piena disponibilità un progetto di Dio così strano e sconcertante, ci aiuta a diventare discepoli del suo Figlio.
E che cosa significa essere discepoli che si preparano al Natale? Innanzi tutto il discepolo è colui che guarda all’essenziale. E l’essenziale, a Natale e sempre, è il Signore Gesù. Il discepolo non si fa distrarre dalle corse prenatalizie, non si lascia soffocare dalla festa, dimenticandosi del festeggiato. Il discepolo è colui che sa contemplare il mistero di Dio fatto uomo dedicandovi ogni giorno un tempo di riflessione.
Ecco il significato della novena, ecco il significato della corona d’avvento nelle nostre famiglie: ma in quante famiglie è stata fatta la corona e in quante famiglie si prega la novena?
La lettura e la meditazione dei brani biblici di quest’ultima settimana, la preghiera più intensa e prolungata dovrebbero distinguere il discepolo autentico da quello che corre semplicemente dietro alla festa esteriore.
E poi il discepolo è colui che si ricorda della solidarietà. È bello fare un regalo ed è altrettanto bello riceverne: significa mostrare affetto e attenzione per l’altra persona. Ma c’è anche chi ha realmente bisogno e, anche a Natale, non avrà granché per festeggiare: anche in queste persone vive il festeggiato, da accogliere e da sostenere… (dR)
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun nov 20, 2006 4:29 pm

Natale del Signore. 25 dicembre 2005



Il Natale affascina sempre e non soltanto i bambini.

Forse è proprio il carico di mistero e di gioia trepidante che si porta dietro fin da quando eravamo piccoli ed attendevamo Gesù Bambino che porta i doni…

Forse questo Dio che si piccolo riesce ancora a commuovere e a smuovere.

Come spiegare altrimenti, tutta la solidarietà, fossero pure pochi spiccioli che, a Natale, si riversa sui bisognosi? Come spiegare quella ricerca, davvero a volte fin troppo affannosa, del regalo per quelle persone che ci stanno a cuore?

È vero, c’è tanto consumismo a Natale, però c’è anche tanto amore!

Quel Dio che si fa piccolo tocca i cuori e li attira almeno un pochino verso di sé.

Sarà forse il folklore che spinge tanta gente, che di solito non ci va, a partecipare alla messa a Natale? Non credo…

Voglio credere invece, che sia quella fiammella di fede rimasta magari in fondo la cuore, che il Dio bambino sa riaccendere.

A Natale c’è il risveglio: sembra paradossale, ma nel pieno del letargo invernale, nel buio e nel freddo, splendono le luci nelle strade e splende un po’ di luce nel nostro cuore!

Buona natale, allora!

Mi auguro e vi auguro di saper guardare il mondo e le persone con gli occhi di Dio, che sono occhi di benevolenza. (dR)
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun nov 20, 2006 4:30 pm

Maria Santissima Madre di Dio. 1 gennaio 2006



Dal Vangelo secondo Luca(2, 16-21)

[16]Andarono dunque senz'indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia. [17]E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. [18]Tutti quelli che udirono, si stupirono delle cose che i pastori dicevano. [19]Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore.
[20]I pastori poi se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com'era stato detto loro.
[21]Quando furono passati gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall'angelo prima di essere concepito nel grembo della madre.


Finisce un anno e ne inizia un altro: detto così sembra un fatto puramente cronologico, quasi una pratica burocratica che richiede solo un po’ di attenzione quando dobbiamo scrivere una data. E invece, dietro a un anno che giunge al termine, ci sono tante esperienze, tante gioie, tanti dolori: c’è la vita!
Una vita che ha esaurito, sempre troppo in fretta, un’altra sua parte e che non ci è più dato di ripercorrere. Il tempo sembra sfuggire inesorabilmente dalle nostre mani e rischia sempre di travolgerci con mille cose da fare… e se trovassimo anche un po’ di tempo per pensare?
Oh, certo, pensare non è facile e qualche volta fa anche male. Si corre il rischio pensando, di capire che la nostra vita va cambiata un pochino, che ci sono cose più importanti del lavoro, dei soldi, delle vacanze. Si rischia di arrivare alla conclusione che vale di più un sorriso, un abbraccio, un gesto di amore gratuito. È sempre un rischio, pensare.
Perché possiamo scoprire che non abbiamo sempre ragione noi, ma qualche volta hanno ragione anche gli altri. Che in quell’occasione abbiamo sbagliato noi e quindi sarebbe il caso di chiedere scusa, senza fare i sostenuti. Pensare significa prendere in considerazione l’ipotesi che Dio non è un sopramobile o un oggetto di consumo, da utilizzare a Natale o quando se ne ha bisogno: Dio ci vuole bene tutti i giorni e ci invita a contraccambiare. Che il nuovo anno ci aiuti a pensare! (dR)

No, amici, oggi non festeggiamo san Capodanno! Ci raduniamo all'inizio del nuovo anno, per invocare su di noi la benedizione di Dio, per imitare l'atteggiamento di Maria, per invocare sul mondo il dono della Pace.
La splendida benedizione del libro dei Numeri contenuta nella prima lettura è l'augurio più bello che ci possiamo fare: che Dio faccia splendere il suo volto su di noi in questo anno; che, cioè, ci sorrida.
La nostra vita sarà più o meno felice, avremo più o meno guai e soddisfazioni. Se, qualunque cosa accada, vedremo il sereno sorriso di Dio, riusciremo a superare ogni difficoltà...
Per vedere Dio sorridere imitiamo Maria nel suo atteggiamento di meditazione, di riflessione interiore. Maria trova tempo per riflettere, per il "dentro", mette insieme i pezzi, come scrive Luca: facciamo in modo di dedicare del tempo, in quest'anno che inizia, all'interiorità, riscopriamo la bellezza della preghiera, l'armonia del silenzio, il coraggio della meditazione.+
Ricominciamo da Dio! Così facendo cresceremo nella pace del cuore, pace che si riverbera in una vita pacificata, pace che è pienezza di vita, non assenza di conflitto. E sarà davvero un buon anno nuovo! (Paolo Curtaz)
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun nov 20, 2006 4:31 pm

Epifania del Signore. 6 gennaio 2006



Dal Vangelo secondo Matteo (2, 1-12)

[1]Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano: [2]«Dov'è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo». [3]All'udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. [4]Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s'informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia. [5]Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta:
[6]E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda: da te uscirà infatti un capo che pascerà il mio popolo, Israele.
[7]Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella [8]e li inviò a Betlemme esortandoli: «Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo».
[9]Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. [10]Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia. [11]Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. [12]Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese.


I Magi, cercatori di Dio, seguono una loro intuizione scientifica: forse quel fenomeno celeste appena scoperto indica la nascita di un re! Non sanno, questi curiosi, che ogni ricerca fatta con onestà intellettuale e passione porta, infine, a scoprire il volto di un Dio incontra-bile, accessibile.
Diversamente dai sacerdoti, che sanno dove doveva nascere l'Atteso e non vanno a verificare, diversamente dalla gente di Gerusalemme, che fa gossip religioso per poi pensare ad altro, diversamente da Erode che, terrorizzato, vede le vecchie favole dei profeti concretizzarsi in un re concorrente (non ha da preoccuparsi, Erode, di questo re servo!), gli unici ad incontrare Dio sono dei pagani desiderosi di conoscere.
La loro ricerca è premiata: i doni che offrono a Gesù simboleggiano la loro nuova fede in quel bambino riconosciuto come re, l'oro, come Dio, l'incenso, come estinto, la mirra.
Tornano al loro Paese per un'altra strada: ora la loro vita è cambiata.
Cercatori di Dio, oggi è la nostra festa, inquieti amanti della vita, assetati e scontenti di tutti i tempi, i Magi ci indicano il percorso dello stupore. Oggi Dio si svela ad ogni uomo! (Paolo Curtaz)
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun nov 20, 2006 4:32 pm

Battesimo del Signore. 8 gennaio 2006



Dal Vangelo secondo Marco (1, 7-11)

([6]Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, si cibava di locuste e miele selvatico) [7]e predicava: «Dopo di me viene uno che è più forte di me e al quale io non son degno di chinarmi per sciogliere i legacci dei suoi sandali. [8]Io vi ho battezzati con acqua, ma egli vi battezzerà con lo Spirito Santo».
[9]In quei giorni Gesù venne da Nazaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. [10]E, uscendo dall'acqua, vide aprirsi i cieli e lo Spirito discendere su di lui come una colomba. [11]E si sentì una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto».


Terminate le feste della nascita e dell’infanzia di Gesù ci troviamo catapultati nella sua missione pubblica, che inizia con il Battesimo.
Sono trascorsi all’incirca trent’anni, vissuti nel silenzio e nel nascondimento di Nazareth. E verrebbe da chiedersi il senso di tutto quel tempo, che nella nostra mentalità, appare sprecato: non poteva Gesù iniziare prima a fare miracoli, a percorrere la Palestina per annunciare la buona novella?
Ma i pensieri di Dio non sono i nostri pensieri, Dio opera sempre, anche quando non fa rumore. Dio agisce nel silenzio per farci capire che il silenzio è importante. Gesù si prepara nel silenzio, lontano dai riflettori alla sua missione.
È bello pensare che il lavoro quotidiano e umile, la vita di una famiglia dignitosamente povera, il rapporto intimo con Dio vissuto ogni giorno nella preghiera siano il terreno fertile sul quale cresce una missione universale, che porterà al dono totale di sé.
Gesù che si mette in fila per ricevere il Battesimo di Giovanni. Gesù che è il Figlio prediletto, questo Gesù è colui che per trent’anni ha fato il suo dovere di figlio in una famiglia umana.
Che bello, allora, riconciliarci con i nostri doveri quotidiani, con il lavoro spesso pesante, con lo studio, con tutto quello che potrebbe apparire vuoto e senza sapore: lì è presente Dio! (dR)
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun nov 20, 2006 4:33 pm

II domenica del tempo ordinario. 15 gennaio 2006



Dal Vangelo secondo Giovanni (1, 35-42)

[35]Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli [36]e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l'agnello di Dio!». [37]E i due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. [38]Gesù allora si voltò e, vedendo che lo seguivano, disse: «Che cercate?». Gli risposero: «Rabbì (che significa maestro), dove abiti?». [39]Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove abitava e quel giorno si fermarono presso di lui; erano circa le quattro del pomeriggio.
[40]Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. [41]Egli incontrò per primo suo fratello Simone, e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia (che significa il Cristo)» [42]e lo condusse da Gesù. Gesù, fissando lo sguardo su di lui, disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; ti chiamerai Cefa (che vuol dire Pietro)».


La chiamata che Gesù rivolge ai due discepoli che lo stanno seguendo potrebbe, a prima vista, sembrare brutale. Ma, se ci pensiamo bene, questa domanda esprime la sostanza di tutta la nostra vita.
Noi siamo in continua ricerca: cerchiamo il benessere, la tranquillità, in una parola cerchiamo la felicità. Siamo all'eterno inseguimento di qualcosa che non riusciamo mai ad ottenere completamente. Quando raggiungiamo un obiettivo, immediatamente ce ne poniamo uno successivo. Verrebbe quasi da dire che la nostra vita è un "inseguire il vento".
Qualche volta ci capita anche con Dio: che cosa cerchiamo da Lui? E perché lo cerchiamo? La nostra ricerca di Dio è solo qualcosa di utilitaristico oppure è una sete profonda di chi sa trasformare la nostra vita per renderla dono gratuito ai fratelli?
"Chi cercate?", dice Gesù e sembra già voler mettere dei paletti: se cercate il fenomeno da baraccone, quello che fa i miracoli, quello che predica dottrine politiche, quello che stermina i peccatori, allora avete sbagliato indirizzo. Se cercate la tranquillità del "vivere e lascia vivere", il benessere materiale ed il ripiegamento egoistico su voi stessi, allora avete sbagliato indirizzo.
Che cosa cerchiamo nella nostra vita? L'uomo è come un pellegrino: tappa dopo tappa il suo viaggio si snoda fino ad arrivare all'incontro con Dio, nel giorno della nostra morte.
Ecco, proprio alla luce di questo incontro dovremo rispondere alla domanda: che cercate? (dR)
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun nov 20, 2006 4:37 pm

III domenica del tempo ordinario. 22 gennaio 2006



Dal Vangelo secondo Marco (1, 14-20)

[14]Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù si recò nella Galilea predicando il vangelo di Dio e diceva: [15]«Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo».
[16]Passando lungo il mare della Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. [17]Gesù disse loro: «Seguitemi, vi farò diventare pescatori di uomini». [18]E subito, lasciate le reti, lo seguirono. [19]Andando un poco oltre, vide sulla barca anche Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello mentre riassettavano le reti. [20]Li chiamò. Ed essi, lasciato il loro padre Zebedèo sulla barca con i garzoni, lo seguirono.


La chiamata dei primi discepoli, così come la racconta l'evangelista Marco, si svolge nella quotidianità, nella normalità di un giorno di lavoro come gli altri.
Simone e Andrea vengono chiamati da Gesù mentre gettano le reti in mare, Giacomo e Giovanni mentre riassettano le reti. Uomini semplici, che conducono una vita semplice, legata al lavoro e alla famiglia.
Gesù non gente famosa o esperta di Sacre Scritture: Gesù sceglie quelli che Egli vuole. Tutti possono essere scelti: pubblicani, zeloti, cananei. È molto varia l'umanità presente nel collegio apostolico. Potremmo dire che già rispecchia quella che, alcuni anni dopo, diventerà l'universalità della Chiesa.
Anche noi siamo stati chiamati, nel giorno dei nostro Battesimo, ad essere discepoli di Gesù. Dì conseguenza ognuno di noi è stato chiamato ad essere pescatore di uomini. Cioè ad essere missionario, ad annunciare la parola di salvezza del vangelo. Sostanzialmente a ripetere l'annuncio di Gesù riportato all'inizio del brano evangelico odierno: "Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino: convertitevi e credete al vangelo".
Seguire Gesù significa, allora, farci prendere dalla sua ansia apostolica, dal desiderio di vedere salva l'umanità intera. Significa trovare il coraggio di parlare di Dio a tutti e di mettere ciascuno davanti alla propria meta: la felicità eterna. Spesso incontriamo persone che, dietro l’apparenza di una vita spensierata, sono tristi e insoddisfatte. Qualche volta lo siamo anche noi…
Che sia davvero arrivato, per tutti, il tempo di convertirsi e credere ai vangelo? (dR)
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun nov 20, 2006 4:37 pm

IV domenica del tempo ordinario. 29 gennaio 2006



Dal Vangelo secondo Marco (1, 14-20)

[21]Andarono a Cafarnao e, entrato proprio di sabato nella sinagoga, Gesù si mise ad insegnare. [22]Ed erano stupiti del suo insegnamento, perché insegnava loro come uno che ha autorità e non come gli scribi. [23]Allora un uomo che era nella sinagoga, posseduto da uno spirito immondo, si mise a gridare: [24]«Che c'entri con noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci! Io so chi tu sei: il santo di Dio». [25]E Gesù lo sgridò: «Taci! Esci da quell'uomo». [26]E lo spirito immondo, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. [27]Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Una dottrina nuova insegnata con autorità. Comanda persino agli spiriti immondi e gli obbediscono!». [28]La sua fama si diffuse subito dovunque nei dintorni della Galilea.

I contemporanei di Gesù lo ascoltano nella Sinagoga di Cafarnao e non possono fare a meno di constatare che Egli insegna come uno che ha autorità e non come gli Scribi.
"Avere autorità" significa ricondurre il proprio insegnamento direttamente a Dio: è Dio la fonte dalla Sapienza, è Dio che pronuncia la Parola che deve essere trasmessa. Anche oggi, in una situazione nella quale tanti insegnano, sarebbe importante per i discepoli di Gesù, precisi criteri di discernimento per capire quali sono gli Insegnamenti "autorevoli" e quali no.
Il criterio principale resta la conformità di questi insegnamenti con il Vangelo. Quando, per esempio, si parla di rispetto della vita, di famiglia, di accoglienza, di aiuto al prossimo, di poveri e forestieri, ogni tanto non sarebbe male una sbirciatina a quel libretto che ogni cristiano dovrebbe conoscere quasi a memoria e che invece è praticamente sconosciuto ai più. E quel "libretto" è il Vangelo.
Certo, in una giornata abbiamo tante cose da fare e nei pochi momenti di relax ci piace guardare un bel film oppure una bella rissa in TV, magari nel primo pomeriggio della domenica. E poi, perché rinunciare al calcio, alla tante letture che riempiono i nostri momenti liberi, per leggere qualcosa di cui ci parlano fin da quando siamo bambini. E così, con il presupposto che siamo tutti cristiani, abbiamo perso di vista che cosa voglia dire esserlo veramente. E pensare che, ognuno di noi, per far funzionare al meglio qualsiasi elettrodomestico legge il libretto delle istruzioni!
Tutto questo par dire che il Vangelo è "autorevole" perché è la Parola di Gesù. (dR)
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun nov 20, 2006 4:40 pm

V domenica del tempo ordinario. 5 febbraio 2006



Dal Vangelo secondo Marco (1, 29-39)

[29]E, usciti dalla sinagoga, si recarono subito in casa di Simone e di Andrea, in compagnia di Giacomo e di Giovanni. [30]La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. [31]Egli, accostatosi, la sollevò prendendola per mano; la febbre la lasciò ed essa si mise a servirli.
[32]Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. [33]Tutta la città era riunita davanti alla porta. [34]Guarì molti che erano afflitti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano.
[35]Al mattino si alzò quando ancora era buio e, uscito di casa, si ritirò in un luogo deserto e là pregava. [36]Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce [37]e, trovatolo, gli dissero: «Tutti ti cercano!». [38]Egli disse loro: «Andiamocene altrove per i villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!». [39]E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.


”Guai a me se non predicassi il Vangelo”: questa frase della seconda lettura, tratta dalla prima lettera ai Corinzi, ci fa capire bene l'importanza che rivestiva, per san Paolo, l'annuncio de! Vangelo.
Ogni discepolo di Gesù dovrebbe sentirsi rivestito di questa missione: annunciare a tutti che Cristo è la salvezza dell'uomo. Per usare l’espressione che dà il titolo alla prima enciclica di Benedetto XVI e che è il cuore della rivelazione cristiana, dovremmo annunciare a tutti che "Dio è amore"!.
Non è certo un annuncio facile da fare. Il Vangelo, infatti, è un libro sostanzialmente sconosciuto anche per tante persone che vanno in Chiesa. Annunciarlo, con le parole e con la vita, sembrerebbe affare di pochi, di quello che lo scelgono come "professione" o che vanno in terra di missione. In realtà il Vangelo è una persona, è Gesù, il Dio uomo.
Noi dovremmo permettere a tutti dì incontrare questa persona, che vive nella Chiesa e, con il Battesimo, ha iniziato a vivere in ciascuno di noi.
È l'incontro con Gesù che può trasformare la vita e rendere una persona da buona e onesta a "santa". È l'incontro con Gesù che ci fa appassionare all'uomo e alla sua sorte terrena e ultraterrena, che ci fa lottare in difesa dei più deboli, che ci fa essere costruttori di qualche pace che è cosi difficile radicare nei cuori; l'incontro con Gesù ci fa passare dal nostro ritenerci giusti (non ho rubato, non ho ammazzato, quindi non faccio peccati) al sentirci indignati, miseri e peccatori perché incapaci tante volte di vivere l'amore nei gesti e nelle parole di ogni giorno, indifferenti davanti alla sofferenza di tanti nostri fratelli. (dR)
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun nov 20, 2006 4:41 pm

VI domenica del tempo ordinario. 12 febbraio 2006



Dal Vangelo secondo Marco (1, 29-39)

[40]Allora venne a lui un lebbroso: lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi guarirmi!». [41]Mosso a compassione, stese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, guarisci!». [42]Subito la lebbra scomparve ed egli guarì. [43]E, ammonendolo severamente, lo rimandò e gli disse: [44]«Guarda di non dir niente a nessuno, ma và, presentati al sacerdote, e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha ordinato, a testimonianza per loro». [45]Ma quegli, allontanatosi, cominciò a proclamare e a divulgare il fatto, al punto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma se ne stava fuori, in luoghi deserti, e venivano a lui da ogni parte.

Gesù guarisce il lebbroso e per farlo stende la mano e tocca l’uomo malato. È bello questo gesto di Gesù, che non si limita a parlare (la sua parola è efficace: sarebbe bastata quella per realizzare…) ma vuole anche fare un gesto significativo che infrange le barriere imposte dalla legge che non permetteva di toccare un lebbroso.
Gesù mette invece al centro del suo ministero la persona. È l’uomo, con il suo carico di sofferenza e di peccato, ad avere la costante attenzione di Gesù. È l’uomo che ha bisogno di sentirsi amato da Dio, che ha bisogno di gesti di tenerezza, che ha bisogno di essere riconosciuto nella sua dignità. Dignità che permane sempre, anche se può essere sfigurata dalla malattia e, soprattutto, dal peccato.
E proprio il peccato è la lebbra peggiore, quella contro la quale è più difficile combattere e quella che rende l’uomo veramente schiavo. Spesso la malattia e la sofferenza fisica possono anche, con l’aiuto della grazia di Dio, trovare e donare un fondo di serenità nella persona provata, possono addirittura diventare una forza liberante, attraverso la quale si diventa più grandi nella fede. Il peccato, invece, lascia l’uomo in uno stato di illusione e di alienazione, perché gli fa ricercare la felicità in qualcosa che non può darla e gli fa perdere di vista il senso della vita, che consiste nel donarsi.
Gesù si fa vicino al malato, ma soprattutto al peccatore. Lo invita in modo dolce e fermo ad uscire dalla spirale di egoismo e di orgoglio che lo avvolge per diventare un dono di Dio per il mondo intero. (dR)
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun nov 20, 2006 4:42 pm

VII domenica del tempo ordinario. 19 febbraio 2006



Dal Vangelo secondo Marco (2, 1-12)

[1]Ed entrò di nuovo a Cafarnao dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa [2]e si radunarono tante persone, da non esserci più posto neanche davanti alla porta, ed egli annunziava loro la parola.
[3]Si recarono da lui con un paralitico portato da quattro persone. [4]Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dov'egli si trovava e, fatta un'apertura, calarono il lettuccio su cui giaceva il paralitico. [5]Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico: «Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati».
[6]Seduti là erano alcuni scribi che pensavano in cuor loro: [7]«Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può rimettere i peccati se non Dio solo?».
[8]Ma Gesù, avendo subito conosciuto nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: «Perché pensate così nei vostri cuori? [9]Che cosa è più facile: dire al paralitico: Ti sono rimessi i peccati, o dire: Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina? [10]Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati, [11]ti ordino - disse al paralitico - alzati, prendi il tuo lettuccio e và a casa tua». [12]Quegli si alzò, prese il suo lettuccio e se ne andò in presenza di tutti e tutti si meravigliarono e lodavano Dio dicendo: «Non abbiamo mai visto nulla di simile!»


È molto significativo l’episodio che ci presenta oggi il Vangelo. La guarigione del paralitico raccontataci da Marco meraviglia per un particolare: il miracolo più grande, secondo Gesù, non è far camminare un uomo paralizzato, ma è l’averlo liberato dai peccati. Questo ci dice che ciò di cui dobbiamo davvero temere non è la sofferenza dovuta ad una malattia, bensì quella tremenda malattia dell’anima che è il peccato.
Anche se tante volte possiamo essere affascinati dal trasgredire la legge di Dio, anche se spesso il mondo attorno a noi ci indica come modelli di felicità persone che hanno fatto dell’egoismo e dell’edonismo i propri idoli, noi sappiamo che la vera felicità per l’uomo è stare dalla parte di Dio, è amare ad ogni costo. Non è facile avere e mantenere questa convinzione, anche perché spesso non abbiamo nemmeno tempo per pensare: la nostra vita diventa una corsa affannosa che ci fa arrivare a sera stravolti. I nostri attuali “maestri di pensiero” (si fa per dire…) contano proprio su questa difficoltà nel riflettere profondamente per proporci i loro slogan che richiedono non una seria meditazione, ma un’accettazione supina e immediata. In fondo, è lo stesso principio che regola la pubblicità!
Gesù, invece, ci invita sempre a pensare e riflettere. Ci invita a non accontentarci delle apparenze, a non volere un miracolo visibile e materiale come quello di un paralitico che si alza e, portando il proprio lettuccio, torna a casa sua. Gesù ci invita a guardarci dentro profondamente, per cogliere i valori e le realtà davvero importanti per noi e per il mondo intero. (dR)
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun nov 20, 2006 4:43 pm

VIII domenica del tempo ordinario. 26 febbraio 2006



Dal Vangelo secondo Marco (2, 18-22)

[18]Ora i discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Si recarono allora da Gesù e gli dissero: «Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». [19]Gesù disse loro: «Possono forse digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. [20]Ma verranno i giorni in cui sarà loro tolto lo sposo e allora digiuneranno. [21]Nessuno cuce una toppa di panno grezzo su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo squarcia il vecchio e si forma uno strappo peggiore. [22]E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri e si perdono vino e otri, ma vino nuovo in otri nuovi».

L’immagine nuziale percorre la Scrittura come il simbolo dell'unione di Dio con il suo popolo: Dio si mostra come uno sposo sollecito e appassionato, che cerca continuamente di salvare e di proteggere la sua sposa, cioè il suo popolo.
L'alleanza sponsale, fatta di esclusività e dedizione, è il simbolo dell'unione totale che Dio vuole vivere con l'umanità, anche se questa lo rifiuta o lo tradisce. Anche Gesù usa questa immagine per parlare di sé e molte volte nel Vangelo il regno di Dio è presentato come un banchetto di nozze, come una festa meravigliosa. Egli è allora lo Sposo che è arrivato per unirsi alla sua sposa, la comunità dei credenti. Ecco perché i discepoli devono vivere nella gioia.
È questa la prima caratteristica del fedele: accogliere e testimoniare la gioia senza fine del Dio della festa, la gioia pasquale del Risorto che è sempre presente in mezzo ai suoi.
È questa la novità che chiede otri nuovi, pezze nuove, che chiede la totale capacità di rinnovarsi fin nel profondo per accogliere il messaggio del Salvatore.
Questa non è però la spensieratezza di chi vive da gaudente, ma è una gioia che, come quella di Cristo, passa attraverso il sacrificio, la passione, la morte. (Elide Siviere)
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun nov 20, 2006 4:44 pm

I domenica di Quaresima. 5 marzo 2006



Dal Vangelo secondo Marco (1, 12-15)

[12]Subito dopo lo Spirito lo sospinse nel deserto [13]e vi rimase quaranta giorni, tentato da satana; stava con le fiere e gli angeli lo servivano. [14]Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù si recò nella Galilea predicando il vangelo di Dio e diceva: [15]«Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo».

Iniziamo la Quaresima con questo annuncio di Gesù: “Il Regno di Dio è vicino”. Egli è pellegrino e percorre la Galilea annunciando la prossimità di Dio, invitando alla conversione e ad avere fede nella buona novella, il Vangelo appunto.
Anche per noi la Quaresima è un pellegrinaggio, un cammino attraverso il deserto per purificarci e lasciare da parte l’egoismo, la pigrizia e l’orgoglio che ci impediscono di essere come Dio ci vuole.
Per vivere bene questo pellegrinaggio occorre attrezzarci di poche, ma indispensabili cose: la preghiera, il digiuno e la carità. Siamo tentati, particolarmente al giorno d’oggi, di vedere come sprecato il tempo usato per Dio nella preghiera: siamo tutti tentati dall’attivismo e dall’efficientismo, che ci fanno misurare la nostra vita con il metro delle cose fatte.
Trovare momenti di riflessione, di preghiera e di silenzio, magari rinunciando ad un po’ di televisione, gioverebbe immensamente alla nostra serenità e ci farebbe essere più contenti, meno stressati e irascibili. Così come ci aiuterebbe tantissimo dedicare un po’ di tempo e di attenzione agli altri, riscoprendo il valore della solidarietà, della condivisione dei propri beni: è, tra l’altro, questo il senso più profondo del digiuno cristiano: rinunciare a qualcosa per donare il corrispettivo a qualcuno.
Per questo e per tanti altri motivi la Quaresima è un tempo di grazia particolare: ci possiamo accorgere, infatti, che il Regno di Dio è qui, accanto a noi e noi stessi ne facciamo parte e lo edifichiamo.
Il Regno di gioia, di giustizia, di pace e di amore è anche nelle nostre mani. (dR)
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun nov 20, 2006 4:49 pm

II domenica di Quaresima. 12 marzo 2006



Dal Vangelo secondo Marco (9, 2-10)

[2]Dopo sei giorni, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li portò sopra un monte alto, in un luogo appartato, loro soli. Si trasfigurò davanti a loro [3]e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. [4]E apparve loro Elia con Mosè e discorrevano con Gesù. [5]Prendendo allora la parola, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi stare qui; facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia!». [6]Non sapeva infatti che cosa dire, poiché erano stati presi dallo spavento. [7]Poi si formò una nube che li avvolse nell'ombra e uscì una voce dalla nube: «Questi è il Figlio mio prediletto; ascoltatelo!». [8]E subito guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo con loro.
[9]Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare a nessuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell'uomo fosse risuscitato dai morti. [10]Ed essi tennero per sé la cosa, domandandosi però che cosa volesse dire risuscitare dai morti.


“Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?”: questa frase di san Paolo tratta dalla lettera ai Romani, si inquadra oggi in due episodi molto belli e significativi: da una parte Abramo che accetta di sacrificare il proprio figlio ma, all’ultimo momento, viene fermato da un angelo del Signore; dall’altra Gesù che si trasfigura sul monte, davanti a Pietro, Giacomo e Giovanni. L’evento della Trasfigurazione serve a far capire ai discepoli la divinità di Gesù, risollevandoli dopo l’annuncio della Passione e della Morte.
Dunque, abbiamo un Dio che ci accompagna sempre, che non esita a mettere ala prova la nostra fede ma che ci dà sempre l’aiuto necessario per superare la prova. Qualche volta capita di non sentire al vicinanza di Dio: ci sentiamo abbandonati e ci sembra di dover lottare da soli contro le avversità, la nostra fede si riempie di dubbi e vacilla anche un po’. Facciamo fatica a credere che il Signore vuole sempre il nostro bene e ci ama di un amore infinito.
Ecco perché dovremmo prendere come modello Abramo: egli crede senza esitazioni, sa che Dio è fedele alle promesse, si rimette completamente nelle sue mani; per questo è disposto ad ubbidire anche aduna richiesta apparentemente così assurda: sacrificare suo figlio Isacco che gli era stato donato da Dio stesso! Abramo diventa così il modello per il credente di ogni tempo perché ripone tutta la sua fiducia in Dio e nella sua sapienza: e riceve il premio. È un traguardo a cui siamo chiamati anche noi: credere che Dio ci ama sempre!
Ecco perché: “Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?” (dR)
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun nov 20, 2006 4:50 pm

III domenica di Quaresima. 19 marzo 2006



Dal Vangelo secondo Giovanni (2, 13-25)

[13]Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. [14]Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe, e i cambiavalute seduti al banco. [15]Fatta allora una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori del tempio con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiavalute e ne rovesciò i banchi, [16]e ai venditori di colombe disse: «Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato». [17]I discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divora.
[18]Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». [19]Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». [20]Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». [21]Ma egli parlava del tempio del suo corpo. [22]Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
[23]Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa molti, vedendo i segni che faceva, credettero nel suo nome. [24]Gesù però non si confidava con loro, perché conosceva tutti [25]e non aveva bisogno che qualcuno gli desse testimonianza su un altro, egli infatti sapeva quello che c'è in ogni uomo.


Come seconda lettura in questa terza domenica di quaresima ci viene proposto un brano memorabile tratto dalla prima lettera ai Corinzi nel quale san Paolo presenta la Croce come segno della sapienza e della potenza di Dio, anche se agli occhi degli uomini appare come scandalo e stoltezza. L’apostolo avverte tutte le difficoltà di presentare “Cristo crocifisso”: non è facile, infatti, capire il senso autentico di questa scelta di Dio.
Un Dio che muore soffrendo può essere colto nel suo vero aspetto, quello dell’Amore, solo se ci si libera da tanti pregiudizi legati ad un modo astratto di pensare a Dio. Spesso capita, ed il Santo Padre ripete spesso questo concetto, di incontrare persone che si sono formate una propria idea di Dio e di Gesù Cristo, poco o niente corrispondente a quella che ci viene trasmessa dai vangeli. Un’ idea che ben si adatta ai caratteri e ai desideri di ciascuno e che, quindi, accoglie di Dio solo quello che ritorna più utile o comodo.
Ecco perché la Croce intesa come atto di vero Amore portato all’estremo fa un po’ paura. È persino più facile accogliere il crocifisso come immagine del dolore del mondo (chi di noi non soffre? chi non ha bisogno di aggregarsi a qualcosa o a qualcuno nella sofferenza?...) piuttosto che come immagine di un Amore senza limiti, disposto al sacrificio di sé anche per chi è ostile, nemico e persecutore.
Un Amore che perdona “settanta volte sette”, anche ai suoi crocifissori: è sconvolgente un Dio così! Ed è ancora più sconvolgente quello che ci dice: “imparate da me, che sono mite e umile di cuore”. (dR)
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun nov 20, 2006 4:54 pm

IV domenica di Quaresima. 26 marzo 2006



Dal Vangelo secondo Giovanni (3, 14-21)

[14]E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, [15]perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna».
[16]Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. [17]Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui. [18]Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è gia stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio. [19]E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie. [20]Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere. [21]Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio.


È un'espressione famosa, quella che san Paolo usa nella lettera agli Efesini e che oggi ci viene proposta nella seconda lettura: Dio, ricco di misericordia, ci ha amati. Il cammino quaresimale, con le sue penitenze e i suoi sacrifici, rischia di farci vedere la nostra religione come un insieme di precetti che vogliono e mortificare l’uomo, condannandolo all'infelicità.
"Infelici in questa terra, per poter essere felici in Paradiso" potrebbe essere lo slogan dietro il quale si cela una certa concezione dei cattolicesimo, concezione molto viva in ambienti esterni alla Chiesa, ma che spesso anche noi, appartenenti alla Chiesa, ci sforziamo di avvalorare. Peccato che questa nostra concezione della nostra religione abbia come conseguenza anche il vedere Dio in modo sbagliato: Dio non è più il Padre misericordioso, che ama i suoi figli, ma è il padrone un po' sadico, che si diverte a far soffrire l'uomo, mandandogli continue sofferenze e, quando non ne manda, proponendogli di infliggersele da sé.
Le rinunce quaresimali sono proprio viste in quest'ottica: sofferenze inutili, che non servono a niente, prodotte da una mente con qualche problema e che, di certo, non vuole bene all’uomo.
Dio, invece, è ricco di misericordia! Dio ama in modo infinito e chiede a noi di lasciarci coinvolgere in questo Amore! Certo; dovremmo chiederci quanto riusciamo, noi, ad essere l’immagine da cui traspare questo Amore, quanto riusciamo ad essere misericordiosi, accoglienti, amorevoli…
Non dimentichiamo che Dio affida la sua immagine a noi: vedendo noi le persone possono vedere Lui per come è oppure una sua caricatura oppure esattamente l'opposto di come Lui è. (dR)
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun nov 20, 2006 4:54 pm

V domenica di Quaresima. 2 aprile 2006



Dal Vangelo secondo Giovanni (12, 20-33)

[20]Tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa, c'erano anche alcuni Greci. [21]Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli chiesero: «Signore, vogliamo vedere Gesù». [22]Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. [23]Gesù rispose: «E' giunta l'ora che sia glorificato il Figlio dell'uomo. [24]In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. [25]Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna. [26]Se uno mi vuol servire mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre lo onorerà. [27]Ora l'anima mia è turbata; e che devo dire? Padre, salvami da quest'ora? Ma per questo sono giunto a quest'ora! [28]Padre, glorifica il tuo nome». Venne allora una voce dal cielo: «L'ho glorificato e di nuovo lo glorificherò!».
[29]La folla che era presente e aveva udito diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». [30]Rispose Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. [31]Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. [32]Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me». [33]Questo diceva per indicare di qual morte doveva morire.


“Vogliamo vedere Gesù!”: la richiesta che alcuni Greci fanno a Filippo è di grande attualità. Durante la sua missione terrena attorno a Gesù si crea una grande curiosità: molti lo cercano, le folle lo seguono, sempre desiderose di vedere un miracolo o di ascoltare la sua Parola. Chi vogliono veramente incontrare questi Greci? Che cosa li spinge a veder Gesù?
Potremmo rivolgere! la stessa domanda riguardo alle folle di oggi, non solo a quelle di piazza San Pietro o dei giovani di Colonia, ma le folle più "normali", che abitano i nostri paesi e le nostre città. Folle che lavorano, studiano, si divertono, hanno mille problemi, Chissà se anche in esse c'è li desiderio dì vedere, di incontrare Gesù. Qualche volta ho l'impressione che questo sia l'ultimo dei loro Interessi, che Gesù sia visto come un superfluo, che non incide minimamente nella vita.
Eppure tantissime persone avrebbero la possibilità di vederlo e di incontrarlo sui posto di lavoro, a scuola, quando si fa la spesa, quando si cammina per la strada. Lo potrebbero vedere e incontrare nei suoi discepoli, che in suo nome continuano a trasmettere e a mettere in pratica la parola del vangelo. Potrebbero capire, vedendo i suoi discepoli, che gli stesi ideali proposti da Gesù non sono astratti e irraggiungibili, ma possono essere vissuti e cambiare il mondo.
È importante che i discepoli di Gesù si rendano conto d essere la via più normale perché le folle di oggi possano incontrare il Maestro.
La novità del vangelo la sua carica di amore senza limiti dovrebbero davvero essere lo sfondo dei pensieri, delle parole e delle azioni di chi si professa cristiano. (dR)
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun nov 20, 2006 4:58 pm

Domenica delle Palme. 9 aprile 2006



Dal Vangelo secondo Marco (14,1 – 15,47)

Capitolo 14 - Complotto contro Gesù
[1]Mancavano intanto due giorni alla Pasqua e agli Azzimi e i sommi sacerdoti e gli scribi cercavano il modo di impadronirsi di lui con inganno, per ucciderlo. [2]Dicevano infatti: «Non durante la festa, perché non succeda un tumulto di popolo».

L'unzione a Betania
[3]Gesù si trovava a Betània nella casa di Simone il lebbroso. Mentre stava a mensa, giunse una donna con un vasetto di alabastro, pieno di olio profumato di nardo genuino di gran valore; ruppe il vasetto di alabastro e versò l'unguento sul suo capo. [4]Ci furono alcuni che si sdegnarono fra di loro: «Perché tutto questo spreco di olio profumato? [5]Si poteva benissimo vendere quest'olio a più di trecento denari e darli ai poveri!». Ed erano infuriati contro di lei.
[6]Allora Gesù disse: «Lasciatela stare; perché le date fastidio? Ella ha compiuto verso di me un'opera buona; [7]i poveri infatti li avete sempre con voi e potete beneficarli quando volete, me invece non mi avete sempre. [8]Essa ha fatto ciò ch'era in suo potere, ungendo in anticipo il mio corpo per la sepoltura. [9]In verità vi dico che dovunque, in tutto il mondo, sarà annunziato il vangelo, si racconterà pure in suo ricordo ciò che ella ha fatto».

Il tradimento di Giuda
[10]Allora Giuda Iscariota, uno dei Dodici, si recò dai sommi sacerdoti, per consegnare loro Gesù. [11]Quelli all'udirlo si rallegrarono e promisero di dargli denaro. Ed egli cercava l'occasione opportuna per consegnarlo.

Preparativi del pasto pasquale
[12]Il primo giorno degli Azzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: «Dove vuoi che andiamo a preparare perché tu possa mangiare la Pasqua?». [13]Allora mandò due dei suoi discepoli dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d'acqua; seguitelo [14]e là dove entrerà dite al padrone di casa: Il Maestro dice: Dov'è la mia stanza, perché io vi possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli? [15]Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala con i tappeti, gia pronta; là preparate per noi». [16]I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono per la Pasqua.

Annunzio del tradimento di Giuda
[17]Venuta la sera, egli giunse con i Dodici. [18]Ora, mentre erano a mensa e mangiavano, Gesù disse: «In verità vi dico, uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà». [19]Allora cominciarono a rattristarsi e a dirgli uno dopo l'altro: «Sono forse io?». [20]Ed egli disse loro: «Uno dei Dodici, colui che intinge con me nel piatto. [21]Il Figlio dell'uomo se ne va, come sta scritto di lui, ma guai a quell'uomo dal quale il Figlio dell'uomo è tradito! Bene per quell'uomo se non fosse mai nato!».

Istituzione dell'Eucaristia
[22]Mentre mangiavano prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». [23]Poi prese il calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. [24]E disse: «Questo è il mio sangue, il sangue dell'alleanza versato per molti. [25]In verità vi dico che io non berrò più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo nel regno di Dio».

Predizione del rinnegamento di Pietro
[26]E dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi. [27]Gesù disse loro: «Tutti rimarrete scandalizzati, poiché sta scritto: Percuoterò il pastore e le pecore saranno disperse. [28]Ma, dopo la mia risurrezione, vi precederò in Galilea». [29]Allora Pietro gli disse: «Anche se tutti saranno scandalizzati, io non lo sarò». [30]Gesù gli disse: «In verità ti dico: proprio tu oggi, in questa stessa notte, prima che il gallo canti due volte, mi rinnegherai tre volte». [31]Ma egli, con grande insistenza, diceva: «Se anche dovessi morire con te, non ti rinnegherò». Lo stesso dicevano anche tutti gli altri.

Al Getsemani
[32]Giunsero intanto a un podere chiamato Getsèmani, ed egli disse ai suoi discepoli: «Sedetevi qui, mentre io prego». [33]Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia. [34]Gesù disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate». [35]Poi, andato un po’ innanzi, si gettò a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse da lui quell'ora. [36]E diceva: «Abbà, Padre! Tutto è possibile a te, allontana da me questo calice! Però non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu». [37]Tornato indietro, li trovò addormentati e disse a Pietro: «Simone, dormi? Non sei riuscito a vegliare un'ora sola? [38]Vegliate e pregate per non entrare in tentazione; lo spirito è pronto, ma la carne è debole». [39]Allontanatosi di nuovo, pregava dicendo le medesime parole. [40]Ritornato li trovò addormentati, perché i loro occhi si erano appesantiti, e non sapevano che cosa rispondergli. [41]Venne la terza volta e disse loro: «Dormite ormai e riposatevi! Basta, è venuta l'ora: ecco, il Figlio dell'uomo viene consegnato nelle mani dei peccatori. [42]Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino».

L'arresto di Gesù
[43]E subito, mentre ancora parlava, arrivò Giuda, uno dei Dodici, e con lui una folla con spade e bastoni mandata dai sommi sacerdoti, dagli scribi e dagli anziani. [44]Chi lo tradiva aveva dato loro questo segno: «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo e conducetelo via sotto buona scorta». [45]Allora gli si accostò dicendo: «Rabbì» e lo baciò. [46]Essi gli misero addosso le mani e lo arrestarono. [47]Uno dei presenti, estratta la spada, colpì il servo del sommo sacerdote e gli recise l'orecchio. [48]Allora Gesù disse loro: «Come contro un brigante, con spade e bastoni siete venuti a prendermi. [49]Ogni giorno ero in mezzo a voi a insegnare nel tempio, e non mi avete arrestato. Si adempiano dunque le Scritture!». [50]Tutti allora, abbandonandolo, fuggirono. [51]Un giovanetto però lo seguiva, rivestito soltanto di un lenzuolo, e lo fermarono. [52]Ma egli, lasciato il lenzuolo, fuggì via nudo.

Gesù davanti al sinedrio
[53]Allora condussero Gesù dal sommo sacerdote, e là si riunirono tutti i capi dei sacerdoti, gli anziani e gli scribi. [54]Pietro lo aveva seguito da lontano, fin dentro il cortile del sommo sacerdote; e se ne stava seduto tra i servi, scaldandosi al fuoco. [55]Intanto i capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una testimonianza contro Gesù per metterlo a morte, ma non la trovavano. [56]Molti infatti attestavano il falso contro di lui e così le loro testimonianze non erano concordi. [57]Ma alcuni si alzarono per testimoniare il falso contro di lui, dicendo: [58]«Noi lo abbiamo udito mentre diceva: Io distruggerò questo tempio fatto da mani d'uomo e in tre giorni ne edificherò un altro non fatto da mani d'uomo». [59]Ma nemmeno su questo punto la loro testimonianza era concorde. [60]Allora il sommo sacerdote, levatosi in mezzo all'assemblea, interrogò Gesù dicendo: «Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?». [61]Ma egli taceva e non rispondeva nulla. Di nuovo il sommo sacerdote lo interrogò dicendogli: «Sei tu il Cristo, il Figlio di Dio benedetto?». [62]Gesù rispose: «Io lo sono! E vedrete il Figlio dell'uomo seduto alla destra della Potenza e venire con le nubi del cielo».
[63]Allora il sommo sacerdote, stracciandosi le vesti, disse: «Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? [64]Avete udito la bestemmia; che ve ne pare?». Tutti sentenziarono che era reo di morte. [65]Allora alcuni cominciarono a sputargli addosso, a coprirgli il volto, a schiaffeggiarlo e a dirgli: «Indovina». I servi intanto lo percuotevano.

Rinnegamenti di Pietro
[66]Mentre Pietro era giù nel cortile, venne una serva del sommo sacerdote [67]e, vedendo Pietro che stava a scaldarsi, lo fissò e gli disse: «Anche tu eri con il Nazareno, con Gesù». [68]Ma egli negò: «Non so e non capisco quello che vuoi dire». Uscì quindi fuori del cortile e il gallo cantò. [69]E la serva, vedendolo, ricominciò a dire ai presenti: «Costui è di quelli». [70]Ma egli negò di nuovo. Dopo un poco i presenti dissero di nuovo a Pietro: «Tu sei certo di quelli, perché sei Galileo». [71]Ma egli cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quell'uomo che voi dite». [72]Per la seconda volta un gallo cantò. Allora Pietro si ricordò di quella parola che Gesù gli aveva detto: «Prima che il gallo canti due volte, mi rinnegherai per tre volte». E scoppiò in pianto.

Capitolo 15 - Gesù davanti a Pilato
[1]Al mattino i sommi sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, dopo aver tenuto consiglio, misero in catene Gesù, lo condussero e lo consegnarono a Pilato. [2]Allora Pilato prese a interrogarlo: «Sei tu il re dei Giudei?». Ed egli rispose: «Tu lo dici». [3]I sommi sacerdoti frattanto gli muovevano molte accuse. [4]Pilato lo interrogò di nuovo: «Non rispondi nulla? Vedi di quante cose ti accusano!». [5]Ma Gesù non rispose più nulla, sicché Pilato ne restò meravigliato. [6]Per la festa egli era solito rilasciare un carcerato a loro richiesta. [7]Un tale chiamato Barabba si trovava in carcere insieme ai ribelli che nel tumulto avevano commesso un omicidio. [8]La folla, accorsa, cominciò a chiedere ciò che sempre egli le concedeva. [9]Allora Pilato rispose loro: «Volete che vi rilasci il re dei Giudei?». [10]Sapeva infatti che i sommi sacerdoti glielo avevano consegnato per invidia. [11]Ma i sommi sacerdoti sobillarono la folla perché egli rilasciasse loro piuttosto Barabba. [12]Pilato replicò: «Che farò dunque di quello che voi chiamate il re dei Giudei?». [13]Ed essi di nuovo gridarono: «Crocifiggilo!». [14]Ma Pilato diceva loro: «Che male ha fatto?». Allora essi gridarono più forte: «Crocifiggilo!». [15]E Pilato, volendo dar soddisfazione alla moltitudine, rilasciò loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.

La corona di spine
[16]Allora i soldati lo condussero dentro il cortile, cioè nel pretorio, e convocarono tutta la coorte. [17]Lo rivestirono di porpora e, dopo aver intrecciato una corona di spine, gliela misero sul capo. [18]Cominciarono poi a salutarlo: «Salve, re dei Giudei!». [19]E gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia, si prostravano a lui. [20]Dopo averlo schernito, lo spogliarono della porpora e gli rimisero le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo.

La via della croce
[21]Allora costrinsero un tale che passava, un certo Simone di Cirene che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e Rufo, a portare la croce. [22]Condussero dunque Gesù al luogo del Gòlgota, che significa luogo del cranio, [23]e gli offrirono vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese.

La crocifissione
[24]Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse quello che ciascuno dovesse prendere. [25]Erano le nove del mattino quando lo crocifissero. [26]E l'iscrizione con il motivo della condanna diceva: Il re dei Giudei. [27]Con lui crocifissero anche due ladroni, uno alla sua destra e uno alla sinistra. [28].

Gesù in croce deriso e oltraggiato
[29]I passanti lo insultavano e, scuotendo il capo, esclamavano: «Ehi, tu che distruggi il tempio e lo riedifichi in tre giorni, [30]salva te stesso scendendo dalla croce!». [31]Ugualmente anche i sommi sacerdoti con gli scribi, facendosi beffe di lui, dicevano: «Ha salvato altri, non può salvare se stesso! [32]Il Cristo, il re d'Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo». E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano.

La morte di Gesù
[33]Venuto mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. [34]Alle tre Gesù gridò con voce forte: Eloì, Eloì, lemà sabactàni?, che significa: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? [35]Alcuni dei presenti, udito ciò, dicevano: «Ecco, chiama Elia!». [36]Uno corse a inzuppare di aceto una spugna e, postala su una canna, gli dava da bere, dicendo: «Aspettate, vediamo se viene Elia a toglierlo dalla croce». [37]Ma Gesù, dando un forte grido, spirò. [38]Il velo del tempio si squarciò in due, dall'alto in basso. [39]Allora il centurione che gli stava di fronte, vistolo spirare in quel modo, disse: «Veramente quest'uomo era Figlio di Dio!».

Le pie donne sul Calvario
[40]C'erano anche alcune donne, che stavano ad osservare da lontano, tra le quali Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore e di ioses, e Salome, [41]che lo seguivano e servivano quando era ancora in Galilea, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme.

La sepoltura
[42]Sopraggiunta ormai la sera, poiché era la Parascève, cioè la vigilia del sabato, [43]Giuseppe d'Arimatèa, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anche lui il regno di Dio, andò coraggiosamente da Pilato per chiedere il corpo di Gesù. [44]Pilato si meravigliò che fosse gia morto e, chiamato il centurione, lo interrogò se fosse morto da tempo. [45]Informato dal centurione, concesse la salma a Giuseppe. [46]Egli allora, comprato un lenzuolo, lo calò giù dalla croce e, avvoltolo nel lenzuolo, lo depose in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare un masso contro l'entrata del sepolcro. [47]Intanto Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses stavano ad osservare dove veniva deposto.


Iniziamo la Settimana Santa. Ancora una volta siamo giunti al cuore della liturgia e del cristianesimo. L’ingresso trionfale di Gesù in Gerusalemme si concluderà con il trionfo della Risurrezione, passando però attraverso l’ora tragica e sublime della morte in croce.
Agli “osanna” seguiranno le parole di scherno, le accuse, i rinnegamenti. Gli stessi che gridano “benedetto colui che viene nel nome del Signore” qualche giorno dopo grideranno "crocifiggilo".
Mi sembra opportuno, per non biasimare troppo chi è stato protagonista duemila anni fa di queste vicende, pensare alla nostra fede e alla nostra testimonianza. Noi diciamo spesso di avere fede, lo diciamo tutti: quelli che vanno a messa e quelli che non ci vanno mai, quelli che aiutano molto gli altri e quelli che non fanno mai niente per nessuno. Qualche volta ci si illude che per poter dire di avere fede sia sufficiente avere in casa un crocifisso, oppure un'immaginetta con qualche santo; oppure che sia sufficiente non fare del male.
La fede in Gesù, invece, significa prendere sul serio la sua vita per farla diventare "modello" della nostra vita. Bisognerebbe capire che la fede non è un vago sentimento che ci può fare da anestetico quando le non vanno bene e nemmeno un vago ideale umano di onestà e rettitudine. Per essere onesti e retti non è necessario avere la fede.
La fede o cambia la nostra vita, trasformandola nell’immagine della vita di Gesù, o fede non è. O ci si rende portatori di pace e di amore o fede autentica non è. Mettiamoci in cammino, seguendo Gesù. (dR)
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun nov 20, 2006 5:00 pm

Pasqua di Resurrezione. 16 aprile 2006



Veglia pasquale: dal Vangelo secondo Marco (16, 1-8 )

[1]Passato il sabato, Maria di Màgdala, Maria di Giacomo e Salome comprarono oli aromatici per andare a imbalsamare Gesù. [2]Di buon mattino, il primo giorno dopo il sabato, vennero al sepolcro al levar del sole. [3]Esse dicevano tra loro: «Chi ci rotolerà via il masso dall'ingresso del sepolcro?».[4]Ma, guardando, videro che il masso era gia stato rotolato via, benché fosse molto grande. [5]Entrando nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d'una veste bianca, ed ebbero paura. [6]Ma egli disse loro: «Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. E' risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l'avevano deposto. [7]Ora andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro che egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto». [8]Ed esse, uscite, fuggirono via dal sepolcro perché erano piene di timore e di spavento. E non dissero niente a nessuno, perché avevano paura.



Domenica di Pasqua: dal Vangelo secondo Giovanni (20,1-9)

[1]Nel giorno dopo il sabato, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand'era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro. [2]Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!». [3]Uscì allora Simon Pietro insieme all'altro discepolo, e si recarono al sepolcro. [4]Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. [5]Chinatosi, vide le bende per terra, ma non entrò. [6]Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide le bende per terra, [7]e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte. [8]Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. [9]Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti.



La formula del congedo della Messa di Pasqua ”Andate e portate a tutti la gioia del Signore risorto!” ci offre una sintesi mirabile di quelli che dovrebbero essere i nostri sentimenti in questa domenica di Resurrezione e ci proietta verso la nostra missione quotidiana di discepoli del Signore Gesù.

Il sentimento predominante, che scaturisce dalla Risurrezione di Cristo e pervade il cuore del discepolo, è la gioia!

Lo stupore delle donne davanti al sepolcro vuoto diventa gioiosa consapevolezza del compimento delle promesse. Queste donne, e noi con loro, toccano con mano, sperimentano anche nella propria vita la fedeltà di Dio: il Padre ha resuscitato il suo figlio Gesù!

Dio non parla e non promette a vanvera, Dio porta al fine prestabilito le vicende umane. Noi possiamo vedere in tutto il suo splendore quella gioia che sulla croce ci sembrava offuscata. Anzi, proprio la Risurrezione illumina di luce nuova il Calvario e ci fa apparire la Croce per quello che è veramente: il gesto supremo di amore con il quale Dio salva l’uomo.

Gesù il Risorto non è semplicemente un uomo santo, è il Figlio di Dio che “pur essendo di natura divina … spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini”. la nostra gioia trova le sue radici profonde in questa realtà: Dio ci ama fedelmente. E se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Chici separerà dall’amore di Cristo?

Portare a tutti questa certezza significa comunicare la gioia che abbiamo nel cuore, diffondendo il sorriso nel mondo. Buona Santa Pasqua di Resurrezione! (dR)
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun nov 20, 2006 5:00 pm

II domenica di Pasqua. 23 aprile 2006



Dal Vangelo secondo Giovanni (20, 19-31)

[19]La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». [20]Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. [21]Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi». [22]Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo; [23]a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi».
[24]Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. [25]Gli dissero allora gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò».
[26]Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». [27]Poi disse a Tommaso: «Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!». [28]Rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». [29]Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!».
[30]Molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati scritti in questo libro. [31]Questi sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.




La comunità dei discepoli è radunata in un clima di paura e delusione: ad essi non basta l’annuncio della Resurrezione, portato da una donna, hanno bisogno di incontrare il Risorto. E Gesù Risorto appare, si fa riconoscere mostrando i segni del dono della sua vita, le ferite alle mani e al costato, e dona lo Spirito Santo.
La storia si ripete! Anche oggi, ogni domenica, la comunità dei credenti si raduna e, in mezzo a noi, Gesù ancora si rende presente coi segni della sua Passione e Morte che sono segni di vita, segni di vittoria sulla morte, segni della Misericordia di Dio, segni che vincono la paura e la delusione, segni che danno gioia.
Gesù viene in mezzo a noi e attraverso i Sacramenti dona quello Spirito che ci rigenera e ci dà forza. La Passione, la Morte e la Resurrezione di Cristo sono, infatti, la più alta rivelazione dell’Amore misericordioso di Dio e l’opera della redenzione dà frutti e si compie attraverso i Sacramenti.
L’incontro con il Risorto, però, non è solo l’occasione per contemplare l’Amore misericordioso di Dio, ma è il momento in cui, facendo esperienza del suo perdono e del suo Amore, si è invitati a diventarne annunciatori e testimoni. Accostandoci ai Sacramenti, il nostro cuore può essere trasformato e possiamo diventare segno e presenza di Gesù Risorto che, per amore, si è fatto trafiggere le mani e il costato.
Non perdiamo questa nuova occasione! Gesù Risorto torna e sceglie nuovamente coloro che l’avevano lasciato solo: lasciamoci dunque raggiungere dalla grazia che scaturisce dal mistero pasquale e dai Sacramenti per riprendere con più convinzione il cammino cristiano all’insegna della fede, dell’amore e del perdono. (dS)
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun nov 20, 2006 5:01 pm

III domenica di Pasqua. 30 aprile 2006



Dal Vangelo secondo Giovanni (20, 19-31)

[35]Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
[36]Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona apparve in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». [37]Stupiti e spaventati credevano di vedere un fantasma. [38]Ma egli disse: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? [39]Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho». [40]Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. [41]Ma poiché per la grande gioia ancora non credevano ed erano stupefatti, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». [42]Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; [43]egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.
[44]Poi disse: «Sono queste le parole che vi dicevo quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». [45]Allora aprì loro la mente all'intelligenza delle Scritture e disse: [46]«Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno [47]e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. [48]Di questo voi siete testimoni. [49]E io manderò su di voi quello che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall'alto».




Il Signore risorto appare ai suoi discepoli ed esordisce, anche nel racconto dell’evangelista Luca, con una espressione stupenda: Pace a voi!.
La pace, evocata ed augurata da Gesù, non è una semplice assenza di guerra: è, invece, la piena riconciliazione della persona con Dio, con gli altri e con se stessa. È una pace globale, che comprende anche un benessere fisico e una serenità psicologica. È uno star bene con tutti, fondato sulla comunione intensa con Dio e la fedeltà alle sue promesse.
Dette popi da Gesù, queste parole hanno un valore ancora più grande: Colui che è stato tradito, rinnegato, abbandonato, rilancia una proposta di perdono, di accoglienza e di amore che nulla ha potuto scalfire. Siamo davanti alla Misericordia di Dio, sempre disposto a ricominciare per primo a ricostruire i rapporti con l’Uomo. Non ci meravigliamo, allora, se Gesù risorto proclama la necessità di predicare a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati.
Il nostro allontanarci d Dio, il nostro peccato, la nostra debolezza che ci fa cedere alla tentazione sono la causa principale dell’infelicità umana. Quando in noi prevalgono l’egoismo e l’orgoglio, saremo sempre scontenti perché nessuno ci darà sufficiente attenzione (o, almeno, quanta ne vorremo…) e la nostra suscettibilità sarà continuamente urtata. Invece quando ci alleniamo a dare, senza la pretesa di ricevere, allora proveremo quelle gioie che danno significato e valore pieno alla nostra vita. (dR)
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun nov 20, 2006 5:11 pm

IV domenica di Pasqua. 7 maggio 2006



Dal Vangelo secondo Giovanni (10, 11-18)

[11]Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore. [12]Il mercenario invece, che non è pastore e al quale le pecore non appartengono, vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge e il lupo le rapisce e le disperde; [13]egli è un mercenario e non gli importa delle pecore. [14]Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, [15]come il Padre conosce me e io conosco il Padre; e offro la vita per le pecore. [16]E ho altre pecore che non sono di quest'ovile; anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore. [17]Per questo il Padre mi ama: perché io offro la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. [18]Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso, poiché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo comando ho ricevuto dal Padre mio».



“Io sono il Buon Pastore”: è questa una delle definizioni più belle che Gesù dà di se stesso, ma, forse, per noi, ha una risonanza diversa di quella che certamente aveva per chi ascoltava duemila anni fa. Noi siamo abituati alla vita cittadina, dove si vedono sì i greggi, ma di auto e dove tropo spesso il verde è ridotto ad un minuscolo fazzoletto di terra circondato da palazzi e da asfalto.
Per l’uomo biblico la figura del pastore era abituale, così come erano proverbiali il suo attaccamento e il suo amore per il gregge. Non c’è alcun intento spregiativo in questo paragone: il gregge non è visto come una massa informe composta da chi non sa ragionare con la propria testa, bensì come l’oggetto delle cure e dell’amore del pastore, che conosce le sue pecore una per una e le chiama per nome. Il buon pastore, Gesù, arriva ad offrire la propria vita per le pecore. Egli non abbandona mai il suo gregge, non fugge quando vede arrivare il lupo.
Siamo invitati dunque a contemplare l’opera di Gesù nella vita della Chiesa e del mondo intero. Siamo invitati anche a sentirci partecipi della sua sollecitudine per il gregge. Tutti i battezzati sono chiamati ad essere annunciatori del Vangelo e a prendersi cura dei deboli: oggi il Signore opera attraverso di noi per santificare il suo popolo, ma anche per arrivare alle “altre pecore che consono di questo ovile”.
In un mondo sempre più apatico ed indifferente, il nostro messaggio di gioia e speranza deve risuonare forte e chiaro attraverso la nostra vita coerente con la fede che professiamo. (dR)
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun nov 20, 2006 5:11 pm

V domenica di Pasqua. 14 maggio 2006



Dal Vangelo secondo Giovanni (15, 1-8 )

[1]«Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. [2]Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. [3]Voi siete gia mondi, per la parola che vi ho annunziato. [4]Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. [5]Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. [6]Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano. [7]Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato. [8]In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli.



[Il Signore Gesù utilizza il paragone della vite e del tralcio per sottolineare l’assoluta comunione che deve intercorrere tra lui e il discepolo. Questa comunione profonda è portatrice di frutti per la Chiesa e per il mondo intero: il discepolo, infatti, diventa capace di amare con lo stesso amore che ha permesso a Gesù di offrire la propria vita sulla croce.
Certo, rimanere in Gesù non è facile: spesso si ha la tentazione di allontanarsene, spesso lo si vede troppo esigente e si fa fatica ad accogliere la sua proposta. Eppure basterebbe pensare anche solo umanamente alla nostra vita per scoprire che le cose che danno più soddisfazione sono quelle che costano di più, quelle che richiedono più sacrificio. Noi siamo capaci di fare grandi sacrifici per quello che ci sta a cuore, anche se non si tratta di una realtà essenziale della vita. Dovremmo capire che quello che Gesù ci chiede è di partecipare alla forza motrice del cambiamento del mondo e dell’umanità, ci chiede di partecipare all’Amore!
Nella seconda lettura di questa domenica l’apostolo Giovanni ci rivolge un invito perentorio: “figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma coi fatti e nella verità”. Rimanere in Gesù, dunque, non significa solo pregare e partecipare alla santa messa, anche se tutto questo è indispensabile. Rimanere in Gesù significa far diventare la preghiera, la santa messa e soprattutto la Comunione che riceviamo, la base del nostro impegno nel mondo. Nessuno può tirarsi indietro, nessuno può dire che tocca agli altri.
Incontrare Gesù in modo vero significa assumere le proprie responsabilità di discepolo portando a tutti la parola della salvezza e vangelo dell’Amore che perdona. (dR)
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun nov 20, 2006 5:12 pm

VI domenica di Pasqua. 21 maggio 2006



Dal Vangelo secondo Giovanni (15, 9-17)

[9]Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. [10]Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. [11]Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. [12]Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. [13]Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. [14]Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. [15]Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi. [16]Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. [17]Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri.



Ci stiamo rapidamente avvicinando alla fine di questo tempo pasquale ed è importante andare alla radice della nostra fede per riscoprire la gioia autentica che pervade i discepoli di Gesù.
Nel brano evangelico che ci viene proposto questa domenica domina ancora la parola Amore. Il Signore dà ai suoi discepoli il suo comandamento: amarsi gli uni gli altri come Lui ha amato. Il nostro Amore reciproco non è facoltativo: Gesù non dà un consiglio, ma un comandamento! Non possiamo evitare di amarci o, almeno, non possiamo non sforzarci di farlo, dimostrando rispetto, stima, accoglienza verso i fratelli. Gesù ha in mente un’umanità nuova e la inaugura: con la sua donazione totale ci dimostra che è veramente possibile amare fino alla pienezza dell’Amore.
Da questo Amore e dallo sforzo di realizzarlo nasce la gioia vera. Sentirsi amati da Dio e corrispondere a questo Amore amando gli altri: questo è il segreto della felicità! La nostra vita sarebbe davvero più felice senza le piccole invidie, i dissensi, le antipatie, le guerricciole combattute in famiglia, con i vicini di casa, con i colleghi di lavoro… la gioia di scoprire un Dio che in Gesù Cristo si è fatto vicino fino ad offrire la propria vita per noi, diventa ancora più grande quando si riesce a donare un po’ di Amore ai fratelli e alle sorelle che vivono accanto a noi.
E non solo a quelli che sono nel bisogno, ma a tutti perché tutti hanno bisogno di essere e e sentirsi amati. Anche la gioia, così, diventa contagiosa e si estendono sempre più i confini dell’umanità nuova. (dR)
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun nov 20, 2006 5:13 pm

Ascensione del Signore. 28 maggio 2006



Dal Vangelo secondo Marco (16, 15-20)

[15]Gesù disse loro: «Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. [16]Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato. [17]E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demòni, parleranno lingue nuove, [18]prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno». [19]Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio. [20]Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l'accompagnavano.



Con l’Ascensione di Gesù al cielo inizia il tempo della Chiesa. I discepoli, che per tre anni hanno vissuto con il maestro, che ne hanno condiviso gioie e dolori, che hanno anche dimostrato la loro pochezza nel momento supremo della croce, ora vengono invitati a predicare il vangelo nel mondo intero.
Vanno, ma non sono soli. Dice l’evangelista Marco che “il Signore operava insieme a loro”. Vengono in mente le parole di Gesù nel vangelo di giovanni: “Senza di me non potete fare nulla”.
Insieme con Gesù i discepoli possono davvero portare al mondo l’annuncio sconvolgente dell’uomo morto e risorto. E oggi, dopo duemila anni, anche noi possiamo dare al medesima buona notizia: anche noi infatti abbiamo un mondo da evangelizzare, senza arrenderci davanti alle difficoltà e all’indifferenza generale che sembra regnare sovrana. Dobbiamo richiamare continuamente, ai nostri contemporanei, l’importanza e la necessità di parole come amore, pace, accoglienza, perdono. In un mondo nel quale tutto, anche i valori più alti, scade a livello di semplice opinione, in cui i sentimenti,a anche i più grandi, scadono a livello di emozioni, intense ma passeggere, noi siamo chiamati a rendere presente Gesù e la sua fedeltà al progetto del Padre, proponendo come modello per una umanità veramente rinnovata, capace di guardare avanti per costruire un mondo migliore, dove non vince la logica del consumo, del denaro, del possedere. Dove la vita umana, soprattutto la più debole, sia rispettata e aiutata. (dR)
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun nov 20, 2006 5:13 pm

Solennità di Pentecoste. 4 giugno 2006



Dal Vangelo secondo Giovanni (15, 26-27; 16, 12-15)

[26]Quando verrà il Consolatore che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli mi renderà testimonianza; [27]e anche voi mi renderete testimonianza, perché siete stati con me fin dal principio.

[12]Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. [13]Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future. [14]Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l'annunzierà. [15]Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà del mio e ve l'annunzierà.




La solennità di Pentecoste ci situata a riflettere sullo Spirito Santo, la forza dell’Amore che arriva e trasforma la vita del discepolo di Gesù. Donatoci nel Battesimo, lo Spirito ci accompagna non solo nei sacramenti ma in ogni istante della nostra vita: ispira e guida il nostro agire per renderlo conforme al volere di Gesù.
Per la verità, lo Spirito si scontra e deve lottare spesso con quell’attrazione della carne che rimane così forte in noi. Ed essendo liberi, siamo continuamente tentati a cedere alle seduzioni della via apparentemente più comoda. Lasciarsi guidare dallo Spirito significa produrre quei frutti di cui san Paolo ci offre un elenco nella la lettera ai Galati che ci viene proposta come seconda lettura questa domenica: “Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé…”. credo che ce ne sia abbastanza oper riflettere e fare che un esame di coscienza. Spesso infatti ci troviamo a produrre formati più simili a quellidel peccato: “fornicazione, impurità, libertinaggio, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere…”, lasciando parlare ancora san Palo.
Lo Spirito Santo, se non gli impediamo di agire, ci porta verso la benevolenza e l’unità. Non per niente, nel giorno di Pentecoste, lo Spirito riconduce il genere umano all’unità delle lingue, perduta con l’edificazione della torre di Babele.
Lasciare agire lo Spirito significa accogliere la logica delle beatitudini, dei miti e dei costruttori di pace, facendo ogni sforzo per edificare un’umanità nuova che abbia come legge quella dell’Amore. (dR)
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun nov 20, 2006 5:14 pm

SantissimaTrinità. 11 giugno 2006



Dal Vangelo secondo Matteo (28, 16-20)

[16]Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro fissato. [17]Quando lo videro, gli si prostrarono innanzi; alcuni però dubitavano. [18]E Gesù, avvicinatosi, disse loro: «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. [19]Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, [20]insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».



La festa della Santissima Trinità è una festa missionaria per eccellenza; scoprire infatti che Dio è uno e trino ci porta subito a riflettere sull’Amore che regola i rapporti tra le Persone Divine e le conduce a donarsi all’uomo. Così anche noi, fragili creature, entriamo a far parte di un progetto che mira a diffondere nel mondo intero il Dio Amore.
Molto spesso ci si ferma a concezioni molto parziali di Dio: il giudice, il fustigatore di costumi, il bonaccione che si fa imbrogliare e che si accontenta sempre, il genio della lampada che deve soddisfare ogni nostro desiderio, e chi più ne ha più ne metta… in effetti abbiamo un concetto di Dio molto personalizzato, ma se guardiamo ai testi sacri, in particolare ai Vangeli, emerge chiara l’idea di un Dio che ama con fermezza e che richiama continuamente l’uomo a realizzarsi in pienezza, amando.
Il brano evangelico di questa domenica, infatti, sottolinea molto la collaborazione tra Creatore e creatura: gli apostoli vengono inviati “per rendere discepoli tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Ma il Signore Gesù aggiunge anche “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. Il modello della Trinità si estende: a nostra volta ci facciamo ambasciatori e testimoni della bellezza che può cambiare il mondo: è bello aver un Dio così ed è bello poterlo aiutare nella sua opera di salvezza!
Dio ci ha scelti per essere felici e vuole estendere a tutti questa proposta di felicità: non vuole essere felice da solo! (dR)
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Bloccato
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