Anno Paolino 28 giugno 2008 - 29 giugno 2009

Raccolta di preghiere e testi religiosi d’Autore, a cura di miriam bolfissimo
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Messaggio da miriam bolfissimo » gio giu 18, 2009 8:18 am


  • Il nostro riscatto
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«Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della Legge, diventando lui stesso maledizione per noi, poiché sta scritto: Maledetto chi è appeso al legno, perché in Cristo Gesù la benedizione di Abramo passasse ai pagani e noi, mediante la fede, ricevessimo la promessa dello Spirito» (Galati 3,13-14)

Paolo fa intuire la dinamica redentrice della morte di Gesù con la metafora del «riscatto», con la quale si indica il passaggio dalla schiavitù alla libertà. La condizione, dalla quale Cristo ci ha riscattati, è «la maledizione della legge». Secondo la Bibbia chi non mette in pratica «tutte» le cose scritte nella legge, soggiace alla maledizione dei trasgressori. La maledizione è inseparabile dalla legge, dal momento che essa non dà la forza di compiere quello che prescrive.

Gesù riscatta l'essere umano dalla maledizione, entrando lui stesso nella condizione di maledetto. Con la morte di croce Gesù è nella condizione del «maledetto», di cui si parla nel Deuteronomio, riguardo al cadavere di un condannato a morte per un delitto (Dt 21,22-23). Paolo presenta l'efficacia redentrice della morte di Cristo con la categoria positiva della «benedizione», promessa da Dio ad Abramo a favore di tutti i popoli. La benedizione di Dio coincide con il dono dello Spirito, comunicato ai credenti. L'unica condizione richiesta è la «fede».
  • Rinaldo Fabris, in Avvenire 17 giugno 2009
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Messaggio da miriam bolfissimo » gio giu 18, 2009 8:25 am


  • Perché la legge?
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«La Scrittura invece ha rinchiuso ogni cosa sotto il peccato, perché la promessa venisse data ai credenti mediante la fede in Gesù Cristo» (Galati 3,22)

Nel confronto tra la via della fede, che accoglie la promessa di Dio e riceve la benedizione, e quella della legge, che sottostà alla maledizione, Paolo si pone l'interrogativo circa il ruolo della legge nel disegno di Dio: «Perché allora la legge?» (Gal 3,19). In forma paradossale egli risponde che la legge «fu aggiunta ... al Sinai, in un tempo successivo rispetto alla promessa fatta da Dio al patriarca Abramo ... a motivo delle trasgressioni», ma per un tempo limitato e con un ruolo provvisorio.

La legge infatti non è in grado di comunicare la vita, perché l'essere umano è impotente a praticarla. La Scrittura stessa, come parola rivelatrice del disegno di Dio, dice che tutti sottostanno al peccato in attesa di essere liberati per mezzo della fede in Gesù Cristo. Paolo immagina due fasi nella storia della salvezza: quella della legge, data da Dio per un regime di peccato, e quella della fede in Gesù Cristo, in cui si compie la promessa di Dio. Quello che Paolo dice sulla condizione umana, sottoposta al regime del peccato, è per rimarcare l'efficacia della redenzione di Gesù Cristo, accolta nella fede.
  • Rinaldo Fabris, in Avvenire 18 giugno 2009
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Messaggio da miriam bolfissimo » ven giu 19, 2009 6:02 pm


  • Oltre la tutela
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«Ma prima che venisse la fede, noi eravamo custoditi e rinchiusi sotto la Legge, in attesa della fede che doveva essere rivelata. Così la Legge è stata per noi un pedagogo, fino a Cristo, perché fossimo giustificati per la fede» (Galati 3,23-24)

Nel regime di peccato, la legge ha la funzione del custode o del controllore, fino al tempo della fede e della venuta di Cristo, il Figlio di Dio, inviato per liberare quelli che stanno sotto la legge (Gal 4,4). Egli inaugura il tempo della fede, che mette fine al regime della schiavitù sotto la legge. L'affermazione di Paolo sulla legge «pedagogo» è stata interpretata in chiave positiva, introducendo nel testo l'idea della pedagogia, dove si suppone che il «pedagogo» abbia il ruolo di educare.

Nel lessico di Paolo il paidagogós, «colui che conduce i bambini», si contrappone al «padre», che interviene per guidare ed educare i figli. Ai Corinzi, che Paolo invita ad imitarlo come figli, egli scrive: «Potreste infatti avere anche diecimila pedagoghi in Cristo, ma non certo molti padri: sono io che vi ho generato in Cristo Gesù mediante il Vangelo» (1Cor 4,15). Nell'ambiente greco-romano, in cui vive Paolo, il ruolo del paidagogós è di controllare i figli minori, come fanno l'amministratore e il tutore, fino al tempo della loro maggiore età (cf. Gal 4,1-2).
  • Rinaldo Fabris, in Avvenire 19 giugno 2009
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Messaggio da miriam bolfissimo » dom giu 21, 2009 7:09 pm


  • Nuovo fondamento
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«Tutti voi infatti siete figli di Dio mediante la fede in Cristo Gesù, poiché quanti siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo. Non c'è giudeo né greco; non c'è schiavo né libero; non c'è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Galati 3,24-28).

Paolo conclude la meditazione sulla figura di Abramo, padre dei credenti, rivolgendosi ai cristiani della Galazia con l'invito a considerare la loro condizione di credenti battezzati. Mediante l'immersione battesimale «in Cristo» essi hanno acquisito una nuova identità che elimina radicalmente tutte le forme di discriminazione fondate sull'etnia e la religione, sulla condizione sociale e sulle differenze di genere maschile e femminile.

Quello che sta a cuore a Paolo è il superamento della contrapposizione etnico-religiosa tra giudei e greci, che sta all'origine del dibattito con i missionari giudeo-cristiani della Galazia. Per far intuire la portata del cambiamento introdotto dall'esperienza di fede cristiana egli allarga l'orizzonte all'ambito della vita sociale e dell'antropologia. Dichiarare superata la polarità schiavo-libero, e uomo-donna non cambia immediatamente il sistema schiavistico né il modello della famiglia patriarcale. Quello che cambia è il fondamento della nuova dignità di ogni essere umano.
  • Rinaldo Fabris, in Avvenire 20 giugno 2009
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Messaggio da miriam bolfissimo » dom giu 21, 2009 7:10 pm


  • Mai più schiavi
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«Cristo ci ha liberati per la libertà! State dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù» (Galati 5,1)

Si capisce perché la Lettera ai Galati è considerata il «manifesto della libertà cristiana». La libertà dei cristiani è un dono di Dio per mezzo di Gesù Cristo, riconosciuto e accolto nella fede come il Figlio di Dio e il Signore che ha vinto il male, il peccato e la morte. Egli, infatti, con la sua morte di croce, ha eliminato la maledizione della legge, che genera la morte e con la sua risurrezione ha comunicato ai credenti lo Spirito, che li rende partecipi della sua condizione filiale (cf. Gal 4,6-7).

La libertà, fondata sulla fede in Gesù Cristo, è un dono da conservare e incrementare con scelte di vita, coerenti con la fede. Il dialogo di Paolo con i cristiani della Galazia parte dal fatto che essi rischiano di ricadere sotto la schiavitù della legge, vanificando la fede in Gesù Cristo, unico mediatore del giusto rapporto con Dio. Da qui il suo invito pressante: «Non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù». La «libertà», donata da Cristo, si contrappone al «giogo della schiavitù», identificato con l'osservanza di «tutta la legge», da parte di quelli che si sottomettono al rito della circoncisione.
  • Rinaldo Fabris, in Avvenire 21 giugno 2009
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Messaggio da miriam bolfissimo » gio giu 25, 2009 8:33 am


  • Nessuno è estraneo
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«Perché in Cristo Gesù non è la circoncisione che vale o la non circoncisione, ma la fede che si rende operosa per mezzo della carità» (Galati 5,6)

La libertà cristiana, fondata sulla fede in Gesù Cristo, si alimenta con il dono dello Spirito, fonte permanente dell'amore o carità. I cristiani mediante la fede e il battesimo sono uniti intimamente a Cristo Gesù. Essi formano con lui una sola cosa (Gal 3,26.29). Perciò, è superata la contrapposizione etnico-religiosa tra giudei e greci. La circoncisione, il rito di iniziazione ebraica, non è la condizione per entrare in rapporto con Dio.

D'altra parte anche quelli che non sono circoncisi - i greci - non sono lontani da Dio, né estranei al suo progetto di salvezza, rivelato e attuato in Gesù Cristo, suo Figlio. La nuova identità religiosa per tutti si fonda sulla fede in Gesù Cristo, che diventa attiva nell'amore. L'esistenza dei cristiani si svolge secondo le tre dimensioni, articolate in tre scansioni temporali. Nella fede essi accolgono l'iniziativa di Dio, la sua grazia, nel passato; nella speranza attendono la piena comunione con Dio, per il futuro; nella agápe, «amore», «carità», attuano la volontà Dio, nel presente. In estrema sintesi Paolo descrive l'esistenza cristiana come la «fede», che si rende attiva ed efficace nell'amore, dono dello Spirito santo.
  • Rinaldo Fabris, in Avvenire 23 giugno 2009
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Messaggio da miriam bolfissimo » gio giu 25, 2009 8:36 am


  • Chiamati a libertà
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«Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Che questa libertà non divenga però un pretesto per la carne; mediante l'amore siate invece a servizio gli uni degli altri» (Galati 5,13)

Paolo presenta lo statuto e la pratica della libertà cristiana. Tutti quelli che hanno accolto il Vangelo di Dio e sono stati battezzati in Cristo Gesù, sono chiamati a vivere nella libertà da ogni forma di schiavitù e ad attuarla nell'amore fraterno. Se la libertà, nella sua dimensione negativa, è il superamento del peccato, che conduce alla morte o alla rovina totale della persona umana, la libertà, sotto il profilo positivo, è l'investimento di tutte le energie dell'amore, nel dono di sé per il reciproco servizio tra le persone.

Su questo sfondo della «libertà positiva» si intuisce il senso dell'espressione di Paolo: «La libertà non divenga un pretesto per la carne». Nell'antropologia paolina la «carne» non si identifica né con il corpo, né con i suoi impulsi istintivi. La «carne» è l'essere umano, creato limitato e fragile, che aspira alla totalità dell'essere, del sapere e del potere, rappresentato dall'albero della conoscenza del bene del male (Gen 3,8). Da questa tensione tra il limite creaturale e il desiderio infinito, nasce la prevaricazione del peccato, che conduce alla morte.
  • Rinaldo Fabris, in Avvenire 24 giugno 2009
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Messaggio da miriam bolfissimo » gio giu 25, 2009 8:38 am


  • Un solo precetto
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«Tutta la Legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: Amerai il tuo prossimo come te stesso» (Galati 5,14)

La «libertà» cristiana non è libertinismo egoistico - «carne» - ma libertà di amare e di servire, nel dono reciproco tra le persone. Paolo, che propugna la libertà dalla «legge», richiama la categoria biblica della Legge per affermare che essa «trova la sua pienezza» nell'unico precetto dell'amore del prossimo (Lv 19,18). Nella nuova prospettiva della libertà cristiana l'amore del prossimo, prima di essere un «precetto», è un dono di Dio. Infatti lo Spirito santo, comunicato dal Signore risorto ai credenti, è la fonte permanente dell'amore. Per Paolo, nell'amore del prossimo si ha la sintesi e il pieno compimento di tutte le esigenze etiche della legge.
Questa idea ha un'eco nel modo di pensare di alcuni grandi maestri dell'ebraismo antico. Rabbi Hillel, della prima metà del primo secolo d.C., riguardo al principio «Non fare agli altri quello che non vuoi che gli altri facciano a te», dice: «Questa è tutta la legge; il resto è suo commento». Rabbi Aqivà, vissuto nel secondo secolo d.C., riguardo al comando «Ama il prossimo tuo come te stesso» (Lv 19,18), dice: «Questo è un grande principio della legge». La novità della prospettiva di Paolo è la presenza dello Spirito, fonte del dinamismo dell'amore.
  • Rinaldo Fabris, in Avvenire 25 giugno 2009
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Messaggio da miriam bolfissimo » lun giu 29, 2009 10:12 am


  • La forza dello spirito
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«Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete sotto la Legge» (Galati 5,18)

Con il termine «Spirito» Paolo indica la realtà e la forza di Dio, che opera nella creazione e nella storia della salvezza, culminante in Gesù Cristo, il Signore risorto. Egli infatti esprime la fede in Gesù Cristo risorto, rileggendo la pagina biblica della creazione dell'essere umano: «Sta scritto infatti che il primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente, ma l'ultimo Adamo divenne Spirito datore di vita» (1Cor 15,44-45; Gen 2,7). Il secondo Adamo, prototipo della nuova umanità, è Gesù Cristo risorto, che comunica lo Spirito, garanzia della vita piena. Nella stessa prospettiva Paolo scrive ai cristiani di Corinto: «Il Signore è lo Spirito e, dove c'è lo Spirito del Signore, c'è libertà» (2Cor 3,17).

Lo Spirito, donato da Gesù Cristo, il Signore, è il fondamento della libertà, perché, con la sua presenza e azione interiore, rende i credenti figli Dio, capaci di compiere la sua volontà, concentrata nell'amore del prossimo. Chi vive e opera nella logica dell'amore, non ha bisogno dei paletti e delle regole della «Legge». Una madre che si prende cura del suo bambino per l'impulso d'amore, non soggiace alla Legge che dice: «Non uccidere"». Il dinamismo dell'amore, dono dello Spirito, va oltre i confini della Legge.
  • Rinaldo Fabris, in Avvenire 26 giugno 2009
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Messaggio da miriam bolfissimo » lun giu 29, 2009 10:14 am


  • Un unico canto
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«Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; contro queste cose non c'è Legge» (Galati 5,22-23)

In antitesi con le «opere della carne» - cioè la prassi dell'egoismo, elevato a sistema di vita - rappresentate dai vari disordini morali, il «frutto dello Spirito» è uno solo: amore. Nella prima Lettera ai Corinzi Paolo fa l'elogio dell'agápe, «amore», che dà senso e valore a tutti i doni di Dio e alle azioni umane (1Cor 13,1-13). Nella Lettera ai Galati elenca otto qualità, in cui si esprime l'amore. La prima è la «gioia», inseparabile dall'esperienza di fede cristiana. Anche in mezzo alle tribolazioni e in carcere per il Vangelo, Paolo è colmo di gioia e invita i cristiani a gioire con lui (Fil 2,18).

La «pace», che Paolo augura spesso nel saluto iniziale e finale delle sue lettere, è dono di Dio per mezzo del suo Spirito. «Pace» non è assenza di preoccupazioni, ma intensità di rapporti giusti e felici, con se stessi e con gli altri. Alla gioia e alla pace seguono sei attitudini, che si riferiscono alle relazioni con gli altri e con se stessi, dalla «magnanimità», all'autoc
  • Rinaldo Fabris, in Avvenire 27 giugno 2009
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Messaggio da miriam bolfissimo » lun giu 29, 2009 10:15 am


  • Un solo precetto
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«Portate i pesi gli uni degli altri: così adempirete la legge di Cristo» (Galati 6,2)

Nelle Chiese della Galazia vi sono tensioni e conflitti per la questione della «Legge» mosaica che alcuni missionari vorrebbero imporre ai credenti in Cristo. L'invito di Paolo è una bella sintesi dello stile di vita di una comunità cristiana. Egli invita i cristiani della Galazia a praticare la correzione fraterna con spirito di mitezza e con il senso dei propri limiti e delle proprie fragilità umane. Nel cammino fraterno, tutti devono farsi carico dei pesi «gli uni degli altri». Anche quando propone di attuare la libertà cristiana nell'amore, Paolo dice: «Siate invece a servizio gli uni degli altri» (Gal 5,13).

Tenendo presente questo modo di esprimersi tipico di Paolo, si capisce che il contenuto della «legge di Cristo» è l'amore del prossimo. Più sopra egli precisa che tutta la Legge trova la sua pienezza in un solo precetto: Amerai il tuo prossimo come te stesso (Gal 5,14). Ora esprime lo stesso principio che guida l'agire dei cristiani, con un esplicito riferimento al «Cristo», parlando della «legge di Cristo». Più che un insieme di valori etici e di norme morali, la «legge di Cristo» è il dinamismo dell'amore, comunicato ai credenti mediante lo Spirito santo, dono del Signore risorto.
  • Rinaldo Fabris, in Avvenire 28 giugno 2009
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Messaggio da miriam bolfissimo » ven lug 03, 2009 1:46 pm


  • Essere nuovi
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«Non è infatti la circoncisione che conta, né la non circoncisione, ma l'essere nuova creatura. E su quanti seguiranno questa norma sia pace e misericordia, come su tutto l'Israele di Dio» (Galati 6,15-16)

Nelle ultime righe autografe della Lettera ai Galati Paolo riassume il confronto con i missionari giudaizzanti, che vogliono imporre la circoncisione ai cristiani della Galazia per evitare il conflitto con i propri connazionali della Giudea. Si deve scegliere tra l'appartenenza al popolo giudaico con la circoncisione o l'adesione a Gesù Cristo crocifisso, che rivela e comunica l'amore di Dio. Egli personalmente pone la sua fiducia nella relazione vitale con Gesù Cristo crocifisso. Quello che conta non è essere ebrei o non-ebrei - circoncisione o non circoncisione - ma essere «nuova creatura». La nuova identità dei cristiani si fonda sull'iniziativa di Dio creatore, che ha risuscitato Gesù Cristo dai morti. Alla fine Paolo invoca pace e misericordia su quanti seguono il suo stile di vita – kanôn, «regola» o «norma» - e su «tutto l'Israele di Dio». L'espressione si riferisce a tutti i credenti dell'antica e nuova alleanza, ebrei e cristiani. Con questo abbraccio ecumenico si chiude la Lettera, inviata da Paolo ai cristiani della Galazia per far riscoprire loro la «verità» e la «libertà del Vangelo».
  • Rinaldo Fabris, in Avvenire 30 giugno 2009
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Messaggio da miriam bolfissimo » ven lug 03, 2009 1:51 pm


  • Non altri titoli
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«Paolo, apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio». (Ef 1,1a)

Due eventi dominano la vita di Paolo: la missione che egli ha ricevuto da Gesù Cristo («apostolo» è parola greca che si traduce con «mandato», «inviato») e la volontà di Dio che si è a lui manifestata. Entrambi gli eventi convergono in un'unica esperienza indicata in un'altra sua lettera con queste parole: «L'amore di Cristo ci spinge» (2Cor 5,14): la sua vita è "posseduta" da questo amore nel quale s'incontrano la volontà del Padre e il senso della vita apostolica. Egli non saprebbe presentarsi diversamente ai destinatari delle sue lettere: infatti usa le stesse parole anche per i Colossesi, i Corinzi e Timoteo. Il rapporto con Gesù non ha toccato in modo marginale un'esistenza che si configura in base ad altri principi. Paolo non si vanta di altre credenziali, non cita altri titoli. Il nome di Gesù e la misericordia del Padre sono tutto ciò che egli possiede e offre ai fratelli.
  • Diego Coletti, in Avvenire 1 luglio 2009
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Messaggio da miriam bolfissimo » ven lug 03, 2009 1:53 pm


  • Gratuito dono
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«Ai santi e fedeli in Cristo Gesù. Grazia e pace a voi da Dio, nostro Padre, e dal Signore Gesù Cristo». (Ef 1,1b-2)

L'appellativo di «fedeli» corrisponde semplicemente a quello di «santi». Credere e ricevere il dono della santificazione in Cristo sono la stessa cosa. La santità qui non è vista come una conquista straordinaria e faticosa, ma come il frutto della grazia divina che l'apostolo invoca sulla comunità e che scende come dono gratuito su coloro che credono in Gesù e nella potenza della sua signoria di crocifisso e risorto. E questi santi sono in mezzo a una città: essi vi dimorano, mescolati a tutti gli altri cittadini che sono in Efeso, portatori umili e fieri della grazia e della pace che vengono da Gesù e dal Padre suo. Chi riceve la lettera di Paolo e si appresta a leggerla viene messo così subito di fronte alla dignità e grandezza della propria chiamata: il dono di grazia e di pace si traduce in una chiamata alla testimonianza.
  • Diego Coletti, in Avvenire 2 luglio 2009
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Messaggio da miriam bolfissimo » ven lug 03, 2009 1:54 pm


  • Il vero centro
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«Egli ci elesse in lui prima della creazione del mondo, perché fossimo santi e irreprensibili davanti a lui nell'amore». (Ef 1,4)

Il progetto di Dio anticipa e previene la stessa creazione. Infatti ne costituisce il senso e la finalità. Siamo abituati a pensare all'opera di Dio in termini troppo umani, frutto della nostra immaginazione. Ciascuno di noi non è, per lui, un accidente secondario, che si è determinato per caso dopo la sua azione creativa. Da sempre il Padre ci ha pensato: e tutta la creazione è stata realizzata avendo come fine la pienezza della nostra vita, modellata sulla carità di Gesù, vero Dio e vero uomo, intorno al quale e in vista del quale ogni realtà prende senso e trova la propria verità. Ci viene offerta un'immagine riassuntiva e sintetica del significato di tutte le cose: l'intera creazione gira intorno al suo centro, che è la nostra chiamata a raggiungere la perfezione («essere santi e irreprensibili») attraverso il dono della somiglianza con Gesù, al cospetto di Dio, nell'amore.
  • Diego Coletti, in Avvenire 3 luglio 2009
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Messaggio da miriam bolfissimo » lun lug 06, 2009 8:34 am


  • Cruento scandalo
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«In lui, mediante il suo sangue, otteniamo la redenzione, il perdono dei peccati, secondo la ricchezza della sua grazia». (Ef 1,7)

La ricchezza della grazia di Dio e la profondità del suo amore si manifestano soprattutto nel fatto che l'umanità non è solo priva di meriti di fronte alla sua gratuita iniziativa, ma è carica di colpe. La salvezza non raggiunge il genere umano semplicemente in attesa del dono, ma diventa redenzione da una condizione disgraziata di peccato e di morte. Per questo motivo è stato necessario il «sangue» del Figlio di Dio, segno della sua morte cruenta che è seguita alla sua libera decisione di consegnarsi nelle mani dei peccatori, per sconfiggere il potere della morte. Senza effusione di sangue non c'è redenzione: la lapidaria affermazione della lettera degli Ebrei (9,22) ci ricorda che la manifestazione e il dono dell'amore redentivo di Dio non potevano evitare di passare attraverso lo scandalo della croce.
  • Diego Coletti, in Avvenire 4 luglio 2009
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Messaggio da miriam bolfissimo » lun lug 06, 2009 8:37 am


  • La nostra eredità
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«In lui poi siamo stati scelti, essendo stati predestinati secondo il disegno di colui che tutto compie in conformità del suo volere, per essere noi, i primi che hanno sperato in Cristo, a lode della sua gloria». (Ef 1,11-12)

Il dono che ci è stato fatto è «un'eredità»: si tratta cioè di un impegno formale e assolutamente certo da parte di Dio, che attende di essere posseduto in pienezza quando la «lode della gloria di Dio» sarà definitiva ed eterna. Fino a quel momento la vita dei figli adottivi si muove nell'orizzonte della speranza. Essa non delude, perché è ferma certezza di cose future. Paolo e i cristiani convertiti dal giudaismo («noi») sono stati i primi a riporre in Cristo la speranza, ma non si sentono possessori gelosi di questo tesoro. Iddio ha predestinato ogni essere umano a questo destino di gloria e la sua opera «efficace» raggiungerà ogni persona, ogni popolo, nazione e lingua, che rispondano positivamente alla sollecitazione del suo amore.
  • Diego Coletti, in Avvenire 5 luglio 2009
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Messaggio da miriam bolfissimo » mar lug 07, 2009 2:47 pm


  • Impronta di vita
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«In lui anche voi, dopo avere udita la parola della verità, il vangelo della vostra salvezza, e aver anche creduto, avete ricevuto il suggello dello Spirito Santo che fu promesso». (Ef 1,13)

La fede nasce dalla predicazione e la predicazione a sua volta si attua per la parola di Cristo (Rm 10,17). I cristiani di Efeso, soprattutto quelli provenienti dal paganesimo («voi»), hanno ricevuto il vangelo e hanno creduto alla parola della verità. È stato il primo passo della loro trasformazione interiore, che si realizza attraverso il dono dello Spirito Santo. Il termine tradotto in italiano con «suggello» indica nella lingua originale piuttosto il «marchio», o meglio ancora l'«impronta» che lo Spirito dona e conferma alla vita di coloro che credono al vangelo. Ricevere lo Spirito Santo vuol dire lasciare che la propria esistenza sia conformata a Gesù. La missione dello Spirito Santo è appunto quella di comunicare la forma cristiana ai pensieri, agli atteggiamenti, alle parole, alle scelte, ai progetti di ogni credente e della comunità nel suo insieme. Così il piano di salvezza si realizza nella storia degli uomini.
  • Diego Coletti, in Avvenire 7 luglio 2009
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Messaggio da miriam bolfissimo » gio lug 09, 2009 7:46 am


  • Dall'uomo a Dio
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«Per questo anch'io, avendo udito parlare della vostra fede nel Signore Gesù e del vostro amore per tutti i santi, non cesso di ringraziare per voi». (Ef 1,15-16a)

Nella riflessione di Paolo alla speranza dei credenti di Efeso fa seguito, ancora una volta, la notizia della loro fede e della loro carità. La vita cristiana, come vedremo anche in altri passi delle lettere (cfr. Col 1,3-5), viene così descritta nei suoi tratti fondamentali. Quelle che, in seguito, la dottrina della fede chiamerà le tre virtù teologali sono indicate come il frutto principale dell'azione dello Spirito e come il motivo di fondo della preghiera di gratitudine che l'apostolo rivolge a Dio. Il movimento della preghiera di Paolo sembra essere quasi sempre questo: dalla memoria o dalla notizia della buona testimonianza cristiana dei credenti sale a Dio un inno di ringraziamento e di lode (cfr. ad esempio Rm 1,8; 1Cor 1,4; 1Ts 1,2; 2Tm 1,3; Fm 4). Paolo «ricorda» e «ringrazia Dio»: questa modalità di preghiera è da lui indicata come assidua, quasi a costituire uno sfondo costante del suo rapporto con Dio.
  • Diego Coletti, in Avvenire 8 luglio 2009
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Messaggio da miriam bolfissimo » gio lug 09, 2009 7:47 am


  • Al di là dell'apparenza
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«E voi che eravate morti in seguito ai vostri traviamenti e ai vostri peccati, nei quali una volta vivevate secondo lo spirito di questo mondo, secondo il principe del regno dell'aria, quello spirito che tuttora è all'opera tra gli uomini ribelli"» (Ef 2,1-2)

La condizione dell'umanità al di fuori o prima dell'incontro con Cristo è una condizione che si potrebbe definire di «vita apparente». In realtà si è come morti, gravati senza scampo dalle colpe e dai peccati, ingannati dal principe di questo mondo. Egli ci suggerisce scelte di vita «secondo lo spirito di questo mondo», cioè segnate dalla ribellione astiosa e diffidente nei confronti del progetto di Dio. Al di là dell'apparenza vivace di tante esperienze, un'atmosfera di morte incombe sui figli «ribelli»: Paolo non ha di mira tanto le responsabilità personali, che possono essere più o meno gravi, quanto piuttosto la condizione oggettiva di un'umanità segnata dal peccato e dalle sue conseguenze. Solo se prendiamo coscienza di questa situazione, ci apparirà in piena luce il valore della misericordia divina.
  • Diego Coletti, in Avvenire 9 luglio 2009
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Messaggio da miriam bolfissimo » ven lug 10, 2009 9:45 am


  • Paradosso d'amore
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«Ma Dio, che è ricco di misericordia, per l'immenso amore col quale ci ha amati, per quanto morti in seguito ai traviamenti, ci ha fatto rivivere col Cristo - foste salvati gratuitamente!» (Ef 2,4-5)

Nel piano di Dio la disobbedienza dei peccatori, da lui permessa per rispetto della libertà di coloro che egli vuole figli e non schiavi, è «in vista della misericordia». In Cristo Gesù il Padre ci si rivela non solo come colui che rinuncia all'ira vendicativa, che pure ci meriteremmo, ma come colui che riesce a finalizzare anche la ribellione a una più piena manifestazione della sua misericordiosa bontà. Paolo arriva ad affermare in modo quasi paradossale: «Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per usare a tutti misericordia» (Rm 11,32). Egli ci ha amati con un amore così grande da raggiungerci nel nostro stato di «morte» per farci rivivere in Cristo. A stento si trova chi è disposto a morire per una persona dabbene; la ricchezza della misericordia divina si misura sul fatto che Cristo è morto per gli empi, si è consegnato alla morte per noi quando ancora eravamo peccatori (cfr. Rm 5,6-8).
  • Diego Coletti, in Avvenire 10 luglio 2009
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Messaggio da miriam bolfissimo » mar lug 14, 2009 8:23 am


  • Grazia che cambia
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«In realtà noi siamo sua opera, creati in Cristo Gesù, per le opere buone che Dio ha predisposto che noi compiamo». (Ef 2,10)

Quasi per rispondere a una possibile obiezione, Paolo precisa: è vero che la grazia ci precede ed esclude ogni possibilità di menar vanto delle buone opere come se fossero cosa nostra, indipendente dalla grazia di Dio; ma è anche vero che la grazia non rende superfluo e tanto meno inutile il nostro impegno per una vita ricca del frutto abbondante delle opere buone. Al contrario: per esse e in vista di esse noi siamo stati creati e siamo amati da Dio. Il Signore non ci vuole soltanto passivi destinatari del suo amore, e neppure inutili peccatori la cui colpa è semplicemente «coperta» dalla sua misericordia senza essere radicalmente sanata. La grazia è talmente forte da trasformare realmente un ribelle in un figlio, uno sterile peccatore in un credente, fonte di buone opere e ricco di frutti abbondanti che rendono gloria al Padre (cfr. Gv 15,8).
  • Diego Coletti, in Avvenire 11 luglio 2009
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Messaggio da miriam bolfissimo » mar lug 14, 2009 8:25 am


  • Fiere catene
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«Per questo motivo io, Paolo, il prigioniero di Cristo Gesù a vostro favore, o Gentili"». (Ef 3,1)

Paolo sta vivendo una concreta esperienza di prigionia. Quando egli si definisce «prigioniero» non si tratta quindi di una pura metafora. Eppure non si ferma a considerare l'aspetto esteriore delle sue catene: il suo sguardo di fede le trasfigura e le fa diventare un elemento della sua identità apostolica. Paolo non è prigioniero del sinedrio o del potere imperiale: egli è prigioniero di Cristo. L'unico motivo che l'ha esposto alla persecuzione è l'intransigente amore per Gesù e la fedeltà al vangelo. Inoltre, la sua prigionia è «a vostro favore»: l'annuncio della salvezza offerta gratuitamente anche ai pagani è stato il motivo del violento contrasto fra l'apostolo e i capi del suo popolo. Le catene di Paolo sono quindi gloriose, come la croce di Cristo, con la quale sono in piena sintonia. Nessuna rassegnazione, nessun vittimismo. Solo la fierezza di essere conforme a Cristo e di perseverare con lui nelle «sue» prove.
  • Diego Coletti, in Avvenire 12 luglio 2009
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Messaggio da miriam bolfissimo » mar lug 14, 2009 8:26 am


  • Un Dio vicino
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«Per questa ragione piego le mie ginocchia davanti al Padre, dal quale ogni famiglia in cielo e sulla terra si denomina, perché vi conceda, secondo i tesori della sua gloria, di irrobustirvi grandemente nell'uomo interiore grazie al suo Spirito». (Ef 3,14-16)

La preghiera di Paolo si rivolge a un Dio che ha un'identità precisa. Chi ha incontrato Cristo in modo così personale come l'apostolo non può più rivolgersi a un Dio generico e lontano. La paternità di Dio, imparata dal contatto fraterno con Gesù, è l'interlocutore del nostro dialogo. Da quella paternità prende forma tutto ciò che possiamo riconoscere, nella nostra esperienza, come dono di vita, come promessa di tutela e di protezione affettuosa, come comunione di vita con chi ci ha generato e ci fa crescere nell'amore. Al Padre si chiede di essere rafforzati dallo Spirito: l'uomo interiore, quello che continuamente si rinnova a immagine del Figlio (cfr. 2Cor 4,16; Col 3,10), quello che nasce non da sangue né da volere di carne ma, appunto, da Dio (cfr. Gv 1,13), riceve dallo Spirito di Gesù e del Padre la «potenza» che gli è necessaria per sconfiggere l'uomo vecchio (cfr. Ef 4,22) e crescere come «nuova creatura». Lo Spirito ci conforma a Cristo, e «se uno è in Cristo, è creatura nuova» (2Cor 5,17).
  • Diego Coletti, in Avvenire 14 luglio 2009
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Messaggio da miriam bolfissimo » mer lug 15, 2009 9:27 am


  • Oltre ogni desiderio
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«A colui che per la forza che opera in noi ha potere di fare molto di più di quanto chiediamo o immaginiamo, a lui la gloria nella Chiesa e in Cristo Gesù per tutte le generazioni e per sempre. Amen». (Ef 3,20-21)

La preghiera di Paolo si conclude: lo sguardo della sua fede si rivolge ancora una volta al Padre, al quale viene riconosciuto il potere di operare una salvezza che va al di là di ogni nostro desiderio. Quando infatti speriamo che la nostra vita sia salvata dal nonsenso e dalla disperazione, non ci immaginiamo ancora di essere chiamati a far parte della stessa famiglia di Dio, divenendo «partecipi della natura divina» (2Pt 1,4); non osiamo pensare che Dio ci adotti come suoi figli, ci raccolga in una Chiesa che non è soltanto l'assemblea dei convocati per la salvezza, ma lo stesso «corpo» del Figlio unigenito e prediletto del quale noi siamo membra vive. Questo piano di Dio già «opera in noi» e continuerà a operare per tutte le generazioni, affinché la gloria di Dio si manifesti nella sua pienezza. La gloria di Dio infatti è concentrata nel Figlio e nella sua signoria sulla vita dei redenti: di qui si espande sulla creazione e per tutti i secoli.
  • Diego Coletti, in Avvenire 15 luglio 2009
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Messaggio da miriam bolfissimo » ven lug 17, 2009 3:06 pm


  • Seme da coltivare
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«Perciò io, il prigioniero per il Signore, vi invito a condurre una vita degna della vocazione alla quale siete stati chiamati». (Ef 4,1)

Inizia qui la seconda parte della lettera. Dalla descrizione sintetica della sua comprensione del mistero di Cristo Paolo, passa a illustrarne le conseguenze nella vita dei credenti. Viene formulato un principio generale: la vocazione alla quale siamo chiamati in Cristo non ci viene data nella forma di un esito finito e maturo, ma come un seme che va accolto, custodito e coltivato. La comunità ha bisogno di essere «esortata» in questo compito. Per rendere ancora più efficace la sua esortazione, Paolo si presenta ancora una volta come colui che ha titolo per intervenire non solo in base alla dignità apostolica, ma anche perché la sua testimonianza è avvalorata dalle sofferenze e dalle contraddizioni sofferte per il Vangelo. Il comportamento del discepolo deve corrispondere alla «forma» propriamente cristiana del mistero d'amore al quale è chiamato fin da prima della creazione del mondo.
  • Diego Coletti, in Avvenire 16 luglio 2009
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Messaggio da miriam bolfissimo » ven lug 17, 2009 3:08 pm


  • Condizioni di pace
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«Con tutta umiltà, dolcezza e longanimità, sopportandovi a vicenda con amore, preoccupati di conservare l'unità dello spirito nel vincolo della pace». (Ef 4,2-3)

La comunione e la fraternità tra le persone, anche nella comunità dei credenti, sono un compito arduo e complesso, un valore delicato e sempre minacciato dall'egoismo e dalle varie aggressività che si scatenano nel cuore umano. Orgoglio, ira e impazienza inducono a considerare gli altri come «insopportabili»; come costanti minacce alla «mia» indipendenza e alla «mia» sovranità sulla vita. Si determina così la «guerra di tutti contro tutti» che si esprime a vari livelli e con diversa intensità, ma sempre distrugge un vero «vincolo di pace» tra le persone. Si tratta infatti non di una pace di fatto, raggiunta attraverso l'equilibrio delle forze come semplice stato di non belligeranza. Di questa pace profonda e "vincolante" Paolo indica le condizioni: oltre a umiltà, mansuetudine e pazienza, occorre mettere al centro lo Spirito di Gesù, fonte unica del vero amore.
  • Diego Coletti, in Avvenire 17 luglio 2009
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Messaggio da miriam bolfissimo » mar lug 21, 2009 8:27 am


  • Fondamenti di unità
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«Un solo corpo e un solo Spirito, così come siete stati chiamati a una sola speranza, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo; un solo Dio e Padre di tutti, che è sopra tutti, agisce per mezzo di tutti e dimora in tutti». (Ef 4,4-6)

Sono ben sette i fondamenti dell'unità tra gli uomini che il messaggio di Paolo propone alla nostra meditazione: siamo chiamati, nella grazia dell'unico Spirito del Signore, a formare un solo corpo e a nutrirci di una speranza che fa convergere i desideri e i progetti di ciascuna persona verso la meta unificante della vocazione cristiana, e raccoglie tutti i discepoli del Signore, rinati nell'unico battesimo, nella professione di una fede comune a tutti, nell'unico Dio. Dividersi e disperdersi vuol dire morire; vuol dire staccarsi dalla corrente di vita che proviene dal Padre. Egli, senza perdere la sua trascendenza che lo pone «al di sopra» di ogni creatura, è pur tuttavia presente in tutti i suoi figli per comunicare loro il dono della partecipazione alla sua stessa vita. Così li rende «una cosa sola» con il suo Unigenito e, di conseguenza, «una cosa sola» tra di loro.
  • Diego Coletti, in Avvenire 18 luglio 2009
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Messaggio da miriam bolfissimo » mar lug 21, 2009 8:28 am


  • Complessa armonia
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«È lui che ha donato alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e dottori, per preparare i santi al ministero, per la costruzione del corpo di Cristo, fino a che arriviamo tutti all'unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio». (Ef 4,11-13a)

La complessa articolazione della vita della Chiesa nei diversi ministeri e vocazioni che la compongono deve servire all'edificazione vicendevole. I carismi che lo Spirito di Cristo dona ai membri della compagine ecclesiale hanno come scopo quello di mettere ciascuno in grado di esercitare un servizio (ministero) che sia efficace nella costruzione dell'unico corpo del Signore. Vale a dire che nessuno potrà mai far valere il proprio presunto "carisma" contro un altro o anche solo a prescindere dall'utilità comune del popolo di Dio. L'unità della fede e della conoscenza dell'unico Figlio di Dio resta il criterio fondamentale per il discernimento, la valutazione, la guida e l'eventuale valorizzazione dei carismi dei singoli e dei gruppi, nell'armonia della vita di tutta la comunità ecclesiale nel suo insieme.
  • Diego Coletti, in Avvenire 19 luglio 2009
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Messaggio da miriam bolfissimo » mar lug 21, 2009 8:29 am


  • Verità e amore
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«Vivendo invece la verità nell'amore, cresciamo sotto ogni aspetto in colui che è il capo, Cristo». (Ef 4,15)

Verità e amore non stanno sullo stesso piano e non svolgono un'identica funzione. La ricerca di un compromesso tra i due (amare un po' meno per affermare la verità in modo più intransigente o, viceversa, rinunciare almeno in parte alla verità per poter amare più intensamente) non offre mai la soluzione del problema. Ci viene indicata un'altra via: la tensione verso la verità, la sua costante ricerca, coraggiosa e umile insieme, è l'alveo nel quale dobbiamo incanalare tutta l'esistenza, senza esitazioni o compromessi di sorta (vivere «secondo» la verità); il massimo amore possibile in concreto, la dedizione incondizionata di noi stessi a Dio e al prossimo sono l'atmosfera nella quale la nostra vita respira e si esprime (vivere «nell»'amore). Il massimo di verità e il massimo di amore, dunque: questo è il segreto della vita cristiana.
  • Diego Coletti, in Avvenire 21 luglio 2009
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