Anno Paolino 28 giugno 2008 - 29 giugno 2009

Raccolta di preghiere e testi religiosi d’Autore, a cura di miriam bolfissimo
Rispondi
Avatar utente
miriam bolfissimo
Messaggi:17747
Iscritto il:dom mag 22, 2005 2:27 pm
Contatta:
Anno Paolino 28 giugno 2008 - 29 giugno 2009

Messaggio da miriam bolfissimo » ven gen 30, 2009 9:52 am


  • Imprevedibile generosità
[/size]

«Se per la caduta di uno solo la morte ha regnato a causa di quel solo uomo, molto di più quelli che ricevono l'abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo» (Rom 5,17)

La comparazione tra Adamo e Cristo si trasforma qui in un confronto tra la morte e la vita. Ma è soprattutto il secondo termine di paragone a esprimere una dimensione nuova nell'argomentazione svolta da Paolo. Infatti, benché le due frasi siano accomunate dal concetto del «regnare» (nel senso di dominare in maniera sovrana), nel primo caso il soggetto è detto essere la morte come realtà impersonale (non quindi il diavolo!), mentre nella seconda frase il soggetto è individuato personalisticamente in «quelli che ricevono l'abbondanza».

L'insieme vuol dire che l'intervento di Dio in Cristo nei confronti dei peccatori non è regolato dal metro della giustizia retributiva ma da quello imprevisto e spiazzante di una giustizia "salutifera", cioè dalla pura grazia. E così siamo ancora una volta confrontati con l'imprevedibile generosità di un Dio, dal quale, come commenta san Giovanni Crisostomo, «abbiamo ricevuto un farmaco non solo pari alla gravità della ferita, bensì anche salvezza, bellezza, onore, gloria e dignità in misura molto maggiore della nostra natura».
  • Romano Penna, in Avvenire 30 gennaio 2009
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

Avatar utente
miriam bolfissimo
Messaggi:17747
Iscritto il:dom mag 22, 2005 2:27 pm
Contatta:

Anno Paolino 28 giugno 2008 - 29 giugno 2009

Messaggio da miriam bolfissimo » mar feb 03, 2009 3:04 pm


  • Giustizia e vita
[/size]

«La Legge poi sopravvenne perché abbondasse la caduta; ma dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia. Di modo che, come regnò il peccato nella morte, così regni anche la grazia mediante la giustizia per la vita eterna, per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore» (Rom 4,20-21)

Si noti il linguaggio denso di Paolo, che non si può leggere d'un fiato ma va pensato e soppesato. Secondo l'Apostolo la Legge (anche quella divina!) è del tutto insufficiente a frenare e soprattutto a riparare le cadute (cf. già 3,20). In Gesù Cristo, invece, Dio dispone e dimostra un altro modo di ovviare al peccato, fatto di gratuità (= grazia) e di generosità (= sovrabbondanza).

In effetti, la vita del cristiano è la risultante della grazia di Cristo e della fede dell'uomo, sicché grazia immeritata e fede giustificante si integrano a vicenda in un processo inestricabile. Ed è come commenta San Giovanni Crisostomo: «Dal momento che possiedi la giustizia, non dubitare della vita, perché la giustizia è un bene maggiore della vita stessa, della quale è la madre». Per Paolo la giustizia acquisita per fede pone il cristiano in situazione escatologica, cioè ultimativa, nel senso che per lui in qualche modo si è già compiuto positivamente il giudizio di Dio e la vita definitiva è già cominciata. «In verità, in verità vi dico: chi crede ha la vita eterna» (Giovanni 6,47).
  • Romano Penna, in Avvenire 31 gennaio 2009
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

Avatar utente
miriam bolfissimo
Messaggi:17747
Iscritto il:dom mag 22, 2005 2:27 pm
Contatta:

Anno Paolino 28 giugno 2008 - 29 giugno 2009

Messaggio da miriam bolfissimo » mar feb 03, 2009 3:07 pm


  • Perfetta unione
[/size]

«Vi esorto pertanto, fratelli, per il nome di nostro Signore Gesù Cristo, a essere tutti unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione di pensiero e di sentire» (1 Corinzi 1,10)

Paolo scrive ai Corinzi. Per tutto questo mese di febbraio Paolo non scriverà soltanto per la comunità di Corinto, ma anche per noi. La sua lettera ci raggiunge dopo millenovecentocinquantasei anni. Affronteremo il rischio di entrare, sotto la sua guida, nel tunnel sconosciuto della nostra vita, in quanto nulla ci è più sconosciuto della nostra vita. Unione tra noi, sollecita Paolo, ma anche dentro noi stessi. La confusione delle lingue e delle verità ha diviso gli uomini, malati di orgoglio, fin dai tempi di Babele.

Anche noi eleviamo torri, di difesa e di offesa, all'interno della società, della Chiesa, del nostro animo, in cerca di sempre nuove verità perché non riusciamo a viverne nessuna. La verità non è qualcosa che basta formulare, la verità non è nulla finché non è vissuta. Pretendiamo giudicare quale sia la più giusta tra le varie fedi, chi più santo nella nostra stessa fede: ci facciamo gloria di chiamarci cattolici, ortodossi, anglicani, protestanti. Quale potrà essere il nostro più onesto atteggiamento verso Dio? Poiché bisogna essere onesti anche verso Dio. Un cammino che Paolo ci chiama a compiere, sferzando la nostra apatia.
  • Ferruccio Parazzoli, in Avvenire 1 febbraio 2009
Ultima modifica di miriam bolfissimo il mer mar 04, 2009 8:57 am, modificato 1 volta in totale.
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

Avatar utente
miriam bolfissimo
Messaggi:17747
Iscritto il:dom mag 22, 2005 2:27 pm
Contatta:

Anno Paolino 28 giugno 2008 - 29 giugno 2009

Messaggio da miriam bolfissimo » mar feb 03, 2009 3:10 pm


  • Scandalo abbagliante
[/size]

«Dov'è il sapiente? Dov'è il dotto? Dov'è il sottile ragionatore di questo mondo? Dio non ha forse dimostrato stolta la sapienza del mondo?» (1 Corinzi 1,20)

Iniziamo dall'esame di noi stessi come chi si appresti a fare pulizia dentro la propria casa. Di cosa si vanta il nostro orgoglio? Dell'umana capacità di una totale conoscenza. Lo studio (l'attività della mente) anche se non raggiungerà la sapienza, è da sempre ritenuto tra le più alte occupazioni umane. Penso, dunque sono, afferma il filosofo. Che cosa vuole dirci, allora, Paolo riducendo a una manciata di polvere, come sarà un giorno il nostro corpo, lo sforzo costante e laborioso della nostra mente? E non soltanto della mente, perché se la scienza può essere raggiunta anche solo mediante lo studio (e tale è il dotto) non così la sapienza che allo studio unisce la partecipazione dell'animo (e tale è il sapiente).

No, non sono disposto, dico a me stesso, a rinunciare al mio rischio di uomo, al mio essere umano troppo umano. Ma Paolo apre una crepa vertiginosa nella mia umana eroicità: la scienza, la sapienza, sono come un vaso pregiato ma con il fondo bucato. Tu lo riempi alla tua fonte, eppure il vaso mai si colma. Bada, c'è un errore nel tuo metodo di ricerca. Qual è questo errore? Rovescia il vaso e vedrai il buco, rovescia te stesso e ti abbaglierà lo scandalo dell'unica vera sapienza.
  • Ferruccio Parazzoli, in Avvenire 3 febbraio 2009
Ultima modifica di miriam bolfissimo il mer mar 04, 2009 9:26 am, modificato 1 volta in totale.
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

Avatar utente
miriam bolfissimo
Messaggi:17747
Iscritto il:dom mag 22, 2005 2:27 pm
Contatta:

Anno Paolino 28 giugno 2008 - 29 giugno 2009

Messaggio da miriam bolfissimo » gio feb 05, 2009 11:46 am


  • Paolo di Tarso – Il termine della sua vita terrena
[/size]

Cari fratelli e sorelle,

la serie delle nostre catechesi sulla figura di san Paolo è arrivata alla sua conclusione: vogliamo parlare oggi del termine della sua vita terrena. L'antica tradizione cristiana testimonia unanimemente che la morte di Paolo avvenne in conseguenza del martirio subito qui a Roma. Gli scritti del Nuovo Testamento non ci riportano il fatto. Gli Atti degli Apostoli terminano il loro racconto accennando alla condizione di prigionia dell'Apostolo, che poteva tuttavia accogliere tutti quelli che andavano da lui (cfr At 28,30-31). Solo nella seconda Lettera a Timoteo troviamo queste sue parole premonitrici: “Quanto a me, il mio sangue sta per essere sparso in libagione ed è giunto il momento di sciogliere le vele” (2 Tm 4,6; cfr Fil 2,17). Si usano qui due immagini, quella cultuale del sacrificio, che aveva usato già nella Lettera ai Filippesi interpretando il martirio come parte del sacrificio di Cristo, e quella marinaresca del mollare gli ormeggi: due immagini che insieme alludono discretamente all'evento della morte e di una morte cruenta.

La prima testimonianza esplicita sulla fine di san Paolo ci viene dalla metà degli anni 90 del secolo I, quindi poco più di tre decenni dopo la sua morte effettiva. Si tratta precisamente della Lettera che la Chiesa di Roma, con il suo Vescovo Clemente I, scrisse alla Chiesa di Corinto. In quel testo epistolare si invita a tenere davanti agli occhi l'esempio degli Apostoli, e, subito dopo aver menzionato il martirio di Pietro, si legge così: “Per la gelosia e la discordia Paolo fu obbligato a mostrarci come si consegue il premio della pazienza. Arrestato sette volte, esiliato, lapidato, fu l'araldo di Cristo nell'Oriente e nell'Occidente, e per la sua fede si acquistò una gloria pura. Dopo aver predicato la giustizia a tutto il mondo, e dopo essere giunto fino all'estremità dell'occidente, sostenne il martirio davanti ai governanti; così partì da questo mondo e raggiunse il luogo santo, divenuto con ciò il più grande modello di pazienza” (1 Clem 5,2). La pazienza di cui parla è espressione della sua comunione alla passione di Cristo, della generosità e costanza con la quale ha accettato un lungo cammino di sofferenza, così da poter dire: «Io porto le stigmate di Gesù sul mio corpo» (Gal. 6,17). Abbiamo sentito nel testo di san Clemente che Paolo sarebbe arrivato fino all'«estremità dell'occidente». Si discute se questo sia un accenno a un viaggio in Spagna che san Paolo avrebbe fatto. Non esiste certezza su questo, ma è vero che san Paolo nella sua Lettera ai Romani esprime la sua intenzione di andare in Spagna (cfr Rm 15,24).

Molto interessante invece è nella lettera di Clemente il succedersi dei due nomi di Pietro e di Paolo, anche se essi verranno invertiti nella testimonianza di Eusebio di Cesarea del secolo IV, che parlando dell'imperatore Nerone scriverà: “Durante il suo regno Paolo fu decapitato proprio a Roma e Pietro vi fu crocifisso. Il racconto è confermato dal nome di Pietro e di Paolo, che è ancor oggi conservato sui loro sepolcri in quella città” (Hist. eccl. 2,25,5). Eusebio poi continua riportando l’antecedente dichiarazione di un presbitero romano di nome Gaio, risalente agli inizi del secolo II: “Io ti posso mostrare i trofei degli apostoli: se andrai al Vaticano o sulla Via Ostiense, vi troverai i trofei dei fondatori della Chiesa” (ibid. 2,25,6-7). I “trofei” sono i monumenti sepolcrali, e si tratta delle stesse sepolture di Pietro e di Paolo, che ancora oggi noi veneriamo dopo due millenni negli stessi luoghi: sia qui in Vaticano per quanto riguarda san Pietro, sia nella Basilica di san Paolo Fuori le Mura sulla Via Ostiense per quanto riguarda l'Apostolo delle genti.

È interessante rilevare che i due grandi Apostoli sono menzionati insieme. Anche se nessuna fonte antica parla di un loro contemporaneo ministero a Roma, la successiva coscienza cristiana, sulla base del loro comune seppellimento nella capitale dell'impero, li assocerà anche come fondatori della Chiesa di Roma. Così infatti si legge in Ireneo di Lione, verso la fine del II secolo, a proposito della successione apostolica nelle varie Chiese: “Poiché sarebbe troppo lungo enumerare le successioni di tutte le Chiese, prenderemo la Chiesa grandissima e antichissima e a tutti nota, la Chiesa fondata e stabilita a Roma dai due gloriosissimi apostoli Pietro e Paolo” (Adv. haer. 3,3,2).

Lasciamo però da parte adesso la figura di Pietro e concentriamoci su quella di Paolo. Il suo martirio viene raccontato per la prima volta dagli Atti di Paolo, scritti verso la fine del II secolo. Essi riferiscono che Nerone lo condannò a morte per decapitazione, eseguita subito dopo (cfr 9,5). La data della morte varia già nelle fonti antiche, che la pongono tra la persecuzione scatenata da Nerone stesso dopo l’incendio di Roma nel luglio del 64 e l’ultimo anno del suo regno, cioè il 68 (cfr Gerolamo, De viris ill. 5,8). Il calcolo dipende molto dalla cronologia dell’arrivo di Paolo a Roma, una discussione nella quale non possiamo qui entrare. Tradizioni successive preciseranno due altri elementi. L’uno, il più leggendario, è che il martirio avvenne alle Acquae Salviae, sulla Via Laurentina, con un triplice rimbalzo della testa, ognuno dei quali causò l'uscita di un fiotto d'acqua, per cui il luogo fu detto fino ad oggi “Tre Fontane” (Atti di Pietro e Paolo dello Pseudo Marcello, del secolo V). L’altro, in consonanza con l'antica testimonianza, già menzionata, del presbitero Gaio, è che la sua sepoltura avvenne non solo “fuori della città... al secondo miglio sulla Via Ostiense”, ma più precisamente “nel podere di Lucina”, che era una matrona cristiana (Passione di Paolo dello Pseudo Abdia, del secolo VI). Qui, nel secolo IV, l’imperatore Costantino eresse una prima chiesa, poi grandemente ampliata tra secolo IV e V dagli imperatori Valentiniano II, Teodosio e Arcadio. Dopo l’incendio del 1800, fu qui eretta l’attuale basilica di San Paolo fuori le Mura.

In ogni caso, la figura di san Paolo grandeggia ben al di là della sua vita terrena e della sua morte; egli infatti ha lasciato una straordinaria eredità spirituale. Anch’egli, come vero discepolo di Gesù, divenne segno di contraddizione. Mentre tra i cosiddetti “ebioniti” – una corrente giudeo-cristiana – era considerato come apostata dalla legge mosaica, già nel libro degli Atti degli Apostoli appare una grande venerazione verso l’Apostolo Paolo. Vorrei prescindere ora dalla letteratura apocrifa, come gli Atti di Paolo e Tecla e un epistolario apocrifo tra l’Apostolo Paolo e il filosofo Seneca. Importante è constatare soprattutto che ben presto le Lettere di san Paolo entrano nella liturgia, dove la struttura profeta-apostolo-Vangelo è determinante per la forma della liturgia della Parola. Così, grazie a questa “presenza” nella liturgia della Chiesa, il pensiero dell’Apostolo diventa da subito nutrimento spirituale dei fedeli di tutti i tempi.

E’ ovvio che i Padri della Chiesa e poi tutti i teologi si sono nutriti delle Lettere di san Paolo e della sua spiritualità. Egli è così rimasto nei secoli, fino ad oggi, il vero maestro e apostolo delle genti. Il primo commento patristico, a noi pervenuto, su uno scritto del Nuovo Testamento è quello del grande teologo alessandrino Origene, che commenta la Lettera di Paolo ai Romani. Tale commento purtroppo è conservato solo in parte. San Giovanni Crisostomo, oltre a commentare le sue Lettere, ha scritto di lui sette Panegirici memorabili. Sant'Agostino dovrà a lui il passo decisivo della propria conversione, e a Paolo egli ritornerà durante tutta la sua vita. Da questo dialogo permanente con l’Apostolo deriva la sua grande teologia cattolica e anche per quella protestante di tutti i tempi. San Tommaso d’Aquino ci ha lasciato un bel commento alle Lettere paoline, che rappresenta il frutto più maturo dell'esegesi medioevale. Una vera svolta si verificò nel secolo XVI con la Riforma protestante. Il momento decisivo nella vita di Lutero fu il cosiddetto «Turmerlebnis», (1517) nel quale in un attimo egli trovò una nuova interpretazione della dottrina paolina della giustificazione. Una interpretazione che lo liberò dagli scrupoli e dalle ansie della sua vita precedente e gli diede una nuova, radicale fiducia nella bontà di Dio che perdona tutto senza condizione. Da quel momento Lutero identificò il legalismo giudeo-cristiano, condannato dall'Apostolo, con l'ordine di vita della Chiesa cattolica. E la Chiesa gli apparve quindi come espressione della schiavitù della legge alla quale oppose la libertà del Vangelo. Il Concilio di Trento, dal 1545 al 1563, interpretò in modo profondo la questione della giustificazione e trovò nella linea di tutta la tradizione cattolica la sintesi tra legge e Vangelo, in conformità col messaggio della Sacra Scrittura letta nella sua totalità e unità.

Il secolo XIX, raccogliendo l’eredità migliore dell'Illuminismo, conobbe una nuova reviviscenza del paolinismo adesso soprattutto sul piano del lavoro scientifico sviluppato dall'interpretazione storico-critica della Sacra Scrittura. Prescindiamo qui dal fatto che anche in quel secolo, come poi nel secolo ventesimo, emerse una vera e propria denigrazione di san Paolo. Penso soprattutto a Nietsche che derideva la teologia dell'umiltà di san Paolo, opponendo ad essa la sua teologia dell'uomo forte e potente. Però prescindiamo da questo e vediamo la corrente essenziale della nuova interpretazione scientifica della Sacra Scrittura e del nuovo paolinismo di tale secolo. Qui è stato sottolineato soprattutto come centrale nel pensiero paolino il concetto di libertà: in esso è stato visto il cuore del pensiero paolino, come del resto aveva già intuito Lutero. Ora però il concetto di libertà veniva reinterpretato nel contesto del liberalismo moderno. E poi è sottolineata fortemente la differenziazione tra l'annuncio di san Paolo e l'annuncio di Gesù. E san Paolo appare quasi come un nuovo fondatore del cristianesimo. Vero è che in san Paolo la centralità del Regno di Dio, determinante per l'annuncio di Gesù, viene trasformata nella centralità della cristologia, il cui punto determinante è il mistero pasquale. E dal mistero pasquale risultano i Sacramenti del Battesimo e dell'Eucaristia, come presenza permanente di questo mistero, dal quale cresce il Corpo di Cristo, si costruisce la Chiesa. Ma direi, senza entrare adesso in dettagli, che proprio nella nuova centralità della cristologia e del mistero pasquale si realizza il Regno di Dio, diventa concreto, presente, operante l'annuncio autentico di Gesù. Abbiamo visto nelle catechesi precedenti che proprio questa novità paolina è la fedeltà più profonda all'annuncio di Gesù. Nel progresso dell'esegesi, soprattutto negli ultimi duecento anni, crescono anche le convergenze tra esegesi cattolica ed esegesi protestante realizzando così un notevole consenso proprio nel punto che fu all’origine del massimo dissenso storico. Quindi una grande speranza per la causa dell'ecumenismo, così centrale per il Concilio Vaticano II.

Brevemente vorrei alla fine ancora accennare ai vari movimenti religiosi, sorti in età moderna all’interno della Chiesa cattolica, che si rifanno al nome di san Paolo. Così è avvenuto nel secolo XVI con la “Congregazione di san Paolo” detta dei Barnabiti, nel secolo XIX con i “Missionari di san Paolo” o Paulisti, e nel secolo XX con la poliedrica “Famiglia Paolina” fondata dal Beato Giacomo Alberione, per non dire dell'Istituto Secolare della “Compagnia di san Paolo”. In buona sostanza, resta luminosa davanti a noi la figura di un apostolo e di un pensatore cristiano estremamente fecondo e profondo, dal cui accostamento ciascuno può trarre giovamento. In uno dei suoi panegirici, San Giovanni Crisostomo instaurò un originale paragone tra Paolo e Noè, esprimendosi così: Paolo “non mise insieme delle assi per fabbricare un'arca; piuttosto, invece di unire delle tavole di legno, compose delle lettere e così strappò di mezzo ai flutti, non due, tre o cinque membri della propria famiglia, ma l'intera ecumene che era sul punto di perire” (Paneg. 1,5). Proprio questo può ancora e sempre fare l’apostolo Paolo. Attingere a lui, tanto al suo esempio apostolico quanto alla sua dottrina, sarà quindi uno stimolo, se non una garanzia, per il consolidamento dell’identità cristiana di ciascuno di noi e per il ringiovanimento dell’intera Chiesa.
  • Benedetto XVI, Udienza Generale di mercoledì 4 febbraio 2009
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

Avatar utente
miriam bolfissimo
Messaggi:17747
Iscritto il:dom mag 22, 2005 2:27 pm
Contatta:

Anno Paolino 28 giugno 2008 - 29 giugno 2009

Messaggio da miriam bolfissimo » gio feb 05, 2009 11:53 am


  • Completo rovesciamento
[/size]

«Infatti ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini» (1 Corinzi 1, 25 )

Sono sconcertato. I valori, sui quali ho creduto di poter costruire la mia dignità di uomo, la mia eroica solitudine, che mi avrebbero innalzato nel rispetto e nell'ammirazione del mondo, oltre che di me stesso, sono stati rovesciati. Esiste, dunque, una stoltezza che vanifica la mia sapienza, una debolezza che sopravvince la mia forza. Che fare?

Si presenta l'eterna domanda di coloro che credono che ogni soluzione, individuale o collettiva, sia in loro possesso, che occorra soltanto volontà, intelligenza, potenza per affrontare e sciogliere i nodi della vita pubblica e privata. La strada è aperta al superuomo, all'uomo della provvidenza, di cui la storia del mondo ha fatto anche troppo larga esperienza.

Paolo non lascia scampo, ha completato il rovesciamento, scatena lo scandalo: la risposta al "che fare?" è al di fuori di noi, ma sta a noi sceglierla dopo che avremo, con lui, che ne è testimone nella carne e nello spirito, riconosciuto che ciò che alla nostra ragione appare irragionevole fino alla stoltezza, è la forma più alta della sapienza; ciò che appare mansueto fino alla debolezza, è l'invincibile forma della forza. E che altro potrebbe essere la fede in un Dio crocefisso?
  • Ferruccio Parazzoli, in Avvenire 4 febbraio 2009
Ultima modifica di miriam bolfissimo il mer mar 04, 2009 9:25 am, modificato 1 volta in totale.
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

Avatar utente
miriam bolfissimo
Messaggi:17747
Iscritto il:dom mag 22, 2005 2:27 pm
Contatta:

Anno Paolino 28 giugno 2008 - 29 giugno 2009

Messaggio da miriam bolfissimo » gio feb 05, 2009 11:56 am


  • Vertiginoso salto
[/size]
«Quello che è ignobile e disprezzato dal mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono» (1 Corinzi1,28)

E ora, dopo la stoltezza che supera la sapienza e la debolezza che sopravanza la forza - purché rivolte a Cristo nel quale si manifesta la potenza e la sapienza di Dio - Paolo rovescia altre categorie dei valori del mondo. Quanto desta apprezzamento e ammirazione tra gli uomini non è soltanto illusione, maya, ma è il niente, il «nulla» di fronte a Dio che, ancora una volta, procede nel suo «sapiente disegno» in senso inverso al disegno dell'uomo. Sembra che Paolo faccia suo il Discorso della Montagna con lo scandaloso ribaltamento delle Beatitudini: «Beati, beati, beati…». Beati chi e perché? Tutti coloro che, secondo gli umani criteri sono tutt'altro che beati, se non proprio per colpa e incapacità loro, per colpa di come gira il mondo. Ecco, mi credevo forte e, invece, ho perso la partita.

Paolo mi ha chiuso in angolo: devo deporre il mio prezioso e ingombrante fardello che contiene quanto mi è più caro e per cui ho combattuto - con onore, mi vantavo - sul ring della "lotta per la vita", arrampicandomi sulla ripida scala della selezione naturale. Andrò dunque contro la mia natura di uomo per affrontare il rischio di uno sguardo nuovo secondo la dinamica di Dio? Il salto è vertiginoso: a chi mi aggrapperò per non precipitare?
  • Ferruccio Parazzoli, in Avvenire 5 febbraio 2009
Ultima modifica di miriam bolfissimo il mer mar 04, 2009 9:24 am, modificato 1 volta in totale.
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

Avatar utente
miriam bolfissimo
Messaggi:17747
Iscritto il:dom mag 22, 2005 2:27 pm
Contatta:

Anno Paolino 28 giugno 2008 - 29 giugno 2009

Messaggio da miriam bolfissimo » ven feb 06, 2009 10:59 am


  • La porta stretta
[/size]

«Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e Cristo crocefisso» (1 Corinzi 2,2)

A Gesù Cristo, dice Paolo. A Lui, dunque, mi aggrapperò. E Cristo crocefisso. Siamo già alla "porta stretta" come direbbe Andrè Gide. Al nostro animo ormai svuotato da ogni mondanità, viene riofferto tutto, e tutto rinnovato dopo il ribaltamento che ho accettato di compiere con Paolo - purché io accetti di passare con lui per la porta stretta: la Croce. La croce su cui sta appeso Gesù Cristo. Quel corpo devastato è la manifestazione della sapienza e della potenza di Dio.

Siamo talmente abituati a vivere le nostre giornate, sia di gioia che di dolore, sotto quell'immagine, che raramente pensiamo come da quel Crocefisso, simile nell'apparenza a troppi altri crocefissi dalla giustizia umana, può derivare per me - e da niente e da nessun'altro - la possibilità di superare la porta stretta oltre la quale mi accoglierà il mondo nuovo, ribaltato, rispetto al vecchio, dallo sguardo che ho rivolto in Dio e che ho raggiunto e mi raggiunge attraverso quella Croce.

Come Paolo, in timore e tremore, riprenderò la mia presenza nel mondo non più eroicamente solo, ma uno in mezzo a tutti, dopo che l'ago della mia bussola abbia compiuto l'intero giro su se stesso, orientato a un nuovo, luminoso Nord.
  • Ferruccio Parazzoli, in Avvenire 6 febbraio 2009
Ultima modifica di miriam bolfissimo il mer mar 04, 2009 9:23 am, modificato 1 volta in totale.
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

Avatar utente
miriam bolfissimo
Messaggi:17747
Iscritto il:dom mag 22, 2005 2:27 pm
Contatta:

Anno Paolino 28 giugno 2008 - 29 giugno 2009

Messaggio da miriam bolfissimo » lun feb 09, 2009 12:08 pm


  • Accogliere lo spirito
[/size]

«Ora, noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere ciò che Dio ci ha donato» (1 Corinzi 2,12)

Paolo ha fatto piazza pulita di ogni mondanità che ora riassume nell'espressione «spirito del mondo». Ma, se l'ho fin qui seguito, ricevo la buona notizia: un altro Spirito mi è stato donato in cambio, lo «Spirito di Dio». Molti sono gli appellativi con cui viene chiamato lo Spirito e tutti adombrano la forza e la dinamicità dello Spirito che spinge a credere prima ancora di credere.

Il primo momento di fede è un momento «nascosto», un «momento dello Spirito». Il rifiuto dello Spirito è, infatti, il rifiuto dell' unica forza che può permettermi di spezzare l'inconoscibilità di Dio. Accogliere lo Spirito diventa la forza dirompente che, se accolta e tenuta viva, mi permette di fare esplodere, anche se in maniera che continua a restarmi misteriosa, il guscio serrato della fede. Soltanto per opera dello Spirito sarò capace di intendere e penetrare il dramma divino, anche se in modo indimostrabile, un nodo che le logiche razionaliste o teologiche non potranno mai sciogliere. La dinamicità dello Spirito mette in moto il piano divino facendone partecipe l'uomo fin dal primo momento dell'Incarnazione, da quel primo istante in cui Maria assentì all'impossibile: scandalosa smentita allo spirito del mondo.
  • Ferruccio Parazzoli, in Avvenire 7 febbraio 2009
Ultima modifica di miriam bolfissimo il mer mar 04, 2009 9:22 am, modificato 1 volta in totale.
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

Avatar utente
miriam bolfissimo
Messaggi:17747
Iscritto il:dom mag 22, 2005 2:27 pm
Contatta:

Anno Paolino 28 giugno 2008 - 29 giugno 2009

Messaggio da miriam bolfissimo » lun feb 09, 2009 12:10 pm


  • Il vero valore
[/size]

«Sicché, né chi pianta né chi irriga vale qualcosa, ma solo Dio, che fa crescere. Chi pianta e chi irriga sono una medesima cosa: ciascuno riceverà la propria ricompensa secondo il proprio lavoro» (1 Corinzi, 3,7-8)

Le parole di Paolo, scavalcando le circostanze in cui egli si trovò a scriverle, si riferiscono a noi che siamo qui, ciascuno nella propria attuale condizione. Rovesciati i valori di scienza, di sapienza e di forza, Paolo sembra ribaltare anche il valore da attribuire alle opere dell'uomo. A chi non sta saldo, bene attaccato alla Croce, le parole di Paolo rischiano di scottare, di azzerare l'orgoglio umano del fare. La particolarità di ogni singola opera, quella di cui ci facciamo così spesso vanto, non conta nulla.

Nell'edificio di Dio non c'è chi abbia un compito più onorifico di un altro. Se Dio ha bisogno degli uomini, gli uomini sono nulla senza Dio, la loro acqua, le loro sementi non portano frutto. La ricompensa del loro lavoro sarà valutata unicamente sulla fedeltà nel prestare la loro opera. Ciascuna opera è egualmente necessaria, non c'è scala di valori poiché solo Dio dà valore all'opera. Discorso duro da accettare, abbiamo bisogno di vantare la nostra opera. Ma nell'edificio di Dio un buon capomastro vale quanto l'ultimo impastatore di calce, magari extracomunitario e senza permesso di soggiorno. Prendere o lasciare.
  • Ferruccio Parazzoli, in Avvenire 8 febbraio 2009
Ultima modifica di miriam bolfissimo il mer mar 04, 2009 9:21 am, modificato 1 volta in totale.
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

Avatar utente
miriam bolfissimo
Messaggi:17747
Iscritto il:dom mag 22, 2005 2:27 pm
Contatta:

Anno Paolino 28 giugno 2008 - 29 giugno 2009

Messaggio da miriam bolfissimo » mar feb 10, 2009 5:27 pm


  • La prova del fuoco
[/size]

«…e il fuoco proverà la qualità dell'opera di ciascuno. (…) Ma se l'opera di qualcuno finirà bruciata, quello sarà punito: tuttavia egli si salverà, però quasi passando attraverso il fuoco» (1 Corinzi 3,13-15)

E non basta. Nell'edificio di Dio il lavoro va fatto non solo con fedeltà d'impegno ma al meglio di quanto ogni lavoro, sia pure il più umile, può essere fatto. Perché passerà alla prova del «fuoco». C'è, dunque, una valutazione dell'opera che va oltre la fedeltà all'opera stessa e che ne saggia la qualità, al di là dell'importanza umana attribuita all'opera. Ogni opera ha una propria qualità che l'operaio deve assicurare. Il "che fare" è diventato sommamente impegnativo.

Paolo stringe, si fa sotto: adesso sai per chi devi lavorare e come devi farlo. E quanto avrai fatto avrà in sé un fuoco che proverà la qualità della tua opera. Qui mi azzardo, nell'oscurità del discorso di Paolo, ad attribuire due proprietà a questo fuoco che si sprigiona dall'opera: se l'opera non raggiungerà il calore del fuoco, sarà tiepida; se l'opera sprigionerà un fuoco che la brucia, perché non conforme al disegno divino, l'operaio verrà punito. Ma poiché ha lavorato - uscendo, comunque, dall'apatia - «si salverà», ma con dolore. Sì, il purgatorio, non nell'aldilà, ma qui in terra dove ogni regressione alla vanità dell'umano troppo umano genera quelle profonde bruciature di cui, talora, amiamo vantarci.
  • Ferruccio Parazzoli, in Avvenire 10 febbraio 2009
Ultima modifica di miriam bolfissimo il mer mar 04, 2009 9:19 am, modificato 1 volta in totale.
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

Avatar utente
miriam bolfissimo
Messaggi:17747
Iscritto il:dom mag 22, 2005 2:27 pm
Contatta:

Anno Paolino 28 giugno 2008 - 29 giugno 2009

Messaggio da miriam bolfissimo » mer feb 11, 2009 4:19 pm


  • La via della croce
[/size]

«Insultati, benediciamo; perseguitati, sopportiamo; calunniati, confortiamo; siamo diventati come la spazzatura del mondo, il rifiuto di tutti, fino ad oggi» (1 Corinzi 4,12-13)

Più ci accosteremo a quella Croce, più lo sguardo resterà fermo a quel Crocefisso: che cosa diventeremo noi agli occhi del mondo a causa di Cristo? La risposta di Paolo - riferita soprattutto a se stesso che quella Croce, con appeso quel Crocefisso, ha abbracciato - non ha attenuanti: è drammaticamente amara. Ma di un'amarezza che ha il sapore della gloria.

A causa di Cristo non ci è rimasto attaccato più nulla di mondano e, pertanto, non potremo piacere più ad alcuno non avendo più moneta di scambio se non, ancora una volta, l'altra faccia della moneta, quella che compare sulla moneta rovesciata: ripagheremo l'insulto con la benedizione, la persecuzione con la sopportazione, la calunnia con il conforto.

Ma l'altra faccia della moneta non ha circolazione nell'economia del mondo. Quanto più avanti ci saremo sospinti sulla strada della Croce, tanto più diverremo minimi, insignificanti agli occhi del mondo che preferisce ruotare su se stesso piuttosto che affrontare il rischio di una strada impervia. Poiché impervia è la strada indicata da Paolo, come ogni strada che conduca alla vetta. E allora, e ancora: che fare?
  • Ferruccio Parazzoli, in Avvenire 11 febbraio 2009
Ultima modifica di miriam bolfissimo il mer mar 04, 2009 9:18 am, modificato 1 volta in totale.
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

Avatar utente
miriam bolfissimo
Messaggi:17747
Iscritto il:dom mag 22, 2005 2:27 pm
Contatta:

Anno Paolino 28 giugno 2008 - 29 giugno 2009

Messaggio da miriam bolfissimo » ven feb 13, 2009 11:35 am


  • Cambiare vita
[/size]

«Togliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova, poiché siete azimi. E, infatti, Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato!» (1 Corinzi 5,7)

Che fare? Cambiare vita. Non è questo, forse, il cardine, il centro focale di ogni vita di uomo? Quante volte ciascuno di noi è andato ripetendosi questo proposito, con debolezza e superficialità, o già con quella disperazione dell'animo che è il primo segno di una possibile resurrezione? Quanti sogni fa l'uomo! Ma il sogno più bello, il sogno totale, è pur sempre il medesimo sogno: cambiare vita. Non saremo più noi con le nostre miserie, con i nostri compromessi, le nostre malconce speranze. Nel sogno non siamo più noi o, meglio, siamo finalmente noi e siamo proprio così come ogni uomo vorrebbe essere: un uomo libero.

Libero da che cosa? Dalla paura. Quando saremo rivestiti dell'uomo nuovo la paura si dissolverà, sarà sconfitta. Allora davvero il mondo comincerà a ribaltarsi come una vecchia tavola ormai fuori equilibrio, contestata fino nel fondo del suo assurdo scenario. Allora davvero ogni umana illusione di potenza e di gloria tramonterà come la messinscena di un pessimo melodramma. Cristo è nostra Pasqua. E Pasqua è il passaggio: dal vecchio al nuovo. Solo passando per la "porta stretta" saremo nuovi.
  • Ferruccio Parazzoli, in Avvenire 12 febbraio 2009
Ultima modifica di miriam bolfissimo il mer mar 04, 2009 9:15 am, modificato 1 volta in totale.
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

Avatar utente
miriam bolfissimo
Messaggi:17747
Iscritto il:dom mag 22, 2005 2:27 pm
Contatta:

Anno Paolino 28 giugno 2008 - 29 giugno 2009

Messaggio da miriam bolfissimo » ven feb 13, 2009 11:36 am


  • Come dall'alto
[/size]

«Non sapete che i santi giudicheranno il mondo? (…) Non sapete che giudicheremo gli angeli? Quanto più le cose di questa vita!» (1 Corinzi 6,2-3)

Se il passaggio, la Pasqua in Cristo, sarà avvenuto, associati a Cristo saremo "santi". Timore e tremore è quanto suscita in noi la parola "santità", perché avvezzati ad associarla a qualcosa di eroico, di eccezionale nell'esercizio della virtù. I santi li veneriamo sugli altari. Come possiamo, noi, definirci "santi"? Stiamo commettendo un errore di prospettiva: quanti vediamo sugli altari sono i "modelli di santità" indicati dalla Chiesa, ma di santità sono gremite le nostre strade e di tali presenze è talmente cosciente la Chiesa che celebra la festa di Tutti i Santi.

Spesso la santità quotidiana la vediamo nonostante le nostre distrazioni; spesso no, perché la santità ama nascondersi. Il mondo appassirebbe senza la santità come una pianta senza l'acqua. E allora, poiché la santità è possibile, poiché è a portata di mano per chi sarà passato per la "porta stretta", è a tutti dato essere santi. La santità diviene, anzi, il fine ultimo della vita. Allora vedremo "le cose di questo mondo" come dall'alto, con le loro crepe, le loro miserie, i loro falsi splendori, e le giudicheremo per quello che sono senza più nebbie, illusioni, vuoti desideri.
  • Ferruccio Parazzoli, in Avvenire 13 febbraio 2009
Ultima modifica di miriam bolfissimo il mer mar 04, 2009 9:13 am, modificato 1 volta in totale.
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

Avatar utente
miriam bolfissimo
Messaggi:17747
Iscritto il:dom mag 22, 2005 2:27 pm
Contatta:

Anno Paolino 28 giugno 2008 - 29 giugno 2009

Messaggio da miriam bolfissimo » ven feb 13, 2009 12:01 pm


  • Amiche, sorelle, apostole
[/size]

È ancora diffusa l’idea che tra Paolo e le donne non sia corso buon sangue. Non si possono negare alcune aperture, ma in fondo serpeggia il sospetto che l’Apostolo abbia contribuito a frenare la carica rivoluzionaria del Vangelo. È davvero così? Trova fondamento questo sospetto nelle Lettere dell’Apostolo? Paolo non ha certamente bisogno di essere difeso, ma semmai compreso. Troppe volte infatti è stato e viene ancora frainteso e usato contro le donne.

In prima istanza gli dobbiamo l’affermazione della fondamentale uguaglianza e dignità battesimale. Nella Lettera ai Galati (3,27-28) risuona un forte grido di libertà, contro ogni discriminazione di tipo razziale, sociale e sessuale: «Non c’è Giudeo né Greco; non c’è schiavo né libero; non c’è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù». Questa dichiarazione suona decisamente antitetica ai pregiudizi sottesi al triplice ringraziamento di una preghiera di origine rabbinica, ancora vigente: «Benedetto sei tu Signore... perché non mi hai fatto pagano, perché non mi hai fatto donna, perché non mi hai fatto schiavo». In Cristo, insomma, cessano le discriminazioni, non è più rilevante l’identità etnica o il prestigio sociale, e nemmeno l’essere maschio o femmina.

Questa nuova consapevolezza trovava piena espressione nella prassi liturgica dove uomini e donne, indipendentemente dal loro ceto sociale, si riunivano per celebrare insieme la cena del Signore. Tale consapevolezza della fondamentale uguaglianza e dignità era in se stessa rivoluzionaria e l’Apostolo non l’ha certo soffocata. Egli teneva in grande conto la dignità e i carismi della donna. La «corsa della Parola» non deve forse molto alla capacità femminile di tessere reti di comunicazione? Paolo non è cieco nei confronti della "fatica" delle donne, si rende perfettamente conto del loro prezioso ministero nell’opera di evangelizzazione e lo apprezza. Al riguardo sono eloquenti le sezioni conclusive delle sue Lettere, riservate ai saluti. Non hanno il prestigio dei brani dottrinali, ma sono fonti di prima mano per la ricostruzione storica del ruolo delle donne nelle comunità missionarie del primo cristianesimo. Inoltre dicono chiaramente i sentimenti di stima, di gratitudine e affetto grande per numerose donne che Paolo chiama per nome. Traspare la ricca umanità dell’Apostolo, la sua vasta rete di conoscenze e di relazioni femminili.

Febe, Prisca, Trifena e Trifosa, Perside: una fitta sequenza di nomi femminili. Piuttosto trascurate perché non rilevanti sotto il profilo dottrinale, le liste dei saluti costituiscono una sorta di spaccato del vissuto ecclesiale e una preziosa miniera di informazioni. Nell’ultimo capitolo della Lettera ai Romani sono menzionate undici donne. Un femminile concreto. Dietro i nomi ci sono i volti e le personalissime vicende di ognuna di queste donne coinvolte nella diffusione del Vangelo. In primo piano Febe, il cui nome significa «luminosa, splendente». È lei che porta personalmente a Roma la lettera dell’Apostolo, il quale si premura che la comunità l’accolga nel modo più ragguardevole: «Vi raccomando Febe, sorella nostra, che è anche diacono della chiesa che si trova a Cencre» (Rm 16,1).

Febe è donna che emerge per responsabilità e impegno in una comunità complessa e multietnica quale era Cencre, il porto orientale di Corinto. Paolo la presenta ai Romani come «sorella nostra», vale a dire sorella sua e loro, nella medesima fede. Le attribuisce inoltre il titolo di «diacono» (diakonos) che tanto fa discutere; con il medesimo termine Paolo designa il proprio ministero a servizio del Vangelo. Egli invita ad accogliere Febe secondo lo stile dell’ospitalità cristiana – «nel Signore» – e aggiunge: «Assistetela in qualunque cosa possa aver bisogno di voi; anch’essa infatti è stata protettrice di molti e anche di me» (Rm 16,2). La parola «protettrice» (prostátis) ricorre solo qui nel Nuovo Testamento. Paolo non si vergogna di confessare che ha beneficiato dell’aiuto di una generosa patrona, anzi le riserva profonda gratitudine. Nel contesto delle difficoltà incontrate dall’Apostolo durante sua permanenza a Corinto (più di un anno e mezzo) Febe si è rivelata una vera amica, degna del nome che porta: luminosa, splendente.

Paolo saluta quindi una formidabile coppia missionaria, Prisca e Aquila. Non è un dettaglio casuale che menzioni il nome della moglie prima di quello del marito. Di questa benemerita coppia giudeo-cristiana si parla sei volte nel Nuovo Testamento e in quattro casi il nome di Prisca (o Priscilla) precede quello di Aquila. Segno di rispetto o qualcosa di più? Sembra che Prisca, di origine aristocratica, fosse la proprietaria della casa in cui si radunava una delle comunità giudeo-cristiane di Roma. Costretti a lasciare la capitale in seguito all’editto dell’imperatore Claudio che ordinava l’espulsione da Roma di tutti i giudei, i due coniugi incontrano Paolo a Corinto. Nella loro casa l’Apostolo trova ospitalità e anche lavoro, poiché erano del medesimo mestiere, fabbricatori di tende (Atti 18,2-3).

Nasce così una profonda intesa e durevole amicizia. I due sono al fianco di Paolo anche a Efeso dove si prendono cura della comunità. Colpisce il loro comportamento nei confronti di Apollo, un neoconvertito proveniente da Alessandria, dotato di vasta conoscenza delle Scritture e di notevole comunicativa, che però aveva ricevuto soltanto il battesimo di Giovanni: «Priscilla e Aquila lo ascoltarono, poi lo presero con sé e gli esposero con maggiore accuratezza la via di Dio» (Atti 18, 26). Bella questa capacità di ascolto e di valorizzazione del positivo, che non rinuncia a prendersi cura della piena formazione! Si capisce che Paolo è molto legato a questi due coniugi, che saluta cordialmente come suoi «collaboratori» ricordando che per salvargli la vita «hanno rischiato la loro testa» (Rm 16,3-4).

Giunia: donna tra gli apostoli. La lista dei saluti menziona un’altra coppia benemerita, Andronico e Giunia: «Miei parenti», scrive Paolo, «e compagni di prigionia: sono insigni tra gli apostoli ed erano in Cristo già prima di me» (Rm 16,7). La qualifica di «parenti» può essere interpretata in senso ampio, come appartenenti etnicamente al medesimo popolo dei giudei. Non può avere invece semplice valenza metaforica il dettaglio «compagni di prigionia». Non ci è detto in quale carcere, ma è più importante sapere che in carcere c’era anche lei, Giunia, e Paolo deve esserne rimasto talmente edificato che non trova difficoltà alcuna ad attribuirle il titolo di «apostolo». Bello il commento di Giovanni Crisostomo: «Essere tra gli apostoli è già una gran cosa, ma essere insigni tra di loro, considera quale grande elogio sia; ed erano insigni per le opere e per le azioni virtuose. Accidenti, quale doveva essere la "filosofia" di questa donna, se è stimata degna dell’appellativo degli apostoli!» (citato da R. Penna).

Nei saluti della Lettera ai Romani Paolo ricorda anche donne singole: Maria, Trifena e Trifosa, accomunate dal riconoscimento «che hanno lavorato/faticato per il Signore». Con il medesimo verbo Paolo indica il proprio lavoro di predicazione e insegnamento. Un posto speciale nei saluti è riservato alla «diletta Pèrside»: anche lei «ha molto faticato nel Signore». L’ultima serie di saluti menziona la madre di Rufo, che Paolo considera come sua stessa madre. Evidentemente in qualche parte dell’Oriente, in Grecia o in Asia, deve averne sperimentato l’affettuosa accoglienza. E poi ancora saluti (il verbo utilizzato include anche il senso di «abbracci») per Patroba e Giulia, per la sorella di Nereo e Olimpas. Impressiona questo fitto elenco di nomi femminili, dietro i quali ci sono volti e ruoli, e soprattutto amore e dedizione incondizionata al Vangelo.

La Chiesa nasce essenzialmente come domus ecclesiae, «chiesa domestica». Il suo ambiente d’origine non è il tempio e neppure la sinagoga, ma la casa (vedi Atti 2,46). E all’interno della casa, anche se non menzionata, troviamo la donna. È lei che favorisce un ambiente accogliente e un clima di ospitalità. E talvolta anche un servizio di animazione e una funzione di guida. I missionari del Vangelo debbono molto a donne come Lidia, la ricca commerciante di porpora che a Filippi insiste per accogliere Paolo e compagni: «Li costrinse ad accettare», annota Luca (Atti 16,14). La casa di questa donna europea diventa grembo della chiesa di Filippi e centro propulsore del Vangelo.

Nella lettera ai Filippesi l’Apostolo esorta due donne di spicco, Evodia e Sintiche, a trovare un accordo nel Signore. Non sappiamo la ragione del loro dissenso, forse divergenze pastorali. Paolo ricorda che «hanno combattuto per il Vangelo» al suo fianco. Sono dunque missionarie convinte e generose, fino a esporre la vita per la causa del Vangelo. Mi piace notare un altro dettaglio: in questa lettera, unico caso nel Nuovo Testamento, Paolo fa il nome di una donna già nell’intestazione. La lettera non è indirizzata soltanto a Filemone (come abitualmente si dice) ma anche «alla sorella Apfia», probabilmente moglie di lui. Colpisce il tono caldo e personalissimo di questo scritto e la forza persuasiva delle ragioni affettive: una schietta amicizia lega Paolo a questa casa in cui si raduna la Chiesa e in cui desidera anche lui trovare alloggio appena uscirà dal carcere.
  • Elena Bosetti
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

Avatar utente
miriam bolfissimo
Messaggi:17747
Iscritto il:dom mag 22, 2005 2:27 pm
Contatta:

Anno Paolino 28 giugno 2008 - 29 giugno 2009

Messaggio da miriam bolfissimo » lun feb 16, 2009 9:09 am


  • Il regno è altrove
[/size]

«Non sapete che gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio?» (1 Corinzi 6,9)

Se le cose di questa vita rimpiccioliscono nella loro quotidiana miseria e caducità quando siano viste dall'alto, come le valli degli uomini da chi si è spinto verso la vetta, così chi si affanna nelle beghe umane - uomini della valle - perdendo di vista il vero scopo della vita - la vetta a cui tendere -, resterà escluso dal rinnovamento totale che è il regno di Dio. Chi non cambia la propria vita resterà invischiato nei consueti affanni.

La ricerca della giustizia umana, qualunque ne sia il motivo, non soddisfa la sete di liberarsi dalle pastoie della ragione e del torto, del giusto e dell'ingiusto. Neppure la giustizia umana, ammonisce Paolo, che pure sembra lecito pretendere sia pure nella sua limitatezza e, perfino, nella sua ingiustizia, scioglierà un solo filo delle ragnatele che ci impastoiano. Il regno di Dio è altrove, anche se non è sempre facile, allo sguardo umano, riuscire a scoprirlo poiché si nasconde agli occhi del mondo abbagliati da false luci.

O cercheremo il regno di Dio o rischieremo di precipitare sempre più lontano da quanto può liberarci dall'affanno e dal vizio. I nostri occhi resteranno bendati e diremo che il regno di Dio, no, non lo vediamo, che, forse, non è ancora venuto.
  • Ferruccio Parazzoli, in Avvenire 14 febbraio 2009
Ultima modifica di miriam bolfissimo il mer mar 04, 2009 9:11 am, modificato 1 volta in totale.
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

Avatar utente
miriam bolfissimo
Messaggi:17747
Iscritto il:dom mag 22, 2005 2:27 pm
Contatta:

Anno Paolino 28 giugno 2008 - 29 giugno 2009

Messaggio da miriam bolfissimo » lun feb 16, 2009 9:12 am


  • Luce addosso
[/size]

«Non sapete che i nostri corpi sono membra di Cristo?» (1Corinzi 6,15)

Il regno di Dio comincia sulla terra, non giunge all'improvviso, tra milioni di anni, in un tempo che non sappiamo neppure immaginare. Dobbiamo, invece, aiutarlo a venire: e con che cosa, su questa terra, se non con questo nostro corpo? Il nostro corpo è un fratello sconosciuto che ci accompagna per quanto dura la vita e che certamente nasce prima di quel giorno che chiamiamo della nostra nascita e continuerà una sua esistenza, a noi per il momento ignota, dopo quel giorno che chiamiamo della nostra morte.

Ma ecco, con Paolo, ho scoperto qualcosa di nuovo che mi riguarda. Ci si inoltra in uno spazio rischiarato da una misteriosa luce. Un certo grado di luminosità, se non proprio di splendore, si direbbe che pure il corpo riesca a raggiungerlo in taluni momenti anche su questa terra. A parte coloro che poi chiameremo «santi», ci sono persone che la luminosità se la portano addosso. Ecco, dunque, che il corpo, pur consapevole della propria miseria, inizia a trasformarsi nella partecipazione all'incarnazione del Cristo. Trasformate le manchevolezze in virtù, le debolezze in forza, i nostri corpi possono modificarsi, pur nell'offesa della materia, fino a raggiungere la gloria. Che non è ancora l'immortalità ma ne è forse il principio.
  • Ferruccio Parazzoli, in Avvenire 15 febbraio 2009
Ultima modifica di miriam bolfissimo il mer mar 04, 2009 9:11 am, modificato 1 volta in totale.
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

Avatar utente
miriam bolfissimo
Messaggi:17747
Iscritto il:dom mag 22, 2005 2:27 pm
Contatta:

Anno Paolino 28 giugno 2008 - 29 giugno 2009

Messaggio da miriam bolfissimo » mar feb 17, 2009 10:47 am


  • La materia e il male
[/size]

«Qualsiasi peccato l'uomo commetta, è fuori del suo corpo; ma chi si dà all'impurità, pecca contro il proprio corpo» (1 Corinzi 6,18)

Non capirò questo pensiero di Paolo se non mi limiterò al corpo materiale. Ecco, allora, che l'opinione di Paolo diviene imbarazzante per chiunque si scordi la pura fisicità del corpo - carne e ossa -, quella che finirà in polvere. Il peccato è fuori dai confini del nostro corpo, stabilisce Paolo, perché il corpo, essendo materia, non ha facoltà di modificare le cose riguardanti lo spirito. Poiché: che cosa è il peccato? Una modificazione errata, sia rispetto a chi la compie - chi pecca - sia da chi ne è l'oggetto - chi subisce le modifiche errate del peccato altrui.

Non esiste peccato che non produca modifiche negative sia nel soggetto, sia nell'oggetto. Il peccato, dunque, non rientra nei limiti della fisicità ma si proietta oltre, colpisce e produce il male, ritorna - sempre - su chi lo ha commesso e produce altro male. Rispetto al corpo, che è materia, ma riscattata da Dio, il solo peccato possibile è l'impurità, offendere, in una prospettiva anche soltanto umana, la divisa di un guerriero leale che combatte con noi, sporcare di nuovo la tunica che è stata resa candida dall'intervento divino.
  • Ferruccio Parazzoli, in Avvenire 17 febbraio 2009
Ultima modifica di miriam bolfissimo il mer mar 04, 2009 9:10 am, modificato 1 volta in totale.
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

Avatar utente
miriam bolfissimo
Messaggi:17747
Iscritto il:dom mag 22, 2005 2:27 pm
Contatta:

Anno Paolino 28 giugno 2008 - 29 giugno 2009

Messaggio da miriam bolfissimo » gio feb 19, 2009 7:14 pm


  • Amore che salva
[/size]

«Il marito non credente, infatti, viene reso santo dalla moglie credente e la moglie non credente viene resa santa dal marito credente» (1 Corinzi 7,14)

Inizia il discorso sulla condizione umana. Qualcosa che mi riguarda nella mia attuale condizione di uomo soggetto alle situazioni della vita e ai trabocchetti delle tentazioni. Qui, Paolo è grande: riferendosi a una situazione concreta, quella del matrimonio misto, la scavalca con parole che ci rendono esultanti e liberi, in nome dell'amore. E dell'amore umano che, se in questo caso è espresso nel matrimonio, spinge la sua azione salvifica ben oltre, semplicemente dove c'è l'amore che unisce due persone.

Un amore così totale verso l'altro da permettere il passaggio della gioia e dello splendore della santità in Cristo come strabordanti da un calice colmo. Meraviglioso miracolo della "santità", una forza che scioglie ogni barriera posta dal credo religioso offrendosi, come a servizio, in nome dell'amore. Abbiamo mai incontrato un "santo"? Abbiamo incontrato tanti santi ignoti e, ogni volta, siamo stati contagiati dalla loro forza e luminosità. Incontrare la "santità" ed entrare nel suo influsso d'amore, è come trovare una fonte di acqua pura che rende puri coloro che ne bevono.
  • Ferruccio Parazzoli, in Avvenire 18 febbraio 2009
Ultima modifica di miriam bolfissimo il mer mar 04, 2009 9:09 am, modificato 1 volta in totale.
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

Avatar utente
miriam bolfissimo
Messaggi:17747
Iscritto il:dom mag 22, 2005 2:27 pm
Contatta:

Anno Paolino 28 giugno 2008 - 29 giugno 2009

Messaggio da miriam bolfissimo » gio feb 19, 2009 7:17 pm


  • Nessun marchio
[/size]

«La circoncisione non conta nulla, e la non circoncisione non conta nulla; conta invece l'osservanza dei comandamenti di Dio» (1 Corinzi 7,19 )

Viene abbattuta un'altra barriera che strozza la condizione umana: i segni esteriori di appartenenza a una religione, a una cerchia privilegiata rispetto al resto degli uomini come rispetto a Dio. Simboli che marchiano l'uomo e lo pongono in uno stato di superiorità o di inferiorità rispetto a quanti altri soffrano o si esaltino dell'essere e del non essere partecipi di un beneficio esclusivo, umano o divino, dell'avere e del non avere.

La circoncisione: questo segno esteriore di appartenenza a un popolo prediletto da Dio non conta nulla, dice Paolo, né per chi l'ha - e se ne gloria - né per chi non l'ha - e ne soffre come per propria inferiorità. Quanto conta è, invece, la propria posizione rispetto a Dio. Ancora una volta, quanto conta è l'avere ribaltato la mia condizione interiore, l'essermi avviato, o no, verso la "porta stretta" oltre la quale farò parte non più del regno dell'uomo, ma di quello di Dio. Cade ogni prevenzione di privilegio non solo rispetto a Dio ma anche rispetto agli uomini, per cui né la razza, con i suoi segni di appartenenza - il bianco e il nero -, né la condizione sociale - ricchezza e povertà -, rispecchiano più alcun valore.
  • Ferruccio Parazzoli, in Avvenire 19 febbraio 2009
Ultima modifica di miriam bolfissimo il mer mar 04, 2009 9:08 am, modificato 1 volta in totale.
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

Avatar utente
miriam bolfissimo
Messaggi:17747
Iscritto il:dom mag 22, 2005 2:27 pm
Contatta:

Anno Paolino 28 giugno 2008 - 29 giugno 2009

Messaggio da miriam bolfissimo » ven feb 20, 2009 7:19 pm


  • Non più condizionati
[/size]

«Siete stati comprati a caro prezzo: non fatevi schiavi degli uomini!» (1 Corinzi 7,18)

Oltre la "porta stretta" non farò più parte del regno dell'uomo, poiché la "porta stretta", il cui passaggio mi fa libero è, come è stato indicato da Paolo, la Croce di Cristo. Per mezzo della Croce siamo stati riscattati, per mezzo della Croce saremo liberi. Ma la libertà è ancora qualcosa assai difficile da amministrare, qualcosa che, una volta si sia raggiunta o ci sia stata consegnata, mette paura.

La mia condizione umana è totalmente cambiata, ma questo non vuole dire ancora che non sia assalita e condizionata ogni ora e ogni giorno dal fatto che faccio parte, comunque, del villaggio degli uomini. Tuttavia, ormai, la mia condizione non sarà più "umana troppo umana", ma soltanto, e necessariamente, "umana". Uomo compirò azioni da uomo, a volte giuste, a volte errate, così come comporta la mia natura umana, ma non sarò più condizionato, "schiavo", dice Paolo, da valori unicamente umani dei quali ho riconosciuta, volgendo il mio sguardo a Dio, la vanità, il nulla, se riferiti soltanto a loro stessi e non guidati da uno scopo più alto che, invece di essere condizionato nel suo compimento, è condizione del compimento.
  • Ferruccio Parazzoli, in Avvenire 20 febbraio 2009
Ultima modifica di miriam bolfissimo il mer mar 04, 2009 9:07 am, modificato 1 volta in totale.
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

Avatar utente
miriam bolfissimo
Messaggi:17747
Iscritto il:dom mag 22, 2005 2:27 pm
Contatta:

Anno Paolino 28 giugno 2008 - 29 giugno 2009

Messaggio da miriam bolfissimo » sab feb 21, 2009 8:07 am


  • Oltre le preoccupazioni
[/size]

«Quelli che usano i beni del mondo, (vivano) come se non li usassero pienamente: passa infatti la figura di questo mondo! Io vorrei che foste senza preoccupazioni» (1 Corinzi 7,31 )

La mia condizione umana, il fare parte del villaggio degli uomini, mi porta necessariamente a fare uso di quanto il mondo offre ma, dice Paolo usando un avverbio inequivocabile, senza farne «pienamente» uso. Ormai estraneo ai beni del mondo, anche se immerso nella realtà contingente del mondo, mi comporterò come si comporta un amministratore di beni altrui: correttamente, onestamente, stando ai patti presi con chi mi sta accanto e con me condivide la condizione umana con tutti i suoi limiti.

Ma la mia esistenza non si esaurisce in umane incombenze, va oltre, poiché quanto il mondo offre, sia pure di bene, non ha durata, anche quando non sia soltanto apparenza. È un fardello che siamo tenuti a portare ma da cui, secondo il suggerimento di Paolo, è bene non farsi opprimere. Liberi da preoccupazioni per fare spazio alle «cose del Signore». Il denaro è preoccupazione, il potere, il sesso sono preoccupazione. Perfino la famiglia, perfino la salute del corpo sono preoccupazione. Lecite, forse "sante", ma preoccupazioni.

Parole dure da seguire fino a quando ci illuderemo di riconoscere a Dio un unico spazio: quello dai tetti in su, mentre Dio è già qui, in mezzo a noi, alle nostre povere cose.
  • Ferruccio Parazzoli, in Avvenire 21 febbraio 2009
Ultima modifica di miriam bolfissimo il mer mar 04, 2009 9:06 am, modificato 1 volta in totale.
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

Avatar utente
miriam bolfissimo
Messaggi:17747
Iscritto il:dom mag 22, 2005 2:27 pm
Contatta:

Anno Paolino 28 giugno 2008 - 29 giugno 2009

Messaggio da miriam bolfissimo » lun feb 23, 2009 4:10 pm


  • Mistero e dignità
[/size]

«Nessuna tentazione, superiore alle forze umane, vi ha sorpresi: Dio è infatti degno di fede e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze ma, insieme con la tentazione, vi darà anche il modo di uscirne per poterla sostenere» (1 Corinzi 10, 13)

Finché abiteremo il villaggio degli uomini il rapporto con Dio resterà un rapporto misterioso, almeno finché «questo corpo corruttibile» non «si vesta di immortalità», dirà più tardi Paolo (15,53). Ma intanto? Intanto con il corpo corruttibile permango nella tempesta. Di cui mi resta ambigua l'origine, il principio della tentazione. È soltanto la mia corruttibilità la causa del mio procedere a tentoni, come in un vento? Oppure, al di sopra di me, non so dove né perché, si svolge l'eterna gara tra Bene e Male, tra un Dio che chiede all'uomo, figlio del padre Adamo, prove di fedeltà e di obbedienza - Abramo, Giobbe -, e Satana, o come lo si voglia chiamare, sempre attivo nel dimostrare a Dio la fragilità della sua Creazione?

Ma allora la tentazione all'uomo viene da entrambi anche se Dio, secondo Paolo - che, tuttavia, non è esplicito nell'attribuzione delle responsabilità - promette che la sua mano sarà leggera quanto basta, di aiuto quanto basta. Nella vittoria sulla tentazione, l'uomo trova la propria più profonda dignità, la gloria di levare alta la propria, sia pure sbrindellata, bandiera.
  • Ferruccio Parazzoli, in Avvenire 22 febbraio 2009
Ultima modifica di miriam bolfissimo il mer mar 04, 2009 9:05 am, modificato 1 volta in totale.
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

Avatar utente
miriam bolfissimo
Messaggi:17747
Iscritto il:dom mag 22, 2005 2:27 pm
Contatta:

Anno Paolino 28 giugno 2008 - 29 giugno 2009

Messaggio da miriam bolfissimo » mar feb 24, 2009 11:35 am


  • La prova del fuoco
[/size]

«Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che rimbomba o come cembalo che strepita (…) La carità tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta» (1 Corinzi 13,1 - 7)

Se, fino a qui, abbiamo seguito Paolo quasi estrapolandone i "detti" dal contesto della lettera che egli inviò ai Corinzi ma che noi, con slancio esistenziale, abbiamo fatto nostra - poiché è la nostra vita che vogliamo ribaltare - al di là di ogni collocazione nel tempo e per chi e per quali motivi sia stata scritta, arriva improvvisa la ventata che spazza via perfino quanto abbiamo creduto di mettere assieme anche a caro prezzo. Statemi a sentire, allora, - dice Paolo - state a sentire anche voi, uomini d'oggi, quello che adesso vi dico; e spazza il tavolo anche dei doni più sublimi e, al loro posto, ne mette uno, e uno soltanto: la carità.

Credevamo, nella nostra faticosa ascesi, di esserci innalzati sulla via dello spirito. Macché, ancora questa è un'illusione umana troppo umana. Ecco la prova del fuoco, la carità che brucia ogni altra cosa, perfino l'avere raggiunto, quasi fossimo diventati i retori di Dio, la capacità di ammannire i nostri spirituali discorsi con l'unzione di una retorica angelicata. No, se non mi spalancherò alla "via più sublime", quella che scavalca ogni altra perché ha tutto dentro di sé - il perdono, la fede, la forza, la speranza - produrrò soltanto inutile rumore.
  • Ferruccio Parazzoli, in Avvenire 24 febbraio 2009
Ultima modifica di miriam bolfissimo il mer mar 04, 2009 9:08 am, modificato 2 volte in totale.
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

Avatar utente
miriam bolfissimo
Messaggi:17747
Iscritto il:dom mag 22, 2005 2:27 pm
Contatta:

Anno Paolino 28 giugno 2008 - 29 giugno 2009

Messaggio da miriam bolfissimo » mer feb 25, 2009 12:29 pm


  • La strada che chiama
[/size]

«La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà e la conoscenza svanirà» (1 Corinzi 13,8)

Quanto è difficile per noi, in cerca di provvisorie certezze, seguire Paolo nelle sue svolte brusche. L'esplosione del discorso sulla carità ci ha colto di sorpresa e se prima, con improvviso impatto, ci ha sconcertati, ecco che questa volta è come se Paolo ci gettasse sotto gli occhi il cartello di una superstrada, dove sta scritto: carità.

Questa specie di superstrada ci dà un fremito, la voglia irrinunciabile di percorrerla. Dove mi condurrà? E che importa? La vedo aperta davanti a me, invitante anche se non ne vedo la fine. Quanto diversa da ciò che fino a ora ho creduto di dover perseguire: cercavo la perfezione per me stesso e per il servizio di Dio con il pericolo di diventare soltanto una mosca cocchiera. Le conquiste più mirabolanti sono strade senza uscita, solo la carità sfonda i limiti dell' imperfezione: è linfa vitale, sublime e nascosta, che tutto vivifica.

La gente indica in te un profeta? Vede in te un impareggiabile predicatore delle cose di Dio? Può darsi, lascia che dicano. Ma tutto questo sarà soltanto un vano sbracciarsi, forse al limite della vanità, se la fiamma che arde e consuma ogni altra cosa non fosse quella della carità.
  • Ferruccio Parazzoli, in Avvenire 25 febbraio 2009
Ultima modifica di miriam bolfissimo il mer mar 04, 2009 9:03 am, modificato 1 volta in totale.
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

Avatar utente
miriam bolfissimo
Messaggi:17747
Iscritto il:dom mag 22, 2005 2:27 pm
Contatta:

Anno Paolino 28 giugno 2008 - 29 giugno 2009

Messaggio da miriam bolfissimo » gio feb 26, 2009 7:21 pm


  • Né tranquilli né disperati
[/size]

«Ora dunque rimangono queste tre cose. La fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità! (1 Corinzi 13,13)

Spazzata la tovaglia, ripulito il tavolo dall'improvvisa ventata, a finestre spalancate, ad aria che circola e purifica l'ambiente che era divenuto quasi soffocante - quale intuito ha Paolo della debolezza umana che stramazza sotto fardelli troppo pesanti! - rimangono lì, per me, bene in vista, tre cose, soltanto tre, tre doni tra cui sceglierne uno, ma uno solo.

Sceglierò la fede? Perché no: con la fede mi metto tranquillo, non è stato forse detto che può bastare la fede per la salvezza? Però, penso io, se scelgo la fede sarà come scegliere una moneta senz'altro di valore; tuttavia, per esperienza, so quanto sia facile a vanificarsi, metto la mano in tasca e non la trovo più, l'ho persa.

E, allora, la speranza: questa va bene, è anche piuttosto facile da conservare. Spes, ultima dea, dicevano perfino i pagani. Spero, dunque: disperatamente spero. È la filosofia del "nonostante": nonostante tutto, io spero. Non sarà voltare la faccia dall'altra parte? Sto facendo scelte sbagliate perché parziali. La fede, la speranza, se prese da sole, restano opache, ancora troppo umane. Hanno bisogno della luce della carità per potere risplendere.

Perciò il terzo dono supera ogni altro dono.
  • Ferruccio Parazzoli, in Avvenire 26 febbraio 2009
Ultima modifica di miriam bolfissimo il mer mar 04, 2009 9:03 am, modificato 1 volta in totale.
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

Avatar utente
miriam bolfissimo
Messaggi:17747
Iscritto il:dom mag 22, 2005 2:27 pm
Contatta:

Anno Paolino 28 giugno 2008 - 29 giugno 2009

Messaggio da miriam bolfissimo » ven feb 27, 2009 4:26 pm


  • Spinta alla speranza
[/size]

«Se non vi è risurrezione dei morti, neanche Cristo è risorto! Ma se Cristo non è risorto, vuota allora è la nostra predicazione, vuota anche la nostra fede» (1 Corinzi 15, 13 -14)

Paolo ci ha spinto a ingaggiare una lotta per avere in cambio la vita, una vita nuova. Abbiamo speso tutte le nostre monete con impressa l'immagine dell'uomo e ora siamo nudi, sotto lo sguardo del mondo e di Dio. Ed ecco, ci viene incontro la "grande nemica", la Morte. Con la sua falce tutto vanifica, rade al suolo il grano come la zizzania che, appaiati da un comune destino, resteranno a marcire sul terreno, senza alcun futuro: il gioco del Bene e del Male si chiude senza vincitori né vinti. Tutto sarà stato vanità, anche la nostra lotta, anche la nostra fede. La Croce, quella "porta stretta" che ci ha indicato il passaggio, resterà ciò che è: due legni incrociati con appeso un Giusto.

Ma, ancora una volta, proprio nella Croce, Paolo ci indica la salvezza. La porta di duro legno alla quale siamo giunti, si spalancherà per noi così come si è spalancata sotto la spinta vittoriosa del Cristo. Se la nostra speranza nel Cristo si fermerà di fronte alla Morte, sarà soltanto una piccola speranza. Allora sarò davvero disperato. Ma se Cristo ha sfondato la Croce e vinto la Morte, anch'io la sfonderò e sarò vittorioso.
  • Ferruccio Parazzoli, in Avvenire 27 febbraio 2009
Ultima modifica di miriam bolfissimo il mer mar 04, 2009 9:02 am, modificato 1 volta in totale.
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

Avatar utente
miriam bolfissimo
Messaggi:17747
Iscritto il:dom mag 22, 2005 2:27 pm
Contatta:

Anno Paolino 28 giugno 2008 - 29 giugno 2009

Messaggio da miriam bolfissimo » lun mar 02, 2009 10:12 am


  • Come Risorgeremo
[/size]

«Ma qualcuno dirà: "Come risorgono i morti? Con quale corpo verranno?" Stolto! Ciò che tu semini non prende vita, se prima non muore (...) Così anche la risurrezione dei morti: è seminato nella corruzione, risorge nell'incorruttibilità» (1 Corinzi15, 35-36 - 42)

Il nostro sguardo è miope. Sul limite del grande salto, il dubbio, questo antico roditore dell'animo, ci sussurra un'osservazione che nasce da un vecchio compagno di strada: il buon senso. Ma ti sei guardato? Ti sei visto con quel tuo corpo scorbacchiato dalla malattia, offeso dalla morte? Così goffo: due braccia, due gambe, e il naso, poi! E via! È con questo corpo che vorresti risorgere? Ti sembra mai possibile? Nemmeno a pensarci.

E allora, pur di non rinunciare al pensiero di separarci da fratello corpo, arretriamo di fronte alla promessa di risorgere, di scavalcare la Morte. «Stolto!» esclama Paolo, davvero stolti fino al ridicolo di disquisire con quale corpo risorgeremo: un corpo di 10, 20, 30 anni? Oppure di 33 per tutti, l'età di Cristo al momento della morte? No, il corpo sarà davvero l'unico obolo che lasceremo alla Morte o, meglio, alla nostra amata Terra insieme con le cose materiali che abbiamo giustamente o ingiustamente amato.

Addio, amico corpo, e grazie. Nella lotta, alla quale anche tu hai preso parte, si è andato formando un seme immortale, ed è quello che ora se ne va, quello che risorge.
  • Ferruccio Parazzoli, in Avvenire 28 febbraio 2009
Ultima modifica di miriam bolfissimo il mer mar 04, 2009 9:01 am, modificato 1 volta in totale.
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

Avatar utente
miriam bolfissimo
Messaggi:17747
Iscritto il:dom mag 22, 2005 2:27 pm
Contatta:

Anno Paolino 28 giugno 2008 - 29 giugno 2009

Messaggio da miriam bolfissimo » lun mar 02, 2009 10:14 am


  • Nell'assurdo
[/size]

«Se Cristo non è risorto, è vana la vostra fede» (1 Cor 15, 17)

Tutto ha inizio da un assurdo: la morte è stata ingoiata per sempre. Sulla via di Damasco, Saulo di Tarso scoprì il volto della sua avventura, all'areopago dei filosofi provocò ragionamenti, nella Gerusalemme dei suoi padri rinnovò lo scandalo. Il suo grido travalicò i confini della legge e presentò al mondo l'assurdo: Cristo è veramente Risorto, io ero cieco, ora vedo. Sentieri di speranza si aprono alle attese degli uomini e se la logica, prigioniera della parola miope, descrive un percorso limitato nel tempo, se il buon senso suggerisce di rassegnarsi all'idea che con la morte tutto è concluso, l'inaudito Vangelo, scandalo e stoltezza, è gridato dall'Apostolo alle genti perché credendo vedano e vedendo riorganizzino la vita.

La lieta novella è questa: Cristo ha inaugurato il cielo in terra e ha sfondato il muro della morte. Credere nell'assurdo è strada obbligata per chi è di Cristo, ascesi di significato per comprendere il proprio destino, conversione di parola per gridare la vita nuova. Se Cristo è risorto, la morte non fa paura, è vinta. Se la morte resta è la speranza ad essere soggiogata. Una fede senza speranza è senza futuro, cartastraccia per coprire piaghe senza guarire.
  • Gennaro Matino, in Avvenire 1 marzo 2009
Ultima modifica di miriam bolfissimo il gio mar 19, 2009 11:34 am, modificato 1 volta in totale.
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

Avatar utente
miriam bolfissimo
Messaggi:17747
Iscritto il:dom mag 22, 2005 2:27 pm
Contatta:

Anno Paolino 28 giugno 2008 - 29 giugno 2009

Messaggio da miriam bolfissimo » mer mar 04, 2009 8:48 am


  • Nella pienezza
[/size]

«Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l'adozione a figli» (Gal 4, 4-5)

Una fede senza speranza è senza futuro, una dottrina senza un sogno è una scatola vuota. Senza compagnia di futuro la storia era imprigionata nel suo scrigno e benché gli uomini cercassero con forza ragione del proprio stato, la morte li rendeva fragili per le domande irrisolte. Perché la vita? Perché ora? Perché qui e non altrove?

Il peccato d'origine è l'inganno del serpente, progetto di potere contro l'amore, principio di separazione dalla vita. Babele confuse le parole e rese stranieri i fratelli, la guerra proclamò il suo dominio, il vanto fu del violento. La morte ebbe il suo trionfo a causa del peccato: fino a quando? Fino alla pienezza del Tempo.

L'ora del riscatto si apre con la venuta del Figlio. L'inizio della nuova pace è proclamato dall'angelo della buona notizia: «Vi è nato un Salvatore» (cfr. Lc 2,11). La gloria nei cieli è di Dio, pace per gli uomini è il dono del riscatto. Il peccato di prima è annullato, la vita è riportata alla prima origine, la pienezza del Tempo ha ridonato significato al tempo.
  • Gennaro Matino, in Avvenire 3 marzo 2009
Ultima modifica di miriam bolfissimo il gio mar 19, 2009 11:33 am, modificato 1 volta in totale.
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

Rispondi
[phpBB Debug] PHP Warning: in file [ROOT]/vendor/twig/twig/lib/Twig/Extension/Core.php on line 1266: count(): Parameter must be an array or an object that implements Countable

Torna a “PICCOLA BIBLIOTECA RELIGIOSA... per riflettere insieme”

Chi c’è in linea

Visitano il forum: Nessuno e 83 ospiti