Gasparino Andrea - Gesù ci insegna a pregare

Raccolta di preghiere e testi religiosi d’Autore, a cura di miriam bolfissimo
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Gasparino Andrea - Gesù ci insegna a pregare

Messaggio da miriam bolfissimo » mar nov 06, 2007 10:53 am

  • 1. Scegliete un luogo e un tempo adatti
Cari amici, la breve scuola di preghiera che vi propongo si basa su un metodo semplicissimo: sfogliamo con calma e con fede il Vangelo, e intervistiamo Gesù. Proviamo a studiare tutti i consigli che Gesù ha dato sulla preghiera. Ne ha dati tanti, con le parole e senza parole, cioè con i fatti, con i suoi esempi.

Per partire bene cominciamo dalla prima lezione di Gesù sul Padre Nostro. Ecco il testo del Vangelo: «Un giorno, Gesù si trovava in un luogo a pregare, e quando ebbe finito, uno dei discepoli gli disse: "Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli"» (Lc 11, 1). Ed ecco la risposta di Gesù: «Voi, pregate così: "Padre nostro che sei nei cieli..."» (Mt 6, 9).

Se un giorno avrete la fortuna di andare in Palestina, mettete nel programma una visita alla Chiesa del Padre Nostro: è sulle pendici del Monte degli Ulivi, e secondo la tradizione è il luogo dove Gesù insegnò il Padre Nostro. È un santuario eretto sulle rovine di un'antica chiesa del secolo XII. Intorno alle pareti è stato scritto su lastre di marmo il Padre Nostro nelle principali lingue del mondo.

Ciò che mi ha impressionato non è stato il Padre Nostro scritto in tutte le lingue, ma la grotta vicino al santuario. Vedendola, mi sono detto: «Gesù sceglieva con cura il luogo della preghiera».

Quando avrete visto quel luogo capirete qualcosa di nuovo e di profondo sul Padre Nostro. La prima cosa che capirete è questa: la preghiera è così importante che ha bisogno di un ambiente che la favorisca, che aiuti il raccoglimento e la concentrazione. Il luogo scelto da Gesù - stando alla tradizione, abbastanza sicura - non è soltanto un luogo adatto, è un luogo suggestivo. È una caverna dove siete quasi trasportati alla preghiera.


  • Il luogo e il tempo ci condizionano
Accettiamo anzitutto questo richiamo di Gesù: per la preghiera dobbiamo scegliere un luogo adatto e un tempo adatto, come faceva lui: «Gesù si ritirava in luoghi solitari a pregare» (Lc 5, 16); «Gesù se ne andò sulla montagna a pregare» (Lc 6, 12); «Si alzò quando era ancora buio e si ritirò in un luogo deserto, e là pregava...» (Mc 1, 35). Non sono particolari di poca importanza.

Il luogo ci condiziona sempre. Certo che dobbiamo saper pregare in qualunque luogo e situazione (Gesù pregò anche in croce!); ma se è possibile scegliere, dobbiamo farlo.

E anche il tempo è importante: pregare quando si ha la testa piena di fastidi e preoccupazioni è una cosa, pregare con la mente ben riposata e tranquilla è un'altra.

I discepoli avevano notato che Gesù passava notti intere in preghiera, pregava a lungo. Anche loro erano abituati alla preghiera; nella sinagoga si faceva una preghiera a base di salmi e di benedizioni (berakoth), una preghiera vocale intercalata da un lungo ascolto della Parola; però vedono che in Gesù c'è qualcosa di nuovo, e differente.

Che cosa? Quello stare così a lungo in preghiera rivela che Gesù ha un segreto, una novità che essi vogliono imparare. Come fa a rimanere così a lungo in silenzio? Che cosa fa? Tutte queste domande sono contenute nella loro richiesta: «Maestro, insegna anche a noi a pregare».

Forse si aspettavano la ricetta della preghiera, ma Gesù le ricette non le dà, non è il suo stile. Gesù detta invece una breve preghiera vocale, il Padre Nostro.
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Messaggio da miriam bolfissimo » mar nov 06, 2007 11:04 am

  • 2. Quando pregate dite: «Padre!»
Carissimi, ai suoi discepoli desiderosi di imparare, Gesù ha dunque dettato il Padre Nostro in un luogo che era adatto al raccoglimento. Che cosa significa questo? Una cosa molto importante: che il Padre Nostro non è tanto una preghiera vocale, è piuttosto una preghiera per reggere il silenzio, per sfidare il silenzio. Più che una preghiera, è una pista per la preghiera. Il Padre Nostro non bisognerebbe mai dirlo di corsa (come spesso fanno tanti buoni cristiani), se no lo si deturpa!

Il più bel modo di dire il Padre Nostro è recitarlo assaporando le parole, indugiando sui concetti e sul contenuto. Chi si abitua a dire il Padre Nostro impiegando almeno un quarto d'ora, credo si avvicini veramente a quello che ha voluto insegnare Gesù.


  • La preghiera è sentirci figli
Esaminiamo con molta attenzione le parole di Gesù: «Quando pregate, dite: Padre». Basta così! C'è già molto da riflettere! C'è da capire anzitutto questa lezione: qual è il primo atto della preghiera? È questo: la preghiera è un rapporto vitale con Dio. La preghiera dev'essere cioè un atto consapevole, razionale, non un atto meccanico. Chi fa della preghiera un atto meccanico la snatura, la deturpa. La preghiera non è un contatto anonimo, inanimato, è un «rapporto vitale con Dio».

Gesù ci insegna che la preghiera è intimità, è profondità con la realtà di Dio. Insegnandoci a dire «Padre», insegna che nella preghiera bisogna sentire il palpito di un cuore di figlio. Insegna che la preghiera è cordialità, semplicità, abbandono, umiltà... è sentirci figli. Dio è sentito Padre, e noi ci sentiamo figli.

Se non c'è questo clima, non ubbidiamo a Gesù. Se nella preghiera non spunta una scintilla di tenerezza verso Dio, non preghiamo come insegna Gesù. Devo sentirmi «bambino», da poter dire «papà». Devo bandire l'orgoglio, la presunzione: l'orgoglioso non dovrebbe neppure pregare.
Devo sentire sicurezza in questo rapportarmi a Dio: «Quale padre tra voi, se un figlio gli chiede un pane, gli darà una pietra? E se gli chiede un pesce gli darà al posto del pesce una serpe? O se gli chiede un uovo gli darà uno scorpione?Se voi che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste...» (Lc 11, 11-13).


  • «Non la mia, ma la tua volontà»
Dire «Padre» significa avere sicurezza, fiducia, ardore, abbandono. Se c'è questa tenerezza di rapporto, allora si possono affrontare con Dio i problemi più scottanti, nei momenti più difficili.
Proprio come ha fatto Gesù al Getsemani: «Abbà, Padre, papà (Gesù ha proprio usato questa parola). Tutto è possibile a te! Allontana da me questo calice, però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu...» (Mc 14, 36).

Quando c'è un rapporto di profondità con Dio, basato sulla comprensione della sua paternità e della sua tenerezza, allora la preghiera fa miracoli. Ma perché la preghiera diventi rapporto di tenerezza, ci vuole riflessione e profondità, ci vuole calma, silenzio e amore.

La preghiera ha bisogno di preparazione, ha bisogno di un clima fiducioso. Chi non lo capisce non arriva alla preghiera come la insegna Gesù.
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Messaggio da miriam bolfissimo » mar nov 06, 2007 11:13 am

  • 3. Quando pregate dite: «Sia fatta la tua volontà!»
Carissimi, secondo gli esperti, queste parole di Gesù rappresentano il cuore del Padre Nostro. Quando non avete tempo per dire un Padre Nostro intero, fate così: dite almeno Padre! O ancora meglio, dite: Padre nostro! E se avete uno spiraglio maggiore di tempo, affrettatevi ad aggiungere quello che è il cuore della preghiera di Gesù: «Sia fatta la tua volontà».

Che sia la perla preziosa del Padre Nostro lo si deduce anche da un altro fatto: quando Gesù è in agonia al Getsemani dice solo più questa preghiera: «Abbà, Padre (papà), non la mia, ma la tua volontà sia fatta».

Si deve considerare questa preghiera come la più perfetta, perché raggiunge i vertici del nostro amore a Dio: mettere la volontà di Dio prima della nostra, preferire Dio all'io. Cosa potete offrire di più al Signore?

Inoltre va tenuto in conto che questa semplice preghiera riassume in sé tutte le altre richieste del Padre Nostro.

Che cosa significa infatti sia santificato il tuo nome? Significa: che tutti gli uomini ti glorifichino, cioè sappiano compiere la tua volontà, perché solo così la tua glorificazione è completa.

Che cosa significa venga il tuo regno? Significa: che tu possa prendere possesso del cuore di ogni uomo (e che noi sappiamo collaborare a questo, con tutte le forze) e quindi: che ogni uomo compia la tua volontà.

Che cos'è liberaci dal male? E aiutaci nelle tentazioni? È nient'altro che: strappaci dal nostro egoismo, dai nostri capricci, e rendici fedeli alla tua volontà.

In un altro contesto Gesù ha detto: «Non chi dice.- Signore, Signore, entrerà nel regno, ma chi fa la volontà del Padre mio» (Mt 7, 21). Che sarebbe come dire: non chi prova dei bei sentimentalismi con Dio entra nel vivo dell'amicizia con lui (è questo il regno, entrare nel profondo della sua amicizia), ma chi ubbidisce alla sua volontà.

La chiave dell'amicizia con Dio, la chiave dell'amore a Dio, è soltanto lì: nell'obbedienza alla sua volontà.


  • La preghiera come atto di amore
Parlando in questo modo, Gesù ci sta insegnando la preghiera come atto d'amore.

Gesù insegna che nella preghiera è bene esprimere un amore di sentimento. Ci fa dire: «Padre, papà». Ma questo non basta per Gesù: egli attende da noi un amore di concretezza. E allora ci suggerisce di scendere subito al pratico: «Sia fatta la tua volontà».

E non basta ancora: Gesù punta all'amore perfetto. Ci fa dire: «Sia fatta la tua volontà come la fanno in cielo». Cioè, non un'obbedienza a Dio nel pressappoco, ma un'obbedienza esigente, anzi esigentissima, di marca divina... «La tua volontà come in cielo».

È molto esigente, Gesù! Esigente perché ci ama. Ci invita a offrirci non per l'obbedienza facile, ma per l'obbedienza eroica. Ci invita alle vette dell'amore.

Fate il possibile per affezionarvi alla preghiera «Sia fatta la tua volontà», e scoprirete questi suoi benefici:
  • • vi impedirà di vivere con la testa nel sacco;
    • demolirà i vostri egoismi;
    • vi aiuterà a vincere la vostra superficialità;
    • vi educherà a un cristianesimo adulto e consapevole;
    • porterà la sapienza di Dio a prendere possesso della vostra vita!
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Messaggio da miriam bolfissimo » mar nov 06, 2007 11:32 am

  • 4. Quando pregate dite: «Padre, perdona!»
Carissimi, quando preghiamo Gesù esige da noi un cuore purificato. Dunque bisogna imparare a fare la purificazione del nostro cuore.

Nell'Eucaristia la Chiesa dà un'importanza grande alla purificazione: la messa inizia sempre con la liturgia penitenziale. La Chiesa non immagina l'Eucaristia senza l'atto profondo di pentimento. Quando poi giunge il momento culminante dell'incontro con Cristo nella comunione, la Chiesa propone il rito della pace. E ci fa dire, battendoci il petto: «Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa».


  • Vedi, Signore, che sono una frana?
È molto importante che, prima di accostarci a Dio, riconosciamo tutti insieme la nostra indegnità.

Gesù ha narrato una parabola bellissima per farcelo capire: la famosa parabola del fariseo e del pubblicano, che salgono al tempio per pregare.

Uno (il fariseo) è tronfio di sé e non sente il bisogno del pentimento. L'altro (il pubblicano), piegato dalla sua indegnità, «non osava neppure alzare gli occhi al cielo» e diceva soltanto: «Abbi pietà di me!». Gesù conclude la parabola dicendo che il pubblicano tornò a casa giustificato e l'altro tornò peccatore, senza il perdono di Dio.

Notate che, secondo la parabola, il pubblicano non fa grandi discorsi a Dio, non fa nemmeno una promessa e non chiede nemmeno perdono del male che ha fatto. È solo preso dal pensiero della sua indegnità, e questo basta per Dio: «tornò a casa giustificato», dice Gesù.

Dunque, l'atto di pentimento non è una cosa complicata. Non ha bisogno di molte parole, ha solo bisogno di molta sincerità. Basta dirgli: «Lo vedi, Signore, che sono una frana? Abbi pietà di me!».


  • Le tre fragilità di Dio
Conoscete le tre fragilità di Dio? Dobbiamo impararle bene, perché ne abbiamo tutti bisogno.

Il primo punto debole di Dio è la nostra schiettezza: quando ci vede schietti, assolutamente schietti, Dio si commuove, diventa subito profonda tenerezza, forse perché la schiettezza è sorella dell'umiltà.

Il secondo punto debole di Dio è la nostra fede: se siete capaci di lanciare un vero grido di fede a Dio, squarciate anche le montagne, e Dio risponde subito. La fede è la nostra onnipotenza. Meglio, è l'onnipotenza di Dio che si mette a nostro servizio. Gesù l'ha detto: «Tutto è possibile a chi ha fede» (Mc 9, 23). «Tutto quello che chiederete con fede nella preghiera, lo otterrete» (Mt 21, 21).

Il terzo punto debole di Dio è l'umiltà: quando ci vede sprofondati in un atto di vera umiltà, Dio si commuove immediatamente, perché ci ama e vede rispecchiata in noi una scintilla di se stesso. Dio infatti è umiltà, infinita umiltà (si lascia anche calpestare, deridere, e non reagisce).


  • Un canto per il perdono
Lo conoscete il Salmo 102? È il grande canto del perdono. Eccolo:
«...Buono e pietoso è il Signore, non conserva per sempre il suo sdegno, / non ci tratta secondo i nostri peccati, non ci ripaga secondo le nostre colpe.
«Come il cielo è alto sulla terra, così è grande la sua misericordia; /come dista l'oriente dall'occidente, così allontana da noi le nostre colpe.
«Come un padre ha pietà dei suoi figli, così il Signore ha pietà di quanti lo temono, /perché egli sa di che siamo plasmati, ricorda che noi siamo polvere
».


  • Siamo responsabili dei peccati degli altri
Nell'insegnamento del Padre Nostro c'è un particolare importante: Gesù ci insegna non soltanto a chiedere perdono dei nostri peccati personali, ma a renderci responsabili anche dei peccati degli altri. Non ci fa dire: «perdona i miei peccati», ma «perdona i nostri debiti». Dobbiamo responsabilizzarci dei peccati dei nostri fratelli.

Prima di tutto ci responsabilizzeremo dei peccati della nostra famiglia. Gravano su di noi! C'è un disordine nella tua famiglia? Non hai mai pensato che ogni peccato della tua famiglia comporta in te una parte di responsabilità?
Hai un padre alcolizzato? Hai un fratello, una sorella col matrimonio sfasciato? O che vivono nel disordine morale? Lo sai che anche tu hai le tue colpe? Per esempio, se avessi dato l'affetto che dovevi dare, non pensi che lo sbandamento non sarebbe stato così grave?
Così Gesù ci insegna a chiedere perdono dei nostri peccati, e insieme anche dei peccati dei nostri fratelli.
E non fermarti alle parole di perdono, ma va' oltre! Prova a pregare così: «Signore, che colpa ho in questo peccato? Signore, cosa posso fare per aiutare questa persona a redimersi, a uscire dal suo sbandamento?». Allora il perdono si fa efficace anche per la tua conversione personale.

Poi esistono i grandi peccati sociali, dentro cui tutti siamo coinvolti. Se c'è tanta pornografia, tanta violenza, tante ingiustizie sociali, non abbiamo tutti tante colpe?
L'ignorare, per esempio, la nostra parte di responsabilità, il chiudere tranquillamente gli occhi su certe catastrofi sociali, non è già una colpa gravissima? Non esserci mai chiesti: che cosa potrei fare in questa catastrofe, non è forse una colpa?


  • Prova la tattica della lista nera
Gesù pretende che tu, prima di chiedere perdono a Dio, sia diventato un esperto di perdono donato agli altri. Il Padre perdona, come noi perdoniamo. Gesù te lo insegna: prima di osare chiedere il perdono, tu devi esercitarti nel concedere il perdono ai tuoi fratelli.

Hai già provato quanto sia efficace la tattica della lista nera? Prova a compilarla. Prova a stenderla su tre colonne. Nella prima colonna scrivi: «Persone che tratto con freddezza»; nella seconda: «Persone che ho in antipatia»; nella terza: «Persone nemiche».

Naturalmente, non devi sbandierare la tua lista nera davanti a nessuno, è solo per la tua coscienza, è solo per te, per prepararti a chiedere perdono a Dio dei tuoi peccati.

Fa' attenzione a non crederti un angelo. Non giocare all'angelismo. La prima reazione quando vuoi stendere la lista nera è: «Ma io non ho nemici». È angelismo, diffida di te stesso... Se sarai schietto con te stesso, vedrai che la lista nera presto si riempirà di nomi.

E allora, prima di chiedere perdono a Dio per i tuoi peccati, ricordati della lezione tremenda di Gesù: «Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate, perché anche il Padre vostro perdoni a voi i vostri peccati» (Mc 11, 25).

Dunque, bisogna farlo. Fa' passare la lista nera davanti a te, ed esprimiti così: «Signore, benedici questa persona e dammi la possibilità di fare qualcosa per lei».

Questo è perdono. Poi avvicinati pure con fiducia a Dio, e chiedigli perdono dei tuoi peccati e dei peccati della tua famiglia.
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Messaggio da miriam bolfissimo » mar nov 06, 2007 11:39 am

  • 5. Quando pregate, amate!
Carissimi, siamo giunti a un punto nodale nella nostra scuola di preghiera. Spesso la preghiera viene intesa come dialogo verbale con Dio: la grande massa cristiana fatica molto a andare oltre la preghiera vocale. Siamo troppo abituati alle chiacchiere, anche con Dio. Siamo tutti ammalati di preghiera parolaia.

Orbene, bisogna capirlo una volta per tutte: Gesù non ha insegnato affatto la preghiera parolaia. Tutt'altro! Gesù, dandoci il Padre Nostro, ha voluto insegnare proprio l'opposto: inculcarci la preghiera come atto di amore.

Certo, la preghiera vocale è importante, ma è più importante imparare ad amare. Gesù ha detto chiaramente che le parole servono poco: «Quando pregate, non moltiplicate parole vuote come fanno i pagani, i quali credono di venire esauditi a forza di parole... Non siate come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno, prima ancora che gliele chiediate» (Mt 6, 7-8).

Gesù fece questa osservazione proprio prima di insegnare il Padre Nostro. Come dire: «Quando pregate non fate chiacchiere con Dio, non serve a nulla. Invece, imparate ad amare». Cosa se ne fa Dio delle nostre parole? Dice il salmista: «Le parole non sono ancora sulle mie labbra, e tu Signore già le conosci tutte» (Sal 138). A Dio non occorrono le parole. Dio vuole il nostro cuore.

Allora partiamo dal cuore del Padre Nostro, dalla famosa espressione che gli esperti considerano come il centro di questa preghiera: «Padre, sia fatta la tua volontà».

Domandiamoci: qual è la sua volontà? Possiamo conoscerla con certezza? Sì, lo possiamo. Gesù si è espresso così: «Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi: rimanete nel mio amore» (Gv 15, 9). La sua volontà è tutta lì: che noi rimaniamo nel suo amore.

Ma qual è il significato preciso della frase? Ecco: «Se osserverete i miei comandamenti, rimanete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore» (Gv 15, 10).

E i suoi comandamenti quali sono? Anche qui Gesù è chiaro: «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amati» (Gv 15, 12). È tutto qui! Qui è il centro della volontà di Cristo, lo scopo di tutta la nostra esistenza, il segreto della nostra realizzazione, della nostra gioia: «Questo vi ho detto, perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena» (Gv 15, 11). Quando siete tristi, quando le cose non funzionano, non correte dallo psicologo. Consultate prima il vostro cuore: quasi sempre siete scontenti perché siete imbozzolati nel vostro egoismo, siete usciti cioè dalla volontà precisa del Padre, non sapete amare come vuole Cristo. Per facilitare tutto, Gesù ci ha consegnato la sua preghiera che non è da dire ma da vivere, che è palestra dell'amore.


  • Le sette sfide all'amore
Nel Padre Nostro ci sono sette domande, e ogni domanda è richiesta di un atto d'amore. Così Gesù con il Padre Nostro traccia davanti a noi un programma di amore. E ci da indirettamente la definizione più semplice e più perfetta della preghiera: pregare non è parlare; non è pensare; è amare e soltanto amare.

Ora nessuno può tirarsi indietro dalla preghiera, nessuno può dire: «Io non sono capace!». Sei capace di amare? Allora sei capace di pregare! Gesù dandoci il Padre Nostro sfida il nostro egoismo, ci provoca all'amore. Lancia all'uomo sette provocazioni precise all'amore.

Ogni domanda del Padre Nostro è infatti un impegno pratico di amore, un esercizio pratico per vivere in concretezza l'amore ai fratelli, per fare cioè la sua volontà.

Sia santificato il tuo nome. Che cosa vuoi dire? Santificare significa glorificare. Santificare il nome di Dio significa glorificare la persona di Dio. E come sarò capace oggi a glorificare Dio? Facendo la sua volontà in modo perfetto, cioè amando tutti, aiutando tutti, servendo tutti.

Venga il tuo regno. Ha detto Giovanni: «Dio è amore. Chi vive nell'amore dimora in Dio, e Dio dimora in lui» (1 Gv 4, 16). Perché Dio regni nel mio ambiente, nelle mie strutture, nella mia famiglia, ho una cosa sola da fare: amare! Vivere nell'amore! Amare ogni fratello!

Dacci oggi il nostro pane quotidiano. Gesù allude certamente ai bisogni materiali dell'oggi. E io ne prendo atto. Ma voglio pensare al pane di tutti gli uomini. Questo è amore! Non prego per il mio pane soltanto, prego per il pane di tutti, perciò prego per la giustizia sulla terra, prego per chi lotta per i poveri, prego per lottare anch'io per i poveri. Questo è amore!

Perdona a noi come noi perdoniamo agli altri. Il perdono dev'essere continuo. Ogni momento s'inceppa: è un orologio sempre da caricare, il nostro perdono.

Non c'indurre in tentazione, ma liberaci dal male. Gesù colloca queste due richieste nel contesto del problema perdono. Cioè: salvaci dalla tentazione dell'egoismo, del cuore duro che non sa perdonare, e liberaci dall'orgoglio che non lascia spazio al perdono, che è l'emblema di Satana (qualcuno traduce «liberaci dal maligno»). Il perdono è un problema così scottante e determinante, che Gesù ne ha fatto oggetto di precise richieste con sfumature differenti, ma con il medesimo intento.

Il Padre Nostro risulta così una vera palestra per imparare ad amare nel quotidiano; è lo specchio dell'amore, la coscienza critica del nostro amore, il programma quotidiano per il vivere quotidiano.
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Messaggio da miriam bolfissimo » mar nov 06, 2007 3:35 pm

  • 6. Quando pregate: ringraziate!
Carissimi, conoscete certo l'episodio dei dieci lebbrosi che vanno a farsi guarire da Gesù (Lc 17, 11-19). Fu un'esperienza deludente per il Signore, ma egli se ne servì per farla diventare per noi scuola di preghiera.

Dieci lebbrosi avevano pregato con fede, e la risposta di Gesù era stata immediata: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». Tutti guariti. Gesù dice loro di presentarsi all'ufficio d'igiene di quei tempi, per il rilascio di una dichiarazione di avvenuta guarigione.

Tutto bene fin qui: fede nel chiedere, fede nell'accogliere, fede nell'obbedire; poi lungo la strada la gioia immensa nel constatare la guarigione avvenuta. E poi? C'è il crollo. È gente troppo abituata a chiedere, e niente abituata a riflettere e a ringraziare.

C'è un proverbio curioso nella Bibbia. Dice: «La sanguisuga ha due figlie [il loro nome è]: Dammi! Dammi!» (Prv 10, 15). Ma a Gesù non va la politica del dammi dammi. Approva la preghiera di domanda, ma vuole gente formata alla gratitudine. Esige che siamo educati con Dio.
Ed ecco: «Uno, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si gettò ai piedi di Gesù per ringraziarlo. Era un samaritano». È curioso: la riconoscenza spunta in un samaritano, gente di razza e fede spuria, ostile ai giudei. Ma sotto c'è un'importante verità; la preghiera di ringraziamento risulta alla portata di tutti, anche di chi non ha mai pregato.

Ringraziare è una preghiera facile. E Gesù la esige: «Non sono stati guariti tutti e dieci? E gli altri nove dove sono?». Sono sepolti nel loro egoismo, hanno guardato al loro guadagno personale e basta. «E Gesù gli disse: "Alzati e va'; la tua fede ti ha salvato"». Salvato due volte: guarito dalla lebbra fisica, e dalla lebbra spirituale.


  • La lebbra dell'ingratitudine
Siamo tutti malati di egoismo. Abbiamo tutti addosso la lebbra dell'ingratitudine. Non siamo abituati a vedere i doni di Dio, e perciò a rispondere a questi doni.

Le mamme ebree educavano i bambini al ringraziamento, appena erano capaci di parlare. C'era una legge ebraica precisa (e Maria la madre di Gesù l'ha certamente osservata) che quando imboccavano il bambino dovevano fargli dire a ogni cucchiaiata: «Grazie, Signore!».

Noi siamo letteralmente sommersi dai doni di Dio, tutte le cose contengono un dono di Dio che esigerebbe un grazie, non passa un secondo senza un suo dono, e non ce ne accorgiamo nemmeno.

Il nostro corpo è fatto di diecimila miliardi di cellule, e non dovrebbe essere normale avere in cuore il desiderio di riuscire a dire nella vita diecimila miliardi di volte grazie al buon Dio? In una giornata ci sono 1440 minuti, e non potremmo decidere che qualche minuto su 1440 sia dato a Dio per pronunciare un grazie di cuore?

Non dimentichiamo poi che la preghiera guarisce tante storture del nostro carattere e del nostro cuore:
  • - chi è pessimista diventa ottimista;
    - chi è chiuso si apre agli altri;
    - chi vede tutto nero comincia a vedere la luce;
    - chi è scoraggiato riprende coraggio;
    - chi è irriflessivo comincia a pensare e capire;
    - chi si lascia vivere afferra il timone della sua barca...
Tutto cambia, senza più la lebbra dell'ingratitudine.
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Messaggio da miriam bolfissimo » mar nov 06, 2007 5:31 pm

  • 7. Preghiera di domanda: «Chiedete e vi sarà dato»
Carissimi, a Gesù interessa educarci alla preghiera di domanda. Ci ha detto: «Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto... Chi tra voi, al figlio che gli chiede un pane darà una pietra?» (Mt 7, 7.9).

La preghiera di domanda è importantissima, perché i nostri bisogni sono immensi, e i nostri limiti pure.

La preghiera di domanda è anche un'importante educazione alla fede. C'è una promessa solenne di Cristo: «Tutto quello che chiederete con fede nella preghiera, lo otterrete» (Mt 21, 22). La preghiera di domanda è dunque legata al problema fede.

Se abbiamo fede, sperimentiamo sempre la risposta di Dio. Gesù non dice quando e come Dio risponderà, ci assicura solo che risponderà. E noi abbiamo bisogno di questa affermazione del Signore, perché abbiamo molto bisogno di educarci alla fede.

La più grossa difficoltà nella preghiera di domanda è spesso il problema del silenzio di Dio. Occorre accettarlo. Dio sovente mette alla prova la nostra fede: col suo silenzio misura la nostra fede e il nostro amore.

Non è logico attenderci che Dio risponda subito alle nostre domande. Dio dev'essere libero di rispondere al momento opportuno. Noi conosciamo troppo poco i nostri bisogni, e i risvolti pratici delle nostre domande: solo lui sa quando è ora di dire sì alle nostre richieste.

Noi siamo per le soluzioni facili e comode ai nostri problemi, lui è per la soluzione più utile. Se rispondesse subito a certe nostre richieste, quanti valori andrebbero compromessi! Qualche volta lo capiamo solo quando i problemi sono passati. Dovremmo saperlo: Dio non può colla-borare con la nostra pigrizia e faciloneria.


  • Dobbiamo educarci al silenzio di Dio
Dobbiamo sforzarci di capire il silenzio del Signore di fronte a certe nostre richieste.
  • • Il silenzio di Dio è sempre amore, perché fa crescere, mette in moto le nostre forze latenti, sviluppa in noi creatività e collaborazione.
    • Il silenzio di Dio spesso ci apre gli occhi sulle nostre responsabilità, denuncia le nostre inerzie, stimola la volontà a fare la parte che tocca a noi.
    • Il silenzio di Dio spesso prepara il terreno per grazie più grandi: dovendo pazientare e lottare, noi ci prepariamo con maggior profondità ai progetti di Dio. La nostra volontà si fortifica, il nostro senso di responsabilità s'irrobustisce, e Dio può giungere là dove vuole giungere, perché trova in noi il terreno preparato ai suoi doni.
    • Il silenzio di Dio a volte è necessario perché Dio possa darci cose più importanti di quelle che chiediamo. È molto importante nella preghiera di domanda fare una verifica di sicurezza: interrogarci cioè con molto realismo se Dio approva o no la nostra domanda.
Noi ignoriamo in modo assoluto l'opportunità di certe cose che chiediamo. Chiediamo la salute, il lavoro, la riuscita in un affare, ma chi può garantire che queste cose siano sempre un bene per noi?

Di altre cose che chiediamo, siamo invece sicurissimi che Dio le vuole, anzi le vuole più di noi. In questo caso l'esaudimento è sicuro: sarà questione di tempo, sarà da parte nostra un problema di costanza, ma Dio risponderà.

Dobbiamo rispettare i tempi di Dio: i suoi ritardi sono sempre un calcolo di amore. E abituarci alla preghiera più bella: «Padre, non la mia ma la tua volontà sia fatta».
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Messaggio da miriam bolfissimo » mer nov 07, 2007 10:03 am

  • 8. Pregate: con gli altri e per gli altri
Carissimi, Gesù ha insegnato a pregare al plurale: non ci fa dire «Padre mio», ma «Padre nostro». Sembra ricordarci così che la preghiera ci deve guarire da ogni egoismo. È curioso: Gesù ha esaudito tante preghiere fatte al singolare: «Signore, che io veda!» gli grida il cieco, «Che io sia guarito» implora il lebbroso, e Gesù ascolta. Ma quando ci spiega come bisogna pregare il Padre, ci insegna a farlo al plurale.

Certo ognuno ha i suoi problemi, ma non ci è lecito dimenticare i problemi degli altri. Il perché è semplice: siamo cellule vive di un solo corpo che è Gesù. Come può la mano ignorare i problemi del piede? Se c'è una piaga nel piede, anche la mano prende la febbre.

D'altronde tutto il bene che esiste in noi non viene dagli altri? A cominciare dal nostro fisico, fino alla nostra cultura, le nostre abitudini e le nostre capacità: sono ricchezze che non ci siamo date da soli, tutto ci viene dato dagli altri. Perciò non è logico andare a Dio sempre con i fratelli, condividendo i loro problemi, e implorando per le loro difficoltà come imploriamo per le nostre?


  • «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome»
Gesù ha fatto una promessa singolare, perché non ci chiudessimo nel bozzolo dell'egoismo: «Se due di noi si accorderanno per domandare qualche cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro» (Mt 18, 19-20).

Gesù ci ha svelato così la potenza della preghiera di gruppo. Non siamo soli quando preghiamo in gruppo: lui entra nel gruppo con noi. Il gruppo ha una potenza particolare di azione su di noi. Anche Gesù, nel momento più cruciale della sua vita, ha cercato la preghiera dei discepoli. Al Getsemani scelse Pietro, Giacomo e Giovanni «perché stessero con lui a pregare».

La preghiera liturgica poi dovrebbe essere capita come una potenza ancora più grande, perché ci fa entrare nella preghiera stessa di Gesù, con tutta la Chiesa, con tutto l'universo, con la lode e l'intercessione di tutto il cielo e di tutta la terra.

La Chiesa non favorisce la preghiera individualistica. In tutta la liturgia si prega sempre al plurale. Non trovate, nella liturgia, una preghiera al singolare. La preghiera per tutti i fratelli e con tutti i fratelli è tipica della preghiera liturgica, e la Chiesa l'ha imparata da Cristo.


  • Che cosa chiedere per gli altri?
Gesù ha dato i suggerimenti con l'esempio e la parola.
  • • Ha pregato per i responsabili della Chiesa: «Simone, ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, rafforzato, conferma i tuoi fratelli» (Lc 22, 32).
    • Ha pregato per i Dodici: «Padre, prego per coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola» (Gv 17, 9).
    • Ha pregato per noi: «Non prego solo per questi (cioè gli apostoli), ma anche per quelli che per la loro parola crederanno (cioè noi)» (Gv 17, 20).
    • Ha insegnato a pregare per i nemici: «Amate i vostri nemici, pregate per i vostri persecutori» (Mt 5, 44).
    • Ha pregato in croce per i suoi aguzzini: «Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno» (Lc 23, 34).
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Messaggio da miriam bolfissimo » mer nov 07, 2007 10:14 am

  • 9. Pregate nel nome di Gesù
Carissimi, Gesù vuole che preghiamo nel suo nome, e uniti a lui. Non è di suo gradimento la preghiera individualista, vuole che andiamo al Padre sempre con i fratelli. E desidera che nella nostra preghiera ci sia sempre lui. Così a Dio non si va senza i fratelli, e si va accompagnati dal nostro fratello maggiore, Gesù.

Gesù ci invita a pregare nel suo nome. È tornato tante volte su questo tema: segno che esso è molto importante. La Chiesa lo fa da duemila anni: ogni preghiera liturgica è sempre fatta «nel nome del Signore nostro Gesù Cristo». E dobbiamo deciderci a impararlo anche noi.

Nel Vangelo troviamo vari testi espliciti sul pregare nel nome di Gesù, e questo forse è il più convincente: «In verità, in verità vi dico: se chiederete qualcosa al Padre nel mio nome, egli ve lo darà. Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete e otterrete, affinché la vostra gioia sia piena» (Gv 16, 23-24).

È urgente capire bene queste parole. Pregare nel nome di Gesù è un concetto di grande profondità, e ha sfumature differenti a seconda del contesto in cui le parole sono situate. Quando nella Bibbia trovate l'espressione nel nome di, dovete sempre controllare il contesto. Per esempio...
  • • Quando Gesù dice «Io sono venuto nel nome del Padre, e voi non mi ricevete» (Gv 5, 43): l'espressione «nel nome di» significa da parte di, per comando di.
    • Quando Gesù dice «Le opere che io compio nel nome del Padre mio...» (Gv 10, 25) vuoi dire: con la potenza del Padre, e allude al valore persuasivo dei suoi miracoli.
    • In frasi come «Ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo» (At 2, 38), oppure «Tutto quello che fate, si compia nel nome del Signore Gesù» (Col 2, 17), il significato è sempre: nella persona di Gesù.
In pratica, pregare nel nome di Gesù viene ad avere almeno tre significati:
  • 1. pregare uniti a Cristo, stringendoci a lui, significa condividendo la mentalità di Cristo, chiedendo al Padre quel che chiederebbe lui;

    2. pregare rivestiti di Cristo, cioè col cuore di Cristo, i suoi desideri, il suo amore. Quanto è potente una simile preghiera! Ed è una novità. Altri uomini potranno pregare da solitari, i cristiani invece sono sprofondati in Cristo, rivestiti di Cristo, completati da Cristo, sorretti da Cristo;

    3. presentarci al Padre con l'autografo di Cristo, con la sua controfirma. Ci ha detto Gesù: «Anche chi crede in me compirà le opere che io compio, e ne farà di più grandi... Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò» (Gv 14,12.14). Certo Gesù non metterebbe il nulla osta a una preghiera magica o miracolistica, ma di sicuro approva la nostra preghiera corresponsabile con lui.
  • «Per Cristo, con Cristo e in Cristo»
Nella Messa c'è una preghiera che racchiude il contenuto di ogni preghiera fatta in nome del Signore: «Per Cristo, con Cristo e in Cristo, a te, Dio Padre onnipotente, nell'unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria».

Per Cristo significa: per mezzo di lui, per i suoi meriti, per la forza del suo comando, per sua autorità.

Con Cristo significa: uniti a lui, nostro fratello, balbettando dietro di lui le nostre richieste, accompagnati da lui.

In Cristo significa: sprofondati in lui, rivestiti di lui, uniti intimamente a lui nella mente, negli ideali, nei desideri, nell'amore.

Proviamo a chiedere per Cristo, con Cristo e in Cristo.
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Messaggio da miriam bolfissimo » mer nov 07, 2007 10:24 am

  • 10. Chiedete il dono più grande: lo Spirito
Carissimi, Gesù ha parlato molto sulla preghiera di domanda, ma il culmine di quello che ha insegnato si può riassumere così: abbiate il coraggio di chiedere a Dio il massimo, cioè il dono dello Spirito Santo.

Chiedere lo Spirito è chiedere veramente tutto, la somma di tutti i beni. Ricordiamo le parole di Gesù: «Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pane gli darà una pietra? O se gli chiede un pesce gli darà una serpe?... Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono» (Lc 11, 11-12).

Partiamo da un'obiezione: non possediamo già lo Spirito? Dopo il battesimo e la cresima, non siamo tempio dello Spirito Santo? Perché allora chiederlo di nuovo?

Sì, l'abbiamo, lo possediamo. Ma lo Spirito in noi è proprio pienamente libero di agire? Si vede il suo influsso sui nostri atti? La nostra vita sovente è così orribilmente pagana: pensiamo da pagani, viviamo da pagani, dobbiamo ammetterlo. Che cosa ne facciamo dello Spirito?

Tante volte ne facciamo un povero prigioniero che non può agire, non può parlare, è imbavagliato. Bussa, chiama, strepita in noi, e noi ci turiamo le orecchie per non sentire. Ecco perché Gesù insegna a chiedere lo Spirito: per aprirci a lui, per liberarlo in noi, lasciarlo agire. Paolo ammoniva i primi cristiani: «Non soffocate lo Spirito!» (1 Ts 5, 19). Diceva: «Non rattristate lo Spirito!» (Ef 4, 30). Esortava: «Camminate dietro lo Spirito!» (Rm 8, 4).

Invece noi, per affermare la nostra libertà, condizioniamo l'agire dello Spirito. Abbiamo il triste privilegio di dire no allo Spirito che vive in noi. Ci viene dato per fare luce in noi, e noi possiamo spegnere la sua luce e scegliere le tenebre.

È ambigua la nostra condizione, ma se abbiamo buona volontà, lo Spirito è pronto a soccorrerci nella nostra debolezza. Invocato con la preghiera, può intervenire in tutte le nostre battaglie e risolverle a nostro favore.


  • La preghiera libera la potenza dello Spirito
Il Padre dà lo Spirito a chi lo chiede. La preghiera libera in noi la potenza dello Spirito: in qualunque tempo o situazione, noi possiamo liberare in noi questo dono infinito. Basta pregare.
  • • Possiamo perdere tutto: la libertà, la salute, il lavoro, la stima della gente. Ma nessuno può rubarci lo Spirito, come nessuno può rubarci la preghiera. Possedendo lo Spirito, possediamo tutto, perché possediamo Dio.
    • Abbiamo bisogno di pazienza, di carità? Chiediamo lo Spirito, perché è la carità infinita di Dio.
    • Abbiamo bisogno di buona volontà? Chiediamo lo Spirito: è lui il progettista e il costruttore.
    • Abbiamo bisogno di fortezza? Chiediamo lo Spirito: è lui la forza di Dio che regge l'universo.
L'Eucaristia non c'è sempre, e poi non possiamo andare all'Eucaristia in stato cosciente di colpa grave. Lo Spirito invece è sempre accessibile a noi, anche nel caso in cui ci troviamo in colpa grave.

Le chiese non sono sempre aperte, ma il tempio dello Spirito che è in noi è sempre aperto per raccoglierci in preghiera. Lo Spirito non ha orari.

I grandi uomini ci ricevono solo se siamo ammessi all'udienza; lo Spirito non riceve dietro appuntamento, siamo accolti in qualunque ora del giorno e della notte.

Lo Spirito ci attende sempre a braccia aperte, ogni volta che spunta in noi la buona volontà. Non si stanca mai di noi. È sempre in attesa della nostra buona volontà.
  • • Ci sono momenti decisivi, da cui dipende tutta la nostra esistenza. Sono i momenti privilegiati dello Spirito, in cui avere il suo consiglio illuminato.
    • Ci sono i momenti della tentazione, in cui da soli non ce la facciamo: con lo Spirito possiamo tutto contro Satana e la nostra debolezza.
    • Ci sono i momenti del peccato, ma lo Spirito è la santità di Dio: se interviene, tu ti pentì, provi ribrezzo del male, e risali la china tenendoti per mano allo Spirito.
Non occorre inventare formule per far intervenire lo Spirito: basta seguire il consiglio di Gesù: «Il Padre darà lo Spirito a coloro che lo chiedono».

Gesù non dice che darà lo Spirito a chi lo merita, ma a chi lo chiede. È un altro discorso. Poiché siamo tempio dello Spirito, portiamo dentro di noi un fuoco che può bruciare tutto, un amore increato che può capovolgerci.
La vita spirituale comincia quando permettiamo alla forza dello Spirito di agire.


  • I nove frutti dello Spirito
San Paolo ci ha offerto un testo meraviglioso per controllare se in noi lo Spirito è in piena libertà di azione oppure no. Dice: «Il frutto dello Spirito è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé» (Gal 5, 22).

Sono nove frutti, un'ottima pista di esame per il controllo dell'azione dello Spirito in noi. Il testo dei nove frutti, applicato con frequenza e intelligenza, ci farà diventare persone di grande equilibrio interiore, di profonda maturità e pienamente realizzate.
  • • Primo frutto dello Spirito è l'amore. È importante, per noi e per gli altri, chiedere di saper amare. Di sbaragliare l'egoismo, allenarci al perdono generoso, investirci dei problemi altrui, sforzarci di comprendere, aiutare.

    • Lo Spirito desidera che io chieda la gioia. Un cristiano senza gioia è un cristiano senza vita. Lo Spirito vuole che io cerchi la gioia non solo per averla, ma più ancora per darla. Il mondo ha bisogno di gioia come di ossigeno: l'ecologia della gioia è urgente in tutti gli ambienti.

    Pace. E una gioia silenziosa, pacata, che viene da Dio. Quando nel cuore sentiamo la pace di Dio, abbiamo la possibilità di compiere grandi cose per Dio e i fratelli.

    Pazienza: con noi stessi, con i nostri limiti, nel nostro lavoro. E pazienza con i fratelli. Siamo tanto fragili oggi nella pazienza. Il mondo febbrile in cui viviamo non allena molto a praticarla. Eppure senza di essa nessuna conquista umana è possibile. Dobbiamo ridere dietro le nostre impazienze, i nostri infantilismi, e ricominciare sempre.

    Benevolenza. Per Paolo significa volontà di bene. Sì, perché siamo sempre minacciati dalla volontà di male. Benevolenza invece è lotta per essere buoni, comprensivi, generosi. Lo Spirito ci vuole dolci, e seminatori di pace.

    Bontà. Gente dal cuore generoso, che perdona sempre, che comprende, che ha orrore di far del male, che è pronta a ricambiare il male con il bene. Quando si aspira a essere così, allora siamo sotto l'influenza dello Spirito.

    Fedeltà. A Dio, ai fratelli, agli impegni, ai doveri, ai doni ricevuti da Dio. Quando la fedeltà ha radice e consistenza, allora lo Spirito è all'opera in noi, è libero, è vivo, è contento di noi.

    Mitezza. Oggi nessuno ne parla, è vista come debolezza. Ma è esattamente l'opposto; tanto che Gesù ha detto: «Imparate da me che sono mite» (Mt 11, 29).

    Dominio di sé. Probabilmente Paolo parla della padronanza degli istinti. Chi è schiavo delle bassezze dei suoi istinti, rattrista lo Spirito.
Elencando i nove frutti dello Spirito, Paolo ha delineato le qualità dell'uomo ideale. Questi frutti sono ordine, armonia, bellezza, santità. Dove abita e opera lo Spirito, l'uomo diventa luce, amore, gioia di Dio. E degli uomini.
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Messaggio da miriam bolfissimo » mer nov 07, 2007 10:39 am

  • 11. Quando pregate, ascoltate!
Carissimi, seguendo i consigli di Gesù, abbiamo fatto un primo allenamento alla preghiera. I nove consigli considerati finora riguardavano la preghiera vocale, attenta e intelligente. Ma la preghiera vocale, importantissima, non basta: è raccogliere la legna per fare il fuoco, ma poi bisogna accendere il fuoco. Occorre fare un salto di qualità, approdare alla preghiera di ascolto.

Finora eravate voi i protagonisti della preghiera. Passando alla preghiera di ascolto, il protagonista diventa Lui. Tutto il cammino fatto fin qui vi ha preparati: l'allenamento al silenzio, alla riflessione, all'interiorizzazione, aveva lo scopo di aiutarvi a fare il balzo di qualità: appunto, dalla preghiera vocale alla preghiera di ascolto.

Ascoltare è una parola biblica di grande importanza: compare 1100 volte nell'Antico Testamento, e 445 volte nel Nuovo. Un verbo martellante.

La più grande pagina della Bibbia, che ha segnato tutta la spiritualità d'Israele, è il capo 6° del Deuteronomio. Comincia: «Shemà Israeli Ascolta, Israele!».

E prosegue: «Ascolta, Israele! Il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima, e con tutte le forze. Lo ripeterai ai tuoi figli quando camminerai, quando ti coricherai, quando ti alzerai. Lo legherai alla mano, lo scriverai sugli stipiti della tua casa!».

È curioso: nella tradizione d'Israele, la sua preghiera più importante è presentata come ascolto di Dio. Chiede a Israele di amare Dio con tutte le forze, chiede l'amore di Dio in assoluto, ma per prima cosa chiede l'ascolto.


  • Maria ai piedi di Gesù ascoltava
Per capire quanto è importante l'ascolto anche per Gesù, è bene ricordare il famoso incidente di Betania.

Le sorelle Marta e Maria erano molto differenti: Maria sensibile e intelligente, Marta cordiale e intraprendente. «Marta lo accolse», dice Luca, ma non è vero: è Maria che lo accoglie veramente. «Sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola». Marta invece si tuffa nei preparativi. Dopo un po' le da sui nervi vedere la sorella seduta a far niente. E succede l'incidente: «Signore, non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti».

Ha il coraggio di dare consigli a Gesù. I superficiali sono soliti dare consigli a Dio: fa' questo, dammi quello, sistema qui, aggiusta là... No, a Dio non si danno consigli, lui sa bene quel che è meglio.

Gesù risponde che la cosa più importante non è agitarsi ma calmarsi, non è correre ma fermarsi ad ascoltare: «Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c'è bisogno: Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta» (Lc 10, 38-42).

Ascoltare è amare, ascoltare Dio è accogliere la persona di Dio in noi. Ascoltare è mettere Dio al centro della nostra preghiera. La vita spirituale profonda comincia quando Dio può parlare al nostro cuore. Quando si ha il coraggio di dire: «Signore, sei contento di me? che cosa vuoi che io faccia?». La preghiera vocale attenta è importante, ma la preghiera di ascolto è il suo salto di qualità. L'ascolto di Dio segna l'inizio della vera vita interiore.

Del resto anche nella Trasfigurazione il Padre ha indicato agli apostoli il loro unico dovere verso Cristo: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo» (Mt 17, 5).



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