La Madonna Beata Vergine dei Miracoli, Storia e luoghi

Luoghi di devozione alla Madonna
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La Madonna Beata Vergine dei Miracoli, Storia e luoghi

Messaggio da Redazione » ven mag 20, 2005 1:03 pm

Diocesi di Milano
PARROCCHIA - SANTUARIO
BEATA VERGINE DEI MIRACOLI
Basilica Romana Minore - Chiesa penitenziale
Piazza Santuario, 1 - Saronno (VA)
Tel. 02.960.30.27 - Fax 02.960.50.89



Immagine


Apertura
Il Santuario è aperto sia nei giorni feriali che festivi
- dalle ore 07.00 alle ore 12.00
- dalle ore 15.00 alle ore 19.00


S.S. Messe
giorni feriali ore 7.00 - 9.00 - 18.00
giorni festivi ore 7.00 - 8.30 - 10.00 - 11.30 - 18.00


Confessioni
In Santuario è sempre garantita la presenza di un sacerdote confessore; maggiore disponibilità di confessori è favorita nei sabati e nelle vigilie delle feste. Al fine di evitare che ci si accosti al Sacramento della riconciliazione durante la celebrazione delle S.S.Messe soprattutto nei giorni festivi, i sacerdoti sono disponibili normalmente mezz'ora prima degli orari di inizio delle S.S. Messe.


Pellegrinaggi e visite guidate
Per rendere a tutti un migliore servizio ed in particolare per evitare sovrapposizioni, si prega di segnalare tempestivamente alla casa parrocchiale la data e l'orario della visita.
Tel. 02/960.30.27 - Fax 02/960.50.89


Offerte per i restauri
I preziosi e costosi lavori di restauro che sono stati eseguiti in questi anni sono frutto della generosità di tante persone e famiglie, che la Madonna certamente ha ricompensato e ricompenserà. Per coloro che intendessero collaborare al loro proseguimento è possibile utilizzare il CC bancario 15415/1 presso la CARIPLO di Saronno



IL SANTUARIO DELLA B. VERGINE DEI MIRACOLI DI SARONNO
TRA STORIA E ATTUALITA'

Il borgo di Saronno a metà del 1400 aveva poco più di mille abitanti, in gran parte contadini, però qui fioriva anche una notevole attività artigianale: la tessitura, la filatura dei bozzoli del baco da seta, la lavorazione delle armi. Celebri erano gli "armaioli de' Seroni" soprattutto per le armature. Il borgo godeva di una relativa tranquillità e prosperità anche per il suo mercato, per i commercianti che vendevano tessuti e armi sino in Germania. Saronno fu sempre legata alle sorti di Milano.
Ludovico Maria Sforza detto il Moro veniva di frequente a Saronno per le sue partite di caccia in compagnia di nobili milanesi e di Cecilia Gallerani. A questa giovane donna il Moro donò, il 18 maggio 1491, il feudo di Saronno. La dama con l'ermellino divenne così contessa di Saronno.
In precedenza, Saronno fu luogo prediletto dai Visconti, che vi costruirono una fortezza, poi distrutta e alcuni importanti palazzi, come quello di Matteo II che venne ad abitarvi dopo la spartizione del ducato e qui vi morì nel 1355, si dice avvelenato dal fratello Bernabò, che a sua volta subì la stessa sorte per mano di Gian Galeazzo.
Il Santuario di Saronno sorge a seguito della guarigione miracolosa di un giovane del borgo di nome Pedretto, che soffriva da parecchi anni di una grave forma di male ischiatico, una forte sciatica che lo immobilizzava sul suo pagliericcio non consentendogli di camminare. Siamo negli anni attorno al 1460 e non oltre il 1462. All'incrocio tra la strada Varesina, chiamata, allora, strada di Lugano perché quivi giungeva e la strada che da Monza, attraversando Saronno, portava e porta verso il Ticino per raggiungere il Piemonte, vi era una capelletta, una piccola edicola, con una statua della Madonna con in braccio il Bambino Gesù; una statua di terracotta datata nella seconda metà del trecento. Davanti a questa capelletta, in una fredda notte d'inverno, "in una invernata", così sta scritto, avvenne il miracolo. Il povero Pedretto spinto da una voce, che per tre volte si era fatta sentire, ed essendo cessati i dolori e sentendosi in forze, si era recato a pregare davanti a quella immagine della Madonna. Qui giunto pregò, si addormentò e, svegliandosi all'alba, si trovò completamente guarito.
I documenti dell'archivio storico ci dicono che molte altre guarigioni seguirono alla prima.
I saronnesi vollero rendere grazie alla Madonna e, dopo la costruzione di alcune chiesette, andate presto in rovina, soprattutto perché l'afflusso dei devoti di Saronno e dei pellegrini, che giungeva da tutto il contado, era in continuo crescendo, l'8 maggio 1498 iniziarono i lavori di costruzione della prima parte dell'attuale basilica, quella orientale.
Ormai è provato che il progetto di questa parte rinascimentale del Santuario è opera di Giovanni Antonio Amodeo, oppure di persona a lui molto vicina e perché nel 1505 firmò il progetto e diresse i lavori della costruzione del tiburio dodecagonale che sovrasta la grande cupola. Un piccolo inciso: il tiburio del Santuario di Saronno è stato definito come il fratello minore di quello di S. Maria delle Grazie di Milano, opera anch'essa dell'Amodeo.
Tra il 1511 e il 1516 sorge il campanile, progetto e direzione dei lavori di Paolo della Porta, noto architetto che operò anche in S. Pietro a Roma e a Venezia in S. Marco. Il Campanile del Santuario di Saronno è risultato uno dei più belli e più antichi della Lombardia. Con la costruzione del campanile è completata la parte rinascimentale della chiesa, chiusa da una facciata, della quale si conserva ancora il portale principale.
Questo primo Santuario venne decorato e dipinto ad affresco nell'abside, nel presbiterio e nell'antipresbiterio da Bernardino Luini, celebre pittore lombardo, nel 1525. Dieci anni più tardi Gaudenzio Ferrari disegnò e realizzò la grande scenografia del cielo che accoglie festante la Vergine Assunta. La tazza della cupola venne affrescata con il meraviglioso dipinto definito: "il concerto degli angeli". Sono 116 figure angeliche che danzano, cantano e suonano, con la rappresentazione di oltre quaranta strumenti musicali dell'epoca. Al colmo della cupola il Padre Eterno con le braccia aperte accoglie la Vergine Assunta al cielo.
Nelle due cappelle laterali del vano centrale sotto la cupola trovarono posto i gruppi lignei del Compianto e dell'Ultima Cena, statue lignee intagliate di Andrea da Milano e decorate da Alberto da Lodi nel 1529 e nel 1531.
L'afflusso dei fedeli e dei pellegrini era ormai così alto da non consentire a tutti di entrare in chiesa durante le funzioni religiose. Ciò è documentato dalle numerose richieste di autorizzazione a celebrare all'aperto inoltrate alla Curia arcivescovile di Milano. Sappiamo che il Concilio di Trento aveva proibito la celebrazione della Messa al di fuori della chiesa, per celebrare all'aperto occorreva la dispensa.
Così gli amministratori del Santuario (sei deputati, eletti dalla popolazione saronnese) decisero di ampliare la chiesa, allungandola. Tra il 1560 e il 1578, in due periodi successivi, la chiesa venne allungata con cinque campate su tre navate. Nel 1578 Pellegrino Tibaldi, detto Pellegrini, architetto stimato da S. Carlo Borromeo, disegnò la maestosa facciata, che sarà realizzata tra il 1596 e il 1613 e poi coronata con la balconata e le cinque statue nel 1666.
Dopo 168 anni dalla fondazione la costruzione, l'abbellimento e la decorazione del Santuario erano finalmente terminati. I saronnesi avevano fatto costruire una chiesa che destava l'ammirazione di tutti.

Sorge spontanea una domanda: come hanno potuto i Saronnesi realizzare una opera così insigne, chiamando i più illustri architetti e artisti lombardi del tempo?
Due sono i motivi principali.
Il primo va cercato nella saggia gestione amministrativa delle offerte, delle donazioni e dei legati della chiesa condotta dai laici per oltre tre secoli.
All'inizio del 1500 vigeva ancora la disposizione ecclesiastica che proibiva l'utilizzo delle offerte raccolte, delle donazione delle decime, dei frutti ricavati dalle proprietà della chiesa per tutto ciò che non fosse quello del mantenimento della chiesa, delle funzioni religiose, dei sacerdoti ad essa assegnati e per le elemosine, ossia le opere di carità. Il divieto era estremamente rigido e poteva essere abrogato solo dal pontefice; per i contravventori era prevista la scomunica. Dati i tempi, si può ben capire quanto fosse temuta tale sanzione. Allora i soldi delle offerte o raccolti nel nome della Beata Vergine dei Miracoli non potevano essere utilizzati per la costruzione della chiesa. Per farlo bisognava avere la dispensa dal papa.
I promotori incominciarono ad avere scrupoli per l'amministrazione delle offerte, il rettore della parrocchia di Saronno vantava certi diritti, mentre la comunità pretendeva di avere la proprietà del tempio, che si costruiva per voto popolare, di più la chiesa parrocchiale era già intitolata a S. Maria.
I promotori della costruzione decisero di ricorrere alla autorità pontificia. Il personaggio di maggior spicco tra i promotori era Manfredino o Manfrino Visconti e sul finire del 1499 o agli inizi del 1500 consegnò al cardinale Giovanni Borgia, nipote del papa e legato pontificio in Italia una supplica della comunità saronnese da presentare al papa Alessandro VI: "Universitas Hominum loci de Serono Mediolan. Dioec. instantia construenda quandam Ecclesia". Con essa venne chiesto che fosse riconosciuto il titolo di "S. Maria dei Miracoli" alla chiesa che si doveva costruire, che venissero sanciti i rapporti con il rettore della chiesa parrocchiale, riconoscendo i diritti giurisdizionali con il pagamento di un fiorino annuale, che si autorizzasse la costruzione della chiesa e l'amministrazione delle offerte da parte di incaricati, detti deputati, scelti dalla cittadinanza. Gli eletti si sarebbero impegnati a rendere conto dell'amministrazione delle elemosine ricevute.
Il papa Alessandro VI, non conoscendo i presentatori della supplica e le esatte motivazioni delle richieste, con lettera apostolica "Piis filedium vostis" del 24 giugno 1502, pur accettando tutte le richieste dei saronnesi, affidò il controllo e l'esecuzione dei contenuti della lettera apostolica al Vicario Generale della Curia di Milano, Sebastiano Gilberti
Questi il 27 febbraio 1503 diede la sentenza esecutoria della lettera pontificia. Il documento papale fu di somma importanza per il Santuario perché definì non solo il nome della chiesa, S. Maria dei miracoli, ma anche i rapporti con il rettore parrocchiale e soprattutto per le modalità di gestione affidata ai deputati, eletti dai cittadini.
Il 18 giugno 1503, seconda domenica di Pentecoste, per ordine dei consoli, si riunirono i 74 rappresentanti della cittadinanza, venne letta la sentenza del processo esecutorio della lettera pontificia e furono eletti i deputati.
I deputati da eleggere erano due in rappresentanza dei nobili e quattro per i rurales, i popolani. Essere eletto deputato era considerato un grande riconoscimento per la persona e anche titolo di prestigio per la casata.
La gestione dei deputati, ai quali competeva anche il compito di scegliere i sacerdoti che dovevano officiare nella nuova chiesa e provvedere al loro mantenimento, fu così proficua da consentire la costruzione del Santuario, e col passare dei decenni della sua manutenzione e restauro, e anche di creare un patrimonio considerevole così da farne una delle più ricche chiese della diocesi ambrosiana. Basta ricordare che il Santuario svolgeva una grande attività caritativa, avendo costituito la Confraternita dei poveri per la elargizione di elemosine e aiuti ai più bisognosi, e inoltre di fare prestiti, anche di notevoli importi, alle comunità (oggi le chiamiamo Comuni) di Legnano, di Seregno per la costruzione della chiesa prepositurale, di Saronno e dei paesi del circondario; prestiti a personaggi importanti e a famiglie nobili, come ad esempio i Borromeo, i Biglia, gli Stampa Soncino e altri: Con così ampia disponibilità di denaro diventò uno dei fondatori e dei sottoscrittori delle cartelle di una banca di Milano, il Monte di S. Teresa.
Il Santuario di Saronno alla fine del 1600 possedeva terreni per 3.000 pertiche milanesi e 14 case. E tutto questo sino all'arrivo in Italia di Napoleone e la costituzione della Repubblica Cisalpina, quando vennero incamerati i beni degli enti ecclesiastici, e tra questi anche quelli del Santuario. A questa rapina, si aggiunga, nel 1817, l'abolizione dei deputati da parte del governo austriaco del Lombardo Veneto, forse perché l'idea di questa elezione popolare non poteva più essere accettata dal governo austriaco. L'elezione popolare sapeva un po' di giacobino. Di fatto il secolo XX fu un secolo di decadenza per il Santuario, la lenta ripresa si ebbe solo agli inizi di questo secolo.
Il secondo motivo che ha consentito al Santuario di Saronno di attraversare cinque secoli diventando prima e rimanendo poi una chiesa di primaria importanza, va ricercato certamente nella forte carica religiosa, e in particolare mariana, che ha saputo esprimere e diffondere.
Anzitutto è bene sottolineare che la guarigione del giovane Pedretto non è frutto di una invenzione o di una leggenda, è provato da un documento ufficiale della Chiesa: il "Processo informativo canonico sull'origine del Santuario di S. Maria de Miracoli di Sarono". Processo voluto da S. Carlo Borromeo, allora arcivescovo di Milano che, in ottemperanza alle disposizioni del Concilio di Trento, volle testimonianze veridiche che dimostrassero, senza alcun dubbio, l'origine miracolosa dell'evento straordinario da cui ebbe origine il Santuario. In quel secolo era forte l'irrisione degli eretici per ogni evento soprannaturale attribuito alla Madonna e ai santi.
Il processo canonico si tenne a Saronno il 6 aprile 1578 e vennero raccolte le deposizioni giurate dei testimoni, come si legge nel documento redatto al termine del processo. Il processo venne istruito perché i primi documenti sull'origine del Santuario erano andato perduti. A Saronno dal 23 agosto 1576 al 23 marzo 1577 infierì la peste, che causò tanti morti tra i cittadini. Durante questa infausta evenienza, i monatti, entrati in casa Visconti, dove vi era un appestato, bruciarono suppellettili e incartamenti. Tra questi anche la raccolta fatta da Gio Batta Visconti comprendente molti documenti riguardanti i primi anni di vita del Santuario. Per fortuna non tutto andò perduto, perché gran parte delle carte si trovavano presso la sala del capitolo dei deputati.
Mi limiterò a citare solo due passi delle deposizioni dei testimoni, passi che ci interessano.
Si legge: "Et così essendo divulgato questo miracolo d'intorno i popoli cominciorno a concorrere alla divozione". Sono i primi pellegrini che, nella seconda metà del 1400, venivano a venerare la Beata Vergine e a chiederle le grazie e a vedere il miracolato. Si legge ancora: "Questa benedetta Madonna ha fatto et continua a fare delli miracoli, et ci sono stati portati di gran voti, come tavolette, scanse et simili, per gratie che là ha fatto".


INDULGENZE, PELLEGRINAGGI E PROCESSIONI AL SANTUARIO

I manoscritti dell'archivio storico del Santuario ci dicono che, sin da quando il Santuario era in costruzione, il numero dei fedeli che venivano, anche da lontano, crebbe continuamente. Tanto che i frati del convento di S. Francesco di Saronno incominciarono a guidare le preghiere e a celebrare le funzioni religiose sul piccolo altare costruito davanti alla cappella del miracolo.
Le celebrazioni in Santuario iniziarono nel 1527 quando i lavori di pittura della cappella mariana (abside, presbiterio e antipresbiterio) erano sicuramente terminati. Tutte le funzioni religiose venivano celebrate dai frati e solo nel 1534 si ha la conferma di celebrazioni da parte di sacerdoti del clero secolare; prima dai così detti preti mercenari, poi dai preti stabili della canonica.
Incominciarono allora i pellegrinaggi, diremo così, organizzati. Non più semplici devoti o piccoli gruppi, ma tanti fedeli che processionalmente venivano dalla stessa località con il proprio clero.
Anzitutto da Saronno, e ciò è ovvio, soprattutto nelle feste dedicate alla Madonna: l'Annunciazione, l'Assunzione e la Natività di Maria SS., e in una altra occasione particolare: la notte del giovedì santo con torce accese, creando così una tradizione che è durata sino alle soglie del XIX secolo. Venivano i pellegrinaggi da tutti i centri abitati della zona con processioni sempre numerose, con il clero e le confraternite.
La deputazione del Santuario era continuamente sottoposta a pressioni e a tentativi di interferenze dalle autorità civili ed ecclesiastiche. I deputati, già nel 1538, decisero di presentare una supplica a papa Paolo III, chiedendo la conferma delle concessioni fatte da Alessandro VI, perché volevano continuare ad abbellire e ad arricchire il Santuario di nuove costruzioni. Il papa confermò i privilegi con la bolla "Ex iniuncto nobis" del 25 marzo 1540, concedendo ai deputati di disporre delle offerte raccolte per continuare le costruzioni e le decorazioni del tempio e per le elemosine ai bisognosi. Inoltre inibiva a qualsiasi autorità di appropriarsi dei beni del Santuario o di erigerli in beneficio ecclesiastico permanente o di devolverli per necessità pubblica, fosse anche per la difesa della Chiesa o contro i turchi e impediva l'amministrazione anche da parte dell'Ordinario o del Legato pontificio.
La bolla di Paolo III fu molto importante non solo perché consentì ai deputati del Santuario la continuazione delle costruzioni e il loro abbellimento, ma soprattutto perché svincolò la chiesa dalla autorità ecclesiastica locale e anche da quella dell'Ordinario per la parte di gestione amministrativa.
Questi riconoscimenti, oltremodo importanti, trovavano la sua conferma e l'ampliamento da parte di Pio IV che, secondo quanto si legge nelle cronache del tempo: "Nel passar che fece Pio Quarto, allora card. Medici, da questo luogo (il Santuario) per andar a Roma l'anno 1559 per la morte di Paolo IV et per l'eletione del novo pontefice, venendo da Frascarolo, palazo delitioso, dove essendo cardinale habitava, ritrovandosi da queste parti alloggiò una notte in questa casa (la canonica del Santuario), celebrando la S. Messa la mattina seguente, et così promise che se fosse stato Pontefice di aiutare questa Chiesa acciò fosse bene officiata..."
Divenuto Papa, con la bolla "De salutis gregis" del 22 marzo 1560, su petizione di suo nipote card. Carlo Borromeo, concesse l'indulgenza plenaria in perpetuo per il giorno di Pasqua e il seguente e per la festa della Assunzione della Beata Vergine. Inoltre decretò che i fedeli, che visitavano il Santuario, potevano acquistare le indulgenze annesse alle Stazioni di Roma, ossia le indulgenze che i pellegrini potevano lucrare a Roma, in determinati periodi dell'anno, visitando le basiliche romane.
Il testo della bolla così recita: "I medesimi fedeli che, devotamente vistino la suddetta chiesa ogni anno durante la quaresima e negli altri tempi e giorni dell'anno in cui vengono abitualmente visitate dai fedeli, per conseguire le indulgenze delle stazioni, le basiliche e le chiese situate nell'alma città di Roma e fuori le mura, con l'autorità e nei termini predetti concediamo che conseguano tutte e singole le indulgenze e la remissione dei peccati che conseguirebbero e potrebbero conseguire se visitassero personalmente negli stessi giorni le basiliche e le chiese nella città di Roma... ".
In questa elargizione vi era quasi implicito il riconoscimento del Santuario a "Basilica romana". Un riconoscimento de facto. Il riconoscimento "de iure" avvenne parecchio tempo dopo, oltre tre secoli e mezzo, quando, con un Motu proprio, papa Pio XI elevò il Santuario alla dignità di Basilica Romana Minore, il 2 gennaio 1923.
Ma ritorniamo al 1560. Con il Motu proprio di Pio IV dell'8 aprile dell'anno successivo, 1561, venivano confermate le concessioni fatte da Paolo III: che il Santuario di Saronno non poteva essere eretto a beneficio ecclesiastico, e che l'eventuale abrogazione di questa disposizione spettava al Papa sentito il parere dei deputati.
Disposizione questa ultima che, unita a quella per le indulgenze delle stazioni di Roma che equiparava il Santuario a una basilica romana, ci consente di dire che questa chiesa era passata, per quanto concerne la sua gestione amministrativa, sotto la diretta giurisdizione del pontefice. Quella religiosa era di competenza dell'arcivescovo di Milano.
I pontefici nei secoli concessero tante volte al Santuario quelli che venivano chiamati "tesori spirituali" ossia indulgenze plenarie e parziali per i fedeli, altari coperti da indulgenze per chi celebrava e chi faceva celebrare, altari privilegiati per la liberazione delle anime dal purgatorio.
Si può dire che a partire dal 1560, in Santuario si potevano acquistare molte indulgenze; le plenarie nei giorni di Pasqua e dell'Angelo, di Pentecoste e del giorno seguente, della Annunciazione, della Assunzione e della Natività di Maria, oltre a tutte quelle legate alle stazioni di Roma e ad altre indulgenze parziali concesse dagli arcivescovi di Milano. A tutt'oggi si possono lucrare in Santuario dieci indulgenze plenarie in diverse occasioni dell'anno.
Il richiamo delle indulgenze, in quei secoli, era sempre stato molto forte e portava di conseguenza grandi folle in Santuario, folle che venivano anche da lontano, camminando anche di notte e per più giorni. Questi devoti seguivano, in un ambito molto ristretto, l'esempio dei pellegrini che andavano a conseguire l'indulgenza in luoghi sacri molto lontani: S. Jacopo di Compostella, la Terra Santa, a Roma per vedere "quella imagine benedetta" il volto di Cristo (la Veronica).
Anche i pellegrini che venivano in Santuario avevano le stesse motivazioni: acquistare l'indulgenza , pregare la Madonna miracolosa e vedere il tempio a Lei dedicato.
L'ospitalità data ai pellegrini (soprattutto incamminati verso S. Jago di Compostella, in Terra Santa o a Roma) era una delle caratteristiche proprie del pellegrinare cristiano. Essi avevano uno status particolare nella Chiesa e anche la società civile se ne faceva garante. Essi avevano segni distintivi come l'abito (la pellegrina), il copricapo (il petaso), il bastone (il bordone) e il contrassegno del luogo o del santuario da cui proveniva: il Volto di Cristo (la Veronica per Roma), la bianca conchiglia (per San Jago), la palma (per la Palestina).
Anche i nostri deputati del Santuario vedendo l'afflusso di tanti pellegrini in continuo crescendo, pellegrini che venivano anche da lontano, ritennero loro dovere dare ospitalità. Leggiamo nei documenti che nel 1588 "crescendo la divotione di questa Chiesa et essendovi concorso infinito di popoli, li SS.ri deputati, per comodo de viandanti e concorrenti (i pellegrini)" decisero di trasformare la cascina, sita nella vigna prospiciente il Santuario, in osteria. Dopo una lunga diatriba, durata tre anni, con una famiglia nobile di Saronno, i Brasca, proprietari anch'essi di una osteria lungo il viale che portava al Santuario, famiglia che si opponeva alla costruzione prevista dal Santuario e si può ben capire il perché. Solo dopo l'intervento del card. Gaspare Visconti, arcivescovo di Milano, sollecitato a chiudere la vertenza da papa Gregorio XIV, l'osteria sorse e venne chiamata "Osteria dell'Angelo."
Qui i pellegrini (che venivano isolati o processionalmente) trovavano un posto di ristoro. All'inizio l'ospitalità fu gratuita, poi, con il continuo crescere di pellegrini, si chiese il pagamento della metà del valore di quanto consumato e nella seconda metà del 1700 l'ospitalità gratuita veniva data solo al clero che accompagnava i pellegrini.
L'Osteria dell'Angelo divenne poi stazione di posta e, con l'arrivo in Italia di Napoleone e la costituzione della Repubblica Cisalpina, passò in proprietà del gestore (della famiglia Morandi), divenuto per l'occasione fervente giacobino, forse anche perché, essendo indebitato con il Santuario al quale non versava l'affitto da oltre quattro anni, volle risolvere radicalmente la sua pendenza. Oggi dove c'era l'Osteria dell'Angelo sorge la Biblioteca Civica.
Anche l'ospitalità data ai pellegrini in Santuario, ci porta a vedere una continuazione, come ho già detto, in forma ridotta, del grande movimento dei pellegrini che andavano verso i santuari della fede e le chiese lontane.
Non avevano l'abito, il cappello e il bastone caratteristici, non portavano l'emblema che avevano i pellegrini del tardo medio evo, perché i tempi erano cambiati e perché le distanze da percorrere erano relativamente brevi, ma erano pur sempre pellegrini che venivano in Santuario, per lo più a piedi nudi, portando un cero da offrire alla Madonna. Vi era anche chi arrivava, soprattutto durante la settimana santa, con pesanti croci sulle spalle.


CELEBRAZIONI ED EVENTI

Nella storia del Santuario vi sono state parecchie occasioni che hanno richiamato grandi folle di pellegrini. Ne ricordiamo solo tre per brevità.

La prima si ebbe come conseguenza della peste che infierì tra il 1576 e il 1577, detta anche peste di S. Carlo. Il morbo era giunto a Saronno da Milano e colpì pesantemente tutta la zona. Del borgo morirono 307 persone, un numero molto elevato corrispondente a un sesto della popolazione.
I saronnesi si rivolsero alla loro Madonna, perché facesse cessare il flagello e il 23 marzo 1577 si riunirono i capi famiglia nella chiesa parrocchiale e fecero voto solenne e perpetuo di digiunare la vigilia della festa della Annunciazione (25 marzo) e, il giorno della festa, di recarsi processionalmente al Santuario " con le pute vergini et ogni una con una candela in mano come al suo comodo et offrirgli alla Madonna de miracoli et il curato habbi a raccompagnare detta processione et dire la S. Messa". Così si legge nella cronaca dell'epoca: "E perché il voto fosse perpetuo fu rogato un istrumento notarile da notaio Batta Pusterla di Tradate".
Da quel giorno la peste cessò. Nei paesi vicini si sparse la notizia del voto e la cessazione del morbo. Corsero allora a frotte gli abitanti dei centri abitati vicini e anche abbastanza lontani con processioni penitenziali per implorare la grazia anche per i loro paesi e ad offrire la cera.
Il voto fatto fu sempre rispettato dai saronnesi nei secoli, e ancora oggi viene celebrata la Festa del Voto, non più con la solenne processione e a partire dagli anni cinquanta, con una Messa solenne concelebrata dal prevosto e dai parroci della città. Il concorso di fedeli è sempre molto elevato, che non offrono più la cera, un tempo bene prezioso, ma fanno offerte tante e generose.

Un'altra grande manifestazione religiosa, che interessò l'intera diocesi ambrosiana, fu quella della traslazione del simulacro della Vergine dalla cappella del primo miracolo all'interno del Santuario, il 10 settembre 1581. Traslazione voluta e officiata da S. Carlo Borromeo.
La cappelletta era stata abbellita con un piccolo altare e contornata da un portico. San Carlo volle che la statua miracolosa troneggiasse sull'altare maggiore del Santuario.
Per l'occasione il santo arcivescovo chiese ed ottenne dal papa Gregorio XIII l'indulgenza plenaria per tutti i fedeli che avessero pregato, in quel giorno, in Santuario.
Il 6 settembre indirizzò a tutta la diocesi una lettera pastorale precisando i motivi dell'evento straordinario: spingere ad una maggior devozione mariana, lucrare la indulgenza plenaria, rendere l'onore dovuto alle immagini sacre, in particolare a quella della Madonna di Saronno. Fece affiggere un manifesto in tutta la diocesi.
Invitò tutta diocesi a partecipare alla solenne cerimonia. ecco un brano, molto significativo della lettera pastorale: "Et acciochè questa solenne translatione riesca con maggior divotione, ricordiamo che i popoli venghino processionalmente, et che ciascuno Vicario Foraneo, et Curati procurino che dette processioni si faccino da popoli secondo i nostri ricordi, cioè con ogni studio di divotione et pietà, con modestia christiana, con prece, et orationi sante, et con distintione degli uomini, et donne".
L'afflusso dei pellegrini e dei devoti fu enorme. Leggiamo nella cronaca della giornata:"... la dominica con numero infinito di tutte le parti et stato non solo (il ducato di Milano) ma di quello di fori dello stato ancora, che in questo borgo non vi era luogo per alloggiarli come ancho di capirli, nonostando le provvisione incredibile di cibarie fate, oltra l'infinità di maleficiati (ammalati) che vi concorsero per l'intercessione della Beata Vergine Maria et presentia del Santo furono liberati".
La processione fu oltremodo solenne e attraversò le vie del borgo e S. Carlo "seguitando sempre esso Santo detta processione pontificalmente vestito con una mano sulla bara" (il carro a quattro ruote su cui troneggiava la statua della Beata Vergine), carro tirato da sei cavalli bianchi. Scrivono ancora i cronisti che il santo arcivescovo era "circondato et quasi assediato d'immemorabile popolo che non si poteva la processione continuare."
Fu evento memorabile nella storia del Santuario.
La spinta di riforma dei costumi venuta a seguito del Concilio di Trento e, per nostra diocesi, dall'opera di S. Carlo Borromeo prima e del card. Federico Borromeo poi, ha portato anche al Santuario di Saronno un fervore spirituale di grande importanza, che ha segnato profondamente la sua vita anche nei secoli futuri.

Tante e altre furono le grandi e solenni manifestazioni religiose, sulle quali non mi soffermo, mentre penso che, per meglio capire quanta alta fosse la devozione per la Beata Vergine dei Miracoli e, di conseguenza, l'afflusso dei devoti e dei pellegrini, sia utile accennare a quante processioni venivano solitamente in Santuario nell'arco dell'anno.
Nel 1652, Luigi Sanpietro, che per trent'anni fu prefetto del Santuario, ci ha lasciato scritto che i saronnesi si recavano al Santuario per ben quindici volte in processione. Queste iniziavano il 25 marzo per la festa del voto, si susseguivano sino all'8 di settembre, festa della Natività di Maria SS..
Le processioni solenni venivano fatte nelle festività della Madonna, mentre le altre processioni o erano organizzate dalle varie confraternite o in anniversari particolari, come ad esempio il giorno di S. Vittore con la processione nella campagne che si concludeva al Santuario.
Tra queste la più suggestiva era certo quella che si svolgeva la notte del giovedì santo.
Partivano gli scolari delle confraternite di S. Marta e S. Cristoforo dalla chiesa parrocchiale, scalzi e nelle loro divise, con il cero o le torce accese. Alcuni portava sulle spalle pesanti croci, altri i così detti "misteri", ossia grandi quadri o stendardi su cui erano state dipinte scene della passione di Gesù; altri ancora si flagellavano. A costoro alla fine della cerimonia veniva dato un boccale di vino malvasia per curarsi le ferite e per corroborare lo spirito.
Apriva la processione "il tamburo scordato" che dava un suono falso "battendo alla muta con tocchi ripartiti" così sta scritto. Poi le confraternite ; quindi una tromba detta sordina che "di tanto in tanto va suonando con toni mesti"; al centro il clero con il celebrante con il piviale rosso sotto un baldacchino, poi gli uomini con i ragazzi, poi le donne con le ragazze e i bambini. La processione attraversava le vie del borgo e ad essa si univano tanti borghigiani, tutti a piedi nudi e con il cero acceso in mano. Durante il percorso si cantava il Miserere o Crux Ave spes unica. Giungeva al Santuario e qui si svolgeva la funzione penitenziale, che aveva termine a tarda notte.
Alla processione notturna partecipavano anche molte persone venute dai centri vicini. Questa funzione era considerata come l'atto penitenziale necessario per acquistare, il giorno di Pasqua o in quello dell'Angelo, l'indulgenza plenaria visitando e pregando in Santuario.
Dai centri abitati vicini e anche da altri, abbastanza lontani, tenuto presente che i devoti venivano a piedi, giungevano processioni dalla primavera all'autunno. Il Sanpietro elenca ben 35 località dalle quali partivano le processioni verso il Santuario. A titolo di esempio: la processione che veniva da Seregno doveva percorre circa 25 chilometri, partivano i pellegrini il pomeriggio, camminavano tutta la notte per giungere il mattino seguente.
Tutte le domeniche e, soprattutto nel mese di maggio o nelle solennità mariane, l'afflusso era continuo e, in certi giorni, giungevano in Santuario nella stessa mattina anche tre processioni.
Queste processioni, solitamente, erano così formate: davanti i chierici con la croce parrocchiale e i ceri accesi, poi le confraternite maschili nelle loro divise e con i loro stendardi, poi gli uomini con i ragazzi, quindi il clero, le confraternite femminili e le donne con i bambini, chiudevano la processione i carri con gli anziani e i malati che venivano a chiedere la grazia alla Madonna. In chiesa il curato del paese celebrava la messa cantata, accompagnato dalla corale del paese. Per quelli che non l'avevano, la corale del Santuario provvedeva.
Lo spirito di emulazione era molto sentito e tutti andavano a gara per fare la processione con più fedeli, con più ceri, con più stendardi.
Era stato stabilito un calendario molto preciso, così da regolarne il flusso.
Nei secoli questa grande quantità di processioni diminuì, ma non si spense. Ancora oggi, nel mese di maggio, giungono processione dai paesi della zona, e durante l'anno tanti pellegrinaggi, non più a piedi, anche da località lontane, anche dall'estero.


L'AMPLIAMENTO DEL SANTUARIO

La celebrità a cui assurse il Santuario, l'accorrere sempre più numeroso di visitatori fecero subito sentire la necessità di un prolungamento. Il Santuario era una reggia splendida ma troppo piccola!
Ne fu dato l'incarico (1556) all'architetto Vincenzo Dell'Orto da Seregno, detto il Seregni, salito allora in grande fama. Egli ideò una costruzione a tre navate, allungate in cinque campate. In capo alle due navate laterali disegnò due altari e sopra le stesse navate dispose un ordine di logge.
La costruzione per allora si limitò alla terza campata, perché non si voleva demolire la Cappella del primo miracolo che ancora conservava il venerato Simulacro. E nel 1569 si innalzava una prima facciata che s'apriva con quattro porte, due nel mezzo e due alle navate minori.
Ma non piaceva. Ne nacque una comprensibile e grossa questione tra i Deputati alla Fabbrica. E finalmente l'intervento decisivo di S. Carlo sciolse ogni titubanza. L'antico simulacro della Madonna , con solennità straordinaria (il Santo con lettera pastorale del 6 settembre 1581 annunciò il fatto a tutta l'Arcidiocesi) fu trasportato e collocato sull'Altare maggiore, eretto su disegno del saronnese Giacomo Borroni.
Allora fu demolita l'antica cappelletta e fu possibile completare il disegno del Seregni, con la quarta e quinta campata (1583). A collaudare i lavori fu invitato l'architetto preferito da S. Carlo, Pellegrino Tibaldi, detto il Pellegrini. A lui fu dato il compito della nuova grandiosa facciata, i cui lavori iniziarono nel 1596 e procedettero poi tanto lentamente che il disegno venne man mano modificato, pur conservando la primitiva grandezza: colonne, lesene, nicchie, statue, trofei, logge, balaustre, ornati e guglie con i due telamoni de1 Prestinari di Milano, un tutto armonico e solenne, degno vestibolo alla Basilica, e che sarebbe tanto più maestosa, se, come era in origine, avesse un piazzale più basso e una gradinata più alta.

L'anno di nascita spiega lo stile della volta centrale; era 1631, il secolo del barocco. Fu un gesuita Saronnese, P. Reina, che ideò quella glorificazione mariana, e Vincenzo Ciniselli che disegnò, dipinse e diresse i lavori eseguiti da tutta una scuola di artisti.
Nel primo scomparto (del giglio) vi è esaltata l'Immacolata Concezione di Maria, nel secondo (del trono) la sua Verginale Maternità, nel terzo (del mare) Maria Distributrice di grazie, nel quarto (delle stelle) la Gloria di Maria assunta, nel quinto (della fortezza) la sua Protezione sovrana.
Nel 1679 Giovanni Mariani (l'artista che già aveva affrescato la prospettiva della facciata interna) ornava con motivi architettonici le navate laterali,
le voltine e le pareti interne sopra le porte laterali, Federico Panza dipingeva gli Angeli e i busti dei Santi nel I, III e V reparto della navata di S. Anna; Stefano Montaldo eseguiva le stesse pitture nel II e IV, oltre gli Angeli sopra la porta che mette in canonica. Federico Bianchi affrescava i reparti I, III, V, della navata di S. Giovanni B., mentre il Montaldo ne curava i dipinti di Angeli e busti dei II e IV.
Mancava l'organo. La solennità delle funzioni lo esigeva. Si incaricò il celeberrimo organaro Benedetto Antegnati. Ma dove collocare l'organo in Santuario? L'Antegnati venne a Saronno col Pellegrini per studiarne la collocazione: si scelse il vano che sta di fronte sotto la Cupola.
Il Pellegrini disegnò la balconata e l'Antegnati costruì il bellissimo organo nel 1582, purtroppo più volte rimaneggiato o rifatto dal Serassi e da altri.
Il pavimento marmoreo fu incominciato nel 1593. Nel 1644 Andrea Castelli, su disegno di Carlo Buzzi, aveva messo in opera il pavimento di marmo della navata centrale. Nel 1650 intervenne un decreto del Card. Monti a sollecitare il compimento di quello laterale, che fu terminato soltanto nel 1678 da Giulio Tecalla. Le pile dell'acqua benedetta, in pietra macchiata, all'ingresso del Santuario, furono erette nel 1588.
Claudio Mangone fu l'intagliatore dei confessionali (1626) e degli splendidi armadi di noce della Sagrestia (nei quali c'è la data MDCXXIV).
Il pulpito invece è del 1899: fu eseguito dagli Artigianelli di Monza, su disegno di Pasquale Tettamanzi.



LA CAPPELLA DEL PIAZZALE E IL NUOVO BATTISTERO

Quando venne costruito il Santuario, di fronte alla cappelletta del Primo Miracolo, fu costruita anche una cappella dedicata al SS. Redentore. Quando poi, nel 1583, per ordine di S. Carlo, si completò il prolungamento del Santuario, furono sacrificate tutte e due le cappelle.
A ricordo della prima fu conservata l'inferriata che tutti ora possono vedere sotto il portichetto del piazzale a protezione del quadro del Morgari, che ricorda il miracolo di Pedretto. A ricordo della seconda, nello stesso anno, si costruì la cappella sul piazzale, dedicata alla Pietà, riportandovi la facciata e il bel portale della cappella del SS. Redentore, sormontato dal bassorilievo della Pietà: Gesù che esce dal sepolcro e due angeli adoranti. Vi si portò anche il complesso di statue della Deposizione e la si aprì col titolo di "Cappella della Pietà". Negli anni 1817-1829 fu rimosso l'altare col gruppo ligneo del Cristo morto dalla cappella di destra, in corrispondenza con quella della Cena, fu rinnovata quella cappella, innalzandovi il grandioso altare di Giuseppe Cagnola e ingemmandolo con la Deposizione di Cristo dalla croce, il capolavoro di Pompeo Marchesi, in candido marmo di Carrara.
Nel 1956 a sua volta fu rimosso dal Santuario lo stupendo bassorilievo della Deposizione di Pompeo Marchesi e l'altare del Cagnola, per riportarvi rifatto il gruppo ligneo della Deposizione che stava disfacendosi nell'umido pavimento della Cappella esterna. Nella cappella della Pietà fu collocato l'altare e il bassorilievo marmoreo, trasformando l'antica cappella in Battistero.



LA DEVOZIONE ALLA B. VERGINE DEI MIRACOLI LUNGO I CINQUE SECOLI

Fin dagli inizi si incominciò a celebrare la Messa nella cappelletta del Simulacro: la Bolla del Papa Alessandro VI nel 1502 lo affermava già.
I padri del vicino convento di S. Francesco furono i primi ad accorrere per le celebrazioni e l'amministrazione dei Sacramenti. S. Carlo, che tanto caldeggiò la devozione alla nostra Madonna, aveva promesso di venire a consacrare il Santuario, una volta ultimato, ma la morte lo privò di quella pia consolazione.
Nel 1577 infierì la peste. Saronno sembrava tramutato in un vasto cimitero. In ogni famiglia lutto e pianto. Il 23 maggio tutti i padri di famiglia col Parroco Don Cesare Pagani ed il Podestà Cesare Mornà, si raccolgono nella cappella di S. Rocco della parrocchiale e fan voto di digiunare in perpetuo la vigilia dell'Annunciata e, nella festa, di recarsi, in processione al santuario, di offrire le candele (il Comune 18, le confraternite 6 ciascuna e ogni famiglia la sua), e celebrarvi la S. Messa. La Vergine intervenne prodigiosamente, ed ancora, ogni anno, tutta Saronno, la domenica dopo il 25 marzo, fedele al suo Voto, rinnova il voto di un popolo pellegrinante ai piedi di Maria, col Prevosto, il Sindaco e la Amministrazione civica.
Anche i paesi vicini: Uboldo, Gerenzano, Turate, Manera, Cassina Ferrara, Lomazzo vengono in primavera, e specie in maggio, pellegrini. Ma lo spettacolo più confortevole è quel muovere, pio e segreto, di ogni cuore tribolato al Cuore della Madonna che conosce il soffrire e asciuga le lacrime e avvia per i floridi sentieri della più pura speranza.
Il Papa Pio XI, da un anno appena salito al soglio di Pietro, quasi a ringraziare la Madonna dei Miracoli della protezione concessa alla propria augusta Madre (la saronnese Teresa Galli), elevava il Santuario allo splendore di Basilica minore Romana. Solennissimi furono i festeggiamenti (6-8 settembre 1925) per la nuova Incoronazione del Simulacro, essendo Legato del Papa Pio XI il Card. E. Tosi, e nel settembre del 1931, quando l'arcivescovo Cardinale A. I. Schuster, adempiendo il Voto di San Carlo, consacrava la Basilica, dopo avere lui pure annunciato l'evento con una lettera pastorale all'Arcidiocesi.
Il 31 maggio 1959, la Madonna dei Miracoli vide tutta la cittadinanza saronnese ai suoi piedi che la eleggeva Madre e Regina della Città: il Sindaco Francesco Ceriani accoglieva nella sala municipale l'immagine benedetta e subito dopo l'atto di Consacrazione veniva recitato dal Prevosto Antonio Benetti.



I MIRACOLI

Il Papa Alessandro VI già nel 1502 aveva dato solenne conferma al titolo del santuario con le espressioni: "Sub invocatione Beatae Virginis de Miraculis". Papa Pio IV, che qui venne pellegrino, lo riconfermava nella Bolla 1561. La storia stessa del Santuario lo illustrò meravigliosamente e sulla facciata del Tempio splende l'epigrafe scolpita nel 1612: Miraculis clarae.
A dimostrare la continuità dei Miracoli il primo storico del santuario, Luigi Sampietro, accenna alle tavole e ai voti antichi di grande valore che ornavano di gloria l'altare di Nostra Signora, senza indicare il tempo e le persone che ottennero le grazie.
Ecco alcuni miracoli avvenuti lungo i secoli.
Cristoforo Brasca, colpito da tempo da paralisi nelle gambe, invano ricorse ai mezzi suggeriti dalla scienza. Ma, con fervida fede invocata la grazia dalla Madonna di strada Varesina, ai 12 marzo 1533 guari per miracolo.
In S. Maria al Pasquirolo di Rho, nel convento degli Agostiniani, frate Daniele da Nudoli, infetto alla gola, restò impossibilitato di proferire parola e di prendere cibo. Dichiarato inguaribile dai medici, implorò la Vergine dei Miracoli di Saronno, ed in tre giorni rimase completamente risanato. Il 27 marzo 1536 scioglieva il suo voto.
Nei vigneti dei conti Pirro e Vitaliano Visconti Borromeo di Lainate, i bruchi infestavano le viti e ne consumavano perfino i tralci: a scampare al flagello, i Visconti Borromeo ricorsero alla Nostra Signora facendo voto di offrire ogni anno due brente di vino bianco. Fatto il voto, i bruchi scomparvero ai 17 giugno 1575. Ma l'erede Fabio dimenticò l'esecuzione del voto ed il vigneto venne di nuovo infestato dai bruchi. Allora anch'egli rinnovò il voto, e cessò l'infestazione. Grato alla Vergine, si recò in Santuario con l'offerta, seguendo la processione ed assistendo alla S. Messa di ringraziamento celebrata solennemente dal curato di Lainate.
Nel 1610 Giambattista Visconti, notaio di Saronno, delirava per la febbre acutissima. I medici disperavano della sua guarigione. Ma il Visconti si rivolse a Maria con grande fede, e d'improvviso guari e Le offerse un bel voto.
Nel 1630, Giampietro Terruzzi, corriere del re cattolico per lo Stato di Milano, dimorando a Madrid per affari, si ammalò con pericolo di morte. Invocando l'aiuto della Madonna di Saronno, guarì perfettamente.
Nell'anno seguente, Michelangelo Prevosti, doratore della navata maggiore del Santuario, con altri artisti eseguiva i lavori sull'impalcatura. Quando scoppia un temporale e la folgore gli guizza dinanzi strappandogli di mano gli arnesi. Fu un momento di terrore per lui e per gli altri; ma la Vergine invocata li lasciò tutti incolumi.
G. Battista Maestri di Saronno, anno 1633, si infermò a morte per un'ulcera maligna. Nella festa dell'Assunta il Maestri si raccolse in profonda preghiera e nell'istesso dì il tumore liberò il paziente.
Fabrizio Pallavicini della Valtellina, diretto a Milano, giunto a Saronno (anno 1634) si ammalò gravemente. Fece ricorso alla Madonna, e guarì miracolosamente. In segno di riconoscenza Le offri un voto e si accostò ai Sacramenti all'altare della Vergine.
In una notte del 1635, G. Battista Terragni da Mariano, prestinaio in Saronno, d'improvviso venne assalito da un sicario, che gli scaricò sul petto tre colpi d'archibugiata. Alla scarica fatale il Terragni implorò il patrocinio della Madonna, verso la quale nutriva una grande devozione. Le palle gli forarono la giubba e la camicia senza punto ferirlo. Sull'alba del mattino si prostrò riconoscente all'altare della Vergine e Le offri una tavoletta d'argento.
Angelo Chiodi, da molti anni era infestato dagli spiriti maligni. Nel 1644 si fece esorcizzare da un religioso dell'Ordine di S. Agostino. Il Padre agostiniano comandò al demonio in virtù della Madonna dei Miracoli di Saronno di uscire dall'ossesso e lo spirito maligno lo lasciò libero.
Nel 1650 Bernardo Soldani, prevosto di Gerenzano, colpito da febbre maligna e spedito dai medici, si preparava alla morte. Un cappellano del Santuario lo consiglia di ricorrere con fiducia alla Beata Vergine. Il Soldani accetta il consiglio con grande fede, e la febbre scompare.
Nicolò Pessina, napoletano, soldato in Como, nel 1656 per la febbre ossea gli si rattrappirono la gambe tanto da non poter più camminare. Una notte, tormentato da atroci dolori, fu ricreato dalla Vergine apparsagli che gli disse "Se vuoi guarire ricorri con fiducia alla Madonna di Saronno". Il Pessina con fervida fede a Lei si rivolge e ottiene la guarigione. A ricordo del miracolo portò le sue grucce all'altare della Madonna e fece giurata deposizione dinanzi ai testimoni.
Erasmo Caimi, Prevosto di S. Maria della Scala di Milano, ai 22 febbraio 1662, da Milano passava per Saronno in pariglia diretto a Turate, quando i destrieri s'impennarono e, liberi dalle briglie, si danno a precipitoso cammino. Il Caimi nell'imminente pericolo di essere travolto dalla vettura, si raccomanda l'anima a Dio e con fervida supplica invoca la Madonna di Saronno, il cui tempio scorgeva da lontano. D'un tratto i cavalli si arrestarono ed Erasmo si porta al tempio per far celebrare la Messa solenne di ringraziamento.
Una tavoletta rievocava, un tempo, il ricordo del fulmine scoppiato il 29 luglio 1715, che, percorrendo la tribuna e l'atrio dell'altare maggiore, strisciò intorno ai fedeli genuflessi, mandando scintille di fuoco. In tanto spavento i devoti invocarono la Madonna e il fulmine scomparve senza lesione di alcuno.
Frate Francesco Cavagna, dei Conventuali, residente in S. Francesco di Saronno, sale sul campanile l'8 settembre del 1723. Raggiunto il primo piano, si sfasciano le tavole e precipita a capofitto. Più morto che vivo viene trasportato al Convento. Si dispera di salvarlo; ma frate Francesco si raccomanda alla Beata Vergine e in breve ricupera perfetto vigore.
Un Sacerdote venne colpito da morbo fatale che lo minacciava della vita. Fiducioso implorò la guarigione e la Madonna lo esaudì. La tavoletta della grazia ricevuta segnava il l0 ottobre 1741.
Nel 1748 un Saronnese venne travolto dalle acque del torrente Lura con pericolo di annegarsi. Invocata la Vergine, restò incolume.
E non si finirebbe più, se si volesse anche solo accennare alle grazie ed ai prodigi che la Madonna dei Miracoli ha operato. Quello che s'è scritto è solo qualche fiore del vastissimo giardino.
Non va passato però sotto silenzio il fatto seguente che è degno di essere tramandato alla grata memoria dei posteri. La cronaca dell'epoca, con la penna di D. Edoardo Benetti, lo narrò cosi: "Correvano le ardenti giornate della Liberazione in quell'aprile 1945... D'un tratto la nostra Cittadina fu scossa da una sparatoria improvvisa e uomini d'arme passavano per le vie invitando i cittadini a ritirarsi nelle case. "I tedeschi!" si gridava, "I tedeschi! Una colonna vagante sta per entrare in città!".
Il Prevosto Mons. Antonio Benetti era già accorso là donde provenivano gli spari: dal settore del Santuario. Aveva con sé l'Olio Santo... Non si sa mai! Giunse cosi al posto di blocco tenuto dai "rossi" (e proprio da un Comandante Rossi) a cinquanta metri dal Santuario, all'imbocco della strada per Uboldo.
Che cos'era accaduto? Qualche cosa di strano certamente, spiegava il Comandante, ancora tutto emozionato... Avvistata una Colonna motorizzata che avanzava sparando a tutto spiano, il Comandante - come era suo dovere - aveva ordinato il fuoco dalle due mitragliatrici di lato...
Ma queste - provate egregiamente cinque minuti prima - si rifiutavano di sparare, inceppandosi a un tempo ambedue, come inchiodate da una forza arcana...
La temuta e creduta colonna nemica altro non era che una Colonna di "azzurri" di Legnano, venuta in visita amichevole, e che sparava a salve in segno di giubilo, come aveva precedentemente mandato ad avvertire da una staffetta. Ma la staffetta aveva perso la strada!...
Tutti vi riconobbero un tratto di particolare assistenza della cara Madonna, che a pochi metri di distanza dal suo bel Santuario, aveva voluto evitare un terribile fatto di sangue, in quelle giornate già onuste di dolori, come gloria... ".



SUPPLICHE approvate dal beato card. A. C. Ferrari

Vergine Taumaturga, Madre di Dio e Madre nostra, che apparendo per ben tre volte al vostro servo Pietro, indicaste questa terra benedetta per l'erezione di un tempio, a Voi dedicato, ove da secoli manifestate la bontà tenerissima dei vostro cuore materno, ravvivate negli animi nostri la fiducia, la devozione, l'amore, lo zelo per Voi onde meglio corrispondiamo ai vostri desideri ed alle vostre grazie. - Ave Maria.

Vergine Taumaturga, sempre sollecita della nostra salute eterna, che in ogni tempo accoglieste in questo Santuario innumerevoli peccatori e con lagrime di sincero pentimento li riconciliaste al vostro Divin Figlio, chiamate ancora tanti nostri fratelli traviati e fate che qui ai piedi della vostra miracolosa Immagine, si ravvedano dei propri falli e trovino, per la vostra mediazione, la salute e la salvezza delle loro anime immortali. - Ave Maria.

Vergine Taumaturga, sensibilissima alle umane sventure, che supplicata da infermi e da infelici senza numero, tutti confortate col ridare a chi la sanità, a chi il consiglio e la fortezza nelle difficili prove della vita, a chi la rassegnazione ai divini voleri, spandete ancora a piene mani i celesti soccorsi sopra di noi e sopra di tutti gli afflitti che qui verranno ad implorare i vostri conforti materni. - Ave Maria.

Vergine Taumaturga, che foste sempre il baluardo fortissimo della nostra Fede, salvando i popoli cristiani da molte calamità, in questi tempi tristissimi in cui molti ignorano o disconoscono la verità affidata da Cristo al magistero infallibile della Chiesa, difendete le nostre terre, le nostre famiglie dalla peste dell'errore e fate che le popolazioni pellegrinanti a questo Santuario, ritemprati nella fede e nell'amore dei Vostro Divin Figlio Gesù e di Voi, partano dalla vostra veneratissima Immagine col fermo ed efficace proposito di mantenersi fedeli alla legge santa del Signore, agli insegnamenti della Chiesa, e del Sommo Pontefice. - Ave Maria.

Vergine Taumaturga, qui onorata dallo zelo dei Papi per le molte indulgenze, privilegi, favori particolari da loro concessi a questo insigne Santuario, noi vi supplichiamo per la libertà ed indipendenza dell'Augusto Vicario dei Vostro Divin Figlio. lui confortate fra tante amarezze. Lui sorreggete fra tante lotte, e fate che presto veda il completo trionfo della verità e della giustizia. - Ave Maria.

Vergine Taumaturga, venerata in questo Sacro Tempio con ossequi speciali dal nostro Patrono S. Carlo, che ne promosse coll'esempio e colla parola il culto e la devozione, per l'intercessione di questo gran Servo di Dio benedite alla Diocesi milanese, al Pastore che la regge, al clero, e a tutti i fedeli e conservate il patrimonio prezioso di fede, di pietà, di educazione cristiana che tanto Pastore lasciò in eredità a' suoi figli. - Ave Maria.

Vergine Taumaturga, Madre di Dio e Madre nostra, eccoci prostrati alla vostra Immagine benedetta: volgete pietosi i vostri sguardi sopra di noi, soccorreteci nelle nostre necessità spirituali e temporali, in particolare concedeteci la grazia che desideriamo. Esaudite, o Vergine Santa, le nostre suppliche, liberateci da ogni male, e otteneteci la perseveranza finale. Così sia.



PREGHIERA alla Madonna dei Miracoli per domandare una grazia

Vergine Augustissima, meritatamente invocata la Madonna dei Miracoli per gli innumerevoli prodigi che Voi operaste in questi luoghi, prescelti da Voi a vostra dimora, dove da secoli manifestate la potenza dei vostro braccio, la bontà tenerissima dei vostro Cuore materno, eccovi supplici i vostri figli che invocano il vostro soccorso. Oppressi da necessità, angustie, dolori, dispiaceri della vita, a chi dobbiamo ricorrere, se non a Voi che siete la Consolatrice degli afflitti, l'aiuto potente dei Cristiani? Vi muovano a pietà, o Madre amantissima, le nostre sventure, le nostre lacrime. Se i mali presenti sono la conseguenza delle nostre gravi colpe, o Madre di Misericordia, Rifugio dei peccatori, placate la giustizia divina, otteneteci la conversione, il perdono, la pace e la benedizione dei nostro buon Dio. Per l'amore di quel celeste Bambino, che sì devotamente stringete al vostro seno, per cui siete la Madre di Dio e Madre nostra, non ci negate le grazie che vi domandiamo, non ci lasciate partire inesauditi, ma accogliete i nostri ardenti voti, mentre noi vi promettiamo, o Vergine clemente, riconoscenza, devozione, fedeltà a Voi, e al vostro Divin Figlio Gesù. Così sia.



PREGHIERA ALLA BEATA VERGINE DEI MIRACOLI di Paolo VI

O Maria
tu fai parte essenziale importantissima,
dolcissima del mistero della salvezza.
Da te noi abbiamo ricevuto Gesù.
Per essere cristiani imitatori di Cristo dobbiamo guardare a te o Maria.
Tu sei la figura più perfetta della somiglianza a Cristo.
Tu sei l'immagine che meglio di ogni altra rispecchia il Signore.
Come è bello avere te, o Maria!
Avere la tua immagine, il tuo ricordo,
la tua dolcezza, la tua umiltà, la tua purezza,
la tua grandezza davanti a noi,
che vogliamo camminare dietro i passi del Signore!
Tu sei la nostra protezione, la nostra alleata.
Tu sei la fiducia dei poveri, degli umili, dei sofferenti.
Tu sei perfino il rifugio dei peccatori.
Tu hai una missione di bontà di intercessione per tutti.
Tu ci insegni a essere buoni, a essere forti, a essere pietosi con tutti.
Noi non dimenticheremo mai di guardare a Te
come alla nostra massima protettrice.

Codice: Seleziona tutto


Il Santuario dispone di pregevoli pubblicazioni d'arte con grandi tavole a colori:

- A.A. V.V. - Il Santuario della Beata Vergine dei Miracoli di Saronno
- A.A. V.V. - Il concerto degli Angeli 
- A.A. V.V. - La facciata del Santuario di Saronno
- A.A. V.V. - Quadreria del Santuario di Saronno
- A.A. V.V. - Arte, religione, comunità nell'Italia rinascimentale e Barocca


Offre poi agli studiosi e agli appassionati di storia locale i seguenti Quaderni del Santuario:

-  1  - Le origini del Santuario 
-  2  - Della divotione della Veneranda et Sacra immagine di Santa Maria di Sarono 
-  3  - Repertorio della Cartelle storiche dal n. l al n. 91 (1400-1996) (2 edizione) 
-  4  - Bemardino Luini in Santuario - Documenti e riflessioni critiche 
-  5  - Il viale del Santuario 
-  6  - Siste Viator - Dagli archivi la storia del Santuario (1400 - 1600) vol.1 
-  7  - Siste Viator - Dagli archivi la storia del Santuario (1700 - 1900) vol.2 
-  8  - Le processioni al Santuario della Beata Vergine dei Miracoli (1500- 1600) 
-  9  - La Cappella del Cenacolo - Storia e restauri 
- 10 - Bolle e brevi papali del cinquecento 
- 11 - Regesto dei registri dal n.l al n.235 ( 1506-1936) 
- 12 - Il Santuario della Beata Vergine dei Miracoli nella storia del Giubileo e dei pellegrinaggi
- 13 - I Poveri di Cristo e il Santuario
- 14 - L'arte del Santuario come linguaggio religioso

E' stata pubblicata anche una serie di cartoline con riproduzioni artistiche degli affreschi di Bernardino Luini - 1525 - (76 soggetti differenti) e del "Concerto degli Angeli" di Gaudenzio Ferrari - 1535 - (104 soggetti differenti). 

Tutto può essere richiesto al Santuario, ma è anche acquistabile presso le migliori librerie della città. 

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