Monsignor Luigi Padovese decapitato vivo dai satanisti

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lorenzo73
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Monsignor Luigi Padovese decapitato vivo dai satanisti

Messaggio da lorenzo73 » lun giu 07, 2010 3:33 pm

CITTA' DEL VATICANO - Non è stato il gesto di un malato di mente ma si è trattato di un omicidio rituale, con modalità e motivazioni da ricercare nel fanatismo religioso. Ad avanzare la nuova ipotesi a proposito dell'uccisione del presidente dei vescovi turchi, monsignor Luigi Padovese 1, è stata oggi AsiaNews, agenzia del Pontificio istituto missioni estere, che inserisce quindi l'omicidio nella visione dell'Islam fondamentalista e ritiene che alla luce dei fatti siano "da rivedere le dichiarazioni del governo turco e le prime convinzioni espresse dal Vaticano, secondo cui l'uccisione non avrebbe risvolti politici e religiosi, fermo restando che, come ha detto Benedetto XVI 2, questo assassinio non può essere attribuito alla Turchia e ai turchi, e non deve oscurare il dialogo".

"Testimoni - scrive oggi AsiaNews - affermano di aver sentito il vescovo gridare aiuto. Ma ancora più importante, è che essi hanno sentito le urla di Murat subito dopo l'assassinio". Secondo le fonti citate dall'agenzia del Pime, l'uomo è salito sul tetto della casa è ha gridato: "Ho ammazzato il grande satana! Allah Akbar!". Anche la dinamica
dell'uccisione è più chiara: il vescovo è stato accoltellato in casa. Egli è riuscito ad avere la forza di andare fuori, sulla soglia della casa, sanguinante e gridando aiuto e là avrebbe trovato la morte. Forse solo quando egli è caduto a terra, qualcuno gli ha tagliato la testa".

"Il grido - sottolinea AsiaNews - coincide perfettamente con l'idea della decapitazione, facendo intuire che essa è come un sacrificio rituale contro il male. Ciò mette in relazione l'assassinio con i gruppi ultranazionalisti e apparentemente fondamentalisti islamici che vogliono eliminare i cristiani dalla Turchia. Del resto, secondo un giornale turco, il Milliyet del 4 giugno, l'assassino avrebbe detto alla polizia di aver compiuto il gesto 'per rivelazione divina'".

Secondo Asianews, "la presunta insanità mentale del 26enne che da oltre quattro anni viveva a fianco del vescovo è ormai indifendibile". Ercan Eris, l'avvocato della Conferenza episcopale turca, sostiene che l'omicida non può essere diventato depresso in un giorno e che non esiste nessun rapporto sanitario che lo dichiari tale. Ormai è certo che il giovane è sano di mente. "Non c'è alcun certificato medico - riporta AsiaNews - che attesti la sua invalidità mentale. Negli ultimi tempi egli stesso diceva di essere depresso, ma ormai si pensa che questa fosse tutta una strategia per potersi difendere in seguito".

Ieri da Ankara è giunto a Iskenderun il ministro della Giustizia condannando esplicitamente il gesto e assicurando che verrà fatto il possibile per fare piena luce su quanto accaduto. Stabilire la verità è necessario per lo Stato turco, perché mostri la sua modernità e capacità di garantire il diritto; ma è necessario anche alla chiesa.

Secondo voci nella polizia, sembra che Murat stia offrendo una nuova giustificazione del suo gesto: monsignor Padovese sarebbe un omosessuale e lui, Murat, 26 anni, sarebbe la vittima, "costretta a subire abusi". La strategia difensiva dell'omicida è indirizzata cioè a sostenere l'ipotesi di un atto di "legittima difesa". Secondo esperti del mondo turco citati da AsiaNews, l'uccisione di monsignor Padovese mostra un'evoluzione delle organizzazioni dello "Stato profondo": è la prima volta che essi mirano così in alto. Finora avevano colpito semplici sacerdoti 3; ora invece hanno attentato al capo della chiesa turca. Allo stesso tempo, il loro fare è divenuto più sofisticato, meno grezzo di una volta. Non ci si limita alla "pazzia", usata già per l'omicida di don Andrea Santoro 4, ma si offrono più spiegazioni, per confondere l'opinione pubblica nazionale e internazionale.

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miriam bolfissimo
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun giu 07, 2010 3:43 pm

Mo carissimo lorenzo, pace e bene! in condivisone, ql che scrive fazzini su L'Avvenire di ieri...

  • «Pazzo» l’assassino o chi predica disarmato?
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Chi è più 'pazzo'? Il giovane turco che, 'ispirato da una voce', si arma di un coltello e uccide un vescovo disarmato, un uomo di pace, al cui servizio opera da anni? Oppure lo sparuto gruppo di religiosi e suore (italiani ed europei) che da anni – in obbedienza a una vocazione precisa, non certo per vacuo eroismo – condivide con la Chiesa turca una delicatissima sorte, una sottile persecuzione?

Dell’instabilità mentale – vera o presunta – di Altun Murat, l’autista di monsignor Luigi Padovese, molto si parla in queste ore. Il vescovo di Smirne, monsignor Ruggero Franceschini, ha dichiarato che «Altun non è affatto malato di mente» e anzi «si era sottoposto ad accertamenti solo per precostruirsi un alibi». Franceschini conosce molto bene la realtà turca: tra l’altro, è stato vicario apostolico dell’Anatolia prima di Padovese. Perciò fanno molto pensare le sue parole, che riecheggiano quelle che pronunciò nel dicembre 2007, all’indomani dell’aggressione subita da padre Adriano Franchini a Smirne: «Ancora una volta diranno che questo è un atto di un pazzo. Ma allora dobbiamo ammettere che da un anno e mezzo circa in Turchia gli atti di follia sono notevolmente aumentati, guarda caso contro i religiosi cristiani stranieri». Toni simili troviamo oggi nel commento dell’agenzia Asia News agli sviluppi dell’indagine su Murat: «Tra i fedeli e il mondo turco si fa fatica ad accettare la sola tesi della malattia psichica del giovane, divenuta evidente solo qualche mese fa. Diversi attentati negli anni scorsi sono stati compiuti da giovani definiti 'instabili', rivelatisi poi in legame con gruppi ultranazionalisti e anticristiani ». Ebbene, se vogliamo accogliere davvero l’appello lanciato dal Papa a Cipro («La soluzione non è la violenza, ma la pazienza del bene, così si può arrivare alla pace»), se vogliamo che la sua richiesta, la sua evangelica pretesa diventi concreta, occorre partire da uno sguardo realista sulla situazione. E in Turchia – a poco giova nasconderlo – i cristiani sono osteggiati, non tanto dalla gente comune, quanto da componenti dell’apparato politico, da frange estremiste, capaci però di creare un clima di pesante diffidenza: un humus pericoloso sul quale gli atti di 'pazzia' fioriscono con sospetta frequenza. Per queste ragioni, chiedere oggi che si faccia piena luce sull’uccisione di monsignor Padovese non è affatto in contrasto con la volontà di dialogare con l’islam. Esigere la verità sull’accaduto – senza indulgere a dietrologie e a isterismi polemici – è un contributo indispensabile alla chiarezza, necessaria perché continui quel rapporto franco di amicizia che la Chiesa locale presta non da oggi nella società turca. È stato lo stesso monsignor Padovese a indicare questa strada. Nell’estate del 2006, all’indomani dell’aggressione a padre Pierre Brunissen a Samsun, il vescovo ucciso tre giorni fa denunciava «un forte nazionalismo che cerca di creare sempre più distanza fra mondo europeo e mondo turco».

E chiedeva di far luce sull’incidente, appurando se si trattasse solo del gesto di uno squilibrato o se dietro si nascondessero possibili mandanti. Uno scenario del genere si ripropone oggi. In queste ore la comunità ecclesiale turca è chiamata, ancora una volta, a riaffermare la propria fedeltà 'a caro prezzo' a una terra che ha già visto versare molto sangue cristiano. A testimoniare la propria ostinata fiducia nel dialogo paziente. A scommettere sulla 'follia' del Vangelo contro la logica della vendetta e della violenza. Ma sarebbe un atto di ulteriore violenza nei suoi confronti se a questa 'santa pazzia' si rispondesse con la 'pazzia' di Murat. Un paravento, un alibi di cartone.
...ad una voce...
  • ...per i miseri imploriamo perdono, per i deboli imploriamo pietà...
Un abbraccissimo, miriam bolfissimo
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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lorenzo73
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Messaggio da lorenzo73 » lun giu 07, 2010 4:04 pm

Sempre su Avvenire appare un articolo di Luigi Geminazzi sul martirio del prelato. La Turchia è in tutti gli effetti una terra di martiri, non solo i sacerdoti cattolici e missionari protestanti uccisi nel ultimo decennio, ma anhe un millione e mezzo di Armeni e seicentomilla Grecci uccisi tra il 1915 e il 1922 nel territorio attuale della Turchia perchè erano cristiani. Le 7 Chiese della Apocalisse non esistono piu, il sangue dei martiri innocenti grida per giustizia, un grido che viene offuscato spesso dai noi stessi nel nome di un falso ecumenismo. Che il Signore riposi le loro anime...

  • Sconvolgente coincidenza
    Il sangue e la Parola
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La pugnalata che ha colpito a morte il vicario apostolico dell’Anatolia è arrivata alla vigilia del viaggio del Papa a Cipro, l’ultimo Paese diviso d’Europa, occupato per un terzo del suo territorio dall’esercito di Ankara, ma anche laboratorio di dialogo e riconciliazione tra le fedi. Probabilmente, (così almeno vogliamo sperare), il turco che ha spento per sempre il sorriso di un uomo saggio e buono come monsignor Luigi Padovese ne era ignaro.

Ma la coincidenza è sconvolgente e non fa che aggiungere ulteriore sgomento e preoccupazione al grande turbamento e alla profonda tristezza di queste ore. «È stato il gesto di uno squilibrato», si sono subito affrettati a dichiarare le autorità turche, mentre l’effettiva dinamica del brutale omicidio resta tutta da spiegare. Atto di follia? Può darsi, ma non possiamo non domandarci come mai siano così numerosi nel Paese della Mezzaluna, e perché siano quasi sempre diretti contro gli esponenti delle minoranze religiose.

È una lunga scia di sangue, iniziata quattro anni fa con l’assassinio di don Andrea Santoro a Trebisonda, proseguita con l’uccisione in pieno centro ad Istanbul del giornalista armeno Hrant Dink, simbolo di una diversità etnica e religiosa aperta al dialogo, e poi con la macabra esecuzione a Malatya di tre protestanti evangelici, senza contare le minacce e le aggressioni ai preti cattolici fra cui il ferimento del padre cappuccino Andrea Franchini di Smirne. Tutti uomini di pace, colpiti dall’odio e dalla violenza. Lo era in modo del tutto speciale monsignor Padovese, impegnato nel dialogo con il mondo musulmano e tenace negoziatore, stimato anche dalla controparte governativa, deciso a strappare spazi sempre più larghi per la libertà religiosa in un Paese dove al vecchio laicismo nazionalista imposto da Atatürk si è sovrapposto il recente islamismo politico del premier Erdogan.
Sognava «una Chiesa turca rinvigorita e più consapevole della propria fede» il vescovo dell’Anatolia. L’aveva affermato in un’intervista pochi giorni fa, mentre si preparava a partire per Cipro dove domenica prossima, insieme con i capi delle Chiese orientali, avrebbe ricevuto dalla mani di Benedetto XVI l’<iInstrumentum laboris</i> in vista del Sinodo sul Medio Oriente che si terrà a Roma in autunno. La sua tragica scomparsa ci ricorda l’estrema precarietà della condizione dei cristiani in questa regione dove la Chiesa mosse i suoi primi passi.

«Le radici sono in Terra Santa, i rami sono in tutto il mondo ma il tronco dell’albero è cresciuto qui in Turchia», era solito dire monsignor Padovese. Parole che suonano come viatico alla visita pastorale di Benedetto XVI a Cipro dove ha sede la più antica comunità cristiana dopo quella di Gerusalemme. Fu qui che San Paolo compì il suo primo viaggio missionario che, secondo la tradizione, si concluse a Pafos, legato e flagellato a una colonna. E oggi, per la prima volta in duemila anni, giunge il Pontefice di Roma, «l’uomo che costruisce i ponti». Ma qualcuno ha voluto metterci una mina distruttiva, tanto più deflagrante quanto più l’intero Medio Oriente è tornato in questi ultimi giorni a riesplodere pericolosamente.

Tante, troppe coincidenze inquietanti che aleggiano su quella che intende essere una visita nel segno della pace, del perdono e della riconciliazione. Improvvisamente e brutalmente il viaggio di Benedetto XVI a Cipro inizia nel segno del sacrificio, con il sangue versato di un testimone della fede che, come diceva Tertulliano, è fecondo di nuova vita.
  • Luigi Geninazzi

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