MARIA MADRE DI DIO E MADRE NOSTRA

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Don Armando Maria
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MARIA MADRE DI DIO E MADRE NOSTRA

Messaggio da Don Armando Maria » mer apr 13, 2016 6:31 pm

Maria Madre di Dio e Madre nostra
Il grande mistero della creazione della donna
La prima luce di Maria
(Don Dolindo Ruotolo)

Dopo che Dio presentò ad Adamo tutti gli animali della terra, perché egli vedesse il nome da darsi ad essi, è detto nel sacro testo che egli pose nomi convenienti a tutti gli animali ed a tutti i volatili dell’aria ed a tutte le bestie della terra, ma non si trovava per lui un aiuto che gli somigliasse. Adamo dovette rimanere deluso perché suppose che il Signore gli avesse presentato gli animali per fargli fare la scelta della compagnia che desiderava.
Se ci fosse stato un uomo moderno, scommettiamo che vedendo passare le scimmie le avrebbe non solo scelte, ma abbracciate, riconoscendo in esse le sue antenate. Non è una lepidezza che diciamo; l’uomo moderno ha fatto più di questo, ha rinnegato Dio che lo creò, e si è creduto scienziato e superuomo abbracciando il teschio di una scimmia, ed accrescendo orgogliosamente la propria età a milioni di anni. Quando la luce della fede lo illumina, non cade in simili panzane, che poi la vera scienza smentisce.
Adamo aveva ancora vivo il ricordo della mano di Dio che lo plasmò e del soffio divino che lo vivificò. Dando il nome agli animali con un’osservazione somatica di ciascuna specie, fu proprio lui che non trovò tra le innumerevoli specie, un aiuto che a lui somigliasse. Dio stesso, allora, glielo volle dare in una maniera più nobile di quella che aveva avuta nel crearlo. Anche questo era nell’amorosa logica di Dio. Gli animali erano stati tratti dalla terra: Produca la terra animali viventi; nel presentarsi ad Adamo avevano ancora come un polveroso ammanto della terra donde erano stati tratti; Adamo, sì era stato plasmato dal fango, ma dalle mani di Dio; nel lume della ragione vivida che aveva, sentiva ancora la mano divina, mentre negli animali vedeva ancora il plasma della terra. Sentì un disgusto, una contrarietà per loro, si rivolse a Dio, perché non trovò un aiuto che somigliasse a lui stesso.
La promessa divina gli era stata rivelata certamente, e se non la promessa almeno il proposito amoroso, risposta alla subcosciente brama di Adamo: – Non è bene che l’uomo sia solo, facciamogli un aiuto simile a lui. – Non era Dio che aveva creato l’uomo… incompleto, solo, ma lo sguardo divino nel crearlo era al Verbo suo incarnato, per la sua divina ed eterna gloria, nell’Unità e Trinità sua. Tutto era presente a Lui nel suo disegno, e già nel suo consiglio aveva voluto Maria. Ma non doveva plasmarla dal fango, era il Verbo suo che doveva plasmarla dal suo Cuore. Il desiderio di Adamo di avere una compagnia, determinò l’effusione della bontà di Dio nel creare ad Adamo la donna, figura di Colei per la quale il Verbo suo doveva incarnarsi.
Dio sapeva che la donna, che creava condiscendendo ad Adamo sarebbe stata rovina per l’abuso che l’uomo avrebbe fatto della propria libertà; lo sapeva, e proprio prevedendolo, disse che non era bene che l’uomo fosse solo. Permetteva la caduta per rispettare la libertà dell’uomo, ma dalla caduta voleva la sua gloria nell’incarnazione del Verbo, e guardando a questo fine, guardò a Maria, aiuto immacolato e purissimo nel compimento della grande opera divina. Condiscese al desiderio di Adamo, ma nel condiscendervi guardò nella luce del divino consiglio al futuro lontano, e per questo presentò a lui gli animali, per dirgli: – Non è questo l’aiuto promesso, vedi se non trovi sentore tra gli animali; ma non si trovava per Adamo un aiuto che a lui, (figura del Verbo incarnato), somigliasse.
Dio parlava nel suo amore per Maria come un addormentato dall’amore infinito, dallo Spirito Santo, e perciò addormentò Adamo, per dargli non semplicemente un aiuto, una compagnia, ma per trarre dal suo cuore la figura di Colei che doveva essere vivificata dall’Infinito Amore.
E qui comincia un poema di amore, pieno, diremmo, di voli pindarici, se non è irriverente la parola; un intreccio mirabile di cose presenti, di realtà future, di ordine naturale e di realtà soprannaturali che ci sforziamo di intendere con parole umane, e perciò abbiamo osato chiamare questo arcano intreccio di voli pindarici di Dio.
Si chiama, infatti, in poesia volo pindarico il passaggio che il poeta fa improvvisamente dal soggetto che canta ad una reminiscenza che lo commuove e lo esalta, ad una realtà lontana nella storia o nell’arte che sembra slegata con quello che canta, ma è legato con quello che desidera o lo commuove. Così il Leopardi nella bella poesia all’Italia: “O patria mia, vedo le mura e gli archi – ma la gloria non vedo”, non vedo il lauro e il ferro ond’erano carichi i nostri padri antichi, – preso dal dolore per lo stato della patria, e dal desiderio che rinasca nei suoi figli l’eroismo che, immolandosi, può farla da ancella qual è ridotta, regina tra le nazioni; con volo poetico bellissimo si ritrova alle Termopili, tra i trecento Spartani, i quali, combattendo da leoni impedirono al nemico di avanzare contro la Grecia. Ci si perdoni il volo pindarico che facciamo anche noi in un mistero così grande e bello come quello della creazione della donna, per tentare di rendere chiaro e luminoso il sacro testo.
Esaminiamolo e meditiamolo a parte a parte, perché ci appaia nella sua verità e bellezza, e non sia riguardato dagli stolti come una favola. Ed ecco il sacro testo: – Dopo che Adamo ebbe posto il nome a tutte le specie di animali, non si trovava per lui un aiuto che gli somigliasse. Mandò dunque il Signore Iddio ad Adamo un profondo sonno, e mentre egli era addormentato, gli tolse una delle sue costole, e mise della carne in luogo di essa. E, dalla costola che aveva tolto ad Adamo, il Signore Iddio fabbricò una donna, e la mandò ad Adamo.
Prima di tutto un fatto naturale: Adamo aveva fatto un grande lavoro per dare il nome a tutti gli animali. Anche se Dio gli presentò gli animali come in un film successivo, Adamo dovette riflettere e studiarli per dare loro un nome appropriato. Dio, infatti, si era rimesso a lui per questo lavoro, che poté durare anche molti giorni insonni. Era dunque naturale che Adamo fosse stanco e voleva addormentarsi.
Ma ecco al fatto naturale quello soprannaturale: Dio guardava in Adamo la prima figura del Verbo suo che si sarebbe incarnato. Mandò Lui un profondo sonno ad Adamo, ed in quel sonno guardò, nella sua infinita prescienza a cui tutto era presente, il sonno della morte del Verbo suo incarnato ed immolato; guardò perciò la donna immacolata che gli avrebbe dato il corpo d’immolazione, Maria addolorata, immolata anch’Essa sul Calvario, immolata nel cuore.
Vide Dio i meriti infiniti che scaturivano dal Cuore del Verbo incarnato, e passando, diciamo così, dalla visione eterna a quella del tempo; dal proposito divino che il Verbo per incarnarsi non fosse solo, all’aiuto che bramava per sé Adamo, figura del Verbo incarnato, completò tale figura.
Egli creò da lui la donna, l’aiuto, come avrebbe dato al Verbo incarnato l’aiuto in Maria, la donna immacolata per i meriti previsti del Verbo incarnato ed immolato; la donna simile a Lui perché il Verbo incarnato sarebbe stato vittima di infinita gloria per Dio e di riparazione per l’uomo col corpo datogli da Maria.
Una figura profetica per noi, ma luminosa in Dio come presente; una figura complessa per noi nell’intreccio del naturale e soprannaturale, dell’umano e del divino; della ricchezza dei meriti del Verbo incarnato, futuri ma presenti in Dio, presenti al suo amore. La costola che copriva il cuore di Adamo era la figura della costola che copriva il Cuore della Vittima divina, la realtà presente in Dio; da Adamo Dio formò misticamente una donna, dice il sacro testo, ma dai meriti del Verbo incarnato formò la donna immacolata, Maria.
Quando Pio IX, dall’indefettibile cattedra di Pietro, proclamava di fede Maria Immacolata, per i meriti di Gesù Cristo prescelti nel creare l’anima di Lei, Pio IX, uomo mortale, ma Papa infallibile, rientrava nell’eterno mistero del disegno di Dio, e presentava al mondo, nella pienezza dei tempi, la donna cavata dal Cuore del secondo Adamo, l’aiuto del Verbo di Dio, l’aiuto della Chiesa, l’aiuto dell’uomo peccatore, rigenerato dal sacrificio dell’Uomo-Dio.
Nel 1854 il tempo era tempestoso ed oscuro; quando il giorno 8 dicembre, Pio IX proclamava la donna tratta immacolata dal costato dell’Uomo-Dio, le nubi si squarciarono, un potente raggio di luce lo illuminò; si aprì la luce dell’eternità, si compiva la glorificazione dell’eterno disegno divino.
Il sacro testo, dalla figura di Maria, aiuto del Verbo incarnato, passa a mostrare come Dio fece una donna per Adamo. È la logica del pensiero divino, che dalla profezia accennata nella figura di Maria, annunzia come la figura sarebbe diventata realtà. Dovevano passare, infatti, migliaia di anni; dovevano succedersi nel mondo migliaia di generazioni, migliaia di donne prima di giungere alla benedetta fra tutte le donne. Ancora una volta il sacro testo può apparire oscuro a chi lo considera superficialmente. Esso in realtà è mirabilmente connesso.
Indica prima in modo misterioso come Dio creò una donna, che per la fecondità naturale doveva essere la madre delle generazioni future che dovevano culminare nella benedetta fra le donne. Poi parla della istituzione del matrimonio proclamata da Adamo stesso, quando Dio gli presentò la donna che aveva creata non dal fango, ma da lui stesso. Non si spiegherebbe come dalla creazione della donna, che non era la donna, ma una donna, Adamo, passasse all’istituzione del matrimonio in termini precisi. Egli dovette capire il disegno di Dio, o, anche senza approfondirlo, lo proclamò per ispirazione soprannaturale. Tanto meno si capirebbe il nesso logico tra la creazione della donna e la istituzione del matrimonio, se volesse affermarsi, come fanno alcuni, che il sacro scrittore, per proclamare la istituzione del matrimonio, sia ricorso al racconto più o meno favoloso, frammento di tradizioni popolari, per darvi peso ed importanza.
Essi partono dal principio naturale e materiale che il matrimonio è il fondamento dell’umana società, che si conserva e progredisce per le generazioni che sono frutto del matrimonio. Una spiegazione, come si vede, che nella sua puerilità può sembrare accettabile a chi manca di fede e fa il critico da strapazzo del sacro testo. Esso infatti parla della nobiltà della creazione della donna nella luce del Verbo incarnato e di Maria SS. come abbiamo visto, della benedetta fra le donne, e della realizzazione del disegno divino che si sarebbe compiuto per Maria ed in Maria, dopo migliaia di generazioni; e logicamente parla del matrimonio, per il quale sarebbero venute le generazioni che dovevano condurre a Maria.
La creazione poi della donna da una costola di Adamo, addormentato in un profondo sonno, mentre ha un significato mistico soprannaturale che abbiamo considerato, idea e luce soprannaturale di tutta la Scrittura, che si riferisce a Gesù Cristo e per Lui a Maria, non è una favola, ma si riferisce, possiamo dire, scientificamente, benché velatamente, alla formazione della donna da Adamo. Se il sacro testo avesse accennato a questa realtà scientifica, chi l’avrebbe capito? Il concetto che si poteva avere dagli antichi e dal popolo di una generazione umana coincideva con l’innesto di una pianta, o con la germinazione di un virgulto tagliato da essa, che diventa, sviluppandosi e mettendo radici, una pianta simile a quella donde fu tagliato. Il posto poi da cui fu tagliato, non rimane vuoto, ma si colma e diventa legno o nodo, si direbbe che si riempie in luogo del ramo tagliato, della sostanza legnosa dell’albero.
Con queste rudimentali idee delle quali ognuno vede la consistente realtà, noi, a gloria della divina verità, tentiamo far luce scientifica sulla misteriosa formazione della donna da Adamo.
Prima consideriamo l’esposizione semplice del sacro testo, poi vediamone il significato, profondamente scientifico, che ci farà prostrare in adorazione innanzi a Dio, e farà umiliare i miscredenti o modernisti che leggono la parola divina con minore ponderazione di quella che hanno leggendo Pinocchio. Scambiano la creazione dell’uomo e della donna come la formazione del burattino fatto dal falegname Geppetto.
Ecco dunque prima di tutto il sacro testo. Nel dare Adamo il nome alle specie animali che Dio gli presentò, non si trovava tra essi per Adamo un aiuto che gli somigliasse. Evidentemente era Adamo che l’aveva desiderato, come dicemmo, ed era lui che nell’operazione accurata degli animali, tanto accurata da mettere loro un nome, non trovò uno che gli potesse essere di aiuto e che gli somigliasse, che fosse cioè non della specie bruta, ma fosse come lui, creatura di Dio ragionevole e libera. Adamo aveva notato negli animali aspetti e doti somatiche tanto lontani da lui, plasmato da Dio.
Se l’uomo fosse venuto dall’evoluzione della scimmia o di un bruto, avrebbe senza dubbio riscontrato negli animali una somiglianza con lui, ed avrebbe tra essi scelto un aiuto, una compagnia.
L’osservazione degli animali fatta da Adamo assai meglio di quello che farebbe oggi uno scienziato, dovette dargli un sentimento di delusione ed anche di naturale abbattimento. Il suo desiderio di avere un aiuto, psicologicamente, non solo si era accresciuto, ma era diventato passione, necessità. Oramai non desiderava, voleva un aiuto, e si rivolse a Dio, certamente. Trattando il Signore l’uomo con grande riverenza, ed avendolo fatto libero, volle che Adamo stesso volesse un aiuto che gli somigliasse.
Ed ecco il misterioso momento nel quale Dio, condiscendendo a lui, creò la donna; una donna determinatamente per Adamo, simile a lui. Non poteva plasmarla separatamente da lui, come aveva fatto creandolo, perché così sarebbero stati due esseri, non uno con un altro simile a lui. La somiglianza perfetta, logicamente e scientificamente, non poteva venire che da una generazione. Dio del resto, aveva in sé una persona simile a Lui nella natura, distinta da Lui come persona, due in una Divina natura, e con questa eterna, ineffabile luce non poteva dare ad Adamo un aiuto simile a lui che per generazione. L’aveva creato ad immagine sua, e ad immagine sua gli dava l’aiuto per generazione. La donna doveva venire dall’uomo, non poteva essere individualmente estranea alla sua natura.
Questa considerazione logica è rafforzata dal fatto che, dopo la creazione della donna, Adamo proclamò, in nome di Dio, il matrimonio: due in una sola carne; due persone distinte nella sola natura umana, non l’uomo e l’aiuto, due in due nature diverse: uomo ragionevole e libero, e animale.
O ammirabile sapienza e logica divina, che prostra l’anima mia in adorazione profonda leggendo il sacro testo nella sua semplicità, prima di approfondirne la grandezza nella luce stessa della scienza. Piccola cosa è la povera scienza umana, e piccola cosa uno scienziato che ne conosce tanto poco; ma grande cosa è la scienza quando scopre ed osserva le meraviglie di Dio. Allora lo scienziato non crea, osserva; è come una piccola fiammella, uno zolfanello che si accende nell’attrito del suo sforzo, e non è splendore vivo se prescinde da Dio, osservando ciò che Egli ha fatto.
Se osserva nella luce divina, conosce nella luce del più grande riflettore, e vede, ammira, stupisce, adora, gode…, è scienziato vero. Se prescinde da Dio, è un misero lume che non dissipa le tenebre ma le accresce col contrasto tra miserrima luce e densità di oscurità, generando ombra nel guizzo della sua piccolissima fiamma. Genera solo ombre di dubbi e di miscredenza che, come gelide correnti della spelonca oscura, spengono anche quella fiammella. Allora il misero scienziato avanza a tentoni, da stolto; brancola, urta, si ferisce e cade nel baratro del nulla, nella sua ragione stravolta.
Procede orgoglioso… accende zolfanelli su zolfanelli, passa da un ombra ad un altra… quella caverna termina per lui nella fossa sepolcrale… trema, ha brividi agghiaccianti, vuol prendere coraggio da un’ultima, più stolta spiegazione, e grida: – Qui tutto finisce. – Guarda ancora, per un momento sembra vittorioso brandendo una spada di effimera gomma, mentre gli si sbarrano in faccia le vuote occhiaie di un teschio… vuoto come lui di cerebro pensante, che grida alla sua coscienza agitata: – Guarda, qui è la porta dell’eternità!
O fede, o fede; o scienza delle scienze, o luce splendente tra le tenebre fitte, o riposante alba ed aurora del giorno eterno, come sei bella!
O oscuro, ma rettilineo tunnel che porti sulla più aprica altura, e dal suo fondo fai vedere luce! Nel cammino ansante si avvicina l’anima mia alla morte; è lo sbocco alla tua luce, o mio Dio! O verità che è ciò che è, o sapienza che mi svela il mistero, o abbraccio di amore che mi suggella col bacio dell’eterna felicità la vera vita!
Ecco la parola di Dio nella creazione della donna: mandò, dunque, il Signore Iddio, ad Adamo un profondo sonno. E mentre egli era addormentato, gli tolse una delle sue costole, e mise della carne in luogo di essa. E dalla costola che aveva tolta da Adamo, fece una donna, e la condusse ad Adamo. E Adamo disse: – Ecco adesso l’osso delle mie ossa, e la carne della mia carne. Essa avrà nome dall’uomo perché è stata tratta dall’uomo. Perciò l’uomo lascerà suo padre e sua madre, e si unirà a sua moglie, e i due saranno una sola carne.
La creazione della donna fu la generazione di una prima creatura umana vivente, da un essere vivente; Dio lo esprime con parole misteriose, adatte all’intelligenza di tutti; parole che equivalgono a questo concetto: un essere umano tratto per generazione da una parte viva di un altro essere, per potenza di Dio. Il Signore non voleva fare un’esposizione scientifica del modo mirabile col quale avviene la generazione di un essere umano, sarebbe stato incomprensibile, non solo agli uomini primitivi, ma a tutti i popoli ai quali Egli parlava, ed avrebbe parlato, nei secoli. Si espresse con una sintesi semplicissima operando Lui stesso, e prese una costola da Adamo, una parte viva dalla quale, come da un seme, si sviluppò il corpo della donna; una costola che aveva tutto ciò che forma un corpo umano, come un seme ha, quasi in rappresentanza, tutto quello dal quale si sviluppa un albero.
Quello che avviene gradatamente nella generazione di un essere umano vivente, Dio lo fece prendendo da Adamo una sua parte viva, e non poteva prenderla che da lui, unico vivente umano, allora, al quale volle dare un aiuto simile a lui. L’istituzione del matrimonio, che nel sacro testo segue immediatamente la creazione della donna, indica chiaramente quello che doveva avvenire nei secoli perché l’uomo con l’aiuto della donna poteva crescere e moltiplicarsi sulla terra. L’uomo, creato ad immagine di Dio, avrebbe fatto nei secoli quello che era avvenuto in Adamo, dando nella fecondazione della donna, una parte vitale di sé, la quale, in lei, si sarebbe sviluppata in un corpo umano.
In questa opera mirabile la donna è veramente aiuto dell’uomo nella umana generazione.
Ma c’è misticamente di più: Dio, nell’uomo che aveva creato, guardava non semplicemente Adamo, ma avendo tutto presente il suo disegno di glorificazione, guardava l’Uomo-Dio, e nel dare ad Adamo la donna come aiuto, guardava a Maria, aiuto vero nell’incarnazione del Verbo, perché in Lei e per Lei doveva compiersi il grande mistero. La donna fu tratta da Adamo, per la moltiplicazione del genere umano; Maria nella sua altissima missione e nel disegno, fu tratta dall’Uomo-Dio, per i meriti del quale fu la Donna, l’Immacolata, la benedetta fra le donne, il fiore più bello della creazione della donna dall’uomo. I meriti di Gesù Cristo culminarono infinitamente per il sacrificio del Calvario, quando Egli, morendo, fu come addormentato in un profondo sonno.
Innanzi a Dio, al quale tutto era presente nel suo disegno ammirabile, l’elevazione di Maria, immacolata, piena di grazia, madre di Dio, si compì proprio nella previsione dell’Uomo-Dio addormentato profondamente nella morte. E Maria, madre amorosa del Verbo Incarnato, fu come tratta dal suo costato, dal suo cuore, dal suo amore quando il Verbo, nell’eterno disegno divino, la elesse per madre, donandole in anticipo i suoi meriti infiniti.
Nel sacro testo è detto che Dio dalla costola che aveva tolta ad Adamo fece una donna. Questa parola fa supporre una formazione della donna non in modo istantaneo, come per un miracolo, ma una formazione gradata, se pure sollecita.
Una specie di funghi equatoriali nascono e crescono, si formano in una notte a vista d’occhio. Sorse così la donna dalla costola di Adamo, e Dio la fece a parte a parte, diremmo, come una pianta che a poco a poco, crescendo, si forma; o proprio come una fabbrica che si eleva pietra su pietra, a poco a poco. Consideriamo come si forma nella provvidenza ordinaria un corpo umano, e da questa considerazione scientifica potremo meglio vedere l’opera meravigliosa di Dio nella creazione della donna, e cercare d’intuire, più o meno, in quanto tempo Dio la creò, e se il profondo sonno di Adamo fu un sonno o un letargo più o meno lungo.
Nell’ordine naturale della generazione umana, il corpo ha inizio da una sola cellula vivente della madre, e vivificata dal padre. È la fusione di due vite che danno la vita ad un individuo nuovo. Discende la cellula materna, ascende quella vivificazione paterna e la feconda. È come una gara, diremmo, una lotta di fecondanti, nella quale uno solo vince, uno dei germi paterni, e si forma la cellula vivente, completa, che si sviluppa nel seno materno. Così formata, è tanto piccola che è appena visibile, eppure in essa è come raccolto tutto quello che è e sarà nello sviluppo l’essere nuovo. Questa cellula provvede ad approntare una sostanza delle innumerevoli sostanze necessarie alla vita del corpo.
Scientificamente si chiama fabbricazione di questa sostanza in appositi reparti di produzione, che concorrono perciò a fabbricare il corpo dell’individuo che è generato. Esattamente come dice il sacro testo: – Dalla costola che aveva tolta ad Adamo, il Signore Iddio “fabbricò” una donna. Parole sintetiche che esprimono come procedette la generazione della donna da Adamo. Evidentemente è chiamata, nel sacro testo, costola la parte vivente tolta all’uomo; come cellula producente aggregati di cellule per la fabbricazione della donna. Se il sacro testo avesse usato la parola cellula, cellule, sarebbe stato incomprensibile. Il nome tecnico, infatti, cellula è venuto nella scienza e dalla scienza dopo secoli di innumerevoli studi.
Esaminando come si comporta nella generazione la cellula vivente della donna, fecondata dall’uomo, cominciamo ad intravedere come Dio fabbricò la donna da Adamo, e lungi dal credere una favola puerile, come fanno gli stolti, il racconto biblico, sentiremo il bisogno di credere e di adorare l’ineffabile provvidenza divina: la cellula vivente nel primo istante nel quale è tolta dall’essere vivente, pesa la terza parte di un millesimo di grammo.
Si noti l’espressione del sacro testo esattamente scientifica nella sua sintesi: – Mentre egli, Adamo, era addormentato, Dio gli tolse una delle sue costole, e mise della carne in luogo di essa. Il distacco, infatti, della cellula vivente dell’ovulo materno non lascia il vuoto, è colmato. Avviene come in un’operazione chirurgica di innesto, nella quale, tolta, esattamente una parte, si forma e cresce della carne in luogo di essa.
La cellula vivente, del peso della terza parte del millesimo di grammo, per la sua moltiplicazione, che vedremo subito, accrescendo la fabbricazione degli elementi, delle sostanze che formano il corpo, raggiunge il peso medio di 70 chili per l’uomo e di sessanta per la donna.
Adamo, essendo uomo, maschio, non aveva nel suo corpo la possibilità di un germe vivente, come oggi l’ha ogni donna nell’ovaia. Una novella creatura vivente non poteva essere fabbricata da lui che togliendogli una parte viva, la costola, ricca di cellule vitali, e per essa di laboratori di sostanze atte alla formazione di un essere nuovo.
Nella meravigliosa cellula vitale, all’interno, vi è un nucleo, come un piccolissimo nocciuolo, che controlla tutta l’attività della cellula e ne è la direzione. Sul nucleo vi sono dei nastrini, chiamati cromosomi, 23 di origine paterna e 23 di origine materna. Ciascuno di essi contiene un gran numero di particelle, chiamate geni, che determinano i caratteri ereditari, trasmessi dai genitori dell’individuo.
Sul nucleo, perciò, come in un codice, in un memorandum, ci sono le disposizioni di ciò che deve venir fatto, o di ciò che liberamente può venir fatto, e come deve venir fatto. Si capisce bene che qui si parla della fabbrica del corpo vivente da un vivente, ma è sempre l’anima spirituale ed immortale che comanda gli organi e le attività corporali. Certo Dio non formò per la donna solo un corpo, ma infuse ad essa l’anima, come aveva fatto per Adamo.
Ecco poi come nella naturale generazione si forma il corpo.
La cellula viva genera un’altra cellula del tutto eguale. Incomincia col raddoppiare ogni sua parte, e poi quando è finito questo lavoro, si divide in due, entrambe parti vive e pronte a dividersi a loro volta in due. Le quattro diventano otto, e così di seguito, fino a formare una miriade di cellule, in ciascuna delle quali c’è lo stesso identico nucleo, con lo stesso identico patrimonio genetico. Tutto questo lavoro si compie, dicono gli scienziati, per automatismo. In realtà è l’anima immortale che rende possibile ed attivo questo mirabile automatismo.
La povera scienza umana è tanto monca e fallace quando dimentica Dio, che ci ha dato l’anima fin dal primo istante della concezione, e con tutte le sue ricerche, anche accurate, brancola sempre nel più pesto buio. Si presume sapiente, si chiama pomposamente scienza, ma urta sempre nell’ignoto e nell’ignoranza. Siccome poi Dio dice nella Scrittura che il numero degli stolti è infinito, è molto più infinito il numero degli errori che in ogni secolo dice la poverissima scienza umana. Solo il Signore è Dio delle scienze; tra gli uomini ci sono più o meno scienziati, ma è errato dire: la scienza dice, la scienza conosce, la scienza controlla e simili espressioni iperboliche; tanto è vero, che gli autentici scienziati riconoscono e confessano sempre di non sapere nulla.
Ecco poi il processo mirabile col quale si forma un corpo umano: la prima cellula vivente, uovo, si divide e si moltiplica in miriadi, come si è detto, che si dispongono ordinatamente in modo da formare anzitutto l’embrione, e poi tutte indistintamente le parti che formano il corpo umano. Tutto questo mirabile prodigio di fabbricazione non avviene a caso o disordinatamente; ogni atomo ha una funzione e un’attività che sembra intelligente, ed in realtà rivela la mano adorabile di Dio che opera, guida e dirige tutto nella formazione di una creatura umana.
I pezzi di una macchina sono disposti ordinatamente da chi la idea, la fabbrica e la monta. Ordinati da un essere intelligente, sembrano muoversi come pezzi dotati di ragione, in un ordine perfetto, eppure la ragione, l’intelligenza sta in chi ha fabbricato la macchina, ha ordinato i pezzi dei quali si compone, e vi ha messo un motore che li faccia muovere ed agire.
La sapienza e provvidenza di Dio, creando con la sua potenza la sua creatura, ha disposto tutto con ammirabile precisione, e le ha dato l’anima come forza motrice, diciamo così, l’anima che con la ragione intende, con la volontà muove, con l’amore opera.
Formato l’embrione del corpo umano, le cellule si dividono come in tre schiere di operai, per la distinta formazione del corpo: cellule per la pelle, i nervi ed il cervello; cellule per le ossa, i muscoli ed il cuore; cellule per i polmoni e per l’apparato digerente. È un lavoro simultaneo delle tre schiere… operaie, con un preciso orario e modo di lavoro che stupisce, ma che nessun balordo potrebbe dirlo lavoro della natura provvida, perché la natura è l’effetto non la causa, e tanto meno è l’intelligenza che ordina, la forza che muove, e l’amore che dispone ad un fine preciso ciò che opera.
Non sarebbe sommamente stolto chi dicesse che i mobili sono fatti come sono dalla mobilia, prescindendo dalla intelligenza di chi ne fa il progetto e il disegno misurato su scala in ogni sua parte, dal metro ai millimetri; prescindendo dal falegname che esegue il disegno col legno, e con tutti i mezzi per lavorarlo e connetterlo; prescindendo dal senso artistico del falegname, che, con la direzione dell’ingegnere sa formare il mobile?
Ed ecco la meraviglia dell’orario e della disciplina del lavoro delle cellule nella formazione del corpo umano, che ci rivela in ogni attività la presenza adorabile di Dio. Se noi riflettessimo a queste particolarità, sentiremmo in ogni atto della nostra vita la presenza di Dio, il riconoscente ricordo della sua potenza, della sua sapienza e del suo amore; e faremmo pulsare l’anima e il cuore in atti di adorazione. Ma la nostra ingratitudine ci rende incoscienti.
La cellula viva, uovo, impiega circa 17 ore per sdoppiare ogni sua parte sotto il vigile controllo del nucleo. Quando tutto è pronto, viene la volta del nucleo stesso, il quale deve raddoppiare ogni sua parte e i suoi cromosomi ugualmente si raddoppiano. Questo lavoro esattissimo si compie in circa 45 minuti. Fuori del nucleo c’è un dispositivo, un piccolo organo, cioè, che entra in azione solo quando il nucleo deve dividersi, e si chiama centriolo.
Per prima cosa il centriolo si divide in due centrioli. Così divisi, si allontanano per collocarsi ai due estremi della cellula. Si direbbe nel mirabile ordine disposto da Dio, due fonti di manovra per l’ulteriore lavoro. Tra i centrioli si formano dei filamenti, e con essi in funzione di corde, ciascun centriolo tira a sé una metà del nucleo raddoppiato. È così che si formano due nuclei distinti, intorno a ciascuno dei quali si dispongono le parti delle due nuove cellule.
Come si vede, un ordine di lavoro per formare i vari organi del corpo mediante quelle cellule, che si moltiplicano placidamente a miliardi di milioni, in ordine perfettissimo. Come in un esercito, quasi come in una danza classica, le cellule si muovono al comando che parte dal loro nucleo. Le prime cellule viventi moltiplicatesi dalla prima, si raggruppano insieme come i granelli di una mora. Poi, a mano a mano che si formano nuove cellule, la mora diventa un cilindro.
Col continuo moltiplicarsi delle cellule, nell’interno di quel cilindro si formano altre due parti, e comincia la formazione dell’embrione, ossia dell’essere umano in fase prenatale, comincia la formazione del corpo nelle sue parti, come si è accennato: le ossa, i muscoli, il cuore, da una parte e dall’altra parte i polmoni, lo stomaco, l’intestino, il fegato, ecc. Questo miracolo di sapienza, di potenza e di amore avviene nel seno materno.
La madre inconscia, cammina, lavora, si riposa e non lo avverte; sente solo la gioia intima della maternità, mescolata alle pene fisiche, determinate dalla presenza e dallo sviluppo di un nuovo essere che in lei si forma, ed influisce sui suoi organi interni. Può turbare lo stomaco premendolo, e determinare vomiti; può spingere il diaframma e causare qualche disfunzione penosa anche al fegato, ai polmoni ed al cuore. Ma sono pene che in un’anima cristiana possono determinare una fioritura di piccole o grandi virtù che cominciano ad ornare l’anima dell’essere che si prepara ad affacciarsi alla vita, influendo sui cromosomi che ne raccolgono l’armonia ed il profumo, influendo sul carattere e sulla vita di colui che nasce.
Se lo capissero le madri, queste nobili care creature consacrate a Dio nella maternità, che ripetono ciò che fece Dio misteriosamente quando creò la donna dalla costola di Adamo! Dall’uomo la donna e con lo stesso procedimento di una generazione, dalla donna l’uomo. La costola, sintesi di tutto il processo cellulare, che è espresso nel sacro testo dalla costola del vivente Adamo, Dio la prese quasi come il cilindro che formava l’embrione della creatura che voleva dare ad Adamo come aiuto, e l’embrione si sviluppò, diremmo, come il fungo equatoriale, quasi pianta che sotto la potente mano divina cresceva in un essere perfetto.
Questo può dedursi dalla sorpresa meraviglia di Adamo, quando Dio gli presentò la donna, risvegliandolo dal profondo sonno che gli aveva mandato. Adamo disse, proprio con l’ordine della formazione di lei dalla sua costola vivente, prima cellula e aggregato di cellule nelle loro funzioni mirabili che abbiamo considerate scientificamente: – Ecco adesso l’osso delle mie ossa, e la carne della mia carne.
Vedendo gli animali a coppia, aveva desiderato una compagnia anche lui, e l’aveva ricercata negli animali ai quali aveva dato il nome, ma tra essi non si trovava un aiuto che a lui somigliasse.
Aveva udito la voce di Dio che gliela prometteva, credeva di trovarlo negli animali, ma nessuno gli somigliava. Era rimasto deluso? Certamente addolorato, e si era addormentato col ricordo degli animali ai quali aveva dato il nome, passandoli in rassegna. Nel sonno, sognando forse, gli si era rinnovata la scena, e gli si era rinnovata la pena, che nel sonno gli si era ingrandita, come avviene nei fantasmi notturni.
Al vedere la donna ebbe un sussulto di gioia e di stupore, capì come Dio l’aveva creata, generandola da lui, e perciò disse: – Ecco adesso l’osso delle mie ossa e la carne della mia carne. Con la mente illuminata che aveva, capì che quella donna non sarebbe rimasta sola, ma sarebbe stata il principio della generazione umana, che da lei sarebbe nata, come da lui era stata creata. Intuì il fine di Dio nel crearla da lui per generazione; intuì il moltiplicarsi del genere umano per lei creata dall’uomo, e quindi per lei e per l’uomo, e per questo parlò profeticamente del matrimonio, fondamento della futura umanità.
Elevati alla grazia della giustizia originale, semplici come bambini, in una splendida luce d’innocenza, nell’amorosa gioia di Adamo al vedere nella donna un aiuto bellissimo, tanto diversa dagli animali che erano passati sotto i suoi occhi, e nell’affettuosa sorpresa della donna, che, schiusa alla vita, piena di amore per Dio, vedeva in Adamo una corda armoniosa per lodare il Signore, erano ambedue tanto lontani dal considerarsi materialmente. L’espressione: Erano nudi e non ne avevano vergogna, può indicare quello che nella materiale nudità può fare vergogna dopo la caduta nel peccato e l’accensione del fomite di concupiscenza. Beata e santa innocenza che li concentrava in Dio e nelle bellezze naturali del paradiso terrestre, e non li concentrava in loro che nel cuore, rendendoli uniti in una sola vita!
Con la creazione della donna, aiuto dell’uomo, si compiva la prima figura lontana di quello che Dio voleva operare per il Verbo suo. Tutto aveva creato per il Verbo e nella creazione si voleva glorificare per il Verbo incarnato. Solo così poteva effondersi la sua bontà creando. La creazione dei sei giorni, delle sei epoche millenarie di secoli e secoli, perciò, culminò nella creazione dell’uomo, ragionevole e libero. Era la prima figura del Verbo di Dio incarnato.
La grande opera, però, della glorificazione di Dio in tutta la creazione doveva compirsi nei secoli lontani, nella pienezza dei tempi, nella pienezza delle generazioni umane che dovevano venire da Adamo. Un percorso lunghissimo per noi, ma breve innanzi a Dio, per il quale mille anni sono come un solo giorno.
Si doveva sviluppare il genere umano nelle sue varie razze; doveva concentrarsi l’umanità nel popolo eletto da Dio, il popolo ebreo; doveva ancora questo popolo concentrarsi nella famiglia di Davide, dalla quale doveva nascere il Redentore, il Verbo Incarnato in modo purissimo da una Vergine immacolata, la donna che doveva essergli aiuto. Si chiudeva, per così dire, il circolo dell’ineffabile provvidenza di Dio: Adamo ed Eva, il Redentore e Maria.
Tutto il percorso della storia umana e della storia del popolo ebreo era diretto a questo punto di arrivo, ed era come fosforescente di figure, di annunzi, di profezie di quello che doveva avvenire, in modo misterioso o esplicito, come pallide ombre o come sprazzi di luce, non solo nel popolo ebreo, ma anche tra i pagani; non solo per la bocca dei Profeti di Dio, ma anche per quella delle sibille o dei poeti.
Due estremi di un circolo, abbiamo detto: Adamo ed Eva, il Redentore e Maria. Il punto nero di partenza, il punto matematico del principio. Un peccatore ed una peccatrice; il punto luminoso di arrivo: l’Uomo-Dio, il santo, l’impolluto, il riparatore del peccato, e Maria l’immacolata, la vergine madre del Verbo incarnato. Nel percorso della storia umana le ombre, le figure del futuro non sempre furono caratterizzate da uomini santi o da donne virtuose; lo furono molto spesso dal nome che portarono, quasi come abbreviature, o diremo, con parola moderna, come sigle del futuro. Ecco la prima sigla: Adamo ed Eva. Adamo uomo di terra, rosso, di colore sanguigno. Il Verbo incarnato in terra, vittima espiatrice del peccato per il suo sacrificio: rosso del suo sangue. Adamo, peccatore; il Verbo incarnato caricato dei peccati degli uomini, nella veste rossa, sanguinosa dell’espiazione.
Dio permise che Adamo, libero, peccasse; ma volle che il Verbo suo s’incarnasse e si caricasse del peccato di Adamo e di quelli della sua discendenza. Non vi era altra via perché il Verbo glorificasse Dio nella umanità ed in tutta la creazione. Non senza ragione la Chiesa canta: – O certamente necessario il peccato di Adamo che doveva darci un tale e tanto Redentore, o felice colpa che ce lo procurò. Da Adamo la discendenza; l’aiuto per la discendenza: Eva. Anche lei peccatrice, ma la sua figura, la sua sigla è nel suo nome: Eva; che vivifica, la madre dei viventi.
Figura di Maria, sparisce la peccatrice, non lo è nella sigla: Maria, la madre dei viventi, rigenerati dal peccato per il Verbo di Dio incarnato in Lei, figlio suo. Eva, per il suo peccato che trascinò Adamo nella colpa, fece un grande male a tutta la sua discendenza, contrastò il significato del suo nome imposto a lei da Adamo dopo la caduta: colei che vivifica, la madre dei viventi. Peccando, in realtà, fu la madre dei peccatori, dei morti alla grazia, e per questo il suo ricordo non è in benedizione tra le genti tutte della terra.
È vero, Adamo nel chiamarla Eva, riguardava le generazioni umane che dovevano venire per lei, ma nel suo nome figurava Maria. Eva, peccatrice, fu madre di generazioni macchiate dal peccato originale; Maria, aiuto del Verbo incarnato, che s’incarnò in Lei rivestendosi dei peccati degli uomini, fu immacolata, frutto primo della redenzione, prima che la pianta fiorisse, proprio dal suo seno; Maria, madre del Verbo incarnato, rivestito dai peccati degli uomini per espiarli, madre del secondo Adamo, fu madre dei peccatori, madre di quelli che erano generati nel peccato.
Il Redentore rivestì i peccatori del suo sangue, facendoli giusti, restaurati nella sua divina santità; Maria, aiuto suo in questa grande opera di misericordia, fu madre dei peccatori; non come Eva che, generandoli, li deturpò con la trasmissione del peccato da lei commesso, ma fu madre purissima, che li ammantò del fulgore della grazia redentrice che tutta l’aveva fatta bella nella concezione sua immacolata. Maria, madre dei peccatori, donò loro il Redentore, la vittima divina, e così li raccolse sotto il suo manto purissimo, come aveva ammantato il Verbo divino dell’umana carne, per opera dello Spirito Santo, nel suo seno.
La concezione di Gesù Cristo fu un miracolo di misericordia operato in Maria: madre divina del Verbo, raccoglie nel suo cuore materno i peccatori, e li raccolse nel momento stesso nel quale, salutata dall’angelo: Ave Maria gratia plena, disse il fiat che la rese madre di Dio, madre del Verbo incarnato, e pertanto madre dei peccatori rigenerati da Lui.
Perciò la Chiesa, con ammirabile poesia, suggella in Eva la figura di Maria cantando con voce di figlia: Tu, ricevendo quel saluto: Ave, dalla bocca di Gabriele, donaci la pace della divina misericordia, mutando il nome di Eva.
Eva peccatrice, madre del genere umano peccatore; Maria, con l’ave angelico, mutò il nome di Eva in quell’ave: Eva – Ave. Lo capovolse, lo invertì, e fu madre dei peccatori redenti dal Figlio suo. Non è uno scherzo; è un ammirabile mistero di amorosa misericordia, per cui Maria è la benedetta fra le donne come le disse l’angelo e come le confermò S. Elisabetta ripiena di Spirito Santo.
Gesù e la Mamma Celeste vi amano assai e vi benedicono; e anche io, nel loro Santissimo Amore vi voglio bene e vi benedico per intercessione del Cuore Immacolato di Maria: nel Nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Don Armando Maria

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