LA SACRA SCRITTURA - Prefazione di Don Dolindo Ruotolo

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Don Armando Maria
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LA SACRA SCRITTURA - Prefazione di Don Dolindo Ruotolo

Messaggio da Don Armando Maria » lun mar 21, 2016 9:37 pm

LA SACRA SCRITTURA

Commentata dal Servo di Dio
Don Dolindo Ruotolo (*)
§§§


1 - Prefazione di don Dolindo Ruotolo

Quando pubblicammo non senza trepidazione il primo volume di quest’Opera, non avremmo mai supposto che essa dovesse avere una così rapida diffusione ed un’accoglienza così cordiale dal pubblico di tutte le condizioni e di tutte le parti del mondo. L’opera, infatti, fu accolta con sincero entusiasmo sia dai dotti, sia dalle persone meno colte, i giudizi furono lusinghieri, le richieste furono continue e da tutte le parti. È questa la dimostrazione più bella che le anime, assetate di verità, la ricercano proprio nella Parola di Dio; stanche di vane ed inutili discussioni che isteriliscono il cuore, vanno cercando le antiche fonti d’acqua pura sgorganti dalla Chiesa Cattolica, alle quali si dissetarono i primi cristiani ed i santi.

1. I pericoli degli studi moderni e l’ammonimento di Pio XI
Gli studi moderni, per essere troppo minuti su questioni perfettamente accidentali al Libro di Dio e per voler troppo scrutare la lettera, hanno spesso isterilito lo spirito della Divina Parola. È anche lodevole analizzare le composizioni chimiche di certe medicine e di certi cibi, e segnarne con accuratezza le formule, ma quando si sta di fronte a chi è infermo o affamato, il meglio che possa farsi è di somministrargli la medicina ed il cibo. Gli studi moderni analizzano senza nutrire, esaminano senza curare, e perciò praticamente rendono vano per le anime il grande tesoro della Parola di Dio.
Il razionalismo insensato ha cercato di gettare nelle coscienze il dubbio, ed ha praticamente naturalizzato il Libro di Dio; i protestanti lo hanno privato di ogni luce, abbandonandolo all’interpretazione personale, il modernismo lo ha sfigurato. Sotto queste correnti avvelenate non pochi cattolici si sono lasciati asfissiare dallo spirito moderno, e in nome di un senso letterale esageratamente inteso, e concepito umanamente, hanno finito per ridurre l’esposizione dei Libri Santi ad una vana dissertazione filologica, archeologica, storica, che non nutre e che spesso agghiaccia il cuore.
Bisogna confessare che si ha troppa fiducia in ciò che è moderno, si crede infallibile tutto quello che si dice oggi, e si crede errato o superficiale tutto ciò che è stato detto in passato. Invece quello che è moderno, spesse volte è molto sospetto, perché è innegabile che noi siamo in un’epoca di decadenza e di superficialità impressionante, e soprattutto in un’epoca nella quale l’atmosfera stessa è avvelenata di miscredenza e di presunzione. Appena, per esempio, si scopre un fossile o uno scheletro qualunque, immediatamente gli si dà un’età favolosa, senza tenere conto alcuno dei dati della rivelazione; si getta il dubbio su tutto; si fa scrupolo a non alterare le frange e le filatterie dell’abito, e non si fa scrupolo a lacerarne e renderne inservibile il tessuto. Qualunque studioso di ebraico, di siriaco, di caldaico, crede di poter analizzare i Sacri Testi e di poterli criticare in maniera propria; così si tengono in nessun conto gli studi antichi, si ama la novità, si rendono sterili volontariamente le fonti divine.
Il Santo Padre Pio XI, parlando a quelli che erano convenuti a Roma nella Settimana Biblica del 1929 (vedi “L’Osservatore Romano” 28 settembre 1929), disse queste gravi parole che sono state il programma che ci siamo imposti in quest’opera: «È certo – diceva il Papa – che si scorgono segni di un vero disorientamento, o per lo meno di un certo modernismo biblico, così come si dà un modernismo dogmatico, giuridico, storico, letterario, che se non andiamo errati, pare che abbia un fondamento che spesso affiora, un fondamento falso, che consiste nel trattare e maneggiare i Libri Divini come se non fossero divini, trattarli e discuterli come se fossero un libro qualunque… Si deve invece partire dal concetto che è realtà: si tratta di Libri Divini, ispirati, per tale scopo affidati ad un’autorità, con accanto la Tradizione del Magistero infallibile della Chiesa. Mettere da parte questo, è antiscientifico, è prendere una cosa per quello che non è, perché si dimentica la parte essenziale».
In queste preziose parole del Papa Pio XI c’è tutto un programma di esegesi biblica, che assolutamente non deve trascurarsi se non si vuole percorrere una via falsa.

2. L’esegesi non può essere che meditazione.
Ma non basta fare l’esegesi del Libro Divino se esso non diventa in pari tempo l’alimento e la meditazione dell’anima. È questo il metodo seguito da tutti i Santi Padri, ed è questo il metodo più logico nel commentare un Libro che c’è stato dato da Dio per la nostra vita spirituale. Nulla di vano può esserci nella Parola di Dio, ed è errato il supporre che certe sue parti, come dicono alcuni moderni, siano solo un monumento, un rudere di un passato che non c’è più, e che mostra solo le vie per le quali ha camminato la Provvidenza. No, non è così; ogni Scrittura divinamente ispirata – dice san Paolo (2Tm 3,16-17) – è utile ad insegnare, a redarguire, a rimproverare, ad erudire nella giustizia, affinché sia perfetto l’uomo di Dio, reso adatto ad ogni opera buona. Non c’è dunque parte della Scrittura che sia un frutto disseccato, tutto è fresco e nutritivo per l’anima, perché in tutto si scorge la luce di Dio, della sua Provvidenza e della sua bontà, la luce del Cristo e della sua Chiesa, la luce della verità sulla condizione umana, sulla nostra libertà, sul nostro ultimo fine, sui mezzi che ci conducono a raggiungerlo.

3. Il criterio che abbiamo seguito nel nostro commento
Noi abbiamo trattato il Libro di Dio secondo le direttive della Chiesa, secondo le parole di Leone XIII e di Pio XI, attenendoci alla tradizione dei Padri, pur non trascurando tutto quello che di sano e di buono c’è negli studi moderni. Abbiamo cercato di rendere la Sacra Scrittura meditazione dell’anima e formazione del carattere cristiano, fonte di sapienza pratica, che si rifletta nella vita e che formi il cuore, al caldo della divina Paternità. Abbiamo perciò trattato delle più moderne questioni senza quasi farne accorgere, senza suscitare nell’anima il dubbio, senza metterla nel campo agghiacciante della critica. Una cosa inesatta, errata, creduta in buona fede dagli antichi, può rettificarsi senza bisogno di ingenerare nell’anima di chi legge lo stato di dubbio e di perplessità. Se a chi mangia dici che la sua pietanza era guasta e che tu l’hai svelenita, puoi renderlo perplesso sul cibo del quale si nutre. È molto meglio non turbarlo. È per questo che anche a costo di dare una conoscenza di meno, abbiamo evitato di trattare direttamente tutte quelle questioni che invece di dare luce hanno il triste privilegio di ottenebrare.
A che scopo esaminare gli errori e propalarli nelle anime, se in esse si fa luce con lo splendore della luce di Dio? Gli errori sono sempre vischiosi, si attaccano all’anima, la disorientano, cooperano all’arte infernale di ottenebrarla. A che scopo prospettare minutamente certe questioni critiche che possono far comparire come incerta la Parola di Dio alle anime piccole? Spesso chi vuol vestire senza che l’abito faccia una grinza non si veste mai, o finisce per rendere inutile l’abito. È anche regola di sapienza pratica il proporzionarsi ai bisogni reali delle anime ed il considerarli per quelli che sono. Lo scopo nostro è stato quello di cooperare alla formazione di una coscienza veramente cattolica nelle anime, e perciò abbiamo evitato il più che c’è stato possibile di far penetrare nella fresca atmosfera della Parola di Dio i miasmi asfissianti degli errori, sia pure per combatterli; abbiamo preferito far luce anziché far prima inciampare le anime negli ostacoli; la luce li fa spontaneamente evitare, l’urtarvi può essere fatale.

4. Come è sorta quest’Opera. Il nostro metodo
Non è fuori luogo, ora che quest’Opera si è affermata, dire qualche parola sulla sua origine e sul metodo che ci ha guidati nel farla. L’opera nacque come un granello di senapa: ci incontrammo con un’anima lontana da Dio, che aveva un profondo odio contro la Sacra Scrittura, generato in lei da catastrofi morali; si trattava di un uomo abbastanza colto e intelligente, che cercammo ricondurre al Signore facendogli meditare la Divina Parola; e con la meditazione assidua cominciò a trasformarsi radicalmente. Chi era presente alle nostre meditazioni prese degli appunti e ci pregò di pubblicarli per il bene di tante anime. Esitammo molto tempo prima di deciderci, ma poi seguimmo quella che appariva volontà di Dio. Noi avemmo così, senza volerlo, per divina bontà, l’esperienza pratica del come si potesse ridonare ad un’anima il gusto della Divina Parola. Bisognava rendergliela interessante, pratica, viva, dilettevole, applicabile alle necessità del cuore, alle aspirazioni della mente che vuole la ragione di tutto per prestare a Dio un omaggio ragionevole. Ecco perché in questo primo volume spezzettammo, per così dire, il Sacro Testo, il più che era possibile, affinché l’anima non si fosse trovata tutta di un colpo innanzi ad ardue difficoltà. L’intelligenza della Divina Parola diventava così preparazione ad intenderne il seguito, la luce raccolta serviva per camminare con più fiducia e con più sicurezza, e per raggiungere la meta più facilmente, senza stancarsi.
Certe descrizioni, certe digressioni, certe riflessioni psicologiche potrebbero dare l’impressione che si prenda quasi il Sacro Testo a pretesto per dire tutto quello che si vuole, e questo ad alcuni potrebbe sembrare persino irriverente per la Parola di Dio. Facciamo notare che il metodo da noi seguito è precisamente quello dei Santi Padri, i quali non solo hanno delle digressioni, ma spesso passano da un argomento all’altro, allontanandosi completamente dal Testo che commentano; basta leggerli per persuadersene.
Questo non è estraneo ed irriverente per il Sacro Testo, ma è consono alla meditazione che l’anima deve fare sulla Divina Parola.
Non si vuole stiracchiare la Scrittura e farle dire certe cose che non sono nel Testo, ma è la meditazione del Sacro Testo che porta l’anima alla considerazione, per esempio, della purezza, della carità, della Provvidenza, della bontà di Dio. Chi esamina i fiori del campo non li sfronda né li profana, se da essi si eleva a considerare le eterne bellezze che certo non sono impresse nel fiore. L’anima che medita la Sacra Scrittura si trova nei raggi della luce di Dio, e in questi raggi può riflettere a tante cose che non sono nel Sacro Testo, ma ne sono la meditazione. Ripetiamo: i Santi Padri sono pieni di queste riflessioni che fluiscono dalla meditazione profonda della Parola di Dio e noi abbiamo voluto proprio ricondurre le anime a questa meditazione, completamente trascurata nei commenti moderni.
Si trattava, del resto, e si tratta di rendere accessibile il Libro di Dio ad ogni anima, anche a quelle che sono infrollite e disorientate dalla lettura dei romanzi, e dei giornali, si trattava d’interessarle al Sacro Testo, applicandolo alla necessità della vita presente, e questo non poteva ottenersi senza tener conto del movimento reale della vita dell’uomo, della famiglia, delle nazioni. Si trattava di mostrare con i fatti che la Parola di Dio non era un cimelio ma un nutrimento vero per qualunque anima e per qualunque necessità.
Certi misteri richiedevano una spiegazione più accurata per poter dare all’anima l’idea della grandezza e dell’armonia della Divina Parola, e per questo spesso una sola parola ci ha dato occasione di spiegare qualche punto della dottrina teologica, ascetica e mistica. Ci siamo serviti di paragoni e di parabole per rendere accessibile a tutti la luce di certe verità, ma questo è perfettamente consono all’esempio stesso datoci da Gesù Cristo, il quale non parlava che per parabole. Del resto chi è pratico della teologia mistica, sa che l’esporre la verità della Fede con parabole e paragoni, non solo non è irriverente, ma è frutto di una luce speciale dello Spirito Santo, che fa parte della grazia della scienza (SCARAMELLI Dirett. Mistico, capitolo X pagg. 99-101). È evidente che non può essere irriverente quello che nella sua pienezza è un dono particolare di Dio.
Si potrebbe dire che fra tante riflessioni spirituali l’anima difficilmente ricorda ciò che ha letto, ma noi facciamo notare che la meditazione, non essendo uno studio, non è diretta a far ricordare un pensiero, ma è diretta a formare la coscienza ed a nutrire lo spirito. Non è necessario ricordare questo o quel pensiero più o meno bello, ma è necessario trasfonderlo nella coscienza e dare così all’anima un indirizzo di vita profondamente cattolica. Le molte riflessioni sono come una ginnastica spirituale che abituano a meditare, e anche sotto l’aspetto naturale concorrono allo sviluppo delle facoltà mentali, ed addestrano l’anima alla ponderazione.
Noi, del resto, soprattutto in questa seconda edizione, abbiamo avuto cura di spiegare prima di tutto accuratamente il Sacro Testo e poi lo abbiamo meditato. Sono due cose che nel commento non sono confuse, e perciò non possono dar luogo a fraintesi, quasi che avessimo voluto dire che la nostra meditazione sia il senso letterale del Testo.

5. I primi frutti della buona semente.
L’esperienza ha dimostrato che il metodo non era errato, poiché quest’Opera ha già ricondotto a Dio e alla Chiesa molte e molte anime, ha disingannato tante menti, pur coltissime nelle scienze profane, ma completamente ottenebrate nella Fede, ha nutrito nella vera e soda pietà molte anime che seguivano già le vie di Dio, ridonando loro l’abitudine di meditare la Divina Parola direttamente, come facevano i Padri, come facevano i santi.
È un fatto che in un’epoca di tanta superficialità nella quale si è abituati a leggere cose frivole e nella quale la Sacra Scrittura è dimenticata, quest’opera è riuscita ad interessare tante anime, ed è sintomatico il fatto che chi legge un volume richiede con premura gli altri, e qualcuno ci ha scritto di aver letto quasi di un fiato senza stancarsi. Potremmo fare un’abbondante documentazione di quello che diciamo, con tutta la corrispondenza privata che giornalmente ci giunge e potremmo mostrare la testimonianza degli umili e quella dei grandi che gustano la Divina Parola e ne sono avidi. Ma lo crediamo inutile, poiché il fatto stesso che di un’opera così voluminosa stampata in migliaia di esemplari si pubblichi già la seconda edizione, è eloquente a dimostrare che essa è riuscita ad interessare le anime, mentre i commenti aridi, ispirati allo spirito moderno, rimangono polverosi negli scaffali, come notava l’Em.mo cardinale Minoretti in una sua lettera sull’Opera. Segno chiaro che l’uomo moderno non ha interesse a conoscere questa o quella questione critica o filologica, ma ha sete di Dio, sete di verità soprannaturali.
In un’epoca di tanta confusione mentale nella quale si confondono i valori religiosi con quelli civili, nella quale si confonde da tanti il paganesimo con il cristianesimo, il martirio con l’eroismo civile e persino con il fanatismo, la Chiesa Cattolica con le sètte, il Papa rappresentante di Dio con qualunque capo di confessioni religiose, è consolante constatare il pronto orientamento delle anime verso la verità e la consolazione dei buoni nel meditarla nella luce smagliante della Parola di Dio. Certo l’Opera si è diffusa principalmente grazie a quelli che in ogni parte d’Italia e anche dell’estero se ne sono fatti spontaneamente ardenti propagandisti.
L’Opera è riuscita di somma utilità nelle comunità religiose maschili e femminili, ha concorso alla formazione dello spirito religioso, ha aiutato le anime a conoscere e ad amare Dio. Noi benediciamo il Signore dei frutti già raccolti, e ricordiamo commossi le anime che sono passate alla vita eterna rendendo testimonianza in punto di morte del bene che avevano ricavato dalla meditazione del Libro di Dio, esposto e commentato come l’abbiamo fatto noi, con l’aiuto della grazia del Signore.
Ricordiamo soprattutto suor Alceste Maria, delle Suore dell’Immacolata Concezione d’Ivrea, al secolo Anna Mojaiskoy, convertita al Signore dalla conoscenza della Divina Parola che, pur avendo una posizione invidiabile nel mondo, essendo un’intellettuale e un’insegnante che guadagnava molto, rinunciò a tutto, si fece suora, immolò la sua vita per la diffusione di quest’Opera, e lasciò come sua ultima volontà al padre, l’impegno di acquistare fino all’ultimo i volumi di questa pubblicazione per spedirli alla Casa dove aveva fatto il noviziato, per alimento e formazione spirituale delle Suore. Poco prima di morire ci scrisse impegnandosi a pregare nell’eternità per la diffusione dell’Opera, e promettendoci dal Cielo speciali aiuti. Se dai frutti si conosce l’albero e dalla florida salute di chi si nutre si conosce la bontà del cibo, bisogna confessare che non è stata fatica sprecata il ricondurre le anime alla meditazione della Scrittura con i metodi tradizionali della Chiesa Cattolica, facendo rinverdire, con uno spirito di sana modernità, la pianta che molti credevano già disseccata, o tutto al più ridotta come un cimelio fossile, testimonianza di epoche che furono e che più non sono.

6. Sulla via magistrale dei Santi Padri e dei precetti della Chiesa
Chi studia attentamente i Padri della Chiesa si accorgerà facilmente che questo commento, anche nelle parti più moderne, è il succo vitale dei loro insegnamenti. Noi abbiamo attinto a queste fonti sempre fresche, a queste menti gigantesche, illuminate da Dio, che formarono, come disse Leone XIII nell’Enciclica Providentissimus Deus, l’età aurea dell’esegesi biblica. D’altra parte il decreto del Concilio di Trento (sess. IV) non ammette equivoci, e ci addita i Padri come la fonte per attingervi il senso autentico delle Scritture, quale lo tenne e lo tiene la santa Madre Chiesa, cui solo spetta giudicare del vero senso e dell’interpretazione delle Sacre Scritture. Leone XIII nella citata Enciclica ammonisce l’esegeta a non trascurare quelle cose che dai Padri si trasferiscono in senso allegorico o analogico, specialmente se tali applicazioni discendano dal senso letterale e vengano suffragate dall’autorità di molti. Poiché la Chiesa ricevette questa maniera di interpretare dagli Apostoli e la comprovò con il suo esempio stesso, come appare dalla Liturgia. Non già che i Padri pretendessero precipuamente con essa dimostrare i dogmi della Fede, ma perché l’avevano sperimentata molto fruttuosa nell’alimentare la virtù e la pietà.
Noi ci siamo attenuti a queste santissime regole, seppellendo nell’oblio quelli che Leone XIII chiamò i falsi argomenti del razionalismo sulla Scrittura, stiracchiati dalla filologia o da finitimi studi; abbiamo tenuto conto di tutto ciò che è moderno, ma abbiamo avuto più fiducia in ciò che è antico, perché ciò che è antico è mille volte più sapiente e più equilibrato. Abbiamo così evitato quello scoglio fatale nel quale urtano facilmente gli esegeti moderni, che in nome di un senso letterale, scambiato con il senso puramente umano, commentano i Sacri Libri con poche note storiche, filologiche, archeologiche, critiche, e rifuggono dalle applicazioni pratiche della Divina Parola, che dovrebbero essere l’unico scopo di un commento. Abbiamo evitato anche l’insidia di un commento tanto ristretto da ridurre praticamente l’edizione dei Sacri Libri a un’edizione protestante. Le edizioni protestanti, infatti, sono senza commenti e senza note, in nome del libero esame che pretendono affidato a ciascuno. Ora, un’edizione cattolica, con pochissime note, non è capace di dare al lettore l’intelligenza autentica del Sacro Testo, e praticamente lo abbandona al suo giudizio personale, o per lo meno lo lascia avvolto da innumerevoli tenebre. La sterilità dei commenti moderni è una delle ragioni per le quali il Libro di Dio non è più nelle mani dei fedeli, e quel che più fa pena, nelle mani degli stessi sacerdoti e dei predicatori della Divina Parola, che dovrebbero formarne l’alimento ed il succo della propria vita. Non può riuscire interessante lo studio sterile di una storia che sembra tramontata se non si dimostra che essa è un germoglio vivo che fruttifica ancora per nostro bene.

7. L’opera è voluminosa ma non è prolissa
Al commento fatto con note sottoposte al Testo, abbiamo preferito il metodo classico dei Padri, il commento meditato. Non siamo stati prolissi, benché l’Opera sembri abbastanza voluminosa; abbiamo procurato di essere sintetici, ma abbiamo voluto essere completi il più che ci è stato possibile, traendo dal sacro grappolo lussureggiante di umori vitali, anche le ultime stille. Del resto la Sacra Scrittura è un libro che deve occupare tutta la vita di un uomo, e l’abbondanza del nutrimento non nuoce a chi deve alimentarsene ogni giorno, fino alla morte. A volte non è possibile sunteggiare quando si contemplano le magnificenze di Dio e i misteri della sua Provvidenza, perché l’anima che conosce, desidera conoscere di più, e chi sta nei campi fioriti anela vedere il sole in pieno, anziché scorgerne solo qualche pallido raggio attraverso le nubi. È vero, oggi si preferisce leggere ciò che è breve, ma proprio perché ciò che si legge è quasi sempre snervante; il cammino sembra lungo a chi porta un peso, ma non sembra tale a chi passa di panorama in panorama, in mezzo al profumo dei boschi ed alle meraviglie della creazione. Una musica soave non stanca mai, perché suscita sempre nuove emozioni; ora la Parola di Dio è armonica all’anima come una musica soavissima; l’anima non si contenta di pochi accordi, desidera ascoltarne lo sviluppo e goderne la bellezza.
Del resto, ciò che interessa la vita temporale e la vita eterna non poteva trattarsi superficialmente; essere brevi e lasciare tenebre nel cammino sarebbe stato lo stesso che essere monchi, ed avrebbe reso inutile tutto il lavoro. L’anima non può andare a Dio con vero amore se non è pienamente illuminata; le penombre, a volte, sono più pericolose delle medesime tenebre, e possono produrre un disastro nel movimento affannoso di tutte le nostre energie spirituali.
Abbiamo fatto il possibile per non ripeterci e per dare all’anima un pascolo sempre nuovo. Ma non si deve dimenticare che la Sacra Scrittura contiene delle idee fondamentali che ricorrono in tutto il Sacro Testo: Dio, la sua bontà, la sua giustizia, la sua Provvidenza, la sua grazia; il Redentore annunciato, figurato, profetizzato, venuto in terra; la Chiesa adombrata, figurata, fondata, sviluppata. Tutto questo ha richiesto per necessità il ritornare spesso, benché in modo diverso, sugli stessi argomenti. È logico del resto che se Dio ripete in tanti modi l’annuncio delle grandi verità eterne avessimo dovuto farlo anche noi. La verità non si assimila se non è considerata più volte, e se si pensa che il Signore nei 176 versetti del salmo 118 ha ripetuto in tanti modi svariati ed affascinanti l’esortazione ad osservare la divina Legge, non potrà sembrare ripetizione il considerare ripetutamente ed in modo diverso le grandi verità che si riferiscono a Dio, al Redentore, alla Chiesa.

8. Il Sacro Testo e la nostra versione
Quanto al Sacro Testo, noi ci siamo attenuti il più che ci è stato possibile a quello della Volgata, che è il Testo autentico della Chiesa Cattolica; abbiamo però tenuto conto accurato degli studi moderni sui testi originali, per illuminare maggiormente la Parola di Dio, ed ottenere, nei limiti delle nostre povere forze, una versione italiana chiara e precisa.
Il Sacro Testo della Scrittura ha attraversato i secoli senza mutarsi, per una specialissima Provvidenza Divina. Se qua e là vi sono state delle alterazioni accidentali, anche questo non è avvenuto senza una speciale provvidenza che ha utilizzato le debolezze degli uomini per acuire in tanti il desiderio degli studi sulla Divina Parola. Immaginare il Testo biblico come un qualunque codice, abbandonato alle vicende dei secoli, mutilato, alterato, contorto, reso incerto, come fanno i poveri razionalisti senza ragione, e come fanno implicitamente parecchi cattolici, è errato. Il Signore ha permesso certe alterazioni accidentali per grandi suoi fini, soprattutto in quella edizione che la Chiesa ha sanzionata come sua, e non si può negare che con una delicatezza materna ha in tal modo proporzionato la sua parola a certe particolari necessità spirituali dei vari popoli della terra. Certe inesattezze possono essere colpa del copista, benché Leone XIII ammonisca che questo non possa ammettersi se non quando sia dimostrato, ma a volte il Signore permette certe sviste per fini suoi particolari, come abbiamo avuto occasione di mostrare ripetutamente nel corso di quest’opera.
Deve dunque tenersi in massima venerazione il Testo che ufficialmente ci dà la Chiesa, e non farsi facilmente sopraffare da un’ipercritica che spesse volte è errata. Nella deprecata epoca nella quale infieriva di più il modernismo, si era giunti perfino a svalutare la Volgata, mentre studi più recenti e più seri hanno dovuto riconoscerla come uno dei migliori testi, se si eccettuino i Salmi, per i quali la Chiesa tollerò l’antica versione, l’Itala, per non disorientare nelle pubbliche preghiere i fedeli, i quali li conoscevano a memoria. Oggi che questa ragione non sussiste quasi più, abbiamo con particolare attenzione curato il Testo dei Salmi su quelli originali, in modo da darne una versione, il più che c’è stato possibile, esatta ed elegante.
Certo, se Dio con la Sacra Scrittura parla all’uomo, gli parla per farsi intendere; le versioni quindi autorizzate dalla Chiesa, e soprattutto quella che essa riconosce per sua, sono fatte con una speciale Provvidenza che assiste la Chiesa nel suo magistero, per proporzionare la Divina Parola ai popoli ai quali è destinata. Noi, attenendoci alla Volgata, e tenendo conto degli studi moderni sui testi originali, abbiamo seguito lo spirito della Chiesa che mentre proclama per sua la Volgata, incoraggia i sani studi che possono rendere più chiaro e più intelligibile il Testo.

9. La scienza ancella della fede nel commento della Scrittura
Abbiamo tenuto conto degli studi moderni, ma non ne siamo stati fanatici né li abbiamo creduti infallibili. Come si è detto, oggi con grande leggerezza si presta a volte più fede a quello che è moderno che a quello che è antico, quasi che conoscitori poderosi delle lingue orientali come san Girolamo, il Calmet e tanti altri, fossero stati più o meno dei balbettanti. Abbiamo tenuto conto anche delle recentissime scoperte archeologiche e storiche, le quali hanno mirabilmente confermato il racconto biblico, ma abbiamo dato importanza somma al più grande ed autentico monumento storico, anche dal punto di vista umano, che è la medesima Sacra Scrittura. Leone XIII sapientissimamente ammoniva: Alcuni con animo troppo infesto, e con giudizio non abbastanza equo, confidano nei libri profani e nei documenti della memoria antica, come se in questi non possa darsi nemmeno il sospetto di errore, e invece ai Libri della Scrittura Sacra, per un’apparenza soltanto opinata di errore, e questa neppure ben discussa, ricusano una credenza pur eguale. La scienza umana è fallace, cambia, dice, si contraddice, ed è sì povera cosa che può fare solo da ancella nella casa del Re divino, ma non può essere regina. Farla regina, anzi idolatrarla, credere ciecamente in lei e non al Dio delle scienze ed alla Chiesa, maestra e fondamento di verità, è goffo e meschino, è un feticismo banale che può mutare in una divinità il porro, la cipolla, l’ibis e la lucertola, come facevano gli Egiziani antichi.
Noi ci siamo largamente serviti della scienza e di ogni scienza, persino della matematica, per illustrare la Divina Parola, ma ce ne siamo serviti rendendole serve di Dio e non vitello d’oro eretto come un idolo di fronte al Sinai. Dove parla Dio tra i fulgori dell’eterna luce, la scienza non può essere idolo, è ridicolo che lo sia; dove parla Dio la scienza è una di quelle voci tremebonde che ne cantano la gloria e che ne adorano la maestà. Se la scienza viene in collisione con la Fede, certissimamente non è più scienza, è un misero asteroide che uscito dall’orbita della sua gravitazione, precipita, splende per un momento di luce falsa che non è quella del sole ma quella del suo attrito e della sua consunzione, e cade immoto sulla terra fangosa, monumento triste di una gloria celeste che fu e che non è più. Abbiamo perciò fatte nostre le parole che sant’Agostino scrisse a san Girolamo citate nell’Enciclica di Leone XIII: “Io lo confesso alla tua carità: solamente per quei Libri delle Scritture che già si chiamano canonici, imparai ad avere tale timore ed onore, che molto fermamente credo nessuno scrittore di essi avere minimamente errato nello scrivere. E se alcunché troverò in essi che mi sembri contrario alla verità, terrò come cosa certa essere ciò difetto del codice o dell’interprete, non giunto a penetrare ciò che fu detto, o di me che non capisco” (Epist. 81, 1).

10. Il sussidio della preghiera
Abbiamo scritto questi commenti sulla Sacra Scrittura, studiando e pregando. Benché assillati dal lavoro, soprattutto dopo l’accoglienza che ha avuto l’Opera, non abbiamo mai cominciato il nostro studio senza premettervi lunghe ore di orazione, e senza intramezzarlo di orazione assidua, consci della nostra estrema piccolezza e nullità innanzi a Dio ed agli uomini, e memori delle parole di Leone XIII che chiudono così la sua magistrale Enciclica sulla Sacra Scrittura: “Ammoniamo con paterna carità tutti gli alunni e ministri della Chiesa di studiare le Sacre Lettere sempre con sommo affetto di riverenza e di pietà, poiché l’intelligenza di esse non può aversi così salutarmente come è necessario, se non si allontani l’arroganza della sapienza terrena, e se non si eccita santamente il desiderio di quella sapienza che viene dall’alto. Nell’apprendimento della quale, ammessa che sia la mente, e da essa illuminata ed invigorita, meravigliosamente saprà anche discernere e schivare gli inganni della scienza umana, conseguire quei frutti che sono veramente solidi, e dirigerli al fine eterno. Di qui soprattutto avvampando l’animo, tenderà con maggiore veemenza di spirito agli emolumenti della virtù e del divino amore: Beati coloro che investigano le testimonianze di Lui; con tutto il cuore lo cercano” (Sal 118,2).
Il Signore si è degnato di servirsi di uno strumento inetto, preparato dalla sua bontà con lunghissimi anni di dolori e di prove amarissime, per compiere quest’opera che è in fondo uno sforzo per realizzare i desideri di due grandi Papi: Leone XIII e Pio XI. Noi sentiamo il bisogno di ringraziare Dio di quella speciale Provvidenza di dolore con la quale ci ha guidati nella vita, contenti di essere testimonianza viva della fecondità della croce, a conforto di quelli che soffrono. Se è vero l’adagio antico che vexatio dat intellectum, la pena dà l’intelligenza, è più vero che il dolore avvicina a Dio, ci purifica, ci umilia, ci rende innanzi a Lui umili piccolezze, delle quali Egli benignamente si serve. In ventisette anni d’ininterrotte angosce, che stimiamo sempre il tesoro più prezioso della nostra vita, il Signore ci ha dato l’esperienza sufficiente a farci poi applicare alla vita la sua Parola. Noi lo ringraziamo, e lo preghiamo ardentemente che si degni Egli fecondare l’umile semente, sparsa nelle lacrime, per rasciugare le lacrime altrui, e per far loro sentire il caldo del cuore paterno di Dio, la pace ineffabile del Cuore di Gesù, la misericordia materna del Cuore di Maria, la bellezza, la sapienza e la bontà del cuore della Chiesa e del cuore del Papa.
Gravina, 11 ottobre 1933 - Festa della Maternità di Maria Santissima ...(continua)...
Sac. Dolindo Ruotolo

(*) Ave Maria! Carissimi/e, purtroppo oggi la Sacra Scrittura, a volte, viene interpretata in modo freddo, distaccato e razionalistico, e perciò la Parola di Dio non riesce a calare dentro al cuore e nella nostra vita di ogni giorno, non riesce a farsi carne della nostra carne, Vita della nostra vita. Affidiamoci e consacriamoci perciò, ogni giorno, al Cuore Immacolato di Maria, prima di leggere e meditare la Santa Parola, e la Madre del Verbo Incarnato certamente ci aiuterà ad incarnarla in noi e a viverla, e sempre di più. E ci farà bene leggere e riflettere su queste pagine bellissime del Servo di Dio don Dolindo Ruotolo che ci saranno di grande aiuto nella vera comprensione della Parola del Signore. Gesù e Maria vi amano assai, e vi benedicano sempre. Pace e gioia!
don Armando Maria Loffredi o.s.b. silv.
donarmando@silvestrini.org
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Gesù e la Mamma Celeste vi amano assai e vi benedicono; e anche io, nel loro Santissimo Amore vi voglio bene e vi benedico per intercessione del Cuore Immacolato di Maria: nel Nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Don Armando Maria

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