Messaggio
da ALICE » gio giu 24, 2010 9:27 am
Ascolta il mio pianto
Ed ora, Signore, tutto ciò è ormai passato e il tempo ha lenito la mia ferita. Potrei ascoltare da te, che sei la verità, avvicinare alla tua bocca l'orecchio del mio cuore, per farmi dire come il pianto possa riuscire dolce agli infelici? o forse, sebbene ovunque presente, hai respinto lontano da te la nostra infelicità e, mentre tu sei stabile in te stesso, noi ci muoviamo in un seguito di prove? Eppure, se non potessimo piangere contro le tue orecchie, non rimarrebbe nulla della nostra speranza. Come può essere dunque che dall'amarezza della vita si coglie un soave frutto di gemiti, di pianto, di sospiri, di lamenti? La dolcezza nasce forse dalla speranza che tu li ascolti? Ciò accade giustamente nelle preghiere, perché sono animate dal desiderio di giungere fino a te; ma anche nella sofferenza per una perdita, in un lutto come quello che allora mi opprimeva? Io non speravo né invocavo con le mie lacrime il ritorno dell'amico alla vita, ma soffrivo e piangevo soltanto. Io ero infelice e la mia felicità più non era. O forse il pianto è una realtà amara e ci diletta per il disgusto delle realtà un tempo godute e ora aborrite? (4, 5, 10).